QUADERNI DI CONTROINFORMAZIONE N.2 - FEBBRAIO 1995

CONTRO L'UNIONE EUROPEA
UN INTERVENTO DALL'AUSTRIA

La questione della UE, uno dei progetti dell'imperialismo, necessita di un'analisi molto approfondita. Ne abbiamo individuato alcuni aspetti e vorremmo così contribuire ad una discussione internazionale sull'analisi degli attuali rapporti di forza imperialisti e delle loro conseguenze sulla lotta di classe.

Centro di comunicazione e culturale Jelka, Schillerstraße 7/19 - 8010 Graz - Austria

IL NUOVO RUOLO DELLA UE METTE ANCOR PIÙ IN EVIDENZA IL SUO CARATTERE IMPERIALISTA

Una delle basi politiche dello sviluppo della UE è stata fin dall'inizio quella della costruzione dell'Europa occidentale come di un baluardo contro l'Unione Sovietica. Questo era esattamente l'obiettivo a cui hanno mirato gli USA a partire dal '45 nella loro politica in Europa occidentale, e per questo motivo hanno contribuito in grande misura allo sviluppo della UE.

Al crollo dell'Unione Sovietica è seguita una ridistribuzione dei rapporti di forza tra gli imperialisti, nel senso che la UE assume inevitabilmente anche un nuovo ruolo.

Finito il protettorato degli USA, il suo carattere imperialista autonomo si esprime sempre più chiaramente: nella disgregazione dell'ex Jugoslavia, per potere accelerare l'integrazione europea; nella disgregazione delle strutture economiche dell'Europa orientale, per saccheggiarla, umiliarla e per poterla sottomettere al proprio controllo; nell'invasione del Ruanda, per avere un punto d'appoggio nel continente africano.

A nostro avviso il Ruanda rappresenta la nuova qualità del potere imperialista autonomo della UE.

E' stato il primo tentativo di invasione della UEO (Unione Europeo Occidentale - il "braccio armato" della UE) senza la NATO. Non propriamente della UEO, ma che cosa sono la Francia e il Belgio, se non una compoente della UE e che cosa sono le truppe francesi e belghe se non un'espressione concreta del progetto della UEO.

Nel Ruanda è stata scoperta una delle più grosse miniere di Uranio. Di questa materia prima così importante vogliono disporne tanto gli USA, quanto la UE.

Il governo ruandese, appoggiato dalla Francia, è stato rovesciato dal FPR che è sostenuto dagli USA.

Le truppe francesi e belghe che fino a poche settimane fa marciavano ancora in Ruanda, hanno dovuto ritirarsi davanti alle truppe USA, anche se nelle prime file di questi schieramenti - come già in Somalia - marciavano le truppe del Tricontinente (questa volta dal Ghana).

Questa è stata una guerra tra gli USA e la UE, combattuta sul territorio del Ruanda, che fino ad oggi ha provocato la morte di cinquecentomila donne, uomini e bambini ed ha costretto alla fuga due milioni di esseri umani. Questo è genocidio.

Per la UE è necessario conquistare nuove zone coloniali, per potersi destreggiare nel confronto USA-Giappone-UE.

La UE ha rilevato le colonie dei vecchi Stati nazionali (Falkland, Azzore, Canarie, Guyana francese, Guadalupe ecc.), tra cui alcune che hanno importanti funzioni militari o/e di sperimentazione. Ad esempio la Polinesia in cui avvengono esperimenti atomici o il centro spaziale della ESA a Kourou nella Guyana francese, in cui si svolgono esperimenti scientifici nell'ambito del programma paneuropeo EURECA.

Questi punti di appoggio hanno anche un importante significato per la costruzione della UEO, perché per la UE quale potenza imperialista è anche nacessario sviluppare un proprio apparato militare. (Durante le ultime elezioni europee il 90% degli abitanti delle colonie hanno respinto la UE con il boicottaggio attivo o passivo del voto).

In questo contesto vanno collocati l'invasione del Ruanda, la conquista di nuovi mercati nell'Europa orientale e i tentativi della borghesia imperialista di espandersi nel territorio arabo. Così come va collocata la complicità del capitale tedesco con l'apparato militare turco e la discussione sull'ammissione di Israele nella UE.

Il progetto per uno spazio economico paneuropeo comprende molto più dell'attuale UE e non è ancora chiaro in quale forma dovranno essere integrati i Paesi dell'Europa orientale. Il primo passo sarà quello di integrarli nella periferia più esterna della UE, ad esempio con trattati di associazione simili a quelli che la UE ha stretto con gli Stati del Maghreb.

La ristrutturazione capitalistica dell'Est - una precondizione per spianare il campo alle imprese multinazionali - significa un gigantesco immiserimento delle masse proletarie, che comporta un potenziale pericolo temuto dalla borghesia imperialista. Non a caso leggiamo nei giornali economici della "dannosa mentalità dei lavoratori in Romania e Bulgaria, che pensano secondo i valori della giustizia sociale e non secondo i criteri della prestazione individuale" oppure dei "giganteschi costi che comporta l'integrazione dell'Est" (costi che vengono rovesciati sul proletariato - in Germania apertamente sotto forma di tasse di solidarietà) oppure leggiamo del pericolo delle rivolte sociali, alle quali la propaganda qui in Europa Occidentare dà sempre una motivazione nazionalista oppure religiosa.

Già ora si delinea chiaramente un legame tra Mosca e la Germania, anche sulla base delle relazioni economiche già esistenti negli ultimi decenni. Multinazionali e banche tedesche, così come imprese austriache, hanno intrattenuto le loro relazioni economiche con l'Est anche durante la "guerra fredda". In Austria sono stati i revisionisti del KPÖ (Partito comunista austriaco) che hanno reso possibili queste relazioni grazie ai loro contatti con gli Stati dell'Est.

Gli stati dell'Europa orientale hanno rotto fin dall'inizio l'embargo imposto dagli USA, confermando anche la tesi di Stalin per cui un embargo imposto dallo Stato non ha alcuna chance contro il principio capitalistico della concorrenza. Queste relazioni già decennali rappresentano per la UE nei confronti degli USA un vantaggio nell'annessione dell'Est, anche se questa gara non è stata ancora vinta, e questo si vede ad esempio nell'esistenza dei trattati di gemellaggio della Russia con la UE da un lato, ma dall'altro nel "gemellaggio per la pace" con la NATO.

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IL PROCEDERE DELL'INTEGRAZIONE DELLA UE È UN TENTATIVO DI SUPERARE LA CRISI

Adesso la UE ha annesso ufficialmente anche l'Austria.

Dal momento che l'Austria è legata economicamente e politicamente alla Germania, questo significa che l'ingresso dell'Austria nella UE serve soprattutto al rafforzamento della Germania all'interno della UE. Non ha caso già il 9 novembre 1988 Krejci, il Presidente degli Industriali, dichiarava: "La strada per Bruxelles passa per Parigi", perfettamente cosciente del fatto che la Francia non vede di buon occhio la crescente potenza della Germania, una contraddizione tra le forze nella UE.

Ma nonostante le contraddizioni al suo interno, che si evidenziano continuamente nei punti più diversi, lo sviluppo della UE è una necessità inderogabile per la borghesia imperialista. Quando Agnelli dice che "nel medio periodo ci dovrebbero essere nel mondo solo sei o sette grandi gruppi automobilistici e che questo sarà possibile grazie al mercato interno, perché solo i più forti possono tenere al passo della concorrenza", questo è proprio il senso in cui va interpretato il mercato interno: una nuova ondata di fusioni, un'ulteriore spinta nello sviluppo del capitalismo monopolistico. Quando si legge nei giornali che una delle due maggiori acciaierie dell'Austria non ha più posto nel progetto UE, questo esprime esattamente che cosa significhi mercato interno: un tentativo di superare la crisi di sovrapproduzione grazie ad una strategia di produzione paneuropea.

La UE non è uno strumento per dominare la crisi, bensì è espressione politica della progressiva monopolizzazione. In quest'epoca, caratterizzata dai grandi complessi industriali che operano a livello mondiale, c'è sempre meno spazio per gli stati-nazione che risultano di intralcio per quanto riguarda il trasporto di merci, materie prime, semimanufatti, forza lavoro. Nella crisi la grande borghesia lavorerà in modo sempre più pressante per l'integrazione della UE che le offre la possibilità di annientare e di ridefinire le ultime frazioni di piccola e media borghesia, costringendole nel ruolo di una borghesia dipendente da quella imperialista; parliamo ad esempio dell'industria delle spedizioni, del commercio intermedio, degli uffici tecnici di ricerca.

Annientare per ridurre la concorrenza e ridefinire perché, d'altra parte, la borghesia imperialista non ha alcun interesse a distruggere completamente la piccola e media borghesia, perché questa, ora come un tempo, ha una importante funzione politica: quella di non far emergere con troppa chiarezza la contraddizione tra borghesia imperialista e proletariato internazionale.

Lo sviluppo della UE è un processo interno alle contraddizioni interimperialiste e alle immense difficoltà che queste comportano, ad esempio il non rispetto dei tempi previsti (mercato interno, unione monetaria), le liti sulla nomina del presidente della Commissione, i conflitti sulla posizione da assumere rispetto alla Jugoslavia, l'opinione non unitaria rispetto alla NATO e alla UEO.

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QUALE RUOLO RIVESTE L'AUSTRIA PER LA UE

Da un anno l'ingresso nella UE era diventata la questione principale di politica interna qui in Austria. I rappresentanti del governo si gettavano con eroico coraggio nelle trattative di ammissione a Bruxelles e con frasi tipo "lotteremo e non abbandoneremo mai gli interessi della nazione..." hanno riempito la testa della classe con parole vuotev come "traffico di transito" e "seconda residenza" per nascondere che nel referendum del 12 giugno si trattava di una decisione politica, che doveva per forza essere conseguente all'annessione economica in atto già da tempo.

In tutto questo si giocavano diversi obiettivi. Il momento è propizio: la classe risente sempre più duramente, anche in Austria, le conseguenze della crisi mondiale. Le trattative sull'ingresso nella UE sono servite a mascherare con l'interesse nazionale questa aggressione economica al proletariato. Se fino ad un paio di mesi fa il governo seguiva ancora la linea delle promesse (come migliorerebbe tutto per noi con l'ingresso nella UE), quanto più si avvicinava la scadenza del referendum si intensificavano invece le minacce (il non ingresso avrebbe significato distruzione di posti di lavoro).

La UE sarà ancora a lungo un paravento per imporre peggiori condizioni di vita. Oggi ad esempio si tratta dei criteri di stabilità che l'Austria deve rispettare per diventare membro a pieno diritto. A questo scopo viene valutata l'economia dell'Austria e presi i provvedimenti conseguenti. Ogni aumento di tasse, ogni privatizzazione di industria statale (e questo significa licenziamenti), ogni congelamento di stipendio verrano realizzati nei prossimi anni facendo riferimento alla UE.

Nella gestione politica delle trattative, mentre non c'è stata alcuna informazione precisa sugli argomenti principali della trattativa, si è parlato solo di argomenti secondoari anche se sicuramente di una certa importanza: neutralità, transito, agricoltura.

- In Austria l'agricoltura è un problema esplosivo, perché ancora oggi esiste un numero abbastanza alto di piccoli contadini che non avranno più alcuno spazio nell'ambito di una industria agricola paneuropea: non riusciranno a tenere il passo con la concorrenza delle grandi industrie agricole e la loro maggioranza verra proletarizzata.

Per questo anche il governo austriaco si è impeganto nel sostenere le richieste dei contadini: almeno 300.000 elettori/trici sono 300.000 futuri disoccupati. Anche se in Austria si è tentato di di coprire con il black out informativo le esperienze dei contadini in Francia, molti contadini austriaci capiscono comunque che è in gioco la loro stessa esistenza.

- Anche per quanto riguarda il trasporto di merci, compresa la forza-lavoro e le armi, l'Austria, grazie alla sua posizione geografica, ha grande importanza. Dal momento che l'Austria è il principale collegamento con il sud (Italia, Jugoslavia, Grecia), con l'est (Ungheria, Romania, Bulgaria) e con il Medio oriente (attraverso la Turchia e il Kurdistan) è di primaria importanza che questo trasporto venga garantito nel modo più veloce e sicuro possibile. Questo significa costruzione di autostrade a rapido scorrimento, divieto di blocchi autostradali ed azioni di protesta, nessun controllo sull'inquinamento acustico, sul peso e sul numero dei veicoli che transitano ogni giorno. Su questi punti ci sono stati innumerevoli conflitti tra lo Stato e chi abita vicino alle autostrade e per questo Mock (Ministro degli Esteri) e Klima (Ministro dei Trasporti e delle Statalizzazioni), avevano promesso di non cedere su questi punti.

- All'inizio la neutralità è stata spacciata quale identità austriaca. La rinuncia allo status neutrale è stato addirittura dichiarato un tradimento da parte dei revisionisti del KPÖ. Una neutralità che non è mai esistita, ovvero che non può mai esistere (perché o noi siamo dalla parte del proletariato internazionale, oppure no). Solo negli ultimi anni ci sono stati sufficienti atti ufficiali per mostrare che cosa intenda per neutralità il governo austriaco: il passaggio di carriarmati durante la Guerra nel Golfo, l'autorizzazione al passaggio aereo degli Awac in direzione dell'ex Jugoslavia, piste di atterraggio a disposizione della NATO, spionaggio del servizio informativo dell'esercito per la Slovenia contro l'esercito popolare jugoslavo...

E ciò nonostante aveva ed ha una sua importanza questo status ufficiale dell'Austria. Attraverso il governo austriaco, infatti, era possibile tenere i contatti sia con l'entità sionista che con gli Stati arabi: Kreisky (prima Ministro degli Esteri, poi Cancelliere socialdemocratico dal 1971 al 1984) non solo ha fatto proficui affari per conto delle imprese statalizzate nei i suoi "viaggi di pace" negli Stati arabi, ma ha anche spianato la strada alla borghesia palestinese, ed in ultima analisi ha anche reso possibile che la Germania (primo Stato a farlo) aprisse la propria ambasciata in Palestina.

La neutralità ufficiale dell'Austria ha anche permesso che Vienna fosse la sede di diverse organizzazioni, ad esempio degli uffici dell'OPEC e di un'ambasciata dell'OLP. Ed oggi come un tempo all'interno della struttura imperialista, l'Austria ha il ruolo di essere il luogo per conferenze internazionali sia pubbliche, che segrete.

Lo status neutrale e la decennale "immobilizzazione" della classe operaia ad opera della socialdemocrazia hanno reso possibile tutto questo. In quest'ottica vanno capiti gli equilibrismi diplomatici con i quali l'Austria, nonostante la sua partecipazione nella UE, nella UEO e nella NATO voglia continuare a conservare formalmente il suo status neutrale.

La socialdemocrazia è la forma di dominio del capitale in Austria dal 1945. Ad essa viene attribuito un significato particolare. I socialdemocratici mentre fingono di rappresentare gli interessi degli operai, nella realtà hanno costruito molti strumenti per pacificare la lotta di classe in Austria . Sotto la loro direzione -in collaborazione con sindacalisti americani addestrati dalla CIA - è stato costruito un sindacato statale unitario. Questo significa che i rappresentanti di tutti i partiti siedono sotto il tetto di un unico sindacato. Quale provvedimento contro le simpatie per l'Unione Sovietica socialista hanno statalizzato in Austria importanti settori industriale e hanno presentato questo come una conquista, come una tappa nella direzione del socialismo. Nelle industrie statalizzate i lavoratori venivano sfruttati a condizioni economiche leggermente migliori, e nello stesso tempo veniva aumentata la produttività, promuovendo l'identificazione dei lavoratori/trici nell'azienda: "azienda statalizzata = azienda dei lavoratori/trici".

La socialdemocrazia ha sviluppato lo strumento del "partenariato sociale", che, nello specifico, consiste in un'assemblea che si riunisce quasi quotidianamente e che è formata da sindacati, camera del lavoro, camera di commercio, industria ed agricoltura, confederazione degli industriali e ministeri e al cui interno si conducono le trattative su salari e prezzi!

Da decenni, ad esempio, le lotte salariali sono state impedite con l'obiezione che i "partner sociali" avrebbero risolto tutto al tavolo delle trattative. Anche il "partenariato sociale" è stato presentato come una conquista del movimento operaio.

Oggi molti lavoratori/trici non si fidano più della socialdemocrazia e dei suoi strumenti, perché vedono molto chiaramente che non sono stati rappresentati, ma traditi. Lo potremo vedere meglio in autunno nella scarsa partecipazione alle elezioni delle Camere del Lavoro.

Per noi questo è sintomo di insoddisfazione nei confronti della socialdemocrazia, ma vediamo anche che manca una prospettiva alternativa.

Dal punto di vista economico l'Austria dipende completamente dalla UE, soprattutto dal capitale tedesco. Secondo le statistiche ufficiali nel 1992 il 40% del capitale straniero in Austria era capitale tedesco, il 9% capitale USA.

Il 64% delle esportazioni e il 68% delle importazioni avveniva con la UE, il 40% con la Germania.

Ma ancora più importante è osservare in dettaglio questo commercio: gran parte delle esportazioni e delle importazioni sono costituite dal trasporto tra l'industria-madre in Germania e la sua filiale in Austria. Così ad esempio la Steyr-Daimler-Puch costruisce motori per la MAN, la Opel, la Mazda, e quasi tutta l'industria automobilistica austriaca ha un analogo rapporto con il capitale tedesco (una condizione del piano Marshall era anche il divieto di costruire un'industria automobilistica in Austria).

Dipendenza economica significa inoltre che il capitale tedesco decide della politica in Austria. Possono essere portate come esempio le prese di posizione delle banche e delle multinazionali tedesche in occasione dell'adesione dell'Austria alla UE.

Tra il 1938 e il 1945, il 70% delle banche e delle industrie austriache erano di proprietà del capitale tedesco. La Germania nazista costruì fabbriche in Austria, ad esempio gli impianti della Herman-Göring (l'attuale Vöest) a Linz: un'importante fabbrica di armi per i fascisti. Molte aziende che erano di proprietà tedesca sono state consegnate al capitale nazionale austriaco dopo il '45 e una parte venne statalizzata per sottrarla alla confisca da parte dell'Unione Sovietica.

Dagli anni '60 le fabbriche, le catene commerciali, i giornali sono stati restituiti pezzo per pezzo al capitale tedesco - in parte regalati, in parte venduti, in parte controllati da rappresentanti del capitale tedesco nei Consigli di Amministrazione o alla presidenza delle società. Dalla metà degli anni '80 anche le industrie statalizzate vengono vendute e anche in questo caso per la maggior parte alle banche e alle multinazionali tedesche.

Nella stutturazione dell'economia austriaca gli USA si ricollegarono direttamente ai progetti dei fascisti, ponendo direttamente le condizioni per il legame con l'Europa occidentale tramite il piano Marshall. Prima del 1938, ad esempio, i principali partner commerciali dell'Austria erano Germania, Italia, Ungheria e Cecoslovacchia da cui venivano importate principalmente materie prime e generi alimentari ed esportati prodotti industriali. La politica di embargo degli USA nei confronti dell'Europa dell'Est era anche condizione per accedere ai crediti del piano Marshall e quindi un mezzo per una nuova strutturazione dell'economia in Austria e in Europa. Così ad esempio l'esportazione di merci dall'Austria verso l'Europa orientale è calata dal 34% (1937) al 15% (1950). Questi traffici erano sotto il controllo degli USA: c'erano tre tipi di merci: quelle che non potevano affatto essere esportate all'est, quelle contingentate e quelle che necessitavano semplicemente di autorizzazione.

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IL RUOLO DEGLI USA NELLO SVILUPPO DELLA UE

Certamente già i fascisti tedeschi avevano dei piani per un ordinamento economico europeo, in questo senso va letto il libro "Comunità economica europea" pubblicato nel 1943, in cui, in 10 relazioni, si prende posizione sui trattati commerciali europei, sul sistema monetario, su industria, commercio e trasporti, agricoltura e viene descritto un nuovo ordine economico con al centro la Germania, secondo la soluzione "Nuovo Ordine Europeo".

Ma gli USA, usciti vincitori dalla seconda guerra di spartizione imperialista imposero essi stessi proprio quell'ordine: uno spazio economico europeo con la Germania al centro e Stati economicamente interdipendenti contro il "pericolo" di una rivoluzione proletaria, simile a quella dell'Unione Sovietica.

Gli USA ricostruirono gli Stati dell'Europa occidentale a condizione che gli si sottomettessero.

Il Programma di Ricostruzione Europea (ERP), detto Piano Marshall, era appunto un mezzo per sottomettere l'Europa occidentale al dominio economico, militare e politico degli USA e venne realizzato con gli strumenti dell'ECA (European Cooperation Act) e dell'OEEC (Organisation for European Economic Cooperation - organizzazione che prelude all'OECD).

L'ERP rispondeva a molteplici funzioni per gli USA: inanzitutto la guerra aveva portato al rafforzamento del capitale USA e questi cercavano mercati di sbocco per la sovrapproduzione di capitali e merci. La ricostruzione dell'Europa aprì, dietro il paravento delle spedizioni di aiuti e dei crediti, un nuovo mercato per il capitale USA in eccedenza.

In secondo luogo grazie all'ERP gli USA crearono strutture politiche ed economiche per poter imporre in Europa i loro interessi. I 2/3 degli aiuti finirono in Inghilterra, Germania, Italia e Francia che in breve diventarono anche le principali basi di appoggio per la NATO. L'organizzazione dell'ERP era strutturata in modo tale che gli USA erano presenti in ogni comitato di controllo: senza il loro benestare non si muoveva nulla.

In terzo luogo l'accesso all'ERP era strutturato in modo tale da imporre l'importazione di prodotti dagli USA e questa era più una risposta alla crisi economica degli USA che un provvedimento umanitario come è stato spacciato fino ad oggi.

In quarto luogo vennero create all'interno dell'Europa strutture di dipendenza: ad esempio i prestiti in Austria dovevano essere investiti nell'industria pesante e vennero trascurati settori come l'high-tech, la chimica, l'industria elettrica. Così venne decisa per l'Austria un'economia orientata alle esportazioni verso l'Occidente. Il dislivello tra l'Europa del Nord e quella del Sud, che esisteva già prima della guerra, venne rafforzato. Le strutture che troviamo oggi nella UE vennero impiantate dagli USA mediante l'ERP: la Germania al centro delle borghesie europee, e attorno ad essa un cerchio di regioni economicamente forti, con le regioni periferiche che ancora oggi vengono tenute in povertà e con un'economia completamente dipendente, per poterle così legare alla UE.

Quinto: fin dall'inizio, l'ERP mirava alla spaccatura dell'Europa: l'integrazione dell'Europa occidentale si realizzò tagliando fuori e in contrasto con gli Stati dell'Europa orientale. A questo scopo era necessaria la disgregazione delle strutture e delle relazioni commerciali precedenti la guerra: da un lato con il divieto di importazioni ed esportazioni di merci da e verso l'Europa orientale e dall'altro con la minaccia del pericolo comunista.

In Austria gli aiuti del piano Marshall vennero deliberatamente utilizzati anche contro le fabbriche USIA controllate dall'Unione Sovietica nell'Austria orientale.

Questa disintegrazione doveva essere inoltre consolidata a livello ideologico con la propaganda anticomunista, le menzogne sugli USA quali terra di libertà e democrazia, Radio Free Europe, la musica pop americana per radio, il Riders Digest, la Coca Cola e le altre merci americane.

Sesto: alla creazione della dipendenza economia segue lo sviluppo di una dipendenza militare, che la UE cerca ora di evitare con il progetto della UEO. Così già nel 1951 la ECA è stata sostituita dalla Mutual Security Agency. che rispondeva a funzioni militari da prima linea e dipendeva direttamente dal Dipartimento di Stato americano e dal Pentagono.

La costruzione dell'asse militare Bonn-Roma, alla quale seguirono passo dopo passo ulteriori basi d'appoggio, faceva parte del progetto di una NATO paneuropea.

Per legare l'Austria all'occidente capitalistico era anche necessario per gli USA strutturarne di conseguenza l'apparato militare: con il ritiro delle truppe d'occupazione nel 1955 venne reintrodotto per legge l'esercito federale austriaco, lo stesso esercito che durante la rivolta del febbraio 1934 aveva assassinato 1000 lavoratori/trici e che nel 1938 non aveva sparato neppure un colpo contro le truppe fasciste tedesche che invadevano il Paese.

L'esercito della seconda Repubblica venne strutturato sulla base del progetto della NATO per l'Europa. Prima del 1955 vennero istituiti gruppi paramilitari - istruite e finanziate dalla CIA e da Gladio.

Uno di questi gruppi paramilitari venne fondata da Franz Olah, membro del SPÖ e presidente del sindacato edile. Comprendeva circa 1000 uomini, equipaggiati, finanziati e istruiti dalla CIA. Proprio questo gruppo attaccò i lavoratori/trici durante lo sciopero dell'ottobre 1950.

L'Austria riveste un'importante funzione nell'asse militare Bonn-Roma quale protezione verso l'est: generali USA sono presenti durante le esercitazioni militari, i piani di difesa del governo austriaco vengono decisi in collaborazione con la NATO. Fin dall'inizio le truppe di frontiera vennero dispiegate quasi esclusivamente al confine orientale.

E come ieri anche oggi il compito che deve svolgere l'esercito federale austriaco è difendere i confini esterni della UE. Ieri al servizio degli USA contro il pericolo degli Stati socialisti, oggi per difendere gli interessi della borghesia imperialistica della UE contro il proletariato internazionale del Tricontinente: i mass media borghesi parlano continuamente della "criminalità internazionale" che si infiltra nella EU, del "pericolo dei Curdi" che portano la loro lotta in Europa.

L'ERP rappresenta indubbiamente anche un rafforzamento dei maggiori gruppi capitalistici forti dell'Europa occidentale: all'interno della logica delle contraddizioni interimperialiste gli USA erano costretti a strutturare l'UE quale potenza egemonica e, quale strategia di crisi, a spostare il capitale USA eccedente verso l'Europa occidentale. Quando anche questo mercato si è esaurito, gli USA sono scivolati in una nuova crisi, che portò nel 1971 nella rottura di Bretton Woods: il dollaro USA non era più la moneta guida.

Per superare la loro crisi gli USA dovevano conquistare nuovi mercati. Per far questo si servirono (e se ne servono ancora oggi) dei trasferimenti di capitale per mezzo degli strumenti del FMI e della Banca Mondiale, mediante cui imposero le catene del capitale multinazionale ai popoli del mondo.

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NONOSTANTE LE LORO CONTRADDIZIONI GLI IMPERIALISTI SONO COSTRETTI A TROVARE SOLUZIONI COMUNI, PER POTER SFUGGIRE AL LORO CROLLO

Dopo il crollo dell'Unione Sovietica si stanno approfondendo le contraddizioni interimperialiste tra gli USA e la UE. Il rafforzamento dell'Europa occidentale, un tempo necessario per il capitale USA, adesso gli si rivolta contro sotto forma di un potente concorrente. La UE, e prima fra tutti la Germania, tende verso una politica imperialista autonoma, per la quale però, oggi come ieri, manca la necessaria forza militare, come hanno recentemente dimostrato la Jugoslavia o l'invasione del Ruanda.

La conquista di nuovi mercati di sbocco, fonti di materie prime, forza lavoro è in ultima analisi una questione militare. La ridistribuzione di colonie viene definita mediante intese e conferenze, nell'inasprimento delle contraddizioni mediante guerre commerciali e in ultima analisi con mezzi militari quale continuazione delle trattative politiche.

Le tendenze guerrafondaie sono innate nell'imperialismo: ogni crisi porta in sé la tendenza alla guerra, anche se ogni tanto si trovano anche delle soluzioni politiche. Ma in alcune regioni del mondo la borghesia imperialista non conosce che la guerra: da un lato per la conquista di colonie, dall'altro per la propria sicurezza, così come per la repressione delle rivolte, degli scioperi della classe proletaria internazionale, anche qui in Europa (ad esempio le lotte per le strade in Francia).

Secondo noi ci vorrà ancora del tempo perché il "nuovo ordine mondiale" appaia chiaramente, anche se si possono già riconoscere con chiarezza alcune tendenze. Obiettivo della UE è quello di conquistare nuovi mercati all'est, conquistare influenza nel territorio arabo e continuare a porre le proprie basi di appoggio nel continente africano.

La guerra nel Golfo è stata un comportamento unitario di tutte le potenze imperialiste sotto la direzione USA per distruggere l'indocile borghesia nazionale araba, per scavare un solco profondo tra i movimenti di liberazione nel territorio arabo e quelle borghesie arabe che li appoggiavano, per indebolire economicamente tutte le borghesie arabe e legarle ancora più strettamente all'imperialismo. A questo scopo avevano stretto un'alleanza imperialista, a cui partecipò per la prima volta perfino il cappitale giapponese con finanziamenti ed armi (ad esempio battelli cercamine ed areoplani).

Comunque questa azione concertata non può nascondere gli interessi concorrenziali.

Il trattato di pace voluto dall'imperialismo tra il regime sionista e la cricca di Arafat è stato mediato in territorio europeo. Anche se l'atto ufficiale è stato sottoscritto a Washington, capitale della potenza guida, la borghesia europea è stata decisiva in questo processo, e questo rappresenta un salto qualitativo nel consolidamento del capitale multinazionale nel Vicino Oriente.

La contraddizione tra l'UE e gli USA si mostra anche nell'invasione della Somalia, come hanno riportato -non sempre benevolmente - i media borghesi rispetto alle truppe US/ONU, così come accade oggi riguardo al Ruanda. E questa contraddizione si mostra oggi chiaramente negli interessi in gioco nell'ex Jugoslavia: dopo la distruzione adesso si tratta di assicurarsi le sfere di influenza, ovvero il controllo delle borghesie nazionali, ed è chiaro che il governo croato e sloveno si trovano sotto il dominio della Germania.

La NATO non ha alcun interesse nella fine della guerra. Se la NATO bombarda la Bosnia, se continuano ad essere proposti cosiddetti piani di pace del tutto inaccettabili - perché mirano solamente ad una divisione della Bosnia tra i Serbi e i Croati - se continua a sussistere l'embargo nei confronti della Bosnia, allora tutto questo dimostra solamente che questa guerra deve proseguire in una zona limitata che in futuro verrà resa disponibile per le borghesie nazionali. Questi interessi del profitto vengono pagati con il sangue da migliaia di esseri umani.

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QUALI SONO LE CONSEGUENZE CHE DOBBIAMO TRARNE QUI IN EUROPA

La UE è un progetto dell'imperialismo e come tale va combattuto. La progressiva integrazione della UE significa l'inasprimento delle contraddizioni tra capitale e lavoro qui in Europa e nel Tricontinente. La progressiva monopolizzazione, di cui la UE è un'espressione, significa da un lato una concentrazione della borghesia imperialista e dall'altro l'impoverimento delle masse proletarie in Europa e dei popoli nel Tricontinente.

La UE, esattamente come la NATO, il FMI, la Banca Mondiale, l'ONU, le Conferenze sulla popolazione mondiale, è una sovrastruttura politico-militare della borghesia imperialista. La lotta contro i loro progetti concreti evidenzia quindi il loro carattere di sfruttamento e di oppressione del proletariato mondiale e rafforza l'identità della nostra parte, in quanto riconosciamo chi è il nostro nemico comune.

Qui i lavoratori/trici vengono affaticati fino allo sfinimento ed alla morte oppure resi vigliacchi e silenziosi dalla corruzione. Questo adesso non è più possibile, la borghesia tenta allora di sfuggire all'ira della classe soffiando sul fuoco del razzismo.

Nel Tricontinente la borghesia imperialista spinge milioni di esseri umani alla morte per fame, li annienta con le malattie perché non sono più utili al capitale, utilizza contro i lavoratori/trici e i popoli che si ribellano bombe, gas velenosi e squadroni della morte.

Questa è guerra. E sempre più spesso si vedrà nella realtà di milioni di esseri umani che l'imperialismo non conosce altre soluzioni.

Una soluzione reale può costruirla solo il proletariato internazionale, che può contare su una storia secolare ed imparare dalle esperienze fatte. Anche qui nel cuore dell'imperialismo dobbiamo cercare una soluzione, lavorare ad una soluzione reale. E' necessario smascherare l'ideologia della socialdemocrazia, nemica della classe operaia, che con la sua politica di desolidarizzazione ha lasciato tracce profonde nelle menti e nei cuori della classe e della sinistra. La sinistra europea si deve porre con chiarezza accanto ai popoli in lotta nel Tricontinente e non può più adattarsi, con una politica opportunista, riformista e pacifista, alle comodità, alle nicchie e agli spazi che gli ritaglia la borghesia: perché questo non significherebbe in ultima analisi nient'altro che porsi al servizio degli assassini.

Se noi abbiamo chiaramente davanti agli occhi che la borghesia imperialista è il nemico principale e che gli interessi del proletariato in tutto il mondo convergono proprio contro questo nemico, vediamo anche come siano superati i progetti di liberazione nazionale nei Paesi del centro imperialista. La migliore forma di solidarietà è attaccare la borghesia imperialista in ogni luogo del mondo. Questo significa che dobbiamo definire con chiarezza gli interessi del proletariato internazionale qui nel centro e proporre così una società socialista quale unica alternativa per una vita dignitosa.

Questo processo è possibile solo nella solidarietà pratica e nella lotta comune. Consideriamo questo contributo al dibattito internazionale come un passo in questa direzione, indispensabile per trovare una certezza per un punto di partenza comune.

18 settembre 1994

Centro di Comunicazione e Culturale Jelka

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