CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE INEDITI

RISPOSTA ALLA "DICHIARAZIONE DELLA RAF"

Questa lettera di Jean Marc Rouillan è stata scritta ad un prigioniero italiano dopo la dichiarazione di aprile (1992) della RAF. Riproduce la posizione del "Comitato di lotta dei prigionieri di Action Directe" ed è destinata alla pubblicazione.

Originale in francese su Front n.4, versione italiana tradotta dal tedesco

PRIMA CONSIDERAZIONE

Quando la guerriglia ha pubblicato nell'aprile scorso la sua dichiarazione di cessazione unilaterale (la parola francese è trève, secondo il vocabolario significa tregua, armistizio, pace; Georges che ha fatto la traduzione ha preferito il termine 'cessazione'), è stata, qui da noi, quasi un sollievo (e so bene quanto possa apparire provocatorio questo concetto in queste circostanze).

Infatti questo scritto segna un salto nella lotta politica e nel confronto/dibattito che attraversano dal 1988-89 il movimento rivoluzionario tedesco. Apre una breccia per il conseguente nuovo adattamento del progetto rivoluzionario e in questa misura porta avanti - nella pratica - la soluzione che i militanti nelle condizioni storiche attuali in questo paese e nelle sue relazioni interne ed internazionali devono collegare alla lotta delle forze rivoluzionarie della classe.

Per noi che dagli inizi degli anni '80 teniamo duro su questo terreno nel processo dell'unità con la RAF e con i vari gruppi rivoluzionari antiimperialisti, c'è da fare oggi una prima ed immediata considerazione (in particolare dopo aver letto la tua lettera). Presi da questo dibattito/confronto ci siamo dimostrati incapaci di portarlo concretamente al livello attuale del processo, questo vuol dire nella continentalizzazione dello scontro tra le classi e quindi anche QUI.

In quanto partecipanti al dibattito politico, che c'è stato nella RFT, non abbiamo saputo giocare il ruolo che avrebbe dovuto essere nostro - appunto sulla base dell'orientamento all'unità e della nostra consapevolezza delle attuali dimensioni del processo qui - per trasmettere ai compagni/e qui le problematiche e l'incontro delle condizioni, che hanno invevitabilmente portato la guerriglia e i gruppi antiimperialisti a decidersi per la ritirata.

Se questo compito non è stato compiuto da noi, evidenzia la debolezza del rapporto militante tra le pretese e le possibilità del processo sul terreno globale e la realtà particolare in ogni parte del territorio europeo. E ci mostra in particolare la debolezza di strumenti come il FRONTE (anche se questa debolezza fa contemporaneamente apparire in modo rafforzato l'assoluta necessità di un organo simile per il collegamento politico tra le diverse esperienze rivoluzionarie europee rappresentate qui).

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SECONDA CONSIDERAZIONE

Nella tua lettera molte argomentazioni si riferiscono in modo critico a concetti politici della RAF. Tuttavia dalla svolta dell''88 di dichiarazione in dichiarazione (tutte ampiamente diffuse) tutti questi concetti sono stati affermati ad alta voce. Uscirsene oggi con simili critiche dimostra quanto segue, che il significato che viene attribuito ai tratti sbagliati di questi concetti, deriverebbe dal dato di fatto che non viene più sostenuto dalle azioni armate!!!

Inoltre il processo di unità non poteva - e non può - essere inteso come un sostegno permanente ed incondizionato ad ogni organizzazione del fronte antimperialista in qualsiasi condizione e per ognuna delle sue dichiarazioni.

Senza mai mettere in dubbio la solidarizzazione effettiva che ci unisce, l'unità richiede - al contrario - un dibattito politico dialettico da parte nostra (naturalmente che rimanga lontano da sterili polemiche) che è l'unico in grado di creare le condizioni per lo scambio politico reale e di trasmetterlo in modo dinamico, partendo dalle nostre pratiche diverse e dai nostri diversi sviluppi storici.

E noi dal 1989 non abbiamo mai smesso, di confrontarci con i tratti sbagliati, che si erano/sono sviluppati nelle dichiarazioni della RAF, ed anche con la "critica assoluta" al concetto di fronte, che veniva espressa da un settore opportunista nella RFT.

Su questo punto, tu, così come altri compagni italiani prigionieri ed altri prigionieri politici ci hai già abbastanza criticato, che non dobbiamo criticare la guerriglia, e che anche la minima contraddizione contro le sue posizioni non è altro che un coltello alle spalle dei suoi militanti. E questo a partire da una situazione sottovalutata, perché è "neutralizzata dal nemico" (la prigione imperialista!!!). Per questo noi oggi non siamo stupiti da questo (tuo) impeto minaccioso dopo una prima lettura della propaganda borghese...

Dopo le prime due considerazioni introduttive, passiamo ai fatti.

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LA RAF DECIDE UNILATERALMENTE LA CESSAZIONE!!!

Nel profluvio di parole radicale-umanistico, nel quale si sono trasformate ormai da anni le sue dichiarazioni, il significato essenziale della dichiarazione di aprile risiede soprattutto nel fatto che la RAF, finalmente lontana dalle considerazioni esclusivamente soggettiviste e partecipazioniste, che da un po' di tempo esprimeva - quando ad esempio non "desiderava" più essere un'avanguardia - riconosce senza ambiguità e chiaramente di non disporre né sui mezzi e sugli strumenti politici, e neppure sulla base che le permettono di giocare un ruolo decisivo come motore ed arma della lotta rivoluzionaria.

Così la dichiarazione di aprile abbandona il campo del solo "desiderato" per esprimere delle considerazioni sulla situazione generale e su quella della RAF in particolare.

Questo sfogo della RAF consente di riconoscerle, che essa dalla rinuncia al suo asse essenzialmente strategico - la sua linea di massa - il fronte (il concetto che è stato sviluppato in un testo del 1981) e il suo collegamento con la linea del fronte antiimperialista non ha più alcuna linea politica, per stimolare un qualsivoglia rapporto dialettico con il movimento rivoluzionario e con la classe - al di fuori del mero meccanismo para-organizzatozio e del meccanismo dell'appoggio/simpatia.

La RAF incatenata dalla logica riduttiva della continuità per la continuità ed incantata dal suono dei flauti dei mediatori locali ed internazionali, che le illustrano in colori sfavillanti come le forze popolari, che stanno ancora accovacciate nell'ombra, non aspettino altro di autorganizzarsi e di spezzare le proprie catene - come se una forza rivoluzionaria potesse saltare fuori e svilupparsi al di fuori della lotta quotidiana per la sua reale esistenza e la sua organizzazione (!!!) - si è così vietata da sola le possibilità, quando era ancora in tempo (89-90), di adattare le sue linee strategiche al fuoco della lotta, renderle 'sovversive' per le nuove condizioni e le contraddizioni dell'epoca, a livello locale, continentale ed internazionale. I lunghi mesi di indugio e le illusioni che sono state mantenute in vita, rendono oggi questa fase di svolta, ancora più traumatica. Comunque un ulteriore esitazione non avrebbe migliorato nulla, avrebbe forse al contrario messo in serio pericolo tutte le correzioni concrete strategiche e con il tempo avrebbe avuto come conseguenza la scomparsa dell'intero processo. Secondo me (noi) questa cessazione porta in sé il timbro di un movimento di "ritirata strategica", e solo un simile movimento può oggi rendere possibile nel settore una rideterminazione coerente dell'intero processo rivoluzionario.

Non abbiamo nulla da guadagnare, né portiamo in avanti qualcosa, se stigmatizziamo a priori questa tregua e se dubitiamo delle sue possibilità decisive. Entrambi abbiamo avuto già in passato un'esperienza in comune: la nostra critica degli inizi degli anni '80 alla ritirata strategica delle BR. Bisognava vedere in essa una rinuncia oppure una nuova determinazione indispensabile all'orientamento delle lotte delle avanguardie rivoluzionarie?

Dobbiamo stigmatizzare la tregua con il pretesto che potrebbero esserci alcuni "nuovi Balzerani", che in essa (questo è certo) costruirebbero il proprio nido, o non è piuttosto nostro dovere partecipare al dibattito della base e con la stessa RAF per contribuire alle correzioni necessarie?

A questo fine è indispensabile inquadrare questa tregua nel modo giusto, poiché dal dato di fatto della centralità e dalla violenza delle critiche in questi ultimi tre mesi, delle sue conseguenze politiche per i potenti e le frazioni oligarchiche della borghesia imperialista (di tutto questo fa parte il continuo stress del quale parlano di datori di lavoro, esempio tratto dall'articolo dello Stern), dall'appoggio diffuso, che la RAF - in particolare durante lo sciopero della fame del 1989 - è stata in grado di provocare, e poiché l'armamento richiederebbe tutte le sue forze militanti, la RAF ha la capacità politica di decidere una pausa in questa fase e di ridefinirla in concetti dinamici e corretti.

"Ad ogni modo ci sono le esperienze e le possibilità per cui si è lottato:

- le azioni strategiche armate contro il potere qui,
- contropotere rivoluzionario in forme diverse quale mezzo politico,
- nuove forme di organizzazione contro lo Stato e i partiti dell'establishment,
- nella RFT ci sono state le lotte più dure e più militanti nei centri capitalistici contro le industrie nucleari e la guerra imperialista,
- continue grandi mobilizzazioni in appoggio agli scioperi della fame dei prigionieri politici e contro le attuali iniziative "dall'alto",
- ci sono stati i primi passi verso l'unità della lotta rivoluzionaria qui e in Europa occidentale..."

(Eva Haule: lettera alle donne "appello alla libertà", Amburgo).

Nel frattempo una piccola importante nota: nella tua lettera tu metti in rapporto la tregua con le parole d'ordine libertà dei prigionieri politici e raggruppamento. Questa richiesta è presente in numerose dichiarazioni, come in quella su Rohwedder, e comunque il dibattito sulla libertà dei prigionieri politici era iniziata già prima della tregua, come puoi verificare in Front nr. 2, dove sono state pubblicate numerose lettere e osservazioni che vengono dal periodo precedente alla dichiarazione del 10/4, così come la proposta del governo Kohl.

Tu vuoi far credere che la tregua non sia altro che una merce di scambio e non corrisponda ad una reale situazione politica.

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TRE PUNTI DI ROTTURA STRETTAMENTE COLLEGATI DOMINANO QUESTA EPOCA:

- il crollo del sistema di accumulazione e di regolamentazione capitalistica, il fordismo;

- la nascita di nuovi contorni dei rapporti imperialistici. Il passaggio dal neocolonialismo al rapporto di intensa dipendenza del Tricontinente da un Nord onnipotente e autocentrico;

- la fine del bipolarismo e con essa quindi la scomparsa radicale delle contraddizioni generali dell'epoca precedente.

In conseguenza di tutto questo, come tu nella tua lettera individui esattamente, le condizioni e le circostanze delle contraddizioni a livello regionale, ma soprattutto con le sue relazioni sempre più omogenee e le connessioni a livello mondiale, sono state capovolte. Per riassumere questo, riprendo tutto quello che per noi è oggi determinante:

- lo scontro di classe che si estende a livello mondiale sulla scia della standardizzazione delle forme di produzione sociale;

- la contraddizione tra l'imperialismo e le nazioni dipendenti, che traccia una linea di demarcazione sempre più chiara e comporta una relazione di assoggettamento sempre più rigida;

- la contraddizione tra le diverse forze della borghesia mondiale nella loro gerarchizzazione e nel saccheggio e nello sfruttamento che effettuano. Una contraddizione che le spinge tra l'altro a darsi nuovi rapporti che superano i singoli Stati nazionali, come ha fatto qui la CEE.

Così oggi in questa situazione strutturale ricca di contraddizioni i piani imperialisti (come il "nuovo ordine mondiale") sono appunto i prodotti dell'incociliabilità di queste contraddizioni.

E tutte le pompose risoluzioni di "essere eterni amici", da Bush fino a Mitterand e Kohl ricordano l'altrettanto ridicolo "solenne divieto di ricorso alla guerra" fatto nel 1928 all'interno della Società delle Nazioni (Patto Briand/Kellog). La rete dei conflitti del sistema capitalistico e la sua crisi/sviluppo in un nuovo modello di accumulazione ed una nuova divisione del lavoro a livello internazionale provocano un'enormità di mutamenti sovrastrutturali, che si abbattono come dinamica di profondi mutamenti della sua base.

L'intensivizzazione del rapporto dominio/sottomissione che riflette il rapporto di forza tra le classi, confermando così l'egemonia della borghesia monopolistica (con le sue forme oligarchiche e transnazionali, rafforzato dalla concorrenza/monopolizzazione degli ultimi due decenni), funge da stimolo in seguito alla rideterminazione della guida imperialista, delle relazioni e degli apparati statali sia nei paesi del centro che negli organismi in tutto il mondo; lo Stato imperialista con le sue attuali caratteristiche autoritarie, tecnocratiche e [?], così come lo Stato che in questa situazione dipende dal diktata della guida imperialista a causa della propria sussidiarietà amministrativa.

Questo panorama estremamente schematico deve semplicemente sottolineare ancora una volta che stiamo vivendo, secondo noi, non solo una fase di adattamento e correzione delle sovrastrtture...né solamente il passaggio da un ciclo di crescita all'altro, bensì stiamo vivendo il cambiamento di un'epoca che è altrettanto importante ad esempio dei grandi punti di svolta del 1871 e del 1914..., che poi si collochi questa svolta nella metà degli anni '70 oppure agli inizi degli anni '80 non è molto importante. Quello che è essenziale è riconoscere in esso il reale contraccolpo contro le componenti e le forze proletarie, contro tutti i processi rivoluzionari qui e nel Tricontinente e contro la sua unità all'interno della rivoluzione mondiale proletaria e socialista.

Questo è di vitale importanza, proprio quando cala il sipario sul primo atto con i tre punti di rottura già ricordati (fine del fordismo, del neocolonialismo e del bipolarismo) come cardini dell'ultima fase dell'epoca precedente.

Un salto pratico qualitativo è oggi indispensabile, un salto paragonabile a quello che era stato richiesto ai nostri "eroici predecessori" in quei momenti di svolta. Ma un lavoro di rideterminazione teorica e pratica non può essere fatto né con la semplice continuità, né ritirandosi dall'attualità della lotta di classe, questo vuol dire che non se ne viene a capo né se si dà eccessiva importanza alla continuità, né se si blatera solo di principi, né se li si spaccia per ideologici...No, noi dobbiamo aprire il confronto sul nostro terreno - come del resto anche tu sostieni - in modo esteso, per quanto ci è possibile, per comprendere dall'espressione delle lotte che hanno attraversato l'ultimo decennio e gli inizi degli anni '90, la nuova qualità delle lotte di classe, per riassumere le lotte, per orientarle verso la continuazione della teoria comunista, di adattarle nella lotta stessa alle condizioni storiche...eccetera.

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ELEMENTI ESSENZIALI DELLA NUOVA DETERMINAZIONE DELLA RAF

Per ritornare più direttamente al nostro tema, e anche se questo è ben lungi dalla dichiarazione della RAF, è opportuno considerare in modo più preciso alcuni elementi essenziali della sua nuova determinazione.

Per primo possiamo essere d'accordo che tutto quello che aveva rappresentato la caratteristica di questa organizzazione e aveva dichiarato la sua nascita e l'orientamento delle sue lotte nelle condizioni storiche estremamente particolari, oggi è scomparso.

Un rituale di analisi - la non riuscita denazificazione di uno Stato sociale [Wohlfahrtstaat significa sia Stato sociale che Stato di polizia] esemplare, l'integrazione totale con i piani di Washingtono e il collocamento in prima linea del conflitto est/ovest, la mancanza dell'antagonismo, nel quale il proletariato è avanguardia...oggi non può ospitare più alcun progetto rivoluzionario in questo paese.

Il quadro delle contraddizioni è cambiato radicalmente e di conseguenza la qualità del suo sovvertimento nel rapporto causale assume anche e necessariamente una nuova configurazione.

Le condizioni, ma anche le basi antagoniste, il cui centro strategico era rappresentato dalla RAF, non sono più eccezioni straordinarie per la forma della lotta in Europa occidentale. La Germania che ha riacquistato completamente il suo potere imperialista, "riunificata", è riaffiorata nella zuppa CEE, che acellera e riordina il rapporto di scioglimento/mantenimento delle formazioni nazionali della società, che è coinvolta sempre più direttamente nelle relazioni imperialiste con il Sud e l'Est in posizione di dipendenza...acquisisce qualità che per quanto riguarda la loro sostanza sono comuni a quelle di ogni altro Stato imperialista.

E di conseguenza la Germania sperimenta, come tutti questi Stati, cambiamenti sostanziali. Per quanto riguarda l'Europa vediamo quanto intensamente aumenta la dinamica di questo movimento e cioè sia nei paesi più deboli, che in quelli più forti. Degno di nota nella RFT non è il mutamento della sua struttura in superstruttura, bensì quanto velocemente questo sia stato padroneggiato tra il 1989 ad oggi. Ad esempio per quanto riguarda l'interventismo alla maniera degli Stati di polizia [Wohlfahrtstaat, però il suo significato normale è Stato sociale]; mentre dagli inizi degli anni '80 la borghesia monopolistica sgretolava le strutture statali con l'ausilio di piani di rigore e con lo smantellamento degli interventi statali nel processo lavorativo, la qual cosa riafforzava lo sfruttamento intenso,...la RFT poté respingere all'epoca, grazie alla sua forza reale e grazie alla guida statale (sia il collegamento dei meccanismo riproduttivi che l'intervento attivo dell'apparato) il salto che era ormai maturo. "Però oggi abbiamo assolutamente bisogno di una ferrea politica di austerità" (faz 3-9-91). L'indebitamento statale ha raggiunto il suo massimo; dal 1985 al 1991 è aumentato da 675 miliardi a 1500 miliardi di DM, secondo la informazioni sarebbe ancora maggiore, e si prevede che nel 1998 sia di 2500 miliardi di DM, con un servizio del debito pubblico di 180 miliardi all'anno, questo significa in concreto...più del doppio di tutte le spese sociali...del resto è noto che la disoccupazione è raddoppiata dagli inizi degli anni '80, così come è raddoppiato il numero degli assistiti dall'assistenza sociale e dei senza-casa. Le differenze fra i tenori di vita aumentano incessantemente e grandi gruppi industriali annunciano licenziamenti di massa (ad esempio i 20000 operai della Daimler-Benz)...

Crisi economica, crisi politica, "il governo di Kohl se ne frega dell'ultimo buco" (Süddeutsche Zeitung 4-5-92). "le crisi dalle quali viene scosso si susseguono ad intervalli sempre più ravvicinati e provocano eruzioni sempre più violente. Questa coalizione (quella che è al potere) è superata". Crisi del regime, recessione e crisi nascosta dell'intera egemonia...

Nel testo sul diritto (Front nr. 1) abbiamo scritto: "...e bisogna in effetti confermare che lo Stato tecnocratico ed autoritario non è altro che lo Stato di questa crisi egemonica, la crisi degli Stati monopolistici..."

Il caso della Germania attuale ne è una caricatura!

Che cosa propone la borghesia monopolistica? A questo proposito il Presidente dei datori di lavoro Hans Peter Stihl: "Modificazione dell'interventismo dello Stato, drastica riduzione del debito interno, di pari passo riduzione degli aiuti e delle spese sociali, abbassamento degli standard di vita reali degli operai [lavoratori] e delle masse proletarizzate, allargamento dei metodi di sfruttamento intensivo del lavoro, adeguando l'orario di lavoro, l'età pensionabile e il costo del lavoro alle altre potenze imperialiste (immediata concretizzazione: l'abolizione di numerose sovvenzioni, aumento dei canoni di affitto, dei costi per i trasporti, gli asili infantili, delleeducazione/istruzione; tentativo di controllo sui salari - cosa che è stata un relativo insuccesso grazie all'opposizione dei lavoratori - campagna contro l'astensionismo e le assenze dal lavoro dovute a malattia...).

Privatizzazione di tutti i settori industriali e delle aziende diservizi, gestite ancora a livello centrale dallo Stato o dalle regioni (ad es. ferrovie e posta...).

- rafforzamento dei tratti immediatamenti imperialisti dello Stato con le rispettive modificazioni della Costituzione rispetto al diritto di asilo e di soggiorno e contemporaneo interventismo armato nei paesi indipendenti.

Questo è dunque oggi il messaggio della borghesia monopolistica. Nella RFT questo è anche in effetti l'emergere delle qualità "celate" degli Stati borghesi imperialisti: tecnocrazia, autoritarismo e politica della divisione tra le razze (che comporta anche sopportare e coprire i gruppi fascisti-razzisti, le loro aggressioni contro gli immigrati, che in realtà è un esplicito monito ai popoli e ai proletari, che osano seguire lo spostamento del capitale dal Sud verso il Nord. Schengen e le aggressioni razziste, sono i due lati della medesima "protezione imperialista").

Questi cambiamenti sostanziali si basano sul processo locale ed internazionale della lotta di classe e ne trasformano le espressioni, lo stato delle contraddizioni e al primo posto naturalmente la contraddizione principale: quella tra borghesia imperialista e il proletariato internazionale, come contraddizione tra imperialismo e popoli oppressi (dove il primo diventa sempre più dominante).

I cambiamenti dei rapporti e degli apparati statali in Germania non possono essere distint dalla formazione dell'unità europea, questo progetto reazionario di unione fra gli Stati, né possono essere intesi come semplice continuità di una meccanica trasformazione istituzionale - come Stato nazionale - verso la sua funzione e il suo posto nella riproduzione internazionale del capitale, perché il salto qualitativo di questo mutamento dello Stato oggi è proprio quello di allinearsi nel mantenere e nel garantire la compattezza di una formazione sociale, che è sempre più integrata nell'Europa occidentale. Lo stesso movimento dell'affermazione e rafforzamento del rapporto di dominié della classe/sottomissione della classe su tutta l'area della CEE, del rafforzamento dell'apparato supplementare statale, ed infine con una rafforzata rappresentanza a livello regionale (un fenomeno che noi del resto abbiamo descritto come formazione di uno Stato formato sopra gli Stati).

I progetti di riforma istituzionale in Germania, il dibattito sulla "Seconda Repubblica" in Italia, il "decretazo", e simili politiche di "convergenza" in Spagna...le revisioni costituzionali previste anche qui in Francia per l'autunno...sono le riflessioni concrete ed attuali della medesima tendenza.

Ogni osservatore ammetterà che su questo territorio tedesco ed ovunque in Europa occidentale le classi e la polarizzazione imperialista si manifestano oggi con un impeto inaspettato, che non può che inasprirsi e scoppiare in aperti conflitti sempre più generali. E' vero quello che tu scrivi, e questa possibilità della lotta rivoluzionaria raggiunge una forma critica, una lotta per le classi oppresse qui ed una lotta antiimperialista è di altrettanta importanza vitale per appoggiare la liberazione dei popoli del Sud e dell'Est (una liberazione che è sempre più caratterizzata dal processo rivoluzionario della classe)... però è una lotta rivoluzionaria ed antiimperialista a nuove condizioni contro le forze borghesi che hanno assunto un nuovo aspetto.

C'è sempre stato un rapporto diretto e causale tra la forma e i contenuti dei rapporti di forza borghesi - che vengono di nuovo trasferiti allo Stato - e il sovvertimento operato dalla rivoluzione, cioè le linee e le forme strategiche delle lotte espresse dalle forze del proletariato. Marx descrive in numerosi testi questo fenomeno dialettico come ad esempio nella "Guerra civile in Francia": "...la vera antitesi dell'impero stesso - cioè del potere dello Stato - dell'esecutivo centralizzato, del quale il secondo impero era il tipo definitivo, era la Comune di Parigi...". Ed anche tu sai che uno dei pilastri della critica alla III. Internazionale dagli anni '60 è quella di imputare allo Stato borghese interventista la qualità epocale della controrivoluzione preventiva permanente, che argina le possibilità lineari dell'accumlazione delle forze.

La modificazione degli apparati e delle relazioni statali è il motore principale per la nuova situazione delle condizioni della lotta tra i possidenti e gli sfruttati sul territorio tedesco/europeo; e l'orientamento che è in grado di imprimere dinamica alla lotta rivoluzionaria e di generalizzarla, deriverà da una rappresentazione pratica del sovvertimento di questi rapporti e di questi apparati. Con questo comunicato la RAF riconosce che deve affrontare il problema delle correzioni su una base solida, che deve essere in grado di far derivare una reale prospettiva strategica dalle contraddizioni dell'epoca e dal mutamento del dominio della classe. Una prospettiva per la sua vera funzione di "punta del giavellotto militante", per il movimento rivoluzionario e per l'intera classe.

"La politica rivoluzionaria non può muoversi "fuori" o "accanto" le esplosive contraddizioni e le lotte per le condizioni di vita. Deve estendere il suo raggio di determinazione e di azione verso tutti gli scontri importanti, dalle contraddizioni sociali concrete qui "nella quotidianità" fino ai conflitti globali che si abbattono in tutte le società. Deve essere questo collegamento, senza di questo non ci sono soluzioni o prospettive...".

(Eva Haule, cit.).

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LA NOSTRA CONCLUSIONE PROVVISORIA

-La questione della tregua è una questione che riguarda solo le organizzazioni della guerriglia, che porta in concetti politici la responsabilità per questa interruzione unilaterale e limitata (solo alle azioni di esecuzione delle personalità). Noi non siamo affatto prevenuti contro la chiusura di questa fase, che noi intendiamo come "ritirata strategica".

- Per quanto riguarda il discorso che la RAF annuncia in questo comunicato, come nei precedenti, contro di questo noi combattiamo decisamente. Ma nel confronto politico con questa organizzazione e con l'intero movimento rivoluzionario che le è vicino, in questo confronto noi difendiamo inequivocabilemente :

- l'intero complesso strategico della guerra rivoluzionaria, come noi l'abbiamo praticata e la pratichiamo nella nostra militanza attuale, e che noi abbiamo definito e sviluppato in numerosi testi.

- la necessità e la possibilità del fronte antiimperialista nella nostra epoca come linea strategica dell'unità dell'emancipazione nel centro e nel Tricontinente.

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