SENZA CENSURA N.3 - APRILE 1997

IL RUOLO DELLE DONNE CURDE

Intervista ad una compagna sul movimento di liberazione nel Curdistan.
Da "Antifaschistische Zeitung" 2/96. Traduzione di Marco Camenish

D. - Come si pone, il partito, rispetto al mutamento sociale? Ad esempio, come guarda all'oppressione della donna? E' un mutamento che viene diretto dal partito?

R. - Il ruolo della donna e della famiglia hanno fatto parte del confronto all'interno del partito fin dal principio. Noi diciamo: senza la liberazione della donna non ci sarà rivoluzione! perché con "rivoluzione" non intendiamo soltanto una soluzione politica, ma ben altro ed oltre. Su questo, il confronto si svolge a tutti i livelli della lotta di liberazione popolare, nella prassi e nella teoria. Sarà più chiaro con degli esempi. In passato, la donna curda non aveva voce in capitolo su niente, le era vietato parlare con degli sconosciuti, veniva sposata e non usciva mai di casa.

Oggi, in tutte le strutture del movimento, trovi donne che lottano. Nel corso delle insurrezioni popolari degli ultimi anni le donne sono state protagoniste. In passato sarebbe stato impensabile per le donne stesse. Le donne curde stanno conquistando una posizione autonoma all'interno dei processi politici e sociali.

Prima entravano nella guerriglia perché era caduto il loro fratello, o il loro padre, ma negli ultimi anni è diverso, partecipano per decisione autonoma e perché vedono altre combattenti, quindi acquistano fiducia.

Così, lo scorso anno, fu presa la decisione di costituire un esercito femminile. Tuttora esiste la guerriglia mista, ma i conflitti esistenti nella società sono stati portati sui monti, all'interno di tutte le strutture.

Non sei un rivoluzionario solo perché ti aggreghi alla rivoluzione. E' necessario un percorso lungo e doloroso. Infatti le donne continuavano a vivere all'ombra dei maschi, venivano accusate di essere deboli, di non saper marciare, non erano accettate.

Una donna comandante, una donna con più potere di un maschio, non era tollerabile.

Molte donne reagirono cercando di somigliare il più possibile agli uomini, volevano essere come loro, ma questa non è liberazione.

Perciò ebbe luogo il primo congresso femminile della liberazione popolare, con l'intento di definire obiettivi propri, di costruire una struttura propria all'interno della guerriglia.

C'era da capire e da discutere cosa significa combattere come donne, quali i mezzi necessari, quali le condizioni per realizzare la propria liberazione fuori dall'ombra dell'uomo, per sviluppare strutture e utopie veramente autonome.

Alla fine del congresso venne fondato un esercito femminile che conta circa 5.000 combattenti.

D. - Ma già si è arrivati al punto di mettere in discussione o addirittura superare i ruoli classici all'interno della famiglia?

R. - Dire questo sarebbe dire troppo. Certe strutture si sono costituite nel corso dei secoli, non possono essere eliminate nel giro di pochi anni. Certamente il mutamento è in corso, anche all'interno della famiglia. Ad esempio, fino a pochi anni fa le donne venivano sposate giovanissime.

Non era raro che una ragazza all'età di undici anni venisse venduta ad un uomo. Nella parte più progressista della popolazione questo non succede più.

C'è anche da dire, però, che molte ragazze entrano nella guerriglia per fuggire il matrimonio. Insomma siamo di fronte a un processo molto lungo e difficile, anche se il fatto che le donne entrano sempre più numerose nei partiti legali, nei sindacati, nei centri culturali, è un segno che qualcosa si muove.

Conseguentemente cambia anche la famiglia, perché i lavori casalinghi devono essere divisi: non puoi essere la presidente di una struttura e contemporaneamente accudire i bambini e portare avanti da sola il lavoro domestico.

Nei campi profughi, inoltre, ci sono ora delle leggi stabilite dalla popolazione che vietano la vendita di donne giovani agli uomini. Questo significa che nessuna donna può più essere sposata contro la sua volontà. E' un grande passo avanti.

D. - Ma gli uomini comprendono le necessità delle donne?

R. - Questo, naturalmente, è molto difficile. Ci sono moltissimi conflitti con gli uomini, nessuno molla volontariamente i propri privilegi. Ma gli uomini sono costretti a confrontarsi, visto che il partito mette in primo piano nella discussione politica la liberazione della donna, la messa in questione del ruolo che l'uomo ha avuto fino ad oggi.

Il confronto che vive all'interno del partito fluisce dentro tutte le strutture della liberazione popolare, e l'uomo è costretto a mettere in discussione il suo ruolo e il suo modo d'essere in tutte le strutture combattenti. Naturalmente, portare avanti questo processo tra gli uomini, dipende molto dalla forza delle donne.

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