CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.8

ESECUZIONI SOMMARIE DI PALESTINESI

da Al Hadaf

In quest'ultime settimane la caccia all'uomo contro gli attivisti dell'Intifada da parte dell'IDF ha raggiunto un livello senza precedenti. Il piano di sistematica uccisione dei ricercati nei Territori Occupati è divenuto essenzialmente una strada da imporre, una sentenza di morte senza processo contro gli attivisti più impegnati dell'Intifada. Dozzine di ricercati sono stati uccisi negli ultimi mesi dalle unità speciali dell'esercito enfaticamente denominate: "albero di ciliegie" che opera nella West Bank e "Sansone" che agisce nella Striscia di Gaza.

Secondo uno studio del Centro d'Informazione Palestinese dei Diritti dell'uomo dall'inizio dell'anno al 10 maggio 92, 29 Palestinesi sono stati uccisi da queste unità speciali che ormai vanno note con il nome di "squadre della morte" e che dal 1988 anno in cui sono state costituite al 10 maggio 92 sono state responsabili di ben 75 omicidi.

Lo studio del Centro d'informazione conclude sottolineando che:

"...la discrezione israeliana regola l'uso delle armi, la soppressione dei referti di autopsia, la mancanza di affidabilità nelle investigazioni delle unità speciali, il fallimento dei processi sull'uso eccessivo delle armi e l'anonimato dei componenti delle squadre speciali incoraggia a dà copertura ufficiale all'esecuzioni sommarie poliziesche".

Cambio del regolamento sull'apertura del fuoco e linea di comportamento delle squadre speciali.

Con lo sviluppo efficace della lotta delle cellule militari dell'lntifada contro l'esercito ed i coloni, il comandante della regione militare gen. Dani Yatom, ha richiesto allo stato maggiore la possibilità di semplificare le operazioni per l'arresto dei sospetti, questa direttiva è oggi conosciuta come "cambio di procedura sull'apertura del fuoco". Tra l'altro il gen.Yatom richieda il ripristino della possibilità ".... di sparare anche se il fuggitivo non impugnava armi." (Alex Fishman- Hadashot 1/5/92).

Queste richieste vengono accolte nel gennaio 92, successivamente in un ulteriore documento, Yatom proponeva "di effettuare la procedura sparare per ferire" durante le "operazioni speciali". Nella sua lettera il generale suggeriva, l'uso "di pratiche irregolari da potersi effettuare nei campi Palestinesi" spiegando come le già usate e ben conosciute tattiche di "procedura breve" e "procedura brevissima" fossero già messe in atto dall'unità speciali per arrestare i ricercati.

La "procedura breve" prevede l'avvertimento in lingua araba di "fermo o sparo" e la possibilità di sparare ai sospetti in fuga saltando l'intimidazione del colpo in aria.

La "procedura brevissima" si applica quando l'avvertimento in arabo può risultare pericoloso per l'incolumità dei soldati che quindi sparano a loro discrezione. In febbraio queste nuove procedure venivano regolarizzate per iscritto dall'ufficio del procuratore militare e di fatto veniva esteso il loro uso.

Nella prima settimana di febbraio, i militari dei Territori Occupati, ricevevano la nuova linea di comportamento: nel caso che la loro vita fosse stata in pericolo a causa di attacco con armi da fuoco o oggetti taglienti (coltelli, pugnali, asce, ecc.) avrebbero potuto aprire il fuoco con lo scopo di uccidere.

"Pericolo di vita", secondo gli organi di stampa israeliani, include situazioni di preparazione di un attacco (trasporto di armi) e situazioni seguenti l'attacco (se, per esempio, il sospetto potrebbe lanciare un'altra Molotov).

Le definizioni di pericolo di vita e di apertura del fuoco comprendono anche situazioni in cui il sospetto sta fuggendo dal luogo dell'attacco senza armi.

Questi ordini diramati in tutto Israele servono sopratutto nei Territori Occupati.

A metà febbraio un'ulteriore estensione dei provvedimenti poliziesch l'autorizzazione a sparare a chi venisse sorpreso a lanciare pietre.

A maggio, su Ha'aretz, Reuven P'dehtzur dichiara:

"Gli ordini riguardanti l'apertura del fuoco e i metodi di azione prescritti ai componenti delle unità speciali permettono loro l'uso incondizionato delle armi spesso dandogli copertura legale".

Infatti gli uffici del procuratore militare sono pronti ad emettere miti sentenze contro militari colpevoli di aver ucciso, coprendoli con un emendamento del codice penale in vigore dal 16 marzo di quest'anno che recita "non si è penalmente responsabili se l'azione è rivolta a prevenire o reprimere un attacco".

Questo emendamento permette agli uffici del procuratore militare di non aprire procedimenti penali quando un Palestinese viene ucciso nei Territori Occupati. Al contrario se un procedimento viene aperto è un'investigazione della polizia militare che deve convincere le autorità che i militari non hanno agito per autodifesa.

Con lo scopo di uccidere

In molti casi non si accontentano di ferire:

"Aimal MAJADAH, 23 anni del villaggio di Iylar il 21 Aprile andava nelle prime ore del mattino a incontrare la madre, dopo aver mangiato, essersi lavato e riposato faceva ritorno verso casa sua, Aimal era ricercato da un anno, procedeva sulla strada principale del villaggio a viso scoperto ed armato come sua abitudine quando improvvisamente da un edificio abbandonato partiva un colpo d'arma da fuoco che lo feriva al torace.
Aimal tenta a questo punto di fuggire tornando indietro ma un secondo colpo lo colpisce alla schiena facendolo cadere in una pozza di sangue. Due soldati dell'IDF (forze di difesa israeliane) travestiti da Arabi ed uno in divisa sbucano da una stanza della casa. Secondo la versione degli abitanti del villaggio, il corpo di MAJADAH viene trascinato per dozzine di metri e quindi fatto scomparire dalla strada. Nessuno degli attoniti testimoni aveva sentito gridare avvertimento e nessuno aveva visti qualcuno provare a fermare MAJADAH."

(Ha'aetz 26 aprile 1992)

Secondo lo studio del comitato d'informazione, ci sono testimonianze oculari in almeno sette casi in cui le vittime sono state finite dai soldati dopo essere state ferite. In dieci casi è stata negata loro l'assistenza medica determinandone la morte. In quattordici casi le vittime avevano lasciato vive il luogo in cui erano state arrestate e in seguito le autorità comunicavano la loro morte.

Ci sono altri casi in cui i soldati sionisti hanno sparato con l'intento di uccidere senza un reale pericolo per la loro vita e infatti molte delle loro vittime erano disarmate ed impegnate giornalmente in una lotta non violenta di appoggio alla popolazione Palestinese.

Come Jamal Ghanem Mashwikah, della zona di Tulkarem, ucciso alla fine di Marzo mentre era impegnato in una partita di calcio,del campionato Arabo, sotto gli occhi degli spettatori. (Kol Ha'ir 17 aprile). Il 1 maggio in un programma televisivo israeliano (Mabat), l'allenatore ha mostrato alle telecamere il punto esatto in cui Jamal era stato abbattuto. A parere di Gid'on Levi (giornalista israeliano) tutti i possibili esami effettuati indicano che durante il gioco Jamal non poteva essere armato e che non sarebbe potuto fuggire da uno stadio chiuso.

Altro caso ad Hebron dove anche i media governativi sono stati costretti a dar risalto a testimonianze di ebrei che affermavano di avere assistito all'uccisione di due ragazzi Palestinesi colpevoli di tenere tra le mani bombolette di vernice spray e di essere stati vittime per le loro denunce di campagne di minacce e calunnie.

Il portavoce delle IDF dichiarava successivamente, in una conferenza stampa, che le procedure di apertura del fuoco non sarebbero state cambiate. Il Generale in capo dell'esercito attendeva la riunione del gabinetto del 3 maggio per sostenere che durante "14 mesi passati 1400 ricercati erano stati catturati di cui 200 sospettati di atti di terrorismo o di attività pericolosamente ostile verso israele", 13 erano stati uccisi durante la cattura "ciò dimostra che le situazioni in cui i soldati aprono il fuoco sono minime".

I militari concludevano enfatizzando sull'uso delle armi come legittima difesa. In più il comandante Yaton aggiungeva di non essere a conoscenza di nessun caso in cui si sia verificata una cattiva applicazione della procedura di apertura del fuoco. (notiziario radio israele mattina del 4 maggio).

Le decine di esempi di assassinii e di ferimenti a sangue freddo, quasi sempre con armi da fuoco provviste di silenziatore, parlano da soli.

Le bugie, il tono tranquillizzante dei militari delle alte sfere va verso una maggiore durezza, persino dalla stampa israeliana si levano preoccupanti lamenti, anche da chi ha sempre difeso la politica governativa come Ze'ev Schiff che afferma come "l'ordine di sparare in modo sistematico senza una restrizione è una 'linea rossa' che varcata trasformerà israele in un altro El Salvador" (Ha'aretz 1 maggio).

Ma questa linea è stata più che superata: l'ultima normativa militare prevede che un individuo dal viso coperto è soggetto di esecuzione sommaria.
La Comunità Internazionale non ha la scusa di non sapere.
E' tempo di un immediato intervento internazionale che fermi la caccia all'uomo nei territori occupati.

[da Al Hadaf]

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