CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.1

PALESTINA: NEI TERRITORI DEL '48

Intervista ad un redattore di AL'BALAAD, il giornale dei FIGLI DELLA TERRA, organizzazione della resistenza palestinese.

Qual è a vostro avviso l'obiettivo principale per il quale i palestinesi lottano da oltre un anno nei territori occupati dal 1967?

Il principale obiettivo di questa lotta è l'autodeterminazione, la costruzione dello Stato Palestinese secondo le risoluzioni del Consiglio Nazionale dell'OLP del 1974 e, conseguentemente, il diritto al ritorno di tutti i profughi palestinesi. Si tratta, tuttavia, di obiettivi di fase. L'intifada rende possibile la realizzazione di questi obiettivi, anche se ci rendiamo conto che occorrono due sostegni fondamentali: uno dal mondo arabo ed un secondo di natura internazionale; quello arabo finora è mancato, quello internazionale invece si è realizzato anche se non in maniera soddisfacente.

Sul terreno internazionale sono stati registrati dei progressi che rappresentano certamente delle battaglie vinte dall'intifada; tuttavia, questi progressi nascondono una certa ambiguità: se pensiamo, per esempio, al riconoscimento degli USA lo dobbiamo considerare una vittoria dell'intifada anche se tale riconoscimento mira ad annullare e distruggere l'intifada. L'America ha tentato di spegnere l'intifada con diversi mezzi, come le numerose visite di Schultz e Murphy che avevano il solo obiettivo di spegnere la rivolta; questa politica ha il solo scopo di costringere l'OLP a scelte sempre più moderate, come per esempio il riconoscimento delle risoluzioni 242 e 338 dell'ONU che considerano la questione palestinese soltanto come una questione di profughi. Nonostante noi non riconosciamo queste due risoluzioni, facciamo tuttavia una scelta di unità nazionale ritenuta essenziale in questa fase per evitare una svendita moderata della lotta di massa.

Che rapporto c'è tra i palestinesi nei territori occupati e quelli che vivono nel resto dello stato israeliano, i cosiddetti 'territori del '48'? In altre parole, quali sono le prospettive di estensione dell'intifada su tutto il territorio israeliano?

Noi vorremmo che l'intifada coinvolgesse tutta la Palestina, ma sappiamo bene che si tratta solo di una speranza. Oggi si manifesta una differenza nelle condizioni oggettive e nei rapporti spazio-temporali tra il '67 e il '48: nei territori occupati nel '67 la dirigenza politica ha raggiunto una maturità tale da consentire il successo e il raggiungimento degli obiettivi posti dall'intifada, ma lo stesso non si può affermare per la leadership dei territori del '48. L'intifada non si può esportare: essa richiede radici oggettive e politiche e quindi dobbiamo vedere se queste esistono nei territori del '48. Qui sono presenti le cosiddette condizioni oggettive che determinano la discriminazione e la repressione, ma mancano quelle soggettive relative all'organizzazione. La mancanza delle condizioni soggettive è la ragione principale dei ritardi in questa parte dello stato israeliano: come diretta conseguenza di tali ritardi vediamo che la forza politica più radicata è quella del partito comunista israeliano il quale si oppone con ostinazione a qualunque tentativo di 'importare' l'intifada. In questo modo nei territori del '48 si tenta di interrompere ogni dialettica tra realtà oggettiva e realtà soggettiva. Ciò non vuol dire che noi non possiamo far nulla; la nostra organizzazione si sforza di essere il polmone dell'intifada dall'esterno e lavora alla realizzazione delle condizioni soggettive cercando di favorire la crescita ideologica e organizzativa di gruppi rivoluzionari che in un prossimo futuro daranno vita a una seconda intifada o a qualcosa di simile ma si tratta di un processo molto lungo che richiede un impegno serio e continuo.

Esiste una differenza tra proletariato e piccola borghesia che si riflette nella modalità della lotta politica e nel tipo di obiettivi che si perseguono?

Noi crediamo nell'unità tra piccola borghesia e proletariato fino alla costruzione dello Stato. Perché l'intifada raggiunga i suoi obiettivi nell'indipendenza essa dovrà contare su una base economica indipendente, perciò nel corso della lotta abbiamo bisogno di sviluppare il capitale nazionale. Nei territori occupati la base economica principale è quella agricola che si fonda sui prodotti della terra; l'uso dei terreni agricoli per noi significa deviare la manodopera che si vende agli israeliani in manodopera per la Palestina e conseguentemente mettere in crisi l'economia israeliana. Attualmente, lo sfruttamento economico nei territori occupati avviene ad opera dello Stato di Israele e la nostra lotta di liberazione mira anche ad affrancarci da questo sfruttamento economico e politico. La domanda cruciale a questo punto è la seguente: quali sono le garanzie che con l'indipendenza la borghesia palestinese non si sostituisca a quella israeliana nello sfruttamento della manodopera? La risposta è semplice, e questa nasce dal quadro generale quotidiano che l'intifada va disegnando: noi crediamo che l'aspetto principale di questa lotta sia la creazione di un potere popolare che si rappresenta nei comitati popolari e nel Comando Unificato. E' questo potere popolare che impedisce e impedirà in futuro alla borghesia di impadronirsi del nuovo Stato. I comitati popolari hanno molte funzioni e molti compiti: tra questi è molto importante quello che riguarda l'agricoltura e che si realizza attraverso la creazione di cooperative agricole a composizione esclusivamente proletaria e contadina. In questa situazione la borghesia non può vincere. Noi abbiamo un potere popolare politico che organizza l'economia e che proprio per questo sarà un'economia popolare. Secondo l'economia politica marxista quando il potere politico è rivoluzionario anche l'economia sarà organizzata su basi rivoluzionarie. Così, lo sviluppo della lotta di massa finisce col costituire un riferimento di classe che spinge l'OLP sempre più a sinistra potenziando la sua base proletaria.

Qual è il ruolo specifico che i compagni dei Figli della Terra svolgono nella determinazione di una direzione proletaria e di classe nella lotta per l'autodeterminazione?

Alla sua nascita nei primi anni '70, il movimento dei Figli della Terra aveva una natura prevalentemente piccolo-borghese, ma in tempi successivi è avvenuta una trasformazione ideologica radicale che lo ha portato su posizioni marxiste-leniniste. A questa trasformazione ha fatto seguito una scelta organizzativa volta a porre le basi per un partito marxista-leninista. Naturalmente non si è trattato di cambiamenti repentini, ma graduali ed operanti a tre diversi livelli: il primo riguarda la trasformazione della composizione di classe del nostro movimento, il secondo quella politico ideologica ed il terzo quella organizzativa.

Trasformazione della composizione di classe: non è esatto pensare che il nostro movimento sia a base proletaria; c'è in esso ancora una componente di intellettuali di estrazione piccolo borghese, anche se molti di questi sono rivoluzionari. In ogni caso la componente operaia è in continuo aumento. Durante quest'ultimo anno è aumentato il nostro peso tra le masse e molti proletari sono entrati nella nostra organizzazione; tutto ciò ci rende ottimisti e siamo convinti che questi processi tenderanno a svilupparsi sempre di più. Noi crediamo molto nella pratica di massa sia perché potenzia la natura marxista leninista del movimento attraverso una collocazione di questo nelle battaglie sociali, sia perché corregge e supera un certo intellettualismo residuo che si esauriva negli slogan e nei programmi politici che per quanto rivoluzionari mancavano di una base di massa. Tutto ciò testimonia la nostra lotta contro il velleitarismo intellettuale e contro il riformismo politico presenti nei partiti comunisti arabi ed europei, i quali si sono messi al di sopra delle masse.

Livello politico ideologico: abbiamo raggiunto la maturità del nostro movimento politico sia nell'ambito palestinese che in quello arabo; le nostre posizioni coincidono con quelle dei partiti e dei movimenti marxisti e antimperialisti e dunque si schierano decisamente a favore dei partiti rivoluzionari nei paesi capitalisti. Questa visione strategica complessiva è la dimostrazione che a livello politico e ideologico abbiamo raggiunto un obiettivo molto avanzato.

Livello organizzativo: in questo momento diamo moltissima importanza a questo livello; crediamo che i Figli della Terra debbano lavorare molto in tale ambito per raggiungere un grado organizzativo che rispecchi il carattere marxista leninista del movimento. In questo campo abbiamo cominciato a lavorare seriamente; abbiamo sottoposto la nostra organizzazione ad una ristrutturazione che garantisce il centralismo democratico, e possiamo dire di avere raggiunto in quest'ambito un punto molto avanzato. Adesso vogliamo armonizzare queste scelte ed estenderle capillarmente a tutte le sezioni di movimento; nonostante tutto non abbiamo raggiunto il grado ideale e molto lavora resta da fare in questa direzione.

Qual è la vostra concezione sulla conquista del potere e la pratica conseguente?

Lenin ha detto che l'unica reale garanzia di trasformazione radicale sta nella rivoluzione popolare armata. Con questo non vogliamo dire che sottovalutiamo i metodi di lotta pacifici perché crediamo che la lotta armata non si possa utilizzare in qualsiasi condizione e in qualsiasi tempo; essa è certamente fondamentale e imprescindibile al momento della 'presa finale' del potere politico. Noi dei territori del '48 crediamo che la realtà oggettiva e quella soggettiva in questa fase non consentono la lotta armata; perciò lavoriamo sul terreno politico e sociale per determinare in un prossimo futuro le condizioni per il passaggio ad una fase di lotta nuova e qualitativamente diversa. La lotta armata non può sostituire la lotta di massa: il rapporto tra questi due momenti è sempre organico e dialettico, nel senso che uno è complemento dell'altro. Crediamo che sia sbagliato in questo momento sviluppare processi di lotta armata dal momento che riteniamo prioritario istruire le masse politicamente ed ideologicamente affinché siano esse, alla fine, a raggiungere la maturità rivoluzionaria.

Come giudicate l'antagonismo sociale nel polo europeo? In altre parole, come vi ponete riguardo la questione dell'internazionalismo proletario?

Il giudizio deve nascere da una valutazione della pratica antagonista oltre che della produzione ideologica che la interpreta; le alleanze sono possibili solo a partire dalla convergenza dei programmi politici generali. Queste sono le condizioni che bisogna rispettare affinché sia possibile determinare un terreno di lotta comune. I gruppi antagonisti che si sono formati nei paesi capitalisti in Europa non ci interessano in astratto, ma in concreto: ci interessano i gruppi e le forze che lavorano con le masse e siamo profondamente interessati a stringere con questi gruppi rapporti che rendano possibile lo scambio di vedute e le alleanze propositive. Crediamo che a questo riguardo vada criticata profondamente la politica dell'OLP tendente a disconoscere la natura di interlocutore di queste forze rivoluzionarie e ad intrecciare rapporti e contatti con i partiti parlamentari e le forze di potere. La nostra posizione è diversa: la nostra lotta è una lotta antimperialista dal momento che combattendo contro Israele, combattiamo contro un elemento fondamentale di tutto il sistema imperialista; di conseguenza consideriamo naturale un coordinamento ed una unità di azione tra tutte le forze antimperialiste che combattono nel mondo.

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