CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.8

SUGLI EFFETTI DEL DECRETO SCOTTI-MARTELLI

I compagni del collettivo Wotta Sitta

Care compagne e compagni [...] vogliamo informarvi sommariamente delle "novità" che da qualche settimana sono intervenute nelle carceri, in particolar modo quelle del "circuito speciale". Tra l'altro, si tratta di provvedimenti che non hanno ancora trovato piena applicazione e dispiegamento; quindi sarà necessario seguirne gli sviluppi e ci ripromettiamo di farci sentire in modo più approfondito nel prossimo futuro.

Che lo stato e il ministero di Giustizia si stessero preparando ad una sostanziale ridefinizione del "sistema carcerario" lo si era capito ormai da tempo. Sicuramente da molto prima delle "dichiarazioni di guerra" e dei giochi politico-istituzionali di questi ultimi mesi. In realtà, le ragioni e le necessità di fondo che spingono verso una ulteriore rifunzionalizzazione del ruolo del carcere in questa congiuntura vanno ricercate e connesse alle condizioni generali entro cui la borghesia imperialista in questo paese sta consumando i passaggi decisivi verso l'integrazione europea e la formazione di un nuovo assetto politico-istituzionale sovranazionale.

Queste scelte, oggi, costituiscono un tentativo di risposta alla profondità assunta dalla crisi economico-finanziaria, all'inadeguatezza delle funzioni svolte dagli apparati istituzionali e in conseguenza alla crisi del ruolo dello stato-nazione, dallo sgretolamento del sistema borghese dei partiti politici.

Tre piani interconnessi ma distinti di crisi che definiscono le condizioni reali di esistenza per qualsiasi antagonismo di classe rivoluzionario, e che in particolare determinano la radicalità dell'attacco al proletariato, alle sue condizioni di vita materiali e alla sua esistenza politica e organizzata nella lotta di classe.

Ad ogni passaggio di fase, per la borghesia il carcere assume caratteristiche funzionali a garantire il suo ruolo nella "società". In questo dispositivo della controrivoluzione preventiva, esso è rivolto in primo luogo contro ogni processo di politicizzazione del proletariato e delle sue avanguardie rivoluzionarie. In qualità di strumento della repressione e del controllo sociale, è chiamato continuamente a garanzia della riproduzione dei rapporti sociali capitalistici dominanti.

La sua gestione interna e le "forme" di trattamento possono variare, ma la sostanza non muta: il carcere è sempre distruzione, differenziazione, isolamento. Ieri con la "democratica" legge Gozzini, oggi con la completa riattivazione del circuito di massima deterrenza. Infatti è ormai confermata la riapertura delle carceri dell'isola di Pianosa e dell'isola dell'Asinara, di cui è facilmente prevedibile il ruolo che torneranno a svolgere. La carceri speciali di Cuneo e di Ascoli Piceno sono state "sgomberate" dei prigionieri, in prevalenza compagni, e poi riattrezzate per "fronteggiare la nuova - ennesima! - emergenza sociale".

In realtà la classificazione di "detenuti per mafia, Camorra, 'Ndrangheta" (o per "criminalità organizzata" in genere) è non soltanto strumentale ai fini delle campagne mass-mediate di formazione del consenso, ma funzionale alle esigenze più generali di ri-totalizzazione del controllo statale su ogni tipo di contraddizione sociale che l'imperialismo metropolitano produce.

Nelle carceri speciali di Cuneo, Asoli, Fossombrone, Livorno, Spoleto, Trani, Novara... il numero dei prigionieri cosiddetti "comuni" sta aumentando di giorno in giorno, trasferiti in blocco da carceri ("normali") giudiziari. Il trattamento nei loro riguardi si va progressivamente irrigidendo e si hanno notizie di restrizioni degli spazi di socialità e di vivibilità.

In particolare il ministero di Grazia e Giustizia sta applicando l'articolo 41 bis della legge Gozzini che prevede l'uso dell'isolamento "ad personam" e/o per gruppi, la limitazione dei colloqui mensili ad uno soltanto e la riduzione delle possibilità di corrispondenza con solo i familiari più stretti, ecc. In pratica si tratta di un trattamento individualizzato e differenziato, non solo tra carcere e carcere, ma anche tra prigionieri ristretti nelle singole sezioni dello stesso carcere. Sicuramente un avvicinamento qualitativo nelle tecniche di controllo e distruzione rispetto al trattamento usato contro di noi, un decennio fa, con l'articolo 90 - e della cui esperienza naturalmente si avvale quello attuale.

In questa nuova ridefinizione del circuito delle carceri speciali, la gran parte dei prigionieri rivoluzionari sono stati concentrati a Trani e a Novara. Le sezioni separate dal resto dei prigionieri. La compagne invece continuano ad essere divise tra le carceri di Latina (la gran parte), Opera e Rebibbia; e nulla lascia supporre - fino a questo momento - che nella "ridistribuzione" vengano coinvolti anche i 6 compagni prigionieri a Carinola (Caserta) dal 1990, in condizioni di isolamento accentuato.

Per noi prigionieri rivoluzionari il trattamento mira a conseguire alcuni risultati che lo Stato non ha mai smesso di perseguire in tutti questi anni: fiaccare la resistenza; limitare il più possibile che i prigionieri rivoluzionari svolgano un ruolo politico attivo - non solo "oggettivo" - nei confronti della prospettiva comunista; intervenire con pressioni continue affinché la loro identità politica si riduca con gli anni a pura "testimonianza" di una esperienza rivoluzionaria passata.

Le forme attraverso cui si materializza questa strategia sono varie: ora di segno palesemente distruttivo (come il pestaggio di massa del gennaio '90 a Novara), ora di tipo meno frontale, ma non per questo meno finalizzate a determinare una condizione di progressivo logoramento della resistenza dei prigionieri comunisti. In questo senso lo Stato fa del tempo il suo alleato migliore.

Sono le condizioni di una lotta che, nelle difficoltà in cui vive oggi la prospettiva comunista di liberazione proletaria, qualifica l'impegno militante dei prigionieri rivoluzionari ancor più di ieri e insieme, diventa la condizione fondamentale per preservare e sviluppare la propria identità in rapporto allo scontro più generale.

Ci è difficile dire in questo momento se la ridefinizione complessiva che sta investendo l'intero circuito delle carceri speciali comporterà ulteriori restrizioni e modificazioni delle pratiche attraverso cui si è articolato in questi ultimi anni il trattamento sui prigionieri rivoluzionari. Al di là di ogni calcolo politico che può sottendere la scelta dello Stato, in questa congiuntura, di non radicalizzare ulteriormente lo scontro anche su di noi, resta da considerare un dato "oggettivo": il carcere imperialista, nonostante i diversi livelli di differenziazione (tra circuiti "normai" e "speciali", tra carcere e carcere degli stessi circuiti...) è "per definizione" una struttura integrata. Ad ogni svolta o irrigidimento che prende corpo in qualsiasi terreno, si determinano ripercussioni che attraversano il "sistema-carcere". Non è un caso che da qualche mese sono diventate sempre più frequenti le notizie di pestaggi anche in alcune carceri a "regime normale", come a Brescia, Secondigliano (NA), Gazzi (ME)...

In sostanza siamo di fronte ad una situazione ancora gravida di sviluppi, che è necessario continuare a seguire a a cui noi intendiamo prestare la massima attenzione. Contiamo di farlo anche con voi, tenendovi informati sulla nostra situazione specifica e sui cambiamenti più in generale.

I compagni del collettivo Wotta Sitta

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