SENZA CENSURA N.4 - NOVEMBRE 1997

DAL 2° INCONTRO: UN TAVOLO CONFLITTUALE

IL RACCONTO DEI COMPAGNI E DELLE COMPAGNE CHE HANNO PARTECIPATO AL TAVOLO DI ALMUNECAR

... Già nella prima assemblea, appena giunti ad Almunecar, noi tutti e tutte partecipanti al Tavolo, ci siamo dovuti opporre alla scelta dell'Organizzazione di separarci in sottogruppi a seconda dei vari aspetti della repressione che avremmo affrontato.

Ma la volontà e la determinazione a considerare i molteplici fattori repressivi nella loro interconnessione e comune logica, ci ha portato a costruire un altro tipo di assemblea, tutti e tutte insieme, in cui dar voce a chi si occupa di repressione comune, politica o delle devianze (psichiatrica).

Il tentativo è stato quello, attraverso i nostri interventi, di ricomporre la complessità delle manifestazioni repressive e della loro comune causa; ma soprattutto quello di riconoscerci e di capirci.

La battaglia principale che abbiamo affrontato è stata quella per affermare il pieno riconoscimento e il pieno sostegno internazionale alla lotta del popolo Basko.

Non secondario e non meno impegnativo è stato lo scontro sul tema della prigionia politica: infatti, come è naturale, la figura del prigioniero politico o della prigioniera politica è difficilmente gestibile per le sinistre istituzionali, che sono quasi sempre tra le principali responsabili della loro repressione.

Ed il problema di fondo di questo 2° Incontro Intercontinentale, secondo noi, è stato che l'Organizzazione (sicuramente ad Almunecar) era fortemente gestita dalla sinistra istituzionale spagnola e dalle sue ramificazioni sociali.

E' stato palese infatti il tentativo di influenzare, depotenziare e di riciclare in ambito di compatibilità questo 2° Incontro.

Se il 1° Incontro intercontinentale è riuscito nel suo obiettivo di rompere l'isolamento e l'accerchiamento di una comunità indigena in lotta, il 2° Incontro doveva avere il compito opposto, quello di relegare nell'oblio la lotta del popolo Basko.

Infatti non si è tenuto nessun Tavolo di discussione in Euskal Herria, né nessuno spagnolo ha ricordato le ragioni del popolo Basko e sollevato la questione in un momento così critico, come il luglio 1997; tanto meno ci sono stati interventi volti a spiegare la situazione repressiva politico sociale e carceraria in generale in Spagna.

Anzi, si sono levate dubbie voci spagnole che con fare provocatorio hanno parlato in termini di "terrorismo"...

Così, in un clima di conflittualità più o meno latente tra l'Organizzazione e tutte e tutti noi, siamo riusciti in 3 giorni di interventi e di lavoro a realizzare le Mozioni conclusive approvate all'unanimità, che chiaramente tengono conto delle diversità presenti al Tavolo e della molteplicità degli argomenti trattati.

Il "metodo zapatista" al 2° Incontro prevedeva che ogni Mozione voluta da un Tavolo dovesse essere accolta dall'Assemblea plenaria della città, per poi essere presentata all'Assemblea plenaria intercontinentale e finale.

Abbiamo così assistito a vari e palesi tentativi di boicottaggio del nostro lavoro da parte dell'Organizzazione, che ha fatto di tutto per relegare all'ultimo posto nelle discussioni la lettura e l'approvazione della nostra Mozione, tanto da non esserci più il tempo.

Così, con un intenso lavoro il "comitato internazionale", creatosi di fatto tra noi, sfidando la notte, riusciva a far riprendere i lavori della plenaria dopo cena: in un'infinita assemblea iniziata a mezzanotte e conclusa alle 8 di mattina, siamo riusciti a leggere e, non senza ulteriori scontri, ad approvare il Documento conclusivo.

In quei giorni così intensi e ricchi, è nata tra tutti e tutte noi la volontà di mantenere i contatti e il desiderio di valorizzare i rapporti costruiti.

Trovandoci a scrivere dopo circa 2 mesi, tornano alla mente le decine di episodi che hanno contribuito ad unire e rafforzare questo gruppo di compagni e compagne in una battaglia politica comune; e come quell'esperienza abbia ancora una volta acceso il desiderio di costruire percorsi internazionale di lotta contro il neoliberismo, come prospettiva strategica per il movimento rivoluzionario internazionale.

Pensiamo che per costruire questa rete di lotte è necessario chiarirci a priori con chi costruirla e per che cosa fare.

I compagni e le compagne che si sono incontrati al Tavolo sulla prigionia politica e sociale hanno svolto un lavoro in comune perché concordavano sulle prospettive da dare alla lotta per la liberazione dei prigionieri politici e delle prigioniere politiche: prospettiva in cui la battaglia per la loro liberazione sia parte della più ampia battaglia per la liberazione della classe.

Per capirci, la problematica della prigionia politica non è legata solamente alla questione della memoria, ma soprattutto all'oggi e alla prospettiva dello scontro di classe, di cui il prigioniero e la prigioniera sono espressione.

I prigionieri politici e le prigioniere politiche esisteranno fin quando la società sarà divisa in classi, fin quando esisteranno sfruttati e sfruttatori, fin quando il mondo sarà mosso da una logica di appropriazione violenta da parte di questi ultimi.

Sono tutti fili di un'unica matassa: chiedere allo stato di liberare i prigionieri politici e le prigioniere politiche è come chiedergli di risolvere il problema della disoccupazione quando questa è strutturale al funzionamento del capitalismo mondializzato, o neoliberismo.

Lo stato utilizza prigionieri e prigioniere per il suo fine, liberando i cantori della sconfitta dello scorso ciclo di lotte, lasciando gli altri in carcere come monito per le generazioni.

Con un apparato repressivo ben collaudato, congiuntamente alla capacità di orchestrare campagne mass-mediatiche emergenziali (chiaramente terroristiche), lo stato prosegue lo scontro di classe contro i settori popolari, utilizzando da una parte il centro-sinistra per il sua maggiore capacità di controllo sociale, dall'altra tutto l'apparato repressivo di cui dispone per reprimere i/le più coscienti, ed impedire sul nascere lo sviluppo e la crescita di percorsi di emancipazione da parte dei soggetti subalterni, soprattutto se interni a percorsi di autorganizzazione sociale.

Pensiamo quindi che accanto alla prospettiva internazionale e internazionalista delle lotte, senz'altro strategica nella fase attuale di espansione e crescita del capitalismo neoliberista su scala mondiale, diviene altrettanto necessario creare reti di comunicazione e lotta sia a livello locale che nazionale; reti che, senza ombra di dubbio rappresentano il livello minimo ma imprescindibile, senza il quale risulta impossibile dare continuità e sostanza ad impegni o campagne politiche assunte a livello internazionale (nello specifico si tratterebbe di intraprendere una campagna internazionale per la liberazione dei/delle compagne prigioniere attraverso mobilitazioni locali e scadenze continentali.).

Risulta allora necessario che i percorsi si chiariscano, che coloro che ritengono imprescindibile lavorare nella costruzione in un percorso di autonomia della classe ritrovino percorsi e luoghi comuni in cui rincontrarsi, riconoscersi, organizzarsi.

 

Alcuni compagni e compagne di Roma
presenti al Tavolo di Almunecar

[torna all'inizio della pagina]

IL DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL TAVOLO DI ALMUNECAR

Il sottogruppo su repressione e prigionia politica e sociale, riunito ad Almunecar, evidenzia un forte scollegamento tecnico-organizzativo-politico di tutto l'impianto, che lo ha reso difficoltoso e parziale.

Il fatto che nel programma non fosse menzionato il termine di prigionia politica, ha suscitato perplessità e dubbi in gran parte dei compagni/e presenti, che hanno riproposto la questione della prigionia politica in numerose "ponencias" (19 su 26).

La stessa ambiguità ha fatto si che i compagni/e presenti nel tavolo sull'autodeterminazione dei popoli di "Ruesta" considerassero non adeguata l'espressione di un dibattito su tale tema (prigionia politica), che avvenisse in un contesto sfalsato come quello dell'emarginazione.

La prigionia politica ha una sua forma e specificità, e non può essere considerata come una delle varianti della marginalità. La scelta di utilizzare il termine prigionia di coscienza piuttosto che prigionia politica, ci sembra metta in discussione l'autodeterminazione delle forme di lotta (che possono anche essere determinate) dai popoli e dalla classe.

Infine il contributo da parte dei compagni/e presenti al tavolo di Ruesta (tra l'altro rappresentativi di realtà ) in cui si vive in maniera drammatica il problema della prigionia politica (Kurdi, Palestinesi, MRTA ecc..) ci sembra prezioso e fondamentale, ma ricordiamo che non si possono dividere la prigionia di quelli che lottano, per l'autodeterminazione dei popoli, da coloro che lottano per una società più giusta, contro il sistema capitalistico.

Ci sembra comunque opportuno che il nostro contributo sia integrato a quello dei compagni/e di Ruesta.

Nel frattempo stigmatizziamo le scelte di fondo che hanno reso possibili ambiguità, ma che comunque non hanno impedito che il nostro lavoro andasse avanti e che fosse alla fine propositivo.

PROPOSTE

1) Ci esprimiamo a favore di una campagna di mobilitazione internazionale per la liberazione di tutti/e i/le compagni/e prigionieri/e politici/e, senza condizioni e nel rispetto della loro identità rivoluzionaria, in particolare ci esprimiamo a favore della campagna di solidarietà immediata di tutti/e i/le prigionieri/e politici baschi/e, che abbia come obbiettivo il loro raggruppamento nei carceri di Euskal Herria.

2) Ci esprimiamo a favore dell'abolizione assoluta di ogni forma di detenzione,(né un minuto, né un'ora, né un anno) di qualsiasi essere umano di ogni età e di ogni sesso in ogni parte del pianeta.
Ci esprimiamo contro la differenziazione tra prigionieri/e politici/e e sociali: perché i P P sono direttamente vittime dello scontro di classe. I prigionieri sociali sono ugualmente vittime delle politiche del sistema neoliberista.

3) Partendo dagli interventi tenutosi al nostro tavolo, tutti/e concordi nel denunciare il ruolo dei mass-media nel criminalizzare i soggetti sociali singoli o collettivi che vengono colpiti dalla repressione e parallelamente l'opera di censura svolta dall'informazione borghese sulle lotte e resistenze dei popoli del mondo in lotta contro il neoliberismo.

Partendo dalla lotta zapatista e dalla loro capacità di uscire dall'isolamento, realizzando il primo incontro intercontinentale, proponiamo:
Una o più mobilitazioni internazionali da tenersi nei rispettivi paesi contemporaneamente, a partire dalla propria realtà concreta, per realizzare una giornata di lotta internazionale contro la repressione, nelle su varie forme di espressione, carceraria politica e comune, psichiatrica, militarista, contro i migranti e coloniale, mobilitazione volta a rompere la chiusura dei mass-media.
Proponiamo indicativamente alcune date: 2 Ottobre: strage di studenti a Città del Messico (Plaza del las tres culturas) 10 Dicembre: Giornata internazionale dei "Diritti Umani" 19 Giugno: Giornata internazionale dei/le prigionieri/e politici/he (strage di "El Fronton" in Perù)

4) Proponiamo la costruzione di una rete internazionale di comunicazione e di lotta attraverso la creazione di un sito internet e di una "agenda" (per raccogliere indirizzi di gruppi, con una data organizzativa di qui a tre mesi, per creare una struttura di coordinamento), rete che sia un luogo ideale di confronto e di scambio di comunicazione tra chi nel mondo lotta per l'umanità e contro il neoliberismo.
Rete che non può funzionare se non simultaneamente sia a livello internazionale, che nazionale e locale; per questo è necessario che in ogni paese si creino comitati locali contro il neoliberismo per perseguire obbiettivi comuni in tutti paesi.

5) Partendo dall'esigenza già espressa nel I Incontro in Chiapas di mantenere un confronto continuativo internazionale, proponiamo un incontro da tenersi a livello continentale per continuare a discutere e confrontarci sulla tematica della repressione, che sappia cogliere gli elementi comuni, per intraprendere forme di lotta concrete, nella direzione di un percorso di liberazione per i popoli della terra.

6) Nel tentativo di essere più concreti proponiamo una serie di mobilitazioni internazionaliste:
a) giorno di lotta internazionale da tenersi a livello locale contemporaneamente
b) incontro-dibattito su repressione e prigionia da tenersi a livello continentale (uno per ogni continente)
c) giorno di lotta internazionale da tenersi a livello continentale.

[torna all'inizio della pagina]