CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.1

NOI NON CONTINUIAMO PIU' COSI',
SU QUESTO NON SI TORNA INDIETRO

PREMESSA

Il 12 maggio i prigionieri della Raf e della Resistenza in lotta per il raggruppamento hanno deciso di sospendere lo sciopero della fame in atto da più di cento giorni.

L'obiettivo è stato raggiunto? Certamente lo stato tedesco non è più in grado di sostenere politicamente l'isolamento totale cui costringeva i prigionieri rivoluzionari, e questo è diventato sempre più evidente mano a mano che andava avanti lo sciopero della fame dei prigionieri rivoluzionari e si moltiplicavano le iniziative del movimento tedesco a loro sostegno; da un punto di vista concreto non è stato comunque raggiunto l'obiettivo del 'raggruppamento in un uno o due grandi gruppi' e si è aperta invece una fase contraddittoria in cui i Lander governati dalla SPD (Slesia, Nord Renania-Westfalia e Berlino) hanno accettato il raggruppamento dei prigionieri rivoluzionari in sezioni 'normali' (anche con detenuti comuni) e si sono dichiarati favorevoli al trasferimento nelle loro carceri dei compagni attualmente detenuti nei lander controllati dalla CDU (Baviera, Hessen e Baden-Wuttemberg); un discorso a parte per il carcere di Celle che si trova nella Bassa Sassonia governata dalla CDU, che però sembra qui disponibile a rompere il regime di isolamento totale cui sono costretti i tre compagni che vi sono detenuti, ad accettare il trasferimento di altri prigionieri e ad aprire le celle per la 'socialità'.

Ma altri obiettivi sono stati invece raggiunti, e sono quelli sottolineati nelle dichiarazioni dei compagni ancora all'inizio dello sciopero della fame: la rottura dell'isolamento politico soprattutto, la possibilità dei prigionieri di discutere e di esprimersi collettivamente, la ricostruzione di una dialettica politica tra questa collettività prigioniera e i movimenti della Resistenza.

"A questo si deve aggiungere - scrive Kalrl Heinz Dellwo il 1° giugno - l'inizio di un movimento ampio e di base contro la 'normalità' del sistema e non solo contro lo stato di emergenza; quest'ultimo ne rappresenta solo la debolezza strategica e politica... I rapporti sociali devono essere cambiati radicalmente. Questa è la nuova qualità politica che si è espressa, tutti devono lavorare per il suo sviluppo e noi vogliamo discuterne con tutti e cercare una comune determinazione politica.

La discussione è possibile perché il pensiero di una trasformazione radicale di tutto il sistema sociale non parte più solo da un nucleo rivoluzionario, ma è maturato - per quanto forte o debole esso sia - all'interno della società stessa, dalla comune esperienza che all'interno di questo sistema non è possibile nessuna soluzione per nessun problema..."

Quella che segue è invece la dichiarazione di Eva Haule.

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DICHIARAZIONE DI EVA HAULE

"Noi non continuiamo più così" questo è quello che abbiamo affermato all'inizio dello sciopero della fame, e su questo non si torna indietro, anche se non abbiamo raggiunto tutto l'obiettivo.

Non ci sotterreranno più nell'isolamento. E' finito e su questo non possono più tornare indietro. Noi abbiamo portato avanti lo scontro fino al punto in cui era chiaro che la situazione non si sarebbe modificata né se noi avessimo proposto delle soluzioni, né se qualcuno di noi fosse morto. Sarebbe stato senza senso continuare. Sarebbe stata una contraddizione rispetto a tutto ciò per cui lottiamo qui: la nostra vita. Con la decisione di sospendere lo sciopero della fame abbiamo riaffermato il senso della nostra lotta, che è sempre stato questo durante lo sciopero, e che anche adesso rimane lo stesso.

Loro invece hanno 'solo' il potere; il vuoto, brutale e duro potere dello stato.

Nessuno può più cancellare quello che si è sviluppato durante lo sciopero della fame. Vogliamo discutere con tutti coloro (uomini e donne, gruppi) che, partendo dalle loro esperienza e dai loro percorsi politici diversi e specifici, sono stati solidali, oppure critici-solidali, con noi, e che sono altrettanto decisi a non permettere più che noi veniamo annientati nell'isolamento e tagliati fuori da tutte le prospettive politiche. E' chiaro che dobbiamo ancora creare le condizioni concrete per tutto questo. Insieme!

Non continuiamo più come prima: dall'isolamento totale e senza la possibilità di comunicare tra di noi. Questo è un punto. L'altro punto, che si è evidenziato durante lo sciopero della fame, è quello della necessità di una discussione politica e concreta con i vari gruppi sociali e all'interno di tutta l'area della Resistenza. Il lavoro e la discussione per le basi e i contenuti concreti e teorici di una politica veramente trasformatrice - tutto questo è la sfida che ci aspetta oggi.

Da qui si deve andare avanti.

La scena non potrebbe essere più nitida, né la situazione più aperta. 40 anni di RFT: la destra si mobilita, prende piede e fa quello che vuole (anche i ratti vecchi-nuovi vengono dalle sue tane). Questo è il prodotto della politica di Bonn. E quello a cui essa mira è il passaggio violento, ottenuto con la forza del suo dominio economico e statale. Dimostrare questa potenza, contro gli interessi sociali e politici degli uomini, è il solo contenuto della loro politica. Questa è la realtà e questo è quello a cui mirano e che vogliono stabilire per la loro 'Europa'.

40 anni di RFT: sul palcoscenico internazionale uomini politici della RFT chiedono "il mantenimento dei diritti umani" mentre qui sono solo capaci di dire che "lo stato non si lascia ricattare" e questa è l'unica cosa che viene loro in mente di fronte ai prigionieri in sciopero della fame, che rischiano la loro vita per la vita e di fronte ad un movimento di solidarietà sociale che dice "basta coll'isolamento; i prigionieri devono prender parte dell'intero dibattito politico". E' diventato evidente che qui non c'è una forza politica in grado di contrastare efficacemente questo potere duro e reazionario. Questo è un problema che riguarda tutti i collettivi della resistenza, nel senso più ampio, come anche i gruppi sindacali, cristiani e antifascisti.

E non è un problema che riguarda solo la nostra lotta e l'atteggiamento duro dello stato nei nostri confronti. Questo è solo un punto molto inasprito dello scontro in cui gli interessi degli uomini entrano in collisione frontale con quelli dello stato e del capitale. Il confronto ora include tutti gli ambiti sociali; tutti coloro che lottano per condizioni umane di vita - nel senso più ampio del termine però in ogni caso in modo concreto - sono messi di fronte a questa realtà. Ora tutti possono vederlo, sentirlo, capirlo e nessuno può pensare che le cose continueranno politicamente come sono state fino adesso. Sarebbe solo impotenza - ed è proprio questo che il potere vuole.

Non c'è altro da fare ora che cominciare con la discussione, unire per questo scopo gli uomini e i gruppi che vogliono una realtà sociale totalmente diversa, rispettando loro, le loro esperienze e le loro idee diverse, mettendo da parte tutte le sciocchezze che possono bloccare questa discussione e parlando concretamente dello sviluppo di una forza politica in grado di farsi strada e di imporre gli obiettivi degli uomini contro questo apparato tecnocratico fascista che il capitale vuole costruire qui e in Europa Occidentale.

Non c'è altro da fare perché queste domande si pongono con forza dappertutto: come si possono imporre gli interessi degli uomini contro questo potere? Come è possibile raggiungere realmente quello che è sentito come una necessità urgente in tutte le aree sociali qui come a livello internazionale? E quali sono le strade da percorrere e quali sono le prospettive?

Trovare risposte a queste domande deve essere l'obiettivo della discussione. Ora essa deve - e secondo me può - essere portata avanti insieme a tutti quelli che sono d'accordo. E ha bisogno di ognuno con il suo sapere, le sue esperienze, le sue idee. Questo significa e richiede un altro atteggiamento e un altra metodologia rispetto a quelli attuali. Centrali non sono le linee di demarcazione, le parole vuote, i modelli ideologici, ma gli uomini, i loro pensieri, la loro azione politica - questo solo può creare soluzioni.

Guardando a ciò che la gente e i gruppi più diversi hanno detto e hanno fatto durante lo sciopero della fame vedo delle possibilità forti. Però bisogna affrontarle, renderle produttive per il processo politico futuro. E non è stato così fino ad ora. Noi non lasceremo cadere quello che si è sviluppato e spero che anche coloro che sono con noi facciano altrettanto.

Ora c'è molto di nuovo da imparare e da capire a partire da questa lotta. Tutti noi dobbiamo pensare allo sviluppo politico e a come possiamo costruire le condizioni per la discussione in una situazione cambiata. Su questo ci dobbiamo concentrare e trovare una pratica concreta per andare avanti. Subito singoli e, dove è possibile, alcuni di noi insieme, diranno più di quello che ho potuto dire io in questi primi pensieri. Ora ciò che rimane così e non cambierà più è che noi siamo presenti nel dibattito politico.

20/5/89

EVA HAULE

(da: TAZ, mercoledì 31/5/1989)

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