CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.9

CONTRO L'INIZIATIVA R.A.F. DEL 10 APRILE 1992

Régis SCHLEICHER e Vincenzo SPANO'

1. E' con l'inizio degli anni '70, alla fine del ciclo espansivo dell'accumulazione capitalistica del dopoguerra, che si aprono in RFT e in Italia, con la R.A.F. e le BR, delle esperienze rivoluzionarie che rompono con il riformismo e il revisionismo delle organizzazioni storiche del movimento operaio europeo e che costruiscono nella pratica una nuova prassi rivoluzionaria: la lotta armata (LA) si determina sempre di più come un'istanza che apre ad ogni specifica lotta antagonista e proletaria una dimensione generale e autonoma rispetto agli spazi istituzionali d'integrazione/pacificazione del conflitto di classe metropolitano. Quindi, al di là del terreno specifico della critica al riformismo e al revisionismo, nei fatti la LA si sviluppa sempre di più come una vera e propria strategia rivoluzionaria, a partire dalle dinamiche politiche generali che essa tende a produrre nella classe proletaria, nello Stato, nei rapporti Stato/Classe e, sul piano internazionale, nei rapporti con le lotte di liberazione dei popoli oppressi dall'imperialismo. Queste dinamiche politiche sono tali da precisare, sempre più nel corso degli ultimi vent'anni, la valenza strategica della LA in termini assoluti, indipendentemente cioè dalle specifiche congiunture proprie ad ogni singolo territorio metropolitano europeo e indipendentemente dallo specifico contesto storico internazionale.

Difatti, parallelamente alla dimensione e alla valenza strategica che la LA acquisisce nel corso del suo sviluppo,ciò che si svela sempre più chiaramente è l'insieme dei moderni caratteri politici maturati dallo Stato imperialista per la gestione pacificata delle contraddizioni di classe nella metropoli. Gestione che rigidamente s'impone di fronte all'oggettiva necessità per ogni Stato imperialista di disporre della forza sociale interna strategicamente necessaria all'elaborazione e alla realizzazione dei progetti internazionali della frazione di borghesia imperialista (BI) di cui questo Stato è organo. Uno Stato, quindi, che deve disporre di un blocco sociale interno (nazionale) sufficientemente aggregato e unito sia intorno alla difesa degli interessi specifici della frazione nazionale di BI (nel contesto mondiale della lotta interimperialista e oligopolistica), sia intorno alla difesa degli interessi generali del sistema imperialista contro le lotte di liberazione dei popoli oppressi e contro il maturarsi rivoluzionario e unitario del proletariato mondiale. Così, il dato generale che essenzialmente emerge, è che nei centri imperialisti la ricerca di una forza sociale mondiale dello Stato ha spinto quest'ultimo a strutturarsi e maturarsi in funzione dell'occupazione di tutti gli "spazi politici" aperti dalla classe operaia con le lotte di questo secolo, istituzionalizzandoli attraverso l'integrazione negli organi di governo dello Stato e, più in generale, nelle strutture della democrazia rappresentativa borghese, delle strutture storiche, politiche e organizzative operaie. Questa dinamica, sulla base delle istanze di controllo e contenimento politico della classe operaia e quindi della contraddizione diretta capitale/lavoro, si è progressivamente allargata ad ogni "spazio politico" potenzialmente occupabile dalle lotte degli altri settori del proletariato metropolitano (PM), con lo scopo di prevenire ogni rilancio di una critica generale alla dominazione della borghesia e del suo sistema sociale. In questo senso si è configurata da parte dello Stato metropolitano una tendenza continua al monopolio politico, nell'ottica di funzionalizzare ogni volta l'intera situazione sociale metropolitana alle esigenze internazionali che nelle diverse fasi e congiunture s'impongono alla frazione nazionale della BI.

In definitiva, attraverso l'insieme di questi processi storici, si è determinato il fatto che, oggi, nella metropoli, ogni aspetto (mediazione politica, repressione ecc.) del rapporto Stato/Classe proletaria è sempre rigidamente funzionalizzato ad una prospettiva più generale di controrivoluzione preventiva, prospettiva che concretamente ogni volta si specifica e s'approfondisce in funzione dei progetti internazionali imperialistici per i quali il territorio metropolitano deve servire da base politica, sociale, economica ed ideologica. In questo senso, la rigida istituzionalizzazione degli antagonismi di classe nella metropoli prevede e abbisogna tanto di dinamiche d'integrazione/mediazione politica, tanto di dinamiche di repressione/criminalizzazione, che di dinamiche di marginalizzazione/desocializzazione/spoliticizzazione. Un insieme di dinamiche questo che opera come un insieme organico controrivoluzionario, calibrato in funzione della stratificazione socio-economica della classe proletaria metropolitana, della sua differenziata situazione politica e antagonistica conseguente ed, infine, in funzione dei margini reali d'integrazione e dei gradi oggettivi d'approfondimento dello scontro di classe che derivano dal procedere della crisi strutturale del modo di produzione capitalistico (MPC) sul piano locale/mondiale.

In Europa Occidentale (EO), e particolarmente in RFT ed in Italia, (a causa del profondo sviluppo teorico-pratico che qui la LA ha conosciuto), questi caratteri di fondo delle dinamiche politiche metropolitane vengono identificati e resi palesi dalla guerriglia; è una conoscenza concreta della natura reale dello Stato e dei rapporti di classe qui che la guerriglia costruisce materialmente attraverso la pratica rivoluzionaria armata di questi ultimi vent'anni, evidenziando in tale modo tutte le implicazioni politiche oggettive che nella metropoli s'impongono alla politica rivoluzionaria. Così, contro gli spazi politici tradizionali oramai compiutamente sussunti nelle strategie dello Stato imperialista, la guerriglia matura la dimensione politico-militare come l'unico "spazio politico generale" in cui possono essere costruiti nella metropoli delle dinamiche politiche e organizzative strategiche, cioè capaci d'affermare gli interessi generali del PM e di unirlo come classe rivoluzionaria.

A partire da questa chiarificazione/costruzione della realtà oggettiva delle dinamiche e degli spazi politici di classe nell'odierna metropoli imperialista, i percorsi armati che si sono dati in questi ultimi vent'anni hanno profondamente mutato alcuni caratteri teorico-pratici che erano propri alla prassi rivoluzionaria definitasi nella prima metà del secolo, nell'ambito della Rivoluzione Bolscevica e della Terza Internazionale. Difatti, nelle specifiche condizioni delle metropoli imperialiste, l'unità del politico col militare si conferma come la sola dimensione che permette la costruzione di una politica e di un processo rivoluzionari. Questa unità si configura oggi come il solo terreno di formazione e maturazione dell'avanguardia e dell'organizzazione rivoluzionaria, e la lotta armata (cioè l'unificazione dialettica del politico col militare nella prassi) la strategia attraverso la quale costruire una dinamica di scontro generale con lo Stato e la BI; una dinamica, quindi d'unificazione nella pratica dell'insieme delle tensioni e delle lotte antagonistiche espresse dal PM nell'ambito del rapporto di forza che oggettivamente lo oppone alla BI.

La dialettica che s'instaura tra, da una parte, la dimensione strategica e unitaria aperta dalla LA con l'attacco allo Stato imperialista e, dall'altra, le differenti tensioni e lotte antagonistiche del PM è un terreno oggettivo d'organizzazione politico-militare di spezzoni di classe proletaria e d'avanguardie di lotte, quindi, un terreno di maturazione concreta della coscienza e dell'organizzazione autonoma generale del PM.

Attraverso la strategia della LA, il suo legame dialettico con l'autonomia proletaria, la costruzione organizzativa politico-militare dei settori più coscienti della classe a partire da questa dialettica, si determinano i percorsi concreti attraverso cui continuamente è possibile rompere quella condizione d'accerchiamento strategico (politico, militare, ideologico, sociale) che costituisce la situazione quotidiana della classe proletaria nella metropoli e incidere dunque realmente, a partire da queste rotture continue, sull'evoluzione dei rapporti di forza tra le classi nella metropoli, tra lo Stato imperialista e il PM.

In definitiva; il processo rivoluzionario nella metropoli imperialista si configura globalmente come un processo in cui la lotta armata è la sua strategia permanente, in quanto essa è condizione dell'apertura del processo, del suo sviluppo e della sua vittoria; attraverso le differenti fasi in cui la LA si matura e si costruisce, in dialettica con il proletariato, da Organizzazione di Guerriglia a Partito Comunista Combattente. L'unità del politico col militare è in queste condizioni la matrice dell'organizzazione rivoluzionaria e di tutto il processo rivoluzionario metropolitano: quest'ultimo si configura quindi, oggettivamente, come processo di guerra di lunga durata caratterizzato da quelle specifiche leggi che la guerra rivoluzionaria e di classe assume nel contesto proprio alla metropoli imperialista odierna. Quelle leggi oggettive rispetto alle quali l'esperienza della LA europea di questi ultimi vent'anni ha già prodotto una prima conoscenza pratica reale, relativa al grado di approfondimento e maturità raggiunto nel corso di tale periodo dalla prassi armata nelle metropoli europee.

I caratteri propri al processo rivoluzionario nelle metropoli configurano infine le nuove determinazioni assunte dall'internazionalismo e dall'antimperialismo e riflettono la necessità d'adeguare le dimensioni internazionali della lotta rivoluzionaria allo sviluppo oggi raggiunto dal capitale sul piano mondiale e alla conseguente maturazione globale del sistema imperialista.

A partire dai momenti che nel territorio centrale dell'imperialismo (cioè nei territori in cui la borghesia imperialista concentra la sua massima forza politica, militare, economica e sociale e dove concentra la direzione strategica dei suoi interessi internazionali) il processo rivoluzionario assume fin dall'inizio un carattere di guerra, d'unità del politico col militare, attraverso la strategia della LA d'attacco allo Stato imperialista e alle sue politiche centrali, e di costruzione politico-militare dell'organizzazione rivoluzionaria di classe, a partire dal momento dunque che il processo rivoluzionario si determina qui attraverso questi caratteri esso oggettivamente assume fin dall'inizio una dimensione direttamente mondiale, sia sul versante dell'internazionalismo comunista e proletario, sia sul versante delle lotte di liberazione dei popoli oppressi (quindi rispetto al piano di scontro imperialismo/antimperialismo).

Nella metropoli la strategia della LA allo stesso modo con cui apre uno spazio d'organizzazione rivoluzionaria del PM relativamente alle dinamiche specifiche del territorio nazionale, nello stesso tempo apre uno spazio di maturazione e costruzione della coscienza e dell'organizzazione di questo PM come componente del proletariato mondiale ( e quindi come coscienza e organizzazione unitaria di classe mondiale) ed apre uno spazio d'unità tra la lotta rivoluzionaria del PM e le lotte di Liberazione dei popoli oppressi dall'imperialismo. Per questo la strategia della LA colloca oggettivamente la politica rivoluzionaria metropolitana in relazione diretta col piano di scontro imperialismo/antimperialismo e col piano di scontro BI/proletariato mondiale, dandogli così potenzialità di sviluppo organizzativo, strategico e progettuale sul terreno della lotta internazionale contro il capitale e la BI.

Riassumendo l'insieme degli elementi e degli aspetti fin qui esposti, possiamo dire che gli assi attorno a cui si struttura il corpo teorico-pratico della moderna politica rivoluzionaria;
1) l'unità del politico col militare in quanto matrice del processo rivoluzionario;
2) la strategia della lotta armata d'attacco allo Stato imperialista e alle sue politiche centrali come prassi di costruzione della direzione, dell'avanguardia e dell'unità rivoluzionaria dello scontro di classe;
3) la dialettica lotta armata/autonomia proletaria come terreno della costruzione rivoluzionaria dell'organizzazione politico militare della classe;
4) il carattere di guerra di lunga durata del processo rivoluzionario;
5) la dimensione direttamente mondiale, antimperialista e internazionalista, del processo rivoluzionario.

Questo corpo teorico-pratico, come ogni prassi rivoluzionario non è mai compiuto e chiede sempre nuove verifiche e riqualificazioni rispetto all'evoluzione concreta delle contraddizioni del sistema, ma in quanto prodotto materiale e storico dello scontro rivoluzionario prodottosi in quest'ultimi ventennio qui, esso costituisce l'elemento discriminante tra rivoluzione e controrivoluzione per la lotta di classe metropolitana, l'elemento che definisce qui il campo rivoluzionario, comunista, antimperialista, di classe. Riteniamo che questo corpo teorico-pratico si pone come la linea di demarcazione costitutiva dell'identità rivoluzionaria oggi nelle metropoli imperialiste dell'EO. Un corpo teorico-pratico sedimentato nella memoria sociale della lotta di classe e rivoluzionaria qui e che rappresenta l'ottica fondamentale in cui bisogna inscriversi per ricostruire una capacità politica e pratica d'intervento rivoluzionario adeguato alla nuova situazione europea e mondiale.

2. Lungo gli anni '80 si è sviluppato un processo mondiale, legato all'approfondirsi sempre più importante della crisi strutturale del MPC mondiale, in cui la BI ha cercato con ogni mezzo di riconquistare le posizioni che aveva dovuto cedere, sia sul piano interno (con il PM) che sul piano mondiale (con i popoli e i paesi della periferia), durante il ciclo di lotte anticapitalistiche e antimperialistiche degli anni '60 e '70. Questo processo ha subito una svolta storica e globale alla fine del 1991 con la disgregazione dell'URSS e con la crisi generale dei processi di transizione socialista apertisi in numerosi paesi nel corso di questo secolo.

La crisi dei paesi socialisti non limita comunque, in alcun caso, l'approfondirsi della crisi strutturale mondiale del sistema capitalista, essa rappresenta piuttosto per la borghesia un momentaneo avvantaggio, interamente speso dagli Stati imperialisti del centro (e dalle loro filiazioni compradore nella periferia) per rafforzare la loro strategia controrivoluzionaria globale e approfondire la guerra contro tutte le componenti del proletariato mondiale, nell'ambito di una dura lotta internazionale per la spartizione del plusvalore mondiale e per l'influenza sulle aree geopolitiche di produzione/realizzazione del plusvalore.

E' in questo contesto generale di crisi che ogni Stato imperialista ha bisogno come non mai d'approfondire il proprio potere politico e sociale interno, di rafforzare le proprie basi strategiche centrali, accentuando così quei particolari caratteri politici di gestione delle contraddizioni di classe interni maturati nel corso degli ultimi 40 anni. Più precisamente, nell'impianto generale della controrivoluzione preventiva, s'impone la tendenza all'accentuazione degli aspetti di repressione/criminalizzazione e di marginalizzazione/desocializzazione/spoliticizzazione a fronte di un restringimento degli spazi politico-economici di mediazione/integrazione tra le classi strutturatesi nella metropoli durante questo secondo dopoguerra, un restringimento prodotto dall'evolvere della crisi strutturale del sistema e della conseguente lotta per l'appropriazione del plusvalore a livello mondiale. In questa situazione, rivelatrice di un approfondimento oggettivo dello scontro di classe metropolitano, diventa fondamentale per lo Stato imperialista d'invalidare preventivamente le nuove possibilità oggettive di ricostruzione delle condizioni necessarie al rilancio della lotta rivoluzionaria che oggi si aprono nei suoi centri. Territori del centro in cui perciò la controrivoluzione preventive deve essere in grado di misurarsi con i nuovi caratteri e il livello politico dello scontro maturato dal processo rivoluzionario metropolitano: la strategia della lotta armata per il comunismo.

Per tale obiettivo non è sufficiente la sola azione della controguerriglia (cioè la distruzione materiale delle strutture organizzative rivoluzionarie) ma si rende necessaria la riarticolazione della controrivoluzione preventiva dall'interno stesso dell'area militante della LA, delle sue relazioni, legami e riferimenti nella classe proletaria. Un salto qualitativo questo che mette a profitto la crisi politica e organizzativa della LA, per canalizzare le contraddizioni interne al corpo rivoluzionario verso la rimessa in discussione di quell'insieme teorico-pratico costruito in questi vent'anni di prassi rivoluzionaria armata. L'obiettivo globale ricercato, e che risulta assolutamente centrale per lo Stato, è la cancellazione di quell'insieme teorico-pratico della memoria sociale e politica della lotta di classe e rivoluzionaria qui. Lo scopo è di privare tutte le lotte del proletariato e le lotte antimperialiste nella metropoli di ogni dimensione strategica, progettuale e unitaria, di privarle di ogni percorso d'autonomia politica e organizzativa, d'ingabbiarle dentro spazi politico-istituzionali di pacificazione, criminalizzando e marginalizzando le realtà più coscienti e antagoniste. Ma lo scopo è anche di ridurre a zero ogni riferimento rivoluzionario che dalla metropoli imperialista si indirizzi ai popoli oppressi dall'imperialismo e a tutte le componenti del proletariato mondiale. Evitare dunque che dai territori del centro imperialista partano "segnali" d'attacco al sistema. Per il capitale finanziario le sue metropoli centrali devono essere vetrine mondiali del sistema, quindi: deserto sociale e politico di pacificazione/superamento mondiale della mercificazione della ricchezza sociale.

E più s'approfondisce la crisi strutturale mondiale del MPC, più queste esigenze politiche della BI nei suoi centri si irrigidiscono perché sempre più esplosiva diventa, per il sistema imperialista e la sua riproduzione mondiale, la presenza pur embrionale di dinamiche d'autonomia proletaria e di lotta rivoluzionaria nei suoi centri.

L'assunzione efficace del nuovo livello di qualità a cui deve adeguarsi la controrivoluzione preventiva nell'attacco alla LA e al riferimento strategico che essa rappresenta, dipende per intero dalla capacità dello Stato imperialista di convertire politicamente e ideologicamente coloro (soggetti o organizzazioni) che si sono fatti portatori della strategia della LA e che, nei progetti dello Stato, devono ora funzionalizzarsi all'opera di cancellazione della valenza strategica della LA nella memoria politica e sociale del PM. La strategia dello Stato che si è affermata come centrale rispetto a tale livello della controrivoluzione preventiva è la "strategia della dissociazione", cioè l'apertura di spazi di recupero politico delle avanguardie combattenti per la traduzione/riduzione sul terreno politico-istituzionale delle esperienze rivoluzionarie armate, dei percorsi politico-militari di costruzione dell'organizzazione rivoluzionaria di classe.

La "strategia della dissociazione" spinge lo Stato imperialista a cercare interlocutori e promotori per il suo progetto all'interno stesso del campo rivoluzionario metropolitano ed è evidente che l'area del movimento rivoluzionario verso la quale lo Stato concentra i suoi sforzi sia innanzitutto l'area dei militanti della guerriglia prigionieri, cioè l'area che è direttamente in mano allo Stato imperialista, come suo ostaggio politico. La gestione dei militanti prigionieri, le modalità della loro detenzione e della loro liberazione, diventano terreni in cui lo Stato materializza la sua strategia di dissociazione, per pesare sulle contraddizioni del corpo prigioniero (contraddizioni che sono sempre legate alle dinamiche d'annientamento dell'identità proprie alla prigione imperialista), sulla guerriglia e su tutto il movimento rivoluzionario.

E' in tal senso che in questi ultimi anni lo Stato imperialista tedesco ha iniziato il gioco cinico delle aperture e delle chiusure brutali relativamente all'isolamento carcerario dei militanti della guerriglia e della resistenza prigionieri nei suoi campi speciali e sottoposti da anni a pesanti politiche d'annientamento psicofisico. Cercando così d'orientare in un senso a lui favorevole la centralità sempre più contraddittoria ed assoluta che è andata assumendo la questione dei prigionieri, della loro condizione detentiva e della loro liberazione, in larghe fasce del movimento della resistenza antimperialista, nello stesso corpo prigioniero e nelle relazioni tra questo corpo e la dinamica della guerriglia. Nel maturarsi di questo contesto riteniamo che l'iniziativa Kinkel sia il segno maggiore più recente del concretizzarsi in Germania di una strategia statale di dissociazione tendente globalmente a strutturare terreni, canali e spazi politici di recupero, integrazione istituzionale e pacificazione della LA e della resistenza antimperialista, a partire dalla promozione di soggetti e strutture legate alla guerriglia e alla sua storia come soggetti e strutture funzionalizzate ad un'opera di riduzione della valenza strategica della lotta armata per il comunismo, di negazione della sua necessità e centralità politica oggi. L'obiettivo finale è di cancellare dalla memoria sociale delle presenti e future tensioni rivoluzionarie ed antimperialiste la ventennale esperienza della R.A.F. d'attacco alle politiche centrali dell'imperialismo e d'unità internazionale con le lotte di liberazione dei popoli oppressi.

Questo nuovo livello di qualità della controrivoluzione preventiva che traspare attraverso l'iniziativa Kinkel vuole rispondere non solo alle esigenze generali dettate ad ogni Stato imperialista dall'evoluzione attuale della crisi strutturale del sistema, ma vuole in particolare rispondere alle specifiche esigenze dello Stato imperialista tedesco in questa fase. Queste esigenze rinviano al tentativo globale del capitale finanziario tedesco di sfruttare il nuovo contesto internazionale per elevarsi al rango di "polo imperialista maggiore". E' dunque rispetto a ciò che la borghesia imperialista tedesca deve riadeguare la gestione politica, economica, sociale ed ideologica del proprio territorio nazionale. Ed è certo che tale riadeguamento comporta necessariamente il superamento della contraddizione che rappresenta l'insieme della storia politica e organizzativa del movimento di resistenza antimperialista tedesco, soprattutto, quei contenuti progettuali e strategici sedimentati con i venti anni di lotta armata della R.A.F., con l'attacco alle funzioni e ai personaggi centrali dell'imperialismo nell'area, con ma proposta del Fronte Antimperialista. Contro tutto ciò lo Stato imperialista tedesco ha globalizzato sempre di più la propria strategia controrivoluzionaria preventiva, a mano a mano che lungo gli anni '80 si sono precisate e costruite tutte le condizioni che rendono possibile il passaggio dell'imperialismo tedesco a polo maggiore.

Per noi è in questo contesto che deve essere ricollocata l'iniziativa Kinkel. E ci appare dunque del tutto falsa l'interpretazione che ne dà la R.A.F. nel suo comunicato del 10/04/92. Può darsi che sia per opportunismo che la Raf inventi artificiosamente delle contraddizioni interne allo Stato relativamente alle sue reali intenzioni nei confronti della guerriglia e della resistenza. Tale opportunismo sarebbe in questo caso magari dettato dalla necessità della R.A.F. di rendere credibile oggi in Germania l'esistenza di un' "opportunità tattica" di negoziazione politica con lo Stato imperialista che non si risolva in una logica di capitolazione e resa, di danno notevole al movimento rivoluzionario e alla sua coscienza politica, di oggettivo rafforzamento dello Stato imperialista. Ma i rapporti di forza materiali tra le classi oggi in Germania, in Europa e nel mondo e, dall'altra parte la situazione della coscienza politica del movimento rivoluzionario e di classe in Germania, in Europa e nel mondo, sono tutt'altro che favorevoli all'apertura di operazioni "tattiche" di negoziazione politica, operazioni che risultano in ogni caso ambigue nel contesto metropolitano e che non potranno risultare meno ambigue nell'attuale situazione per il solo semplice fatto di vestirsi strumentalmente dell'intento di liberare i militanti prigionieri. Ma dubitiamo fortemente che l'operazione aperta dalla R.A.F. con il comunicato del 10/04 e con l 'iniziativa di "sospendere" la lotta armata, nasca da considerazioni "tattiche" o anche relative ad un cambiamento di strategia rivoluzionaria. Si tratta piuttosto, indipendentemente dalle dichiarazioni di principio, dell'apertura di un percorso che oggettivamente, rischia di portare fuori dal campo rivoluzionario la R.A.F., quei militanti prigionieri e quella parte della resistenza che tendono o tenderebbero ad inserirsi nella svolta aperta il 10/04. Infatti, ciò che sta avvenendo, è che la R.A.F. sceglie d'inscriversi nella strategia della dissociazione aperta dallo Stato tedesco, svendendo le nuove potenzialità di maturazione progettuale e strategica della propria prassi armata in cambio del "piatto di lenticchie" rappresentato dagli "spazi politici della dissociazione", ossia dal sicuro ruolo di protagonista della riduzione politico-istituzionale dell'esperienza armata e della valenza strategica della LA che la R.A.F. sta svolgendo con il comunicato e l'iniziativa del 10/04.

E' indubbio che l'attacco controrivoluzionario complessivo portato avanti dalla BI fin dall'inizio degli anni '80, sommato alla disgregazione politica, economica e sociale dell'ex blocco socialista, abbia prodotto una crisi reale di vasta portata nei movimenti rivoluzionari di numerosi paesi del mondo. Ed è chiaro che nei centri imperialisti d'Europa Occidentale la crisi ha coinvolto duramente anche la lotta armata per il comunismo e le organizzazioni della guerriglia.

Fare fronte a questa crisi non è certo cosa facile, ma non vi è altra strada per fuoriuscire da questo riflusso dell'ipotesi rivoluzionaria se non quella della ricostruzione a partire dal patrimonio già costruito, ricostruzione quindi dell'identità, dell'organizzazione e del progetto rivoluzionario, delle strutture e dei rapporti politico-organizzativi interni alla classe proletaria, nell'ottica ferma dell'unità del politico col militare, del rilancio della strategia della LA nell'odierna situazione, del nuovo sviluppo della dialettica lotta armata per il comunismo/autonomia proletaria, del proseguimento del processo di guerra rivoluzionaria di lunga durata.

Al di fuori di ciò il futuro si chiama Barbarie !

Rifiutare le politiche di resa e di dissociazione !

Costruire e organizzare i termini attuali della guerra di classe nei centri imperialisti!

Attaccare e disarticolare le politiche centrali dell'imperialismo!

Lavorare al rafforzamento del processo di costruzione del Fronte Antimperialista in dialettica con le organizzazioni rivoluzionarie e le lotte di liberazione dei popoli oppressi!

Onore a Ciro "Franco" Rizzato e a tutti i compagni caduti nella lotta per il comunismo

Rivendichiamo i percorsi comuni delle organizzazioni combattenti (Action Directe e C.O.L.P.) in cui abbiamo rispettivamente militato, nella prospettiva dell'unità dei rivoluzionari in EO e di costruzione del Fronte Antimperialista. E' sulla base di questa nostra esperienza militante e in quanto comunisti combattenti prigionieri, che abbiamo scelto di esprimerci oggi, in un momento in cui i canti di sirena della resa e della dissociazione sono promossi da un'organizzazione storica del movimento rivoluzionario antimperialista europeo. Pensiamo che sia necessario opporsi a ogni tipo d'operazione liquidatoria della guerriglia, da qualunque parte essa provenga e rispetto a chiunque se ne faccia strumento.

Settembre 1992

Régis SCHLEICHER, Vincenzo SPANO'
Prigioni di Clairvaux e Moulins

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