CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.6

BACKGROUND E SOLIDARIETA'

Intervista a Hüseyin Celeby del comitato Kurdistan di Colonia

INTERVISTA

Quella che segue è una parte dell'intervista rilasciata alla rivista CLASH nel Giugno 90 da Huseyin Celebi, imputato al "processo contro il PKK" in Germania. Contiene interessanti elementi per il dibattito internazionalista ed in particolare per quanto riguarda le prospettive del rapporto tra i movimenti rivoluzionari e di resistenza nei centri imperialisti e i movimenti rivoluzionari e di liberazione nazionale nel Tricontinente.

L'intervista originale si struttura in tre parti, le altre due sono intitolate: "arresto e prigionia" e "processo e strategia difensiva" e riguardano la campagna di criminalizzazione cui sono sottoposti i compagni del PKK in RFT

Qual'è il ruolo della RFT nel conflitto tra Turchia e Kurdistan? Quali sono gli interessi in gioco? Vedi una connessione tra il processo contro il PKK in RFT e lo sviluppo della lotta di liberazione in Kurdistan?

La RFT prende parte a questo conflitto a fianco della Turchia o per dir meglio a fianco della classe dominante in Turchia. In concreto, la RFT partecipa a tutti i livelli di questo conflitto. I suoi interessi sono i bersagli della lotta di liberazione, i suoi interessi sono la causa dell'oppressione da parte dello stato colonialista turco. In questa guerra sono usate le sue armi ed è investito il suo denaro. Ciò caratterizza il suo ruolo in questo conflitto.

Da quando la lotta di liberazione ha cominciato a svilupparsi nelle forme attuali, le diverse grandi potenze imperialiste, europee e non, hanno tentato di sviluppare un particolare tipo di politica rispetto al Kurdistan. Sono in atto vari tentativi di pacificazione e si deve sottolineare il fatto che anche nel tentativo di sviluppare una nuova politica la RFT rappresenta la posizione più reazionaria. Molti cercano di pacificare il Kurdistan accerchiandolo per schiacciarlo, mentre la RFT lo sta attaccando direttamente. La RFT partecipa attivamente a questa guerra, come alleato della Turchia.

In questo contesto si inserisce il processo che è parte di questa posizione della RFT. Stando alle dichiarazioni ufficiali concernenti il Kurdistan - come è diventato molto chiaro ultimamente durante un'assemblea del Bundestag - finché questa decisione spetterà al Partito Cristiano Democratico e al Partito Liberale Democratico, la RFT starà chiaramente dalla parte della Turchia .

Anche quello che affermano sulla questione i socialdemocratici è comunque una posizione arretrata rispetto a quella degli altri partiti socialdemocratici in Europa Occidentale. La posizione della RFT è completamente superata.

Intendi dire che la situazione nel Kurdistan ha superato questo punto di vista, che la politica della RFT è antiquata come quella della Turchia?

Esattamente, credo che la sua politica sia obsoleta.
Attaccandoci con questo processo hanno tentato di liquidare il PKK, ma non ci sono riusciti. E successo proprio l'opposto.
Sia la Turchia che la RFT sanno che una liquidazione è impossibile, procedendo in questo modo.
Ormai non esiste più una soluzione militare contro di noi.

Questi sono fatti, questa è la realtà che devono accettare. Se nonostante ciò insistono ancora sulla politica della soluzione militare, allora posso dire una cosa sola: la loro politica è obsoleta e la realtà saprà dare loro una giusta risposta.

Si deve considerare che dopo gli ultimi avvenimenti in Europa Occidentale la situazione sta cambiando rapidamente. Ciò non significa che la RFT abbandonerà i suoi interessi nella regione, ma che ne cambieranno le proporzioni: la Turchia non manterrà più la sua vecchia posizione di fianco sud-orientale della NATO e di unico partner-NATO con un confine diretto con l'URSS. La sua importanza cambierà nel senso che la Turchia perderà il ruolo centrale che ha giocato durante la fase dello status quo. Anche se non è disposta ad accettarlo e cerca di mantenere il suo vecchio ruolo con tutti i mezzi possibili. Anche se ciò la mette sempre più con le spalle al muro e la isola dagli altri regimi della regione.

Durante gli ultimi avvenimenti nell'Europa Orientale la Turchia ha commesso parecchi errori diplomatici e di politica estera: ha cercato di tenersi vicini gli USA e ha sostenuto Israele facilitando gli ebrei che emigrano dall'URSS nel loro transito attraverso il paese; ha tentato di opprimere l'Iraq e la Siria bloccando le acque dell'Eufrate. E tutto questo non è piaciuto ai suoi alleati.

Il governo turco ha poi usato la nuova situazione in Bulgaria come una valvola di sfogo dei sentimenti nazionalisti turchi, la cosiddetta sintesi turco-islamica. Ciò ha spaventato molto la Bulgaria e alla fine ha causato un sacco di difficoltà all'etnia turca in quel paese.

Il rapporto tra Turchia e RFT è tale che nonostante tutti questi cambiamenti la RFT è ancora a fianco della Turchia e sembra intenzionata a starci fino alla fine. Deve essere un amore molto profondo, perché non c'è nessuna buona ragione che possa spiegare questo atteggiamento.

In realtà la RFT dovrebbe cominciare a pensare in modo nuovo.
Il fatto che le attuali politiche siano determinate dalla nuova situazione di mercato in Europa Orientale e dall'unirsi dell'intero mondo settentrionale sotto il controllo dell'imperialismo mondiale, determinarà l'abbandono a sè stessi dei paesi del tricontinente: la concentrazione di potere nel Nord significa un pericolo crescente per questi paesi.

Dall'altro lato c'è una possibilità in questo sviluppo politico. Una possibilità di unirsi contro il Nord ricco.
La pressione in alcune parti del mondo è cessata. In particolari regioni questo dà spazio alla possibilità di portare avanti cambiamenti rivoluzionari. Naturalmente paesi come Cuba, Nicaragua e così via saranno i bersagli naturali dell'imperialismo. Ma nel frattempo si apriranno varchi che dobbiamo capire e sfruttare.

Questo è un tema molto importante e vasto su cui dovremmo discutere più a lungo. Ma voglio tornare indietro alla vostra lotta concreta. Poco dopo la ripresa della lotta armata in Kurdistan nord occidentale, nel 1984, in alcuni paesi dell'Europa occidentale fu sostenuta una massiccia campagna di propaganda contro il PKK, la forza dirigente di questa lotta.
Quasi tutti i media lo hanno definito "terrorista" ed è stato detto che aveva ucciso donne e bambini nel Kurdistan. Inoltre lo si accusava di aver condannato a morte i cosiddetti dissidenti in Europa. In Svezia hanno persino detto che il PKK era responsabile dell'assassinio del presidente Olof Palme. Puoi dire qualcosa rispetto a queste accuse? Chi tirava le fila in questa campagna e quali interessi la sostenevano?

Molte cose diverse si sono incontrate in questa campagna e hanno formato un comune interesse che ha dato il via a questa politica di diffamazione. Prima di tutto c'è l'interesse dello stato turco, poi c'è l'interesse dell'imperialismo - RFT.
Ma perché, e questo è il vero problema per me, perché la sinistra e i gruppi progressisti si sono uniti a questa campagna? Infatti si è verificata al suo interno un'alleanza di alcuni gruppi della sinistra turca e di quella tedesca.

Molti hanno usato questa campagna come un diversivo ai loro problemi: per la sinistra turca, ad esempio, al crollo di strategia e alla mancanza di prospettiva. Hanno tentato di attaccare altri nel momento in cui essi stessi non avevano più alcuna via d'uscita.

Per quanto riguarda la sinistra tedesca occidentale penso che il suo atteggiamento sia molto centrato sull'Europa e sullo sciovinismo metropolitano. E' facile che essi stessi non si rendano conto dell' arroganza e della presunzione che si nascondono in questo atteggiamento. Non si rendono conto di quanto l'imperialismo si sia già impadronito della loro testa. Di quanto la cosiddetta metropoli abbia eretto un muro nella loro testa.

Raramente ho visto gruppi mettere altrettanta energia nella loro lotta conto le principali contraddizioni di quanta ne abbiano messa nella campagna di diffamazione contro il PKK.

Un esempio concreto sono i Verdi di Amburgo: la lista alternativa Verde (GAL) nel 1987 ha pubblicato due opuscoli all'interno di questa campagna di diffamazione contro il PKK, una campagna che ha avvalorato parecchie mistificazioni. Si deve dire - e questo è un fatto - che la nostra storia è una storia di mistificazioni che abbiamo dovuto affrontare fin dal primo giorno della nostra esistenza. Per noi è incredibile che oggi ci sia ancora gente che ci crede.

In sintesi, da una parte è successo che la crisi della sinistra turca (la sua mancanza di prospettive unita alla sua incapacità di comprendere e analizzare i propri errori) è stata trasformata in un attacco contro una forza che aveva deciso di seguire una strada diversa; e dall'altra parte si è avuto un chiaro esempio di quanto l'imperialismo si sia cementato nella testa della gente; questo è quello che io rilevo per quanto riguarda la sinistra nella RFT.

Questo non significa che non ci siano stati errori da parte nostra.

Hai dato una descrizione chiara della campagna di diffamazione a cui si sono uniti senza alcuna contraddizione molti gruppi progressisti e di sinistra nella RFT.
Certamente questa è una delle ragioni per cui non c'è una solidarietà ampia in RFT con la lotta di liberazione nel Kurdistan e contro questo processo. Ma voglio chiedervi ancora se non ci siano stati errori da parte vostra nel rapporto con la sinistra tedesca
.

Sì, naturalmente ci sono stati anche un mucchio di errori da parte nostra, piccoli e grandi. Non possiamo e non vogliamo negarlo.

Ma il punto non è riconoscerli o meno, ma che cosa abbiamo imparato, questo è quello che è importante.

Abbiamo avuto uno sviluppo che mi piace definire come un periodo di maturazione. Lentamente siamo usciti dall'infanzia, abbiamo superato le prime difficoltà, e oggi ci avviamo verso una nuova fase.

Voglio sottolineare che non possiamo dire soltanto: bene, erano difficoltà iniziali, ora sono superate e tutto va bene. In buona parte di quello che è accaduto io vedo una specie di processo di legittimazione: eravamo un movimento che si sviluppava in un contesto e in una situazione molto difficili e, nonostante tutto, tentavamo di avanzare in una lotta difficilissima. Inoltre non avevamo alcuna esperienza ed eravamo sottoposti ad una feroce repressione: il PKK è sempre stato il vero nemico dello Stato turco.

E' chiaro che in una simile situazione era inevitabile fare degli errori e penso che ogni valutazione ne debba tenere conto.

Oggi ne vediamo il portato positivo: cerchiamo di imparare dai nostri errori e di non ripeterli. Sono molto ottimista sul fatto che ci riusciremo. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di imparare.

Ora crediamo che sia venuto il momento di cominciare ad imparare anche per quelli che hanno partecipato alla campagna di diffamazione.

Ci rendiamo conto di piccoli cambiamenti nel loro modo di pensare e che non ci sono più attacchi aperti come in precedenza. Quelli che hanno sbraitato di più nel passato, oggi tacciono. E molti, che in precedenza avevano contibuito agli attacchi, hanno rotto il silenzio e cercano il confronto.

Questo va molto bene e dobbiamo proseguire su questa strada. Questa è la base su cui si può sviluppare il dialogo da entrambe le parti, sottolineo da entrambe; dobbiamo guardare a ciò che è accaduto ed imparare per il futuro. Non prenderemo sul serio quelli che ancora ci ritengono colpevoli di tutto, non c'è niente da discutere con loro.

Voglio ritornare a quello che dicevi prima. In particolare al rimprovero che la gente qui è sciovinista (eurocentrica). E' un punto importante il fatto che la sinistra qui in RFT ha un modo di pensare sciovinista metropolitano. Forse, hai detto, non ne è cosciente. Puoi darci un esempio di questo modo di pensare?

"Non voglio sapere che succederà al popolo kurdo se il PKK dovesse arrivare al potere". E' un'affermazione che ho sentito alcuni giorni fa da una donna ed è, io credo, la manifestazione di un modo di pensare del tutto arrogante. E' un'affermazione stupida che dimostra solo la sua ignoranza. I kurdi non sono mai stati al potere, non hanno mai avuto un potere strutturale e quindi non potrebbero usarlo in modo sbagliato. Questa affermazione dimostra che quella donna pensa che la gente in Kurdistan sia stupida. Così stupida da elevare al potere un gruppo politico e di seguirlo poi ciecamente.

Che altro vuol dire questo tipo di affermazione?
E come andrà al potere il PKK, se ci andrà? Non con un putsch o con qualcosa di simile, ma solo attraverso la lotta di liberazione a cui il popolo kurdo sta prendendo parte attivamente.
E quella donna sa che è così.

Questo significa che essa associa la lotta del popolo kurdo alla lotta degli stupidi, poveri, piccoli negri, dei poveri, piccoli e stupidi asiatici che corrono dietro a qualche demagogo alla moda e che devono essere salvati dai bravi missionari bianchi della terra che dicono che è sciocco e stupido ciò che essi stanno facendo nei loro paesi.
Questo è ciò che esprime quella affermazione.

Se lo capisse credo che si vergognerebbe. Molta gente non pensa realmente in questo modo e probabilmente non è stata la cattiva volontà che l'ha fatta parlare così. Comunque non posso credere che conosca la realtà della Turchia. Non voglio accusarla di questo, forse è stata spinta a questa opinione.
Ma io la accuso invece di qualcosa che è molto più profondo della sua affermazione, qualcosa che è profondamente radicato dentro di lei.

Questo che ho riportato è solo un esempio. Ce ne sono molti altri simili.
Spesso dobbiamo affrontare critiche di questo tipo alle nostre strutture politiche, un'altra domanda che ho sentito ultimamente è: "Qual è il livello di democrazia interna nel PKK?"
Ma questo non riguarda affatto chi è esterno, uomo bianco o donna bianca che sia!

Questa domanda è formulata sulla base delle esperienze proprie di chi ce la rivolge. Tutti i rimproveri contro la mentalità comunista, contro le strutture comuniste di partito hanno a che fare con le cattive esperienze che sono state la realtà qui in occidente. E in base a queste esperienze la gente qui ha una particolare convinzione su ciò che è democrazia interna e su ciò che è una struttura democratica. Tentare di considerarci da questo punto di vista, se non addirittura di giudicarci, giudicare qualcosa che avviene in una parte completamente diversa del mondo, questo è ciò che intendo quando parlo di sciovinismo metropolitano.

Chi tra quelli che fanno simili affermazioni, conosce anche solo un aspetto della storia kurda, della storia del partito kurdo, dello sviluppo kurdo? Credo nessuno. Tuttavia provano a giudicare il nostro movimento e questo è la manifestazione dello sciovinismo metropolitano.

Sul finire degli anni 60, mentre era in corso la guerra del Vietnam, ci fu un forte movimento internazionale di solidarietà alla lotta del popolo vietnamita contro gli USA, questo anche in RFT. Oggi i massacri in Kurdistan, nelle Filippine e in Palestina non sembrano interessare assolutamente la gente.
Quali sono secondo te i motivi per cui oggi non c'è nella sinistra una coscienza di solidarietà internazionale? Come definiresti la situazione politica attuale in RFT e in Europa Occidentale? Quali sono i pericoli per il futuro?

Credo che il movimento di solidarietà della fine degli anni 60 avesse dimenticato un aspetto molto importante nella definizione dell'imperialismo classico. Non aveva compreso l'immensa flessibilità e capacità di imparare che l'imperialismo ha raggiunto. Il cosiddetto capitalismo morente non è un vecchio malato, ma è un processo ancora giovane che, sebbene sia oggettivamente in una fase morente, è consapevole di questa fase e sta facendo di tutto per ritardare al possibile il vero e proprio momento della sua morte.
Questa è la situazione dell'imperialismo oggi.

Il movimento per il Vietnam è stato molto forte ed importante per i suoi particolari sviluppi in questo paese [in RFT]. Oltre che, naturalmente, un importante sostegno della lotta in Vietnam.
Ciò che l'imperialismo ha imparato è che i movimenti come questo non devono sorgere mai più. E fa di tutto per evitarlo.

D'altra parte, e questo è un problema di coscienza qui, il movimento per il Vietnam è stato il prodotto di una dinamica propria qui in RFT: uno degli elementi fondanti di questo movimento di solidarietà è stata la lotta del povero popolo vietnamita contro il grande e cattivo imperialista yankee. Le contraddizioni erano così chiare che era facile stare dalla parte giusta.

Nello stesso tempo la lotta di liberazione vietnamita diventò un simbolo di una lotta contro l'ingiustizia che la gente avrebbe voluto condurre in prima persona, ma che non era capace di fare.
Questo piccolo popolo vietnamita, piccolo in tutto, persino piccolo fisicamente, è stato capace di tenere testa all'imperialismo in questo modo. La gente semplicemente lo ammirava.

In particolare con la ricostruzione del secondo dopoguerra, la gente ha capito che le cose si sviluppavano dappertutto nello stesso modo, soltanto con un colore diverso. Ha capito di essere stata imbrogliata e presa in giro.
Per questo si è potuta identificare con la lotta del popolo vietnamita. Ma molto in questa identificazione non aveva niente a che fare con la realtà.

Questa è una delle ragioni per cui questo movimento non esiste più. Sogni utopici ed euforia caratterizzavano il movimento per il Vietnam e non avevano nulla da spartire con la realtà del Vietnam.
Soprattutto dal 1975 in poi il Vietnam aveva bisogno ed ha bisogno di una fortissima solidarietà: a causa delle terribili conseguenze della guerra che il popolo soffre ancora, molte cose non funzionano come dovrebbero. Naturalmente ciò dipende anche dagli errori che sono stati fatti politicamente, ma soprattutto la situazione economica ed ecologica sono causa dei problemi attuali del Vietnam. Invece il movimento di solidarietà con il Vietnam si bloccò bruscamente dopo la cacciata degli USA dal paese e quando il popolo vietnamita tentò di organizzare la sua vita quotidiana.

Voglio dire qualcos'altro rispetto a questi "sogni utopici": la gente qui non riesce ad immaginare che nemmeno il popolo vietnamita fa i miracoli. A causa della distanza e del fatto che la gente non conosce molto della situazione concreta dei paesi del Tricontinente, si immagina che questi popoli abbiano qualche tipo di pozione magica. Invece non hanno niente di simile. Noi combattiamo con quello che abbiamo e cerchiamo di costruire qualcosa di nuovo con ciò che conquistiamo. Non c'è nessuno del Tricontinente che abbia ricette miracolose.

Le lotte e le battaglie dei popoli del Tricontinente erano e sono spesso idealizzate. Poi quando si capisce che nemmeno loro fanno i miracoli, proprio come qui, la solidarietà crolla di colpo.
Se il movimento di solidarietà con il Vietnam fosse rimasto su basi realistiche, se si fosse basato su ciò che è possibile e su ciò che può essere fatto, allora questo movimento esisterebbe ancora oggi.

Il movimento di solidarietà con il Nicaragua ha imparato qualcosa da tutto questo, anche se non ha mai raggiunto l'ampiezza del movimento di solidarietà con il Vietnam. Prima della rivoluzione c'era stata soltanto una limitatissima solidarietà... chi conosceva qualcosa dei Sandinisti nel 1978? Solo pochissime persone.

Anche se la situazione è cambiata dopo la rivoluzione, anche in questo caso sono stati commessi alcuni errori. Non voglio dire altro su questo punto, ci porterebbe troppo lontano. Soltanto che in larga parte -io credo- il tentativo di approcciare la situazione in Nicaragua come se fosse un progetto di assistenza sociale non risponde per niente alle condizioni dei problemi. Alla fine i cambiamenti devono essere fatti in grande quantità per avere realmente influenza sulla situazione concreta del popolo.

Parli dei progetti politici in Nicaragua?

Sì, anche, ma non voglio dire che tutto quello che è accaduto là fosse sbagliato. In realtà dipende dalla situazione. Per esempio il progetto di raccolta del caffè, le brigate-caffè, erano un'iniziativa realmente internazionalista in una situazione in cui quelli che raccoglievano normalmente il caffè dovevano andare in guerra. Penso che sia stato un atto molto concreto di internazionalismo, di solidarietà internazionale.

Comunque trovo molto significativo che i movimenti di solidarietà europei sembrino occuparsi sempre di processi che avvengono molto lontano da loro. Ciò che accade proprio sotto il loro naso spesso viene trascurato.

Credo che questo abbia molto a che fare con il fatto che l'internazionalismo e la solidarietà sono stati molto romanticizzati. Il Papa vola a Mallorca e Fritz vola in Nicaragua - in entrambi i casi è festa.
Ciò che manca è la coscienza della differenza sostanziale, che in Nicaragua il popolo ha bisogno di un concreto cambiamento, di una politica diversa.

E questa mancanza di coscienza ha molto da spartire con il fatto che qui non c'è una prospettiva rivoluzionaria; cioè la prospettiva della presa del potere, del cambiamento dei rapporti di forza. Perché la struttura politica può essere cambiata soltanto incidendo sui rapporti di forza.

Mi chiedo chi tra quelli che sono così entusiasti della rivoluzione in ogni parte del mondo, si vede a fare il ministro un domani. Noi dovremmo tentare di metterci nei panni di Ortega, di Borge o di uno dei semplici militanti di quei gruppi di sinistra che, nella situazione concreta di quel paese, vennero posti al potere. La perdita di una prospettiva rivoluzionaria è una delle ragioni principali del fatto che qui non c'è un movimento di solidarietà. La perdita di un'organizzazione locale che sia capace di formulare i suoi propri interessi e di tradurli in concreta politica ed azione rivoluzionaria è la ragione per cui qui non c'è un forte movimento internazionalista. C'è una reciprocità tra le cose.

Quali sono secondo te i pericoli della situazione in Europa Occidentale, per il popolo europeo e per il popolo del Tricontinente?

Ci sono davvero molti pericoli che si vedono chiaramente in RFT: l'unica cosa importante è la Germania, mentre il resto del mondo sembra essere crollato.

In una situazione di chiusura e di esibizione di muscoli molte cose importanti vengono accantonate. E, dal momento che la sinistra tedesca non ha alternative da offrire, non c'è alcun sistema indipendente di informazione con cui le vere notizie da tutto il mondo possano essere raccolte e trasmesse.

Persino qui la sinistra è assai poco informata su ciò che succede nel mondo. Come il massacro che è avvenuto recentemente in Palestina che è stato il più grande massacro da quando è iniziata l'Intifada a cui non c'è stata alcuna reazione qui. Ed è lo stesso con l'attuale sviluppo della situazione in Turchia. Nessuno qui sembra capire che c'è una rivolta popolare in atto in Kurdistan, che esplode un giorno in un paese e l'indomani in un altro. Questa rivolta si sta sviluppando senza soluzione di continuità.

Non voglio dire che i pericoli possono arrivare, ma che ci sono già, io vivo in questi pericoli. Possiamo vedere una crisi profonda e una mancanza di prospettive nella sinistra occidentale.

Un grande pericolo è il fatto che la sinistra affonderà nell'autocommiserazione e sarà solo capace di leccarsi le proprie ferite. Naturalmente lo può fare e può darsi che sia piacevole per un po'. Ma se questa situazione non finisce, il movimento e ogni prospettiva verranno schiacciati per sempre. Ciò che resterà saranno alcuni artisti di cabaret, che commenteranno la situazione con ironia. Il resto della gente si ritirerà a vita normale.

In nome del Tricontinente è necessario dire: basta con questa dannata autocommiserazione! Finiamola di leccarci le ferite! Giusto, medichiamocele pure, ma non possiamo ritirarci per settimane e per anni in qualche ospedale ad aspettare che guariscano. Di fronte a tutti i problemi che ci sono, il mondo non può aspettare così tanto tempo.

Non importa quanto difficile sia la situazione per voi oggi, non importa la mancanza di prospettive, una cosa è chiara: chi sta in alto farà la riunificazione [della Grande Germania] che voi ci stiate o no. Non avete alcun ruolo in questo, non avete nulla da spartire con i loro interessi. Chi ancora sogna di condizionare questa nuova situazione ha già perso. Ciò che noi affermiamo è che il vostro interesse è il nostro. I nostri interessi nel Tricontinente sono minacciati da questo grande spostamento controrivoluzionario e la situazione è davvero molto pericolosa per noi. La lotta contro di noi si è intensificata e viene portata avanti con tutti i mezzi possibili. La gente qui deve scoprire quali sono i suoi reali interessi e dove stanno i suoi reali alleati.

Sebbene tu abbia affermato più o meno la tua opinione durante il discorso precedente, voglio chiederti ancora che cosa pensi della nuova politica degli Stati del socialismo reale e delle conseguenze mondiali di questa. Quali pensi che saranno le ripercussioni di questi processi per le prospettive dei movimenti di liberazione nazionale?

Fino ad oggi sono state espresse varie tesi su questo processo in diverse parti del mondo. Come spiegano anche alcuni partiti comunisti in America Latina, la nostra opinione è di non respingere del tutto i cambiamenti nei paesi del socialismo reale. Noi vediamo la necessità di cambiamenti in questi Stati. Vediamo la stagnazione e gli incredibili effetti della burocrazia di stato, gli effetti del socialismo amministrativo. Vediamo che è necessario dare inizio ad una riorganizzazione.

Nello stesso tempo comprendiamo l'incredibile potere del mercato mondiale imperialista e gli effetti dell'accerchiamento dell'URSS per decenni.

Noi vediamo tutto questo come il prodotto dell'errata politica della coesistenza pacifica. La tattica della coesistenza pacifica di Lenin è stata stravolta da Krusciov, e prima ancora da Stalin, in strategia della coesistenza pacifica. Per questo motivo gli interessi dei popoli del Tricontinente sono stati accantonati; non sono stati presi in considerazione gli interessi dei veri alleati, con cui poteva essere possibile una contro offensiva rivoluzionaria. La necessità di una rivoluzione permanente non è stata presa in considerazione.

Per questo gli Stati del socialismo reale possono essere biasimati alla stessa maniera degli altri. Per questo motivo noi diciamo che il cambiamento deve cominciare ora, che le vecchie strutture di pensiero devono essere abbandonate e deve essere sfruttata la grande occasione.

Dobbiamo riunirci e discutere i nostri errori e le prospettive che possiamo sviluppare. Questa è la cosa importante oggi.

Crediamo che la politica che l'URSS sta portando avanti sarà dannosa nel breve e nel lungo periodo per l'URSS stessa così come anche per gli altri Stati della regione. D'altra parte comprendendo questo non dobbiamo rassegnarci come invece sembra avvenire in RFT. Esportare la rivoluzione potrebbe essere stato molto importante ma non è di aiuto. Abbiamo sempre saputo che la rivoluzione può essere fatta solo con le proprie mani. Per questo c'è soltanto una prospettiva per noi: sviluppare la nostra prospettiva rivoluzionaria e spingerla avanti.

Nel crollo del socialismo reale vediamo una grande perdita, ma anche una grande vittoria. Abbiamo perso un sacco di cose buone, ma anche un sacco di cose cattive. E noi pensiamo prima di tutto che questo va bene. La cosa più importante è imparare la lezione e ricavarne quello che c'è di positivo, cioè capire che c'era una politica sbagliata nei confronti dell'imperialismo e, legata ad essa, un'errata politica interna. La prospettiva rivoluzionaria deve essere ricostruita, certamente non è quello che sta succedendo ora in URSS.

Dobbiamo approfittare delle grandi occasioni che la situazione presenta. Dobbiamo realizzare i nostri propri modelli e le nostre proprie idee e trasformarli in realtà. C'è una grande occasione di sviluppare nuove prospettive e dobbiamo sfruttarla. Noi stessi dobbiamo essere la nuova prospettiva, invece di rappresentare soltanto le prospettive altrui. E dobbiamo imparare dagli errori che abbiamo fatto per non doverli ripetere. Imparare in base alle nostre situazioni concrete.

A mio avviso questa è la lezione più importante che dobbiamo imparare dagli sviluppi della situazione. Che il nostro approccio sia corretto lo possiamo vedere dall'attuale sviluppo nel Kurdistan nord occidentale.

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IL PROCESSO AL PKK

Dall'inizio degli anni '80 è in atto in diverse nazioni europee (principalmente RFT, Svizzera e Francia) una strategia di criminalizzazione contro il PKK (Partito Comunista del Kurdistan) e in generale contro la lotta di liberazione del popolo Kurdo.
Nel contesto di questa campagna va ricordato tra le altre cose il tentativo di attribuire al PKK l'assassinio di Olof Palme.

Ma è soprattutto la Germania lo stato maggiormente impegnato nell'opera di repressione per gli interessi politici ed economici che lo legano al regime Turco: la presenza di numerose multinazionali tedesche nel territorio del Kurdistan nord occidentale occupato dalla Turchia e un accordo di aiuti militari per 600 milioni di marchi.
Un altro motivo dell'interesse della RFT nella repressione dei movimento di liberazione Kurdo è legato alla presenza di circa 400.000 immigrati Kurdi in Germania.

Nell'ottobre '86 c'è stato un incontro particolarmente importante tra l'ambasciatore turco e il Procuratore capo tedesco Kurt Rebman in cui si è discusso della "lotta comune contro il terrorismo". Dopo quest'incontro lo stesso Rebman ottenne l'approvazione, il 1° gennaio 1987, di una estensione dell'art. 129a del codice penale tedesco ("associazione terrorista"), estensione che riguardava la possibilità di criminalizzare organizzazioni "terroristiche" straniere per reati commessi al di fuori dei confini tedeschi.

Ed è proprio contro i Kurdi che viene applicato immediatamente il "nuovo" art. 129a: perquisizioni di abitazioni e di sedi politiche, sequestro di documenti e di denaro, condanne al confino e diversi arresti.
Mentre cominciano le iniziative di solidarietà organizzate dai Kurdi immigrati in RFT e sostenute dal movimento, la sinistra riformista tedesca sostiene l'opera di criminalizzazione dissociandosi pubblicamente dal PKK e dal movimento di liberazione Kurdo.

Il picco dell'ondata repressiva viene raggiunto nel febbraio '88 con l'arresto di 20 compagni kurdi sulla base della nuova estensione del 129a.
Diciotto di essi furono rinviati a giudizio e processati a Düsseldorf in un aula bunker costruita appositamente e costata 8 milioni di marchi.
Questo processo ha rappresentato un "salto di qualità" nel campo giudiziario: da una parte per la prima volta in RFT sono stati accusati degli stranieri per reati commessi all'estero, nello specifico l'esecuzione di due traditori avvenuta in un campo militare del PKK in Libano.
Dall'altra, sempre per la prima volta in RFT, l'accusa si basava esclusivamente sulle testimonianze di alcuni pentiti che avevano ottenuto in cambio degli sconti di pena in un altro processo tenuto a Berlino (il principale pentito, condannato per omicidio, ha avuto una condanna a soli cinque anni!).
Questo processo, che poi fu sospeso dopo solo 30 giorni per le difficoltà dell'accusa, ha comunque segnato l'inizio di una stagione di inchieste, arresti e processi contro il PKK tutt'ora in corso in RFT.

La campagna repressiva contro il movimento di liberazione Kurdo è comunque un fatto di rilevanza internazionale comune a tutti i paesi imperialisti come ben evidenzia la seguente dichiarazione della CIA dell'agosto 1989: "Il PKK è una delle più pericolose organizzazioni terroristiche, i suoi appoggi internazionali vanno distrutti".

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