PEDRO: LO STATO BORGHESE UCCIDE UN MILITANTE COMUNISTA

INCHIESTA MASTELLONI

L'INCHIESTA

Dopo le grandi mobilitazioni continuano le provocazioni e la repressione contro i compagni di Pedro.

Il 15 aprile '86 all'interno dell'inchiesta del giudice veneziano Mastelloni, che l'anno precedente aveva già portato all'arresto di 7 esponenti dei Comitati contro la repressione e della rivista il Bollettino (rivista impegnata a dar voce ai compagni prigionieri), scattano altri 16 mandati di cattura. L'accusa è di reato associativo 270 bis (associazione sovversiva) e colpisce tra gli altri numerosi compagni della Commissione carcere e repressione che partecipano alle assemblee del Comitato di Controinchiesta contro l'omicidio di Pedro e che si erano distinti nelle mobilitazioni.

Questa inchiesta scatta lo stesso giorno dei bombardamenti americani voluti da Reagan sulle città libiche. E' una coincidenza significativa se si pensa che l'inchiesta Mastelloni è stata preparata proprio da una campagna partita da Craxi e dal Ministero degli interni mirante a criminalizzare il movimento contro la guerra e contro la NATO che in quegli anni era molto esteso nel Veneto.

Questa operazione dell'emergenzialismo mastelloniano crolla il 3 maggio '86. Il Tribunale della libertà revoca tutti gli arresti nel totale black-out della stampa che invece aveva dato enorme risalto alla notizia degli arresti ed alla campagna preventiva, contro gli "infiltrati" nei movimenti, che gli aveva preparati.

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MASTELLONI GO HOME!

Mastelloni come Reagan!
In questa primavera di guerra si verificano coincidenze significative.
Il modello è quello del rambo-vendicatore. Reagan manda le sue armate contro il "grande demone" Gheddafi e bombarda la "città del male".
Mastelloni, nella sua solita parte di giudice-sceriffo, sconfina per l'ennesima volta fuori dai sui territori e manda ad arrestare i "cattivi" di mezza Italia.

Sicuramente i suoi colleghi, magistrati di Padova e Bologna, non sono attenti a salvaguardare l'ordine democratico, se nelle loro città ci sono ancora "sovversivi recidivi" che continuano a protestare e a contestare, se ci sono ancora "terroristi" che occupano le case, le facoltà e i centri sociali, e se poi per giunta hanno anche la sfrontatezza di scendere in piazza a migliaia, come a Padova il 9 marzo.
Ma per fortuna c'è Mastell-Rambo. Lui che ha emesso un mandato di cattura niente di meno che ad Arafat. Lui che è il paladino dell'emergenza continua, non ha difficoltà a lavorare in trasferta per sbattere in galera qualche decina di facinorosi.
Il nostro giudice - sceriffo ha portato il suo terzo blitz contro l'opposizione e l'antagonismo di classe.

Intercettazioni telefoniche, pedinamenti e appostamenti dei CC dimostrano inequivocabilmente ciò che noi pensavamo di non dover nascondere proprio a nessuno!

Dimostrano che abbiamo manifestato contro questo stato assassino che ha ucciso Pedro. Dimostrano che abbiamo partecipato a riunioni di strutture pubbliche aperte a tutti: chi al Comitato di Controinchiesta sull'assassinio di Pedro, chi alla Commissione Carcere e Repressione, chi al Comitato Proletario Territoriale. Dimostrano che qualcuno di noi ha scritto sul giornale Break-out, che qualcun'altro ha scritto sul giornale Paspartù. Dimostrano che alcuni di noi hanno parlato a comizi e assemblee, ed altri invece dai microfoni di Radio Gamma 5.

Tanto basta al nostro giudice sceriffo per toglierci di torno utilizzando quell'infame art. 270; l'articolo di legge promosso 50 anni fa dai fascisti per perseguire le "associazioni sovversive". Tanto basta per raggiungere il vero scopo di questa operazione, che è quello di farci fare un anno e più di carcerazione preventiva, di tenerci per mesi in regime di isolamento e di farci marcire in qualche carcere speciale.

Il testo del mandato di cattura che ci è pervenuto esprime con fedeltà il delirio di Mastell-Rambo. Una sequela di demenze anche formali, uno scritto ermetico pieno di frasi a metà, che evidenzia clamorosamente una mente dissociativa e paranoica.
Si delira di "assonanze semantiche" tra i nostri articoli, volantini e dichiarazioni e la produzione di qualche Organizzazione Combattente.
Qui Mastell-Rambo si mette le vesti di apprendista semiologo per fare di ogni erba un fascio. Il problema vero è che non sopporta chi si esprime contro il pentitismo e la dissociazione. I suoi ragionamenti astrusi non hanno neppure la tragica logica del teorema Kalogeriano.

Sono delle vere e proprie Mastellonate.

Contro l'imperialismo guerrafondaio di Reagan.

Contro l'emergenzialismo voluto da Mastelloni

I compagni detenuti al Due Palazzi

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DALLA GUERRIGLIA SEMIOTICA AL CARCERE SPECIALE

La mattina del 15 aprile ho pensato di essermi svegliato dentro un racconto di fantapolitica. Di quelli brutti, forzosamente orwelliani, proliferati a decine dopo il successo de "Il grande fratello". Mentre la radio descriveva la precisione con cui la furia reaganiana si era abbattuta sulla Libia, un'orda di carabinieri, mostruosamente bardati, si agitava per casa.

Dapprima ho pensato ad un golpe dello Spadolini, ma poi, visto dall'apparecchio non sgorgavano le orrende note dell'Inno di Mameli, ho cambiato subito idea. Ho notato, con preoccupazione che gli agenti mostravano interesse per quei volantini e giornali da me rinfusamente raccolti durante le manifestazioni o le assemblee e che mai avrei pensato potessero essere "materiale interessante" o probante una qualsiasi colpevolezza.

Insomma mi hanno trovato in casa solamente molta di quella "comune cartaccia di movimento" che normalmente abbonda sugli scaffali delle librerie alternative. Ed ora eccomi qua! Già da svariati giorni in isolamento totale, senza una sola mezz'ora d'aria, a dialogare con l'immagine fantastica del mio inquisitore, senza null'altro da leggere se non questo dannatissimo e sibillino mandato di cattura con cui volendo si potrebbero mandare in galera centinaia e centinaia di persone. Siamo accusati, io ed altri 33, di aver fatto cose che mai nessuno avrebbe pensato potessero essere dei reati o segni di reati; come l'aver partecipato a manifestazioni o conferenze, o l'aver avuto parte organizzativa in riviste, radio locali o cooperative di movimento. Sembra che gli inquirenti abbiano passato mesi a spiarci (spendendo non poco denaro in nastri magnetici e in carta da rapporti) per scoprire cose che tutti sapevano e che nessuno si sarebbe maio sognato di nascondere; per indovinare trame e collegamenti segreti che altro non sono, in realtà, che semplici ma intensi rapporti politico-personali fra persone della stessa area culturale.

Per esempio, ad un certo punto il mandato di cattura recita: "il ruolo organizzativo degli imputati... è evidenziato dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, dal contenuto dei rapporti di PG dei CC di Padova e Bologna: in particolare dette intercettazioni hanno addotto l'iperattivazione del gruppo padovano in vista della manifestazione del 9 marzo '86". Bella scoperta! E dov'è il reato o l'indizio di reato? Nell'essersi dati da fare nell'organizzare una manifestazione, tra l'altro autorizzata!

Siamo tutti e 34 accusati "del delitto di cui all'art. 270 bis, comma 1°, C.P., per aver promosso, organizzato, diretto, un sodalizio avente per obiettivo il mutamento con mezzi violenti dell'ordinamento giuridico - costituzionale della Repubblica..." e per quanto mi riguarda, una prova schiacciante, (sigh) che dimostra la mia partecipazione attiva a tale sodalizio, è, secondo il mandato di cattura, l'aver redatto un opuscolo dal titolo: «Chi ha paura di Pedro Maria Greco? La stampa italiana il giorno dopo un omicidio di Stato» distribuito proprio "in concomitanza con la manifestazione padovana del 9/3/86". Lo scritto in realtà, nato come una tesina d'esame nel seminario di semiotica e media, condotta al DAMS, è un'analisi degli articoli dei quotidiani il giorno dopo l'assassinio di Pedro Greco. Che gli inquirenti abbiano confuso gli inviti "alla guerriglia semiotica" di alcuni noti docenti del DAMS, con inviti alla lotta armata?

Chissà, forse verrà il giorno in cui molti di noi saranno accusati di aver preso parte all'occupazione del DAMS e, perché no, di essere membri dei "Damsterdamned per la costruzione del partito comunista combattente"!

Il mio opuscolo controinformativo, (di guerriglia semiotica, lo rivendico) è stato poi pubblicato da Kamo - laboratorio di comunicazione antagonista e ovviamente diffuso nei giorni dell'anniversario della morte di Pedro. Ma il Kamo, checché nessuno delle decine di giovani che lo frequentano se ne sia mai accorto, è in realtà, secondo gli inquirenti, una struttura organica del CPT (Comitato Proletario Territoriale) al quale io, avendo scritto l'opuscolo, sicuramente aderisco. Ora, gli investigatori, notando una similitudine teorica fra i volantini e i testi del CPT e quelli del misterioso gruppo "Avanguardia proletaria per la costruzione del partito comunista combattente", indicano, "in linea probabilistica" il CPT stesso come gruppo facente riferimento ad A.P.P.C.C.

E' quanto mai interessante notare che una delle similitudini teoriche scoperte dagli inquirenti, fra i testi dei volantini esaminati, è quella che riguarda "l'equazione: crisi del sistema capitalistico - tendenza sempre maggiore verso la guerra imperialista". Anche questa un'altra grande arguzia investigativa!

Ed intanto eccomi qui, in attesa che gli inquirenti si schiariscano le idee, passo le ore in questi pochi metri quadri, sdraiato sulla branda a fissare il mostro... (il mostro è quell'unico blocco compatto in acciaio che comprende la porta, la luce al neon, gli altoparlanti e la televisione...)

Un compagno arrestato

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L'UNICO TERRORISTA È LO STATO!!!

Il 15 aprile '86 arrivano le notizie dell'attacco americano contro la Libia: vengono bombardate le città di Tripoli e Bengasi; il risultato di questo nuovo attacco criminale deciso dall'amministrazione Reagan è la morte ed il ferimento di moltissime persone, ed una nuova gravissima crisi nell'area del Mediterraneo. Il ruolo dell'Italia e degli altri Paesi europei risulta da subito chiaro: non solo come subalternità alla politica guerrafondaia USA, ma come scelta precisa di allineamento e complicità al dominio ed allo sfruttamento che il blocco dei Paesi occidentali persegue nei confronti degli Stati più deboli e che la dinamica di questo ultimo atto di guerra ha ulteriormente evidenziato. La soluzione militare quindi è conseguente (Grenada, Nicaragua, Libano...). E' di fatto storia che qualsiasi forma di capitalismo deve necessariamente produrre forme di conflitto per superare la propria crisi interna; non a caso il settore degli armamenti è uno dei più trainanti dell'economia capitalista.

I fatti successi avvengono dentro il clima infuocato di una vera e propria campagna internazionale contro il "terrorismo" diretta ad annientare la volontà di autodeterminazione dei popoli contro il dominio del capitale multinazionale e diretta a liquidare qualsiasi forma di opposizione interna.

Nella stessa giornata di martedì 15 aprile scatta fra Padova e Bologna il quarto blitz di arresti dell'Inchiesta Mastelloni, inchiesta cominciata l'8 febbraio 1985 e che, a tornate successive (18 giugno, 20 settembre), ha portato in galera 20 compagni, al momento tutti, (tranne uno rinchiuso in un carcere speciale a centinaia di Km da casa) agli arresti domiciliari o in libertà provvisoria. Quindici sono questa volta i compagni arrestati.

L'accusa riproposta è quella contemplata dall'art. 270 bis del codice penale: associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Ancora una volta le prove di attività illegali non esistono ed è colpita l'attività pubblica (giornali, volantini, trasmissioni radiofoniche...) di compagni presenti da anni dentro le lotte sociali e politiche: le grosse mobilitazioni per il ritiro dei militari italiani dal Libano, per la pace, degli autoconvocati, sul problema della casa, del reddito, degli spazi sociali, della repressione. La logica politica di questi mandati di cattura è quella di colpire una pratica di lotte contro le scelte antiproletarie e guerrafondaie di questo Stato.

Denunciamo la volontà persecutoria di questa inchiesta e la assoluta arbitrarietà ed infondatezza delle accuse, denunciamo il pestaggio subito da Claudio Latino in cella di isolamento perché reclamava con la guardia l'unica ora d'aria su 24 di cui ha diritto, e la situazione degli altri arrestati ancora in isolamento nonostante siano stati tutti già interrogati; ai compagni di Bologna, rinchiusi nel nuovo carcere è negata addirittura l'ora d'aria.

Contro la politica guerrafondaia e repressiva dello Stato
Contro l'imperialismo americano
Contro la presenza Nato in Italia
Contro le leggi speciali
Contro l'art. 270 bis
Per l'immediata scarcerazione dei compagni arrestati

26 aprile 1986

Gruppo promotore delle iniziative di solidarietà
con gli inquisiti e gli arrestati dell'inchiesta Mastelloni

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METTIAMO AL BANDO L'INCHIESTA MASTELLONI

Manifestazione a Padova il 25 maggio '86

8/2/85 Vengono eseguiti a Venezia, Padova e Milano i primi arresti di questa inchiesta: i mandati di cattura per associazione sovversiva a scopo di terrorismo (art. 270 bis del C.P.) sono firmati dai sostituti procuratori di Venezia Ferrari e dalla Costa che emettono anche decine di comunicazioni giudiziarie;

19/6/85 altri otto compagni vengono arrestati sempre a Padova, Venezia e Milano; i mandati di cattura sono firmati dal G.I. Carlo mastelloni, subentrato nella conduzione dell'inchiesta;

20/9/85 ancora 5 arresti firmati da Mastelloni: uno a Udine e 4 nel vicentino, l'imputazione è sempre la stessa;

15/4/86 a Padova e a Bologna i carabinieri eseguono altri 14 arresti su mandato di Mastelloni e su richiesta di Ferrari e dalla Costa; eseguono inoltre 4 fermi; due a Padova e due a Bologna;

29/4/86 la magistratura bolognese ordina la scarcerazione dei due fermati, mentre quella padovana (P.M. Carmelo Ruberto) li convalida;

2/5/86 il Tribunale della Libertà annulla i mandati di cattura del 15/4/86 per assoluta mancanza di indizi disponendo la scarcerazione di altri 14 compagni, compresi i due il cui fermo era stato convalidato.

Questa scarcerazioni evidenziano le contraddizioni dell'impianto accusatorio e l'assurdità dell'agire inquisitorio con cui questi magistrati hanno emesso in poco più di un anno 36 mandati di cattura e 50 comunicazioni giudiziarie con l'intento dichiarato di criminalizzare chiunque voglia agire ed organizzarsi al di fuori delle istituzioni e al'interno dei movimenti lottando sul posto di lavoro e nel territorio, contro la repressione ed il carcere, contro l'imperialismo e lo stato nucleare, per la casa e per il reddito e promuovendo strumenti di informazione.

La costruzione di una simile inchiesta è stata possibile grazie all'uso dispiegato dell'art. 270 bis (associazione sovversiva a scopo di terrorismo), articolo di legge che permette di arrestare un numero infinito di persone in base alle presunte finalità di una presunta associazione e che è una versione peggiorativa di un articolo del codice fascista Rocco, voluta, nell'ambito delle leggi dell' "emergenza" da tutti i partiti dell'arco costituzionale, PCI in testa, ai tempi del governo Kossiga.

E' stata possibile grazie alla copertura politica fornita dal governo Craxi e dai servizi segreti che da anni orchestrano un clima da caccia alle streghe con le loro dichiarazioni allarmistiche sui presunti "terroristi infiltrati" nei movimenti; non a caso i mandati di cattura sembrano riprendere testualmente da queste paranoiche relazioni gli obiettivi presunti dell'associazione: sommosse carcerarie, evasioni, azioni di intimidazione contro dissociati e pentiti, inserimento di militanti in organizzazioni di massa al fine di egemonizzarle e così via!

Con quest'inchiesta Mastelloni, Ferrari e Dalla Costa, allineati alla logica emergenziale della "loggia dei 36 magistrati" hanno costruito un vero e proprio "contenitore giudiziario" in cui hanno compreso, criminalizzandoli, giornali e riviste (dal Bollettino del Coordinamento dei Comitati contro la repressione a Paspartù), singoli comitati contro la repressione (Vicenza, Veneto-Friuli), strutture di massa e singoli compagni, indicando come "covi" sedi di cooperative culturali (Feedback), centri di documentazione (Kamo, C. di Doc. ML di Mestre), radio libere (Gamma 5 e Cooperativa) e Case dello studente (quella di via Monte Cengio).

Decine di compagni sono stati già condannati da questa inchiesta ad un anno di carcerazione preventiva, anche se le imputazioni che vengono loro fatte sono suffragate soltanto dall' "interpretazione" di intercettazioni telefoniche e dai rapporti "deduttivi" dei carabinieri; una scelta istruttoria compiuta ignorando completamente sentenze, come quella della Corte d'assise di Padova sul caso 7 aprile, che hanno ritenuto inattendibili come "fonte di prova" proprio i rapporti di polizia giudiziaria e le testimonianze per "deduzione politica".

L'ondata di arresti del 15 aprile, non casualmente avvenuta dopo che si era scesi in piazza in 3.000 contro l'omicidio di stato di Pedro, si è svolta, come le precedenti, nel classico stile mastelloniano; mandati di cattura incomprensibili e farneticanti, silenzio stampa, isolamento totale anche dopo gli interrogatori, trasferimenti in carceri punitive e speciali, vere e proprie provocazioni come il pestaggio del compagno Claudio Latino ed il suo trasferimento al carcere speciale di Novara.

Obiettivo di questi ultimi arresti era quello di mettere sotto accusa: i Comitati Proletari Territoriali per le iniziative sugli spazi sociali, sulla casa e sul reddito; il Comitato di Controinchiesta sull'omicidio di Pedro cercando di bloccarne l'attività tesa a far pagare il più alto prezzo politico ai mandanti e agli esecutori di questo omicidio di stato e cercando di intimidire con l'arresto le parti civili al processo che si terrà a Trieste contro gli agenti accusati di questo assassinio; il Laboratorio di Comunicazione Antagonista Kamo di Bologna, la Commissione Carcere e Repressione di Padova e il suo foglio di informazione sulla repressione sociale "Break Out", il giornale Paspartù.

Oggi i compagni arrestati il 15/4 sono in libertà, ma questo non ci basta!
La sentenza del Tribunale della Libertà va utilizzata per demolire pezzo per pezzo tutti i mandati di cattura.
E' necessario mettere al bando quest'inchiesta che tiene ancora in carcere a Cuneo uno degli imputati, Luciano Righetto, e ne costringe molti altri ad arresti domiciliari con pesanti ed ingiustificate restrizioni.
E' necessario impedire il tentativo di Mastelloni di mettere sotto inchiesta altre strutture di movimento: denunciamo il pesante controllo poliziesco cui sono sottoposti dai CC i compagni di Bassano e dell'Alto Vicentino.

Per il diritto dei movimenti ad organizzarsi al di fuori dei partiti
Contro l'art. 270 bis, contro tutti i reati associativi e le leggi "d'emergenza"
Per continuare la controinchiesta sull'omicidio di Pedro
Per il diritto alla libertà di informazione
Perché tutti i mandati di cattura e le comunicazioni giudiziarie di questa inchiesta vengano ritirati
Costruiamo la manifestazione del 25 maggio 1986

18 maggio 1986

Comitato di controinchiesta sull'omicidio di Pedro
I compagni dei Comitati Proletari Territoriali
Kamo - Laboratorio di Comunicazione Antagonista

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