CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.9

UNA DICHIARAZIONE INGIUSTIFICABILE

Didier Chevolet, Pascale Vandegeerde, Bertrand Sassoye et Pierre Carette
Collettivo dei prigionieri/e delle Cellule Comuniste Combattenti

Nella primavera di quest'anno, la RAF ha reso pubblico un importante documento politico. In questo documento, l'organizzazione rivoluzionaria tedesca presenta diverse riflessioni sulla situazione internazionale e la congiuntura sociale, politica e militante nel suo paese (con un interesse particolare per la questione dei compagni prigionieri), tira una sorta di bilancio della sua attività e conclude con la decisione di abbandonare la lotta armata.

Da un certo punto di vista questa dichiarazione non ci ha sorpresi. Da molto tempo non comprendiamo più all'interno di quali convinzioni e analisi storiche, politiche e strategiche la RAF potesse attingere la sua vitalità combattente. Ma, detto questo, tale conclusione ci sembra innanzitutto inaccettabile: essa non rappresenta l'apertura di una riflessione critica e autocritica finalizzata a una rettificazione teorico-politica in favore della causa rivoluzionaria, ma invece il risultato liquidatore del processo di deviazione e di degrado politico che ha conosciuto la RAF lungo i suoi 20 anni di esistenza.

Sappiamo che per molti militanti del movimento chiamati antimperialisti in Germania è sbagliatissimo parlare di tappe successive nella storia della RAF. Tuttavia se ci si riferisce al discorso e alla pratica dell'organizzazione dall'inizio degli anni 70, è indiscutibile che la RAF del 72, 77 o 82 presenta tre facce differenti, fortemente distinte l'una dall'altra.

All'origine l'organizzazione si basava in parte sui principi e sull'analisi marxista e dava prova di creatività e d'iniziativa politica nella lotta rivoluzionaria. Nel 77, si ritrovava di fatto su opzioni strategicamente difensive. Nell'82, dichiarava - tramite il documento "guerriglia, resistenza e fronte antimperialista"- l'abbandono completo dei suoi iniziali riferimenti marxisti e la sua totale collocazione all'interno del soggettivismo e del militarismo. Nel corso dei 10 anni seguenti, la RAF andava affondando sempre più giù in questa impasse. Dalla chiassosa proclamazione di un "Fronte della guerriglia dell'europa occidentale" con A.D. nel 1985 e dalla non meno pubblicizzata firma di una rivendicazione con le BR PCC nel 1988 di un buon numero di azioni notevoli di guerriglia (particolarmente l'esecuzione del padrone della Treuhandanstalt, Rohwedder), l'organizzazione tedesca non poteva che perdersi di buona volontà in illusioni perdute. Oggi la RAF sembra non comprendere più chi combatte e perché. E' inevitabile, alla fine, quando si ha abbandonato il materialismo storico e il socialismo scientifico, l'obiettivo della rivoluzione di classe e della dittatura del proletariato.

Il documento pubblicato dalla RAF nel mese di aprile e soprattutto la sua conclusione di un "Addio alle armi" hanno provocato importanti riflussi nel movimento militante tedesco, hanno suscitato numerose discussioni e prese di posizione anche a livello internazionale. Abbiamo così avuto l'occasione di leggere il contributo molto pertinente del Comitato Centrale del PCE(r) intitolato " Riadeguamento strategico o liquidazione?". Vogliamo ugualmente intervenire sull'argomento, dispiacendoci del ritardo preso. Pensiamo che ne vada della nostra responsabilità e della nostra solidarietà politica nei confronti dell'intero movimento rivoluzionario.

Prima di venire al contenuto del documento della RAF, vogliamo dire qualcosa su questa stessa lettera. Da molti anni si sviluppa un dibattito critico nel movimento rivoluzionario europeo. Interessanti contributi, provenienti soprattutto dalla Spagna e dall'Italia, circolano diffusamente e per quel che ci riguarda ci sforziamo di partecipare a questo scambio secondo le nostre modeste capacità. La maggior parte dei temi e delle analisi di questo dibattito internazionale prende di mira precisamente le posizioni antimarxiste, soggettiviste e militariste che la RAF rivendica soprattutto dall'inizio degli anni 80. Ora, a nostra conoscenza, la RAF non ha mai ritenuto utile considerare queste critiche politiche. E la lettera del 10 aprile le ignora ancora superbamente.

Pertanto la RAF dichiara oggi che una causa dello scacco delle sue concezioni sta nel fatto che essa si è isolata non stabilendo una reale relazione politico/organica con quelli/e che si collocano dentro la prospettiva rivoluzionaria. Fa appello a nuovi rapporti, a nuove discussioni e progetti comuni, ecc. Ma concretamente continua a evitare il dibattito e a formulare problemi e risposte come lei sola le intende. Una prova di questo strano modo di fare: al fine di riunire le migliori condizioni di una riflessione basilare - attraversando il più largamente possibile tutto il movimento militante tedesco - sulla lotta armata rivoluzionaria, la RAF non la porta più avanti! In altre parole, per favorire una riflessione su un soggetto e per assicurare la giustezza delle riflessioni, essa comincia liquidando d'ufficio il soggetto in questione. A nostro avviso e precisamente in questo caso, una tale maniera di fare non traduce una ricerca di progresso rivoluzionario ma rivela un tentativo di giustificare a posteriori una decisione presa in funzione di altri interessi, non confessati.

Un altro aspetto del documento della RAF merita di essere sottolineato. Ci è parso che sia stato compreso in maniere molto diverse: alcuni ci vedono un'abile manovra tattica, altri l'inadeguatezza della violenza rivoluzionaria, ecc. Infine molti ci trovano l'occasione di convincersi di ciò che hanno desiderato e di chiacchierare senza obiettivo né rigore. Noi pensiamo che la RAF abbia una gran parte di responsabilità a questo proposito. Da molto tempo sviluppa teoricamente e praticamente molte incoerenze e confusioni, segni di una mancanza innegabile di chiarezza ideologica. Questo si diffonde a macchia d'olio.

L'espressione imbrogliata della lettera del 10 aprile non resiste a una stretta analisi. La posizione generale difesa in tutto il testo non permette diverse interpretazioni o dubbi. Essa non è ambigua né incerta e qualsiasi cosa sia stata formulata con dannosa goffaggine non è sufficiente a nascondere con un velo onorabile l'"Addio alle armi" che sottende.

D'altronde dobbiamo riconoscere a questo documento un grande (ma unico) merito: esso mette in luce e ammette la sterilità del progetto soggettivista della RAF da 10 anni. Ahinoi! Siamo molto dispiaciuti che questo chiarimento e questa confessione non sia conseguenza di un riavvicinamento al Marxismo-Leninismo, dunque da un allontanamento dal soggettivismo (per esempio, attraverso un rigetto del militarismo che noi potremmo salutare), ma, al contrario di una nuova manifestazione di soggettivismo, questa volta nel quadro generale di un tracollo opportunista. Se essa si suicida con le riflessioni e concezioni esposte nella lettera, la RAF lascerà la scena rivoluzionaria conservando tutti i difetti politici e ideologici che gli riconosciamo e che abbiamo già criticato e la lascerà senza speranze di ritorno.

Importa dunque riflettere precisamente e chiaramente sui differenti punti toccati dal documento di aprile. Perché combattere politicamente e ideologicamente l'"Addio alle armi" decretato in questo testo significa in primo luogo combattere il soggettivismo e il suo corollario opportunismo sotto ogni sua forma, armata o no. Dopo tutto, l'attuale "Addio alle armi" è altra cosa dall'ultima e spettacolare tappa di una lunga deriva politica? Il peggior torto commesso dalla RAF non risale alla metà degli anni 70, quando l'organizzazione ha cominciato a distaccarsi apertamente dal marxismo e da una strategia rivoluzionaria vincente?

La lettera del 10 aprile comincia con una specie di riflessione/bilancio strategico senza alcun rigore. Vi è il problema dello scacco della strategia sviluppata dalla RAF in questi ultimi anni, ma non viene identificato nulla che riguardi i protagonisti della lotta, il carattere dello scontro, gli obiettivi da raggiungere a breve o a lungo termine, ecc. Si tratta sempre di "noi", della "forza dal basso (come la chiamiamo)", di un'"alternativa alla società qui ed ora", di "combattere per la liberazione", cosa che è piuttosto insufficiente per stabilire una riflessione strategica rivoluzionaria seria. Ma questo è comunque ampiamente sufficiente alla RAF per stimare che la sua esperienza dimostra che oggi "in questo processo (supponiamo si tratti del processo rivoluzionario) la guerriglia non occupa più un posto centrale". Più autocritica ancora, la RAF precisa anche che "le (sue) azioni mirate (...) (nuociono) alla nuova aspettativa di tutti". Questa prima parte si prolunga in una seconda. Il famoso "nuova aspettativa di tutti" implica "prioritariamente la lotta per la liberazione dei prigionieri politici". Secondo la RAF, una prospettiva credibile in una certa misura. Il ministro della giustizia si sarebbe in effetti fatto latore di una frazione della borghesia che ha compreso di non poter risolvere le contraddizioni sociali con la repressione. Rivolgendosi tacitamente a questa frazione illuminata, la RAF aggiunge altre rivendicazioni alla lista: le prigioni devono diventare decenti, tutti devono disporre di uno spazio abitativo e di vita, i cittadini della Germania dell'Est devono potersi autodeterminare, il discorso dominante non deve più essere razzista, ecc. Il documento finisce con un terzo risvolto la cui ingenuità e logica lasciano perplessi: la risposta che darà lo Stato tedesco a queste rivendicazioni indicherà se il riformismo politico è praticabile o meno! E nella sincera preoccupazione di preservare questo tentativo anche piattamente riformista oltre che scorretto, battezzato per l'occasione "processo di discussione e di costruzione", la RAF annuncia che abbandona la sua "escalation di violenza". Ma, attenzione, se lo stato non contribuisce a sua volta a questo processo, eh, allora la RAF riprenderà l'escalation... anche se giudicata strategicamente nefasta qualche paragrafo prima. L'ultima frase della lettera conclude con una terribile affermazione: "E anche se non è nel nostro interesse (lo sottolineiamo): non si può rispondere alla guerra che con la guerra". In un certo senso la vendetta fino alla morte.

E' innegabile da molto tempo che l'errore principale della RAF risiede nel suo disconoscimento -rifiuto?- del materialismo storico. A un coraggio e un'abnegazione rivoluzionaria esemplari, i compagni tedeschi uniscono un soggettivismo incrollabile. Ahnoi! L'eroismo e il dono di se stessi sono insufficienti a garantire il successo rivoluzionario. La rivoluzione non è un affare di persone e di buona volontà. Essa è un fenomeno storico che risponde a determinati obiettivi sociali.

Sarebbe tempo che la RAF riflettesse su questa dimensione essenziale della lotta rivoluzionaria e presentasse i suoi obiettivi generali, la sua analisi della realtà oggettiva, la sua comprensione dei meccanismi storici, le sue concezioni strategiche e tattiche, i suoi obiettivi a breve e medio termine, ecc. In poche parole, tutto ciò che viene fuori tradizionalmente da una piattaforma, dalle tesi e da un programma di organizzazione. Perché senza questo, chi potrebbe mai sapere veramente, precisamente, ciò che pensa e vuole la RAF? Come potrebbe sapere la stessa RAF ciò che lei pensa e vuole? Come potrebbe organizzare e guidare la sua lotta? A cosa porta parlare di strategia rivoluzionaria senza neanche aver definito chiaramente quali sono gli obiettivi concreti del processo rivoluzionario (per esempio, cosa pensa la RAF della dittatura del proletariato, dell'edificazione del socialismo?), chi ne è il soggetto principale (per esempio, che cosa pensa la RAF del proletariato? Come lo definisce? Quale ruolo gli riconosce?) e come si sviluppa (per esempio, come affronta la RAF il problema delle condizioni oggettive e soggettive del processo rivoluzionario? Il ruolo del Partito?)? Ecco, secondo noi, il primo lavoro che dovrebbe intraprendere la RAF e che dovrebbe sottoporre al movimento rivoluzionario e al proletariato tedesco.

La RAF constata con franchezza l'impasse nella quale si trova. Essa avanza diverse spiegazioni di questo stato di fatto, spiegazioni che ci sembrano soltanto mostrare la sua debolezza di analisi. Prima il crollo del revisionismo e l'attuale disfacimento dell'ex "blocco dell'Est" nello scontro interimperialista... Ma chi poteva ancora credere che questi paesi fossero portatori da qualche parte di un'autentica dinamica o influenza rivoluzionaria? Poi lo scacco del "progetto di creare la falla per una liberazione tramite una lotta internazionale"... Se si tratta del movimento antimperialista nel Terzo Mondo, esso sta arretrando da almeno 15 anni, e se si tratta dell'illusorio "Fronte della guerriglia dell'Europa occidentale", esso ha vinto solo per il sensazionalismo giornalistico.

Allora, mentre siamo perfettamente d'accordo con la conclusione della RAF, nel sapere che la lotta rivoluzionaria non può che fondarsi nelle condizioni sociali oggettive di ogni popolo, pensiamo anche che in questo caso preciso, essa avrebbe potuto arrivare diversamente a questa conclusione adottando semplicemente un punto di vista di classe e studiandone il patrimonio d'analisi e di esperienza del Movimento Comunista Internazionale.

Questo è un punto tanto più cruciale che la rettifica difesa dalla RAF si accompagna a una deviazione che ne rovina tutto l'aspetto positivo. Se ha abbandonato la chimera del "Fronte" internazionale tornando alla sua realtà sociale nazionale, la RAF ha nella stessa occasione abbandonato la sua ragione rivoluzionaria e la sua responsabilità di avanguardia politico-militare.

Abbiamo già precedentemente ricordato nella nostra critica l'assenza di definizione globale da parte della RAF, assenza di riferimenti politici che rende quasi impossibile un vero scambio politico. Il problema riappare crudemente quando si scopre che la RAF abbandona senza problemi l'obiettivo rivoluzionario e baratta senza drammi il suo ruolo d'avanguardia (e Dio sa quanto nel 1972 essa ne rappresentasse uno formidabile per tutto il movimento rivoluzionario delle metropoli... a tal punto che essa ne usufruisce ancora!) con un accodamento al movimento "alternativo".

Il vero contenuto delle posizioni difese oggi dalla RAF è il seguente: avendo visto abortire le sue illusioni militariste, la RAF cerca un'altra maniera di fondersi con la palude "alternativa", fusione alla quale essa aspira apertamente dal 1982. All'epoca, la cosa doveva farsi liquidando la palude, la RAF scriveva a questo proposito in "guerriglia, resistenza e fronte antimperialista": "non si tratta più di cambiare il sistema, di modelli alternativi all'interno dello stato, tutto ciò è diventato completamente grottesco". Dieci anni più tardi, per la stessa cosa, i militanti/e della RAF sono pronti/e a offrire la liquidazione della loro organizzazione. E' l'epilogo logico della loro deriva strategica frontista e antipartito. Invece di conservare con indipendenza e determinazione l'avanguardia della lotta rivoluzionaria, - procedendo a un'autocritica e a un riorientamento offensivo sulla base del Marxismo-Leninismo, adottando la strategia e la tattica necessarie all'aumento del livello generale della lotta in Germania, mobilitando, reclutando e organizzando progressivamente i proletari combattivi e rivoluzionari, ecc. - la RAF decide invece di dissolversi nella massa marginale e di capitolare di fronte ai desideri e ai limiti attuali della palude alternativa.

Ben inteso, l'organizzazione rivoluzionaria non deve essere tagliata dalle masse (proletarie!), ma ciò non può mai condurla ad abdicare la sua indipendenza politica e a rinunciare a un'attività autonoma.

Ora, nel documento di aprile, possiamo leggere che la RAF pone il problema del suo ruolo e della sua influenza in questi termini: "Noi abbiamo concentrato la nostra politica sull'offensiva contro le strategie dell'imperialismo, ed è la ricerca di obiettivi immediati che è mancata, come anche l'accettazione di un'alternativa alla società, qui ed ora". Che cosa significa questo? Che, lungi dall'appropriarsi della critica già portata cento volte alla strategia "anti-anti" della corrente "antimperialista" e di cui essa era il reggicoda militarista ("la nostra strategia è di essere contro la loro strategia", ecc.), la RAF non considera la costruzione e la strutturazione di un forte movimento rivoluzionario comunista come un "obiettivo positivo". Al contrario, il riformismo più volgare che considera "positivi" solo gli obiettivi accessibili a breve termine e all'interno del sistema capitalista sembra ora agli occhi della RAF come la più allettante opzione strategica. E l'opportunismo più chiaro sta come la ciliegina sul dolce: non si apprende che la RAF è preoccupata di lasciar sbocciare i "propri valori sociali" di quelli/e che gli stanno a fianco, "nella loro vita di tutti i giorni"? O ancora che intende adattarsi "a quest'epoca in cui ciascuno è alla ricerca di sé e su nuove basi"? Il processo rivoluzionario non esige dunque più un processo di acquisizione di coscienza di classe? La responsabilità dei rivoluzionari non è dunque più di mantenere questa coscienza e di servirne l'acquisizione attraverso l'educazione - contro lo sbocciare di una "spontaneità" inevitabilmente foggiata dalle categorie dell'ideologia dominante?

Con la sua lettera del 10 aprile, la RAF rafforza piuttosto che attenuare il suo idealismo filosofico e il suo soggettivismo politico. Consideriamo il suo punto di vista e i suoi progetti concreti nel quadro dell'attuale situazione sociale e politica in Germania. La RAF pensa di non aver avuto attenzione riguardo a "un'alternativa alla società, qui ed ora". Un'alternativa da credere a portata di mano, perché "altre esperienze hanno dimostrato che è possibile". Più avanti, l'organizzazione presenta allora una lista di riforme sociali che intima allo Stato tedesco di realizzare. Pensiamo che tutto ciò rilevi una fenomenale incomprensione della realtà.

Anzitutto la questione di "un'alternativa" alla società, di che cosa si tratta? Di una posizione necessariamente marginale. Una marginalità che può solamente essere occupata da piccoli borghesi o da elementi spostati. In cosa questa categoria e ciò che le sta intorno, dalle aspirazioni e interessi specifici, potrebbero costituire un divenire rivoluzionario generalizzabile? La rivoluzione è una questione di classe sociale, "qui ed ora" è una questione proletaria. La rivoluzione non ha niente a che vedere con un'alternativa alla società nella società ma ha a che vedere con una trasformazione della società, di tutta la società. Il modo in cui la borghesia può all'occasione incontrare le rivendicazioni particolari della palude "alternativa" è incomparabile alla contraddizione di classe che attraversa tutta la società. Basarsi sull'esempio dei successi nel primo caso per pretendere che altri siano ugualmente accessibili nel secondo è semplicemente aberrante. Succederà mai che la borghesia ammetta o prenda la difesa degli interessi storici degli oppressi? E' assurdo immaginarlo, perché questa difesa passa giusto sull'eliminazione (e non sull'ordinamento "alternativo") della borghesia e del suo sistema sociale.

L'idealismo filosofico e il soggettivismo opportunista della RAF l'hanno condotta a immaginare che il potere borghese sarebbe libero di fare ciò che vuole e che sarebbe anche accessibile a una sorta di Spirito razionale, superiore. A proposito della sua lista di rivendicazioni sociali, la RAF dichiara che la risposta che darà il potere "mostrerà a che livello delle soluzioni politiche sono visibili qui". Ma chi potrebbe mai credere che esistano delle soluzioni interclassiste al capitalismo, alle sue contraddizioni antagoniste, all'aumento dello sfruttamento e al degrado sociale indotto dalla sua crisi?

La borghesia non ha la scelta tra un'intelligenza conciliatrice e un'attitudine "provocatrice e spaccona", essa è la classe dominante nel capitalismo, la classe che trae profitto dallo sfruttamento capitalista e lo difende, una classe che non può essere altra cosa né agire al di fuori di questo quadro che ha sue proprie leggi. Se esistessero soluzioni politiche alle contraddizioni di classe che minano il capitalismo e lo rovesceranno, se esistessero delle soluzioni interclassiste alla crisi economica, la RAF non crede che, senza attendere lei, i dirigenti borghesi le avrebbero scoperte e applicate da lungo tempo?

Cosa resta della comprensione materialista dialettica della storia, della sicurezza veritiera, scientifica nell'avvenire rivoluzionario, nella nuova strada della RAF? Niente, semplicemente niente.

A credere ai compagni tedeschi, il sistema capitalista sarebbe riformabile dall'interno, sarebbe sufficiente per questo che la borghesia lo capisse, - e sicuramente tanto peggio se è contro i suoi stessi interessi. Le riforme sociali sarebbero sempre accessibili a partire dal momento in cui la borghesia ne avesse la buona volontà! Infine, la RAF considera ora il capitalismo come un prodotto della borghesia e non la borghesia come un prodotto del capitalismo.

Un punto particolare merita di essere trattato a parte. Si tratta della questione dei prigionieri/e e delle eventuali liberazioni o miglioramenti delle condizioni di detenzione. Pensiamo di dover essere eccessivamente prudenti a riguardo. Le manovre tattiche sono sovente complesse, non possono essere correttamente approcciate se non nella conoscenza completa di ogni loro particolare e circostanza, anche noi ci asterremo da ogni giudizio categorico.

Pertanto, non nasconderemo la nostra perplessità e vogliamo anche presentare qualche riflessione.

Pensiamo chiaramente che la liberazione dei compagni non sia una preoccupazione da lasciar perdere e che sia giusto che un'organizzazione combattente sfrutti tutte le possibilità e occasioni a questo fine, - dunque anche la negoziazione quando questa sia credibile. Ma in nessun momento questa può realizzarsi a spese della lotta, del suo avvenire e dei suoi obiettivi fondamentali. La lotta rivoluzionaria comporta inevitabilmente una repressione, la vittoria rivoluzionaria imporrà immensi sacrifici, è questa una legge storica e cercare prioritariamente di preservarsene conduce obbligatoriamente all'abbandono della lotta.

Il ministro della giustizia avrebbe annunciato, all'inizio dell'anno, che la liberazione di qualche prigioniero/a di lunga data o le cui condizioni di salute sono peggiorate era considerabile. Ma nei fatti niente di probante fino ad ora al contrario delle perfide pressioni sulla speranza suscitata. La RAF analizza lucidamente la situazione? Non sovrastima la sua forza, il suo peso in questo caso? Non è manovrata là dove essa crede di manovrare?

Che una frazione borghese resa euforica perché crede di aver gettato nuovamente le basi di un "Reich di Mille Anni" (questa volta chiamato "Nuovo Ordine Mondiale") si lasci andare a qualche mansuetudine umanista - e pubblicitaria! - verso un pugno di compagni provati non può essere confuso con un ripiego difensivo del nemico. Al contrario! D'altronde, per quel che sappiamo, il ministro sarebbe occupato molto concretamente a rafforzare la repressione contro altri prigionieri/e (soprattutto grazie alla collaborazione di vecchi militanti, oggi collaboratori, arrestati nell'ex DDR). L'apertura - verbale - fatta da Kinkel ha un'altra finalità che giustificare una repressione più feroce contro quelli/e che conservano le loro idee e la loro integrità combattente? Non è un inganno destinato a fiaccare le forze autenticamente rivoluzionarie? Non è un inganno già efficace visto che si constata che ha spinto la RAF ad abbandonare la sua ragione, la sua indipendenza e le sue armi sulle rive della palude "alternativa"? E' per delle vaghe promesse caritatevoli già smentite da un aumento della repressione che la RAF non ha esitato a liquidare pubblicamente la sua eredità di venti anni di combattimento.

Ora vogliamo concludere. Vogliamo credere che la lettera del 10 aprile non rifletta il pensiero di tutti i compagni tedeschi e soprattutto dei prigionieri/e che non devono certo apprezzare di aggiungere al prezzo che pagano la negazione del loro impegno politico e la liquidazione della loro organizzazione. Il percorso della RAF, dalle sue origini, è a tal punto tortuoso che è difficile accettare l'idea che tutti/e abbiano aderito completamente a ognuno dei suoi meandri politici. Vogliamo credere che una volta dissipata la cortina di fumo di una formulazione confusa, i compagni della RAF prenderanno coscienza della natura soggettivista e opportunista delle posizioni avanzate nel loro documento di aprile, lo terranno come un errore di percorso, lo considereranno nullo e non avvenuto e infine guarderanno in faccia ai reali problemi che si pongono alla loro organizzazione e al movimento rivoluzionario tedesco. Questo su una base veramente rivoluzionaria associando lo spirito autocritico alla volontà di valorizzare il patrimonio del Movimento Comunista Internazionale sintetizzato nel Marxismo-Leninismo.

All'inizio degli anni'70, la RAF ha giocato un ruolo inestimabile e non rimpiazzabile nella ricostruzione del movimento rivoluzionario europeo. E anche se nel corso degli anni degli errori sempre più gravi sono stati commessi, questo non ci farà mai dimenticare tutto ciò che le dobbiamo, a essa e ai suoi fondatori massacrati su ordine di questo Stato con il quale la lettera del 10 aprile invita a conciliarsi... Noi abbiamo sufficiente fiducia nel dinamismo del movimento rivoluzionario tedesco per attendere una reazione energica contro questa disastrosa e ingiustificabile dichiarazione, contro il processo di deriva politica e ideologica che essa corona, e per sperare che i militanti/e della RAF possano riprendere il loro vecchio e glorioso posto nei primi ranghi del movimento rivoluzionario europeo.

Per il riunirsi della RAF all'esperienza
del Movimento Comunista Internazionale
sintetizzato dal Marxismo-Leninismo!

Onore alla memoria dei compagni della RAF
uccisi nella lotta e nelle prigioni!

Onore alla memoria dei compagni
del Commando Martire Halymeh uccisi a Mogadiscio!

Viva l'internazionalismo proletario!

17 Ottobre 1992

Didier Chevolet, Pascale Vandegeerde, Bertrand Sassoye et Pierre Carette
Collettivo dei prigionieri/e delle Cellule Comuniste Combattenti

Indirizzi:
Didier Chevolet - 4 rue du Palais de Justice - 4500 HUY
Pascale Vandegeerde - 7 pl Joseph André - 5000 NAMUR
Bertrand Sassoye - 2 rue des Aubépines - 4450 LANTIN
Pierre Carette - 24 bd W. Churchill - 7000 MONS

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