MUMIA ABU-JAMAL : MATERIALI DELLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE (1995)

IL PROCESSO DI MUMIA ABU-JAMAL

di Leonard I. Weinglass Avvocato difensore di Mumia Abu-Jamal

[versione inglese]

"In diretta dal braccio della morte"

In uno dei più ignobili processi della storia recente, Mumia Abu-Jamal, Afro-Americano, leader dei giornalisti radiofonici di Filadelfia, giustamente chiamato "la voce dei senza voce", è stato giudicato nel giugno 1982 per l'omicidio di un agente di polizia bianco e condannato a morte.

Il caso fu giudicato davanti all'Onorevole Albert Sabo, noto per aver condannato a morte più imputati di qualsiasi altro giudice degli Usa.

Per quanto riguarda il Pubblico Ministero nulla lo contraddistingueva se non il fatto che prima di entrare in magistratura era stato vicesceriffo a Filadelfia per sedici anni e che era riuscito precedentemente a far condannare per omicidio un innocente (processo Connor). Dopo che l'imputato di questo processo ebbe scontato dodici anni per un crimine che non aveva commesso, l'ufficio legale distrettuale si appellò con successo per il suo rilascio adducendo prove evidenti che dimostravano come l'imputato fosse innocente e ottenendo quindi un riesame delle prove e delle testimonianze addotte al processo.

L'unico privo di una qualsivoglia esperienza nel processo di Mumia era il suo avvocato d'ufficio, che dovette assumere la sua difesa, dopo che Mumia fu privato del suo diritto all'autodifesa, nel mezzo delle selezione dei giurati.

Durante le udienze dell'istruttoria questo avvocato difensore chiese ripetutamente di essere sollevato dall'incarico.

Sarebbe stato comunque impossibile difendere Mumia, indipendentemente dalla capacità e dall'impegno del difensore; infatti il Tribunale stanziò per la difesa solo 150 dollari per le indagini della difesa, nonostante che gli investigatori della polizia avessero interrogato oltre 125 testimoni. Durante il procedimento la difesa riuscì a trovare solo due testimoni oculari, anche se ce ne erano molti di più. All'ultimo minuto l'avvocato di Mumia fece un disperato tentativo di convincere a deporre un testimone oculare, chiamandolo dal telefono del Tribunale, mentre la giuria aspettava nell'aula. Ma questo tentativo fallì. Mentre l'accusa presentava i suoi esperti balistici e patologi, la difesa non poté fare altrettanto per la pochezza dei fondi destinati dal Tribunale a questo scopo.

Fu solo il terzo giorno delle selezione della giuria, che la corte proibì a Mumia di proseguire l'interrogatorio dei possibili giurati. Riluttante ed evidentemente impreparato il suo avvocato d'ufficio non seppe continuare. Dal momento che 77 dei primi 80 giurati avevano letto o sentito parlare del processo, sarebbe stato necessario un interrogatorio che verificasse se avevano opinioni precostituite e, nel caso, quali esse fossero. Ma la Corte cominciò invece a sollecitare la prosecuzione del processo e a contestare a Mumia di intimidire i giurati con le proprie domande. Diversi osservatori attribuirono questa sollecitudine dalla Corte al fatto che il professionismo che Mumia dimostrava, frutto della sua esperienza di giornalista radiofonico, impressionava favorevolmente i giurati.

Le pressioni della Corte per velocizzare la selezione dei giurati arrivarono ad un certo punto a vere e proprie minacce nei confronti dell'avvocato difensore. In questo modo uno dei giurati selezionati fu il migliore amico di un agente di polizia di Filadelfia che era rimasto invalido dopo uno scontro a fuoco; allo stesso modo fu nominata come giurata supplente la moglie di un altro agente di polizia di Filadelfia.

Inesplicabilmente la difesa non disse nulla e nulla obiettò riguardo al razzismo con cui l'accusa utilizzò contro possibili giurati afro-americani 11 delle sue 15 possibilità di sostituzione.

[Negli USA la selezione della giuria avviene attraverso un vero e proprio interrogatorio dei possibili giurati teso a verificare la loro imparzialità e se abbiano o meno opinioni precostituite sul caso, la Corte decide quindi in merito, ma accusa e difesa hanno la possibilità di ricusare un certo numero di giurati - ndt]

La difesa, in assenza di Mumia acconsentì anche alle dimissioni di un giurato Afro-americano che era già stato selezionato e alla sua sostituzione con un vecchio bianco che alla domanda "se si considerasse di mentalità aperta" (nei confronti dei Neri - ndt) rispose affermando di non credere di essere imparziale.

L'accusa presentò le sue motivazioni in meno di sette giorni. Mumia non fu presente durante la maggior parte di questi giorni, perché era stato espulso dall'aula per aver sostenuto il suo diritto all'autodifesa e per aver richiesto John Africa come avvocato difensore. Dal momento che si doveva decidere della sua vita, Mumia voleva essere difeso da un avvocato che non fosse incapace e indisposto a rappresentarlo. Non si fece nulla per permettere a Mumia di seguire il processo, ad esempio con un altoparlante nella sua cella di sicurezza o fornendogli una trascrizione. In questo modo non solo si veniva meno ad un uso consolidato nel tempo, ma si danneggiava in modo particolare Mumia, dal momento che era lui e non il suo avvocato ad impostare la linea difensiva. Senza l'assistenza o la presenza di Mumia il suo avvocato non poté che fare un debole tentativo di controinterrogare i testimoni dell'accusa.

Che l'agente di polizia fosse stato ucciso a colpi di pistola su una pubblica via alle 4 della mattina del 9 dicembre 1981, e che subito prima avesse fermato l'auto del fratello di Mumia, tutto questo nessuno lo metteva in discussione. Così come era fuori discussione che Mumia fosse arrivato pochi momenti dopo che l'agente aveva colpito suo fratello con una torcia da segnalazione. Mumia fu ferito, probabilmente dallo stesso agente, dal momento che il proiettile rinvenuto nel suo corpo proveniva dalla pistola di quell'agente. Mumia rimase in condizioni critiche per un certo periodo di tempo successivo al suo arrivo al pronto soccorso.

Ma l'istruttoria fu comunque tirata avanti per sei mesi, mentre a Mumia, dopo aver dichiarato la propria intenzione di difendersi da solo, furono concesse solo tre settimane per prepararsi al processo.

Il processo si basava principalmente su quattro testimoni che dichiaravano di essere stati sulla scena della sparatoria. La Corte rifiutò ogni richiesta che i testimoni riconoscessero Mumia in un confronto all'americana, invece che direttamente sul banco della difesa o, in sua assenza, mediante la presentazione di una sua fotografia. Il testimone che più danneggiò Mumia è stata una prostituta che aveva a suo carico oltre trentacinque arresti e che stava scontando una pena nel Massachusetts. Essa testimoniò di aver visto Mumia che sparava all'agente correndogli dietro e di averlo visto sparare una seconda volta dopo che l'agente era caduto a terra; precedentemente questa testimone aveva dato diverse versioni differenti dell'accaduto, delle quali molte contraddicevano quelle degli altri tre testimoni. Un'altra prostituta che stava lavorando nella stessa zona quella notte, testimoniò che le era stata offerta l'immunità in cambio di una testimonianza contro Mumia,e che una simile offerta era stata fatta anche a quella che effettivamente testimoniò per l'accusa.

Degli altri tre testimoni, tutti maschi, due dissero di aver visto Mumia correre verso l'agente che stava picchiando suo fratello. Entrambi testimoniarono di aver visto la fiammata di una pistola subito dopo l'arrivo di Mumia, ma nessuno dei due affermò di aver visto Mumia sparare. Il terzo testimone, un tassista che aveva posteggiato la sua auto dietro a quella della polizia, era quello che si era trovato più vicino al luogo della sparatoria. Nell'interrogatorio reso alla polizia aveva raccontato che lo sparatore era fuggito molto prima che arrivasse la polizia, svoltando di corsa per un vicolo che incrociava la strada una trentina di metri più avanti. Disse anche che era un uomo grande e grosso, alto 1,86, e di oltre 100 chili. Mumia è alto 1,80 e pesa meno di 80 chili. Al processo questo testimone negò che lo sparatore fosse corso via, insistendo invece che aveva fatto solo pochi passi e poi era crollato sanguinante sul marciapiede esattamente nel punto in cui era stato trovato Mumia. Il giudice non disse alla giuria che questo testimone era stato arrestato per aver tirato, per denaro, delle bottiglie molotov contro una scuola, e che era libero sulla parola. Egli quindi poteva aver modificato la propria testimonianza per ottenere i favori della procura o semplicemente per paura. Un altro testimone, che abitava lì vicino, aveva raccontato di aver visto un uomo correre via nella stessa direzione. Questo era il testimone che l'avvocato della difesa non riuscì a produrre, dopo averlo contattato dal telefono del Tribunale a metà del processo. Un'altra testimone, una prostituta, aveva anch'essa raccontato alle autorità di aver visto uno o due uomini fuggire, ma ritrattò poi la sua testimonianza dopo essere stata lungamente interrogata dalla polizia. In tutto quattro testimoni, situati in quattro punti diversi della strada - e nessuno di essi si conosceva, né conosceva Mumia - raccontarono di aver visto lo sparatore fuggire e tutti lo avevano visto fuggire nella stessa direzione. E' assolutamente impossibile che tutti e quattro possano avere immaginato esattamente la stesa cosa. Ma, nonostante tutto, non fu fatto nessun tentativo di identificare l'individuo sospetto che era fuggito.

La teoria dell'accusa era che Mumia prima avesse sparato all'agente, ferendolo superficialmente. A questo punto l'agente avrebbe risposto al fuoco e Mumia, stando in piedi sopra di lui, riverso sul marciapiede, lo avrebbe colpito una seconda volta in faccia, uccidendolo istantaneamente. Nessuno dei testimoni, comunque, aveva visto le cose in queste modo. Nessuno aveva visto Mumia sparare. Questa ricostruzione aveva come suo fondamento il solo fatto che la polizia aveva trovato sia Mumia che l'agente riversi sul marciapiede a pochi metri di distanza l'uno dall'altro, entrambi feriti da colpi di pistola. E anche se Mumia aveva una pistola (aveva un regolare porto d'armi, avuto dopo che era stato rapinato mentre lavorava come tassista) gli esperti dell'accusa dichiararono di non poter stabilire se il proiettile rinvenuto nel corpo dell'agente provenisse dalla pistola di Mumia, perché era troppo frammentato.

Per sostenere questa tesi traballante, non confermata neppure dai suoi poco credibili testimoni, l'accusa produsse a testimoniare una guardia che lavorava all'ospedale in cui era stato ricoverato Mumia. Questa testimoniò che Mumia, un giornalista esperto, che aveva seguito decine di procedimenti giudiziari, avrebbe apertamente confessato di aver ucciso il poliziotto, aggiungendo inoltre "Spero di aver ammazzato quel figlio di puttana". Ma l'agente che aveva preso Mumia in custodia ed era rimasto con lui, aveva scritto nel suo rapporto che Mumia era rimasto sempre in silenzio. La sua testimonianza, tuttavia, così come quella dell'altro testimone oculare, non fu prodotta al processo. L'agente che aveva fatto questo rapporto era "in vacanza", quando invece avrebbe dovuto essere a disposizione della difesa.

La richiesta della difesa di sospendere il processo in attesa del ritorno del testimone, non venne accolta.

La difesa, quindi, visto che non era in grado di produrre i testimoni necessari alla chiusura del processo, produsse invece sedici testimonianze sulla personalità di Mumia.

Tutti testimoniarono che non era possibile che Mumia avesse potuto commettere un tale crimine perché era conosciuto, sia dal punto di vista professionale che da quello umano, come una persona gentile e onesta.

Quando la celebre autrice e poetessa Sonia Sanchez, salì sul banco dei testimoni, l'accusa la interrogò, senza che vi fosse alcuna obiezione, sul fatto penalmente irrilevante che aveva scritto la prefazione al libro di Assata Shakur (Joanne Chesimard), "Assata Speaks" e, con molta scorrettezza, ma con la benedizione della corte, incentrò le proprie domande sulla condanna di Assata per l'omicidio di due poliziotti in New Jersey; poi chiese a Sonia Sanchez se corrispondeva al vero che avesse sostenuto politicamente tre uomini di New York che erano stati anch'essi condannati per l'assassinio di un agente di polizia. In questo modo l'accusa insinuò che per Sonia Sanchez fosse un'abitudine sostenere assassini di poliziotti, e quindi, di conseguenza, che anche Mumia dovesse esserlo. Così facendo, e violando ogni regola procedurale, l'accusa ha anche impostato il proprio successivo attacco sulle convinzioni politiche di Mumia.

La giuria si riunì (per decidere se procedere o meno con il processo e, nel caso, le imputazioni a carico di Mumia - ndt) a mezzogiorno del venerdì del week-end del Quattro luglio. Fino a quel momento erano già quasi tre settimane che erano "sequestrati" in un albergo del centro lontano dalle loro famiglie. Non è sorprendente che prima che il giorno fosse finito avessero già raggiunto un verdetto: colpevole di assassinio di primo-grado. Comunque, prima di prendere una decisione, e dopo diverse ore di discussione, chiesero di essere edotti sugli articoli di legge riguardo i tre gradi di omicidio e sull'omicidio preterintenzionale. Evidentemente, almeno alcuni giurati avevano il dubbio che, anche accettando la teoria dell'accusa, mancasse l'elemento della premeditazione dal momento che l'agente era stato colpito a morte solo dopo che Mumia era stato a sua volta ferito; e quindi, presumibilmente, come risultato di una reazione non premeditata. Con la giuria così divisa sull'accusa di omicidio colposo o di terzo grado, nessuno avrebbe potuto prevedere che questa stessa giuria avrebbe votato la pena di morte.

La chiave per capire la posizione che i giurati maturarono sta nella parte successiva del processo. E' qui che si evidenzia l'alternativa tra una condanna a vita senza possibilità di libertà sulla parola e una condanna a morte. Con una chiara violazione dei diritti costituzionali di Mumia, l'accusa ha messo in evidenza la sua storia di militante del Partito delle Pantere Nere, dodici anni prima, e le sue convinzioni politiche così come erano riportate in una sua intervista, quando aveva sedici anni. Senza possibilità di dubbio Mumia è nel braccio della morte per le sue convinzioni politiche e per i suoi legami associativi. Leggendo le trascrizioni di questa parte del processo sembra di avere tra le mani un grottesco resoconto dell'Inquisizione.

Comincia quando Mumia si siede al tavolo della difesa e legge una propria dichiarazione alla giuria, esercitando diritto di allocuzione che tutti gli imputati hanno prima che venga emessa una sentenza contro di loro. Non ha giurato come testimone e non è sul banco dei testimoni. Nella sua dichiarazione Mumia rivendica la propria innocenza e sostiene con eloquenza che il processo è stato ingiusto. Indignato per le accuse di Mumia contro la sua conduzione del processo, il giudice decide che Mumia ha assunto il ruolo di testimone e quindi può essere controinterrogato di fronte alla giuria. L'accusa coglie al volo l'occasione.

La prima domanda è perché Mumia non si sia alzato in piedi quando il giudice è entrato nell'aula dell'udienza. Questa prima questione irrilevante e scorretta è stata seguita in rapida successione da una serie di domande sul perché Mumia non abbia accettato le decisioni della Corte senza rancore, perché sia ricorso in appello quando gli è stato tolto il diritto all'autodifesa, e perché si sia scontrato con la Corte durante le udienze di chiusura dell'istruttoria. Come per rispondere egli stesso alle proprie domande, l'accusa legge stralci di un articolo del giornale del Partito delle Pantere Nere di dodici anni prima, articolo che comprendeva, fra l'altro, un'intervista di Mumia, allora sedicenne. Con la sua voce stentorea, l'accusa chiede di sapere se Mumia avesse mai affermato che "il potere politico nasce dalla canna dei fucili".

Mumia tranquillamente risponde che questa non è una propria affermazione, ma una nota citazione del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Mao Ze-Dong. Continuando senza pausa, l'accusa domanda se Mumia potrebbe ricordare di avere affermato, nella stessa intervista, "Tutto il potere al popolo". Di nuovo Mumia riconosce la citazione, ma insiste sul diritto di leggere tutto l'articolo e di collocare i suoi commenti in quel contesto. L'articolo, che precedentemente non era stato allegato agli atti dalla Corte, perché ritenuto irrilevante, parlava del Partito delle Pantere Nere, del programma delle colazioni popolari, e del procedere della disputa tra il partito e il dipartimento di polizia di Filadelfia.

Dopo aver ritratto Mumia, di fronte a questa giuria quasi tutta bianca, come un militante radicale Nero, l'accusa conclude affermando che è la stessa storia politica di Mumia e il suo contrapporsi al sistema che l'hanno portato ad uccidere il poliziotto. In questo modo la giuria ha votato un verdetto di morte, persuasa dalla citazione, processualmente irrilevante, delle parole di un sedicenne, e trascurando il fatto che Mumia era diventato uomo senza essere mai stato giudicato colpevole, aveva una famiglia e godeva del rispetto e dell'ammirazione della comunità.

L'appello che è seguito è stato altrettanto irregolare. Un anno è passato prima che il Giudice Sabo rendesse pubbliche le motivazioni della condanna a morte. Il primo avvocato di appello assegnato a Mumia non fece nulla per un altro anno e la stessa corte di appello dovette sostituirlo. La sua sostituzione richiese un altro anno per ricostruire gli atti ed allegarvi tutti i documenti necessari. Questa ricostruzione conteneva un deposizione giurata dell'avvocato di Mumia a proposito del gran numero di afro-americani che erano stati rimossi dalla giuria. La Corte Suprema della Pennsylvania non considerò questa deposizione giurata, dichiarando che la memoria dell'avvocato si era indebolita a causa del tempo trascorso. Ogni appello fu respinto. Solo quattro giudici, il minimo richiesto, firmarono la decisione della corte. Uno dei quattro, il giudice McDermott, avrebbe dovuto senza dubbio astenersi, dal momento che era stato coinvolto in uno scontro verbale diretto e personale con Mumia, ma non lo fece. Il Presidente della Corte Nix, un afro-americano, inesplicabilmente si dimise, e così fece pure il giudice Larson, senza alcun commento. Questo giudice era stato accusato di pregiudizi razziali dal Presidente della corte ed in seguito fu processato per una violazione delle leggi sulla droga, condannato, e di conseguenza rimosso dall'incarico dal Senato della Pennsylvania .

Le decisioni della corte, contenute in un documento ignobile di una quindicina di pagine, molto probabilmente conseguenza dello scontro del giudice McDermott con Mumia, furono di rigettare tutte le eccezioni di incostituzionalità sollevate da Mumia e di negare ogni errore procedurale. L'appello riguardava l'uso razzista della sostituzione dei giurati da parte dell'accusa; la decisione della corte di privare Mumia del diritto di autodifesa e del diritto di presenziare al processo; e infine i controinterrogatori di Sonia Sanchez e di Mumia, entrambi proceduralmente scorretti. Da sottolineare come l'accusa arringò la giuria affermando che Mumia sarebbe ricorso "più volte in appello e forse ci sarebbe potuta essere in futuro una decisione differente, o comunque qualcosa che avrebbe fatto sì che la decisione della giuria non sarebbe stata quella definitiva". Questo specifico argomento, che mette in discussione la necessaria serietà con cui la giuria deve rispondere alle domande che le sono state rivolte, è stato rigettato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1985. Ancor prima la stessa Corte Suprema della Pennsylvania aveva annullato una condanna che lo stesso procuratore aveva ottenuto con un'arringa quasi identica a quella pronunciata nel processo a Mumia. La corte scelse di ignorare entrambi questi precedenti decise di confermare la sentenza di morte contro Mumia.

A Mumia non è andata meglio con la Corte Suprema degli Stati Uniti che ha rifiutato di prendere in considerazione il suo appello. La stessa Corte, quello stesso anno, aveva invece accettato, e poi deciso favorevolmente, in merito all'appello di un membro della Fratellanza Ariana, un'organizzazione bianca razzista, basato sul fatto che l'accusa aveva utilizzato impropriamente la sua appartenenza ad una associazione politica. In accordo con il Primo Emendamento alla Costituzione che proibisce l'uso di simili argomentazioni, la Corte accetto questo appello contro la condanna a morte (Dawson v. Delaware, 503 Stati Uniti 159 (1992)). Al contrario l'appello di Mumia è stato bocciato senza alcun commento.

Ora, a più di dodici anni dalla sua condanna, Mumia richiede un nuovo processo. Nel caso gli venga negato, pensa di presentare una richiesta di "habeas corpus" al tribunale federale. Ma, recenti restrizioni all' "habeas corpus" imposte dalla Corte Suprema degli Stati Uniti riducono di molto le possibilità che ottenga qualche risultato.

Per la prima volta il suo processo potrebbe essere riesaminato. La sua innocenza è evidente. Ma, riesaminare il suo processo dopo oltre dieci anni sarà difficile e costoso.

Nel momento in cui scrivo, un ordine di esecuzione non è stato ancora firmato dal governatore. Ma dal momento che l'elezione di governatore del Repubblicano Thomas Ridge nel novembre 1994 si è in parte basata sulla promessa di accelerare le esecuzioni, c'è il pericolo concreto che nei primi mesi del 1995 venga fissata la data di quelle di Mumia che è tra i primi dell'elenco di quelli che attendono nel braccio della morte.

Siamo in corsa contro tempo per salvare un innocente che è "la voce dei senza voce."

Utilizzando le parole di Ossie Davis, vicepresidente del Comitato per Salvare Mumia Abu-Jamal, "abbiamo bisogno di Mumia disperatamente. Non possiamo permettere che ci strappino una tale voce senza ribellarci con una lotta di proporzioni enormi."

Gennaio 1995

Contatti:
Unione internazionale degli amici e familiari di Mumia Abu-Jamal
P.O. Box 19709 - Philadelphia, PA 19143 (215-476-8812 phone & fax)