CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.11

CARCERE IN LOTTA

Una lettera dei compagni del collettivo Wotta Sitta prigionieri a Novara, dopo il pestaggio del compagno Bruno Ghirardi l'8 settembr

Negli ultimi mesi, attraverso i mezzi di comunicazione di massa si è fatto un gran parlare di carcere e prigionieri, dei "malesseri che affliggono la giustizia e l'istituzione carcere", come se tutt'a un tratto ci si fosse accorti che il carcerario in quanto tale è violenza e distruzione per chiunque è costretto a subirlo.

Si rende evidente una strumentalizzazione sfacciata e insopportabile che deve servire da stampella a chi sta uscendo con le ossa rotte dalla ferocissima lotta politica in corso in questo paese tra le diverse consorterie e frazioni borghesi.

Al punto che gli aguzzini di ieri scoprono ora il 'garantismo' e i 'diritti umani' e si affrettano a denunciare le condizioni di invivibilità del carcere, mentre non si contano i detenuti di ogni genere, proletari extralegali, comunisti rivoluzionari, da sempre costretti in condizioni estreme, a marcire in 'custodia cautelare', a difendere la propria identità da limitazioni di ogni sorta, bastonature e umiliazioni. Non è più un mistero per nessuno che dalla entrata in vigore dei provvedimenti Scotti-Martelli le condizioni di vita in carcere sono peggiorate notevolmente rispetto al periodo precedente. La deterrenza è stata elevata a 'scienza del trattamento carcerario'; i pestaggi e le umiliazioni a prassi quotidiana. Gli esempi noti dell'Asinara e Pianosa (come per altri versi Secondigliano e altri) palesano la volontà di annientamento da parte dello Stato.

L'applicazione dell'art. 41 bis ha istituzionalizzato tutto questo, introducendo un ulteriore marcata differenziazione di trattamento e l'isolamento con criteri di applicazione molto elastici. Così che in quasi tutte le carceri (non solo in quelle 'speciali') v'è una sezione preposta al 'trattamento duro' per quei prigionieri considerati 'pericolosi' non soltanto in base all'imputazione di reati particolari, ma anche semplicemente per il loro comportamento in carcere - con evidente volontà punitiva. Per questi ultimi si fa ricorso all'articolo 14 per 'legalizzare' la condizione di isolamento e le ulteriori privazioni. In realtà, introducendo svariati articoli di legge al codice di trattamento penitenziario, sta prendendo forma la nuova strutturazione del sistema carcerario. L'ormai famosa 'razionalizzazione' di cui tanto parla da mesi la 'nuova' dirigenza del Ministero di Giustizia è già una realtà, almeno per quanto riguarda il cosiddetto circuito speciale. Infatti, alle carceri in cui prevale un trattamento di distruzione psico-fisico (Pianosa, Asinara...) seguono carceri come Cuneo e Ascoli Piceno in cui non cambia affatto la finalità del trattamento; qui la gestione (nei confronti dei detenuti tutti sottoposti ad art. 41 bis) si differenzia solo per un grado inferiore di brutalità della sua applicazione.

L'altro tronco, infine, che completa il circuito speciale comprende le altrettanto note carceri di Voghera, Trani, Novara, e il femminile di Latina. Per questo si è fatto ricorso all'art. 41 bis che in sostanza le ri-definisce formalmente come 'carceri ad alto indice di sicurezza' (o sorveglianza). In quasi tutte sono state ridotte le ore d'aria, come pure le possibilità di socializzare tra prigionieri; una miriade di grandi e piccole restrizioni hanno peggiorato gravemente le condizioni di vivibilità ancor più di quelle imposte negli anni '80.

L'ennesima gestione emergenziale si è tradotta anche qui in un forte irrigidimento e in un incremento delle pratiche dei pestaggi.

A Novara come a Trani la composizione dei detenuti è tutt'atro che omogenea e comprende detenuti per reati di 'associazione', proletari extralegali fino ai prigionieri della guerriglia.

Lo stato col decreto Scotti-Martelli ha previsto che i prigionieri comunisti (da 10-15-20 anni di carcere) venissero anch'essi sottoposti al nuovo ridispiegamento repressivo, e nei suoi punti di più alta condensazione. Questo a dimostrazione - ancora una volta - che le periodiche campagne mass-mediatiche su Amnistia/Soluzione Politica per i prigionieri della Lotta Armata in Italia servano solo alla propaganda borghese per dichiarare 'finita' l'opzione rivoluzionaria e la prospettiva comunista. Quando, invece, sono proprio le attuali condizioni sociali, storiche e politiche che testimoniano esattamente il contrario.

Nella realtà dei fatti, nelle carceri, non si è mai smesso in questi anni di attaccare i prigionieri comunisti, in particolare quelli che non hanno scelto di mettere nelle mani dello Stato la propria identità in cambio di qualche apertura di spazi in carcere o per qualche ora di 'libertà'. Su questo piano la differenziazione del trattamento è notevole: nel mentre si dà fiato a qualche vecchio trombone 'reinserito nella società' del capitale, seppure part time, aumenta l'isolamento e la pressione nei confronti di compagne e compagni disperdendoli in varie carceri d'Italia. Come i sei compagni richiusi a Carinola in un braccetto isolato completamente dal resto dei detenuti, o come la compagna Natalia Ligas a Messina e Maria Pia Vianale ad Ancona, senza alcuna possibilità d'incontro con altre prigioniere del medesimo ambito o percorso politico.

In questa situazione vige il totale arbitrio e discriminazione di trattamento nei loro confronti. O per altri versi nelle carceri di Trani e Novara dove la presenza dei prigionieri rivoluzionari è tuttora consistente, si è continuamente sottoposti a restrizioni di spazi e pressioni di ogni genere fino ai pestaggi come strumento per spezzare la loro resistenza.

A Novara solo qualche giorno fa (mercoledì 8 settembre) il compagno Bruno Ghirardi (già sottoposto ad art. 14 bis da cinque mesi) è stato brutalmente pestato da numerose guardie, a più riprese. E precedentemente era toccato ad altri.

Anche queta volta però non ha intaccato la nostra determinazione a contrastare collettivamente le pratiche dei porci. Tutti gli oltre settanta prigionieri della sezione speciale (blocchi A e B), di diverse identità e storie, si sono mobilitati per tre giorni per respingere insieme questo ennesimo attacco.

E' evidente però che, per le condizioni politiche generali e particolari presenti attualmente nelle carceri, la sola resistenza dei prigionieri non è di per sé sufficiente. In questo periodo, inoltre, abbiamo assistito al fatto che intorno al 'pianeta carcere' si stanno agitando - e sono in gioco - interessi molto diversi da parte di associazioni esterne e 'personalità' autoelettesi a garanti dei 'diritti dei detenuti', che vogliono cavalcare, strumentalizzandola per propri fini, la situazione pesantissima che i detenuti vivono (a vari livelli) nella stragrande maggioranza. In questo è bene sottolineare che la qualità specifica delle condizioni che vivono i prigionieri comunisti ripropone la necessità di un impegno politico attivo a sostegno della loro resistenza.

Un impegno qualificante poiché la portata degli obiettivi che lo Stato persegue riguarda nel loro complesso l'intero arco delle forze del movimento rivoluzionario e deve dunque trovare il giusto grado di assunzione da parte di ciascuno. E' questa la condizione imprescindibile che permette di costruire unitariamente un limite politico alla strategia di distruzione dell'identità rivoluzionaria dei comunisti imprigionati.

Novara, settembre '93

I compagni del Collettivo 'Wotta Sitta' prigionieri a Novara

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