Senza Censura n. 2/2000

[ ] Legge e ordine Made in U.S.A. (prima parte)


Viaggio tra 'istituzioni sociali' e 'istituzioni totali'

Quello che se segue sarà il primo di una serie di contributi sul piano storico/analitico che cercherà di osservare, qui e nei successivi numeri di Senza Censura, le trasformazioni che nei decenni hanno investito, relativamente al motto "Legge e Ordine", alcuni settori portanti della forma/struttura statunitense (vale a dire le organizzazioni sociali), a seguito delle ristrutturazioni capitalistiche interne agli Stati Uniti. Due saranno i piani sostanziali a partire dai quali cercheremo non soltanto di dare un contributo su un piano puramente informativo, ma altresì di dibattito: la riurbanizzazione sociale (dalla ghettizzazione ai ghetti-in-guerra alla città-futura-capitalista, dal razzismo alla legislazione penale alla criminalizzazione delle comunità escluse dai cicli produttivi) e il sistema carcerario (dall'istituzione totale al complesso industriale carcerario, dalle unità di controllo alle carceri di massima sicurezza e ai bracci della morte).

La domanda che ci poniamo e che poniamo ai lettori di Senza Censura è la seguente:

premesso che ogni organizzazione (o istituzione) sociale si impadronisce di parte del tempo e degli interessi di coloro che da essa dipendono circuendo i suoi componenti in una sorta di azione inglobante e che vi sono tipi diversi di istituzioni, alcune delle quali agiscono con un potere più inglobante delle altre, cioè con un carattere totale segnato da un impedimento dello scambio sociale (conseguentemente con un più alto livello di controllo), la gestione delle contraddizioni seguite alle ristrutturazioni capitalistiche hanno fatto si che quelle che erano comunemente definite quali istituzioni totali (nel nostro caso, le prigioni) abbiano subito una reale quanto parziale trasformazione verso una apertura della interazione mentre organizzazioni prima non definite "totali" (come determinate aree urbane delle grandi metropoli e le città-fantasma nate attorno al complesso industriale carcerario) siano invece oggi divenuti tali? Ovvero: esiste una convivenza simultanea, all'interno di particolari organizzazioni (per lo meno quelle a cui vogliamo fare riferimento), di spazi precisamente determinati, (da porte, sbarre, mura di cinta, ponti, case popolari, ecc...) così definiti "istituzioni sociali" e spazi così definiti "istituzioni totali"?

Nel 1960 la popolazione carceraria statunitense era composta di 212.953 prigionieri; dieci anni dopo, nel 1970, la popolazione carceraria scendeva a 196.654 unità; nel 1980 i detenuti rinchiusi nelle carceri statali e nei penitenziari federali salivano nuovamente a 329.821 unità; dal 1980 al 2.000, il flusso delle incarcerazioni è stato con forza e in costante aumento: 773.519 detenuti nel 1990, 1.053.738 detenuti nel 1994, 1.752.842 detenuti nel 1998 fino ad arrivare - lo scorso mese di Febbraio - a quota 2 milioni di detenuti. Già nel 1995 gli Stati Uniti avevano raggiunto la percentuale di incarcerazione pro-capite più alta al mondo.

Quella "fenomenologia della incarcerazione" così come è stata descritta qualche mese fa da diversi quotidiani nazionali ed internazionali altro non è che parte integrante dei processi di ristrutturazione capitalistica fortemente veicolati dagli Stati Uniti su scala mondiale. Recessioni economiche, tagli netti al welfare e ai servizi sociali, razzismo, disoccupazione galoppante, ingenti investimenti sul piano militare e altro ancora, figli legittimi della mondializzazione del commercio sempre in continua ricerca di nuove aree da sfruttare e nuovi mercati da conquistare, rappresentano le macrocontraddizioni sviluppatesi esponenzialmente negli anni durante i vari passaggi e sottopassaggi economici che sul piano interno statunitense sono stati necessari - al Capitale - per garantire la propria sopravvivenza, messa continuamente in forte dubbio dalle crisi che esso ha prodotto e produce.

I momenti di conflittualità sociale e politica, avanzati o arretrati che siano, derivanti dai risultati parziali (in quanto temporanei e periodicamente modificabili) delle contraddizioni nate da quelli che gli analisti americani chiamano "aggiustamenti strutturali", rappresentano un elemento che necessariamente il Capitale deve gestire dal punto di vista del controllo. Il carcere ha da sempre rappresentato uno strumento di gestione centrale nella politica americana. Del resto le cifre parlano da sole. Molti sarebbero qui gli aspetti da prendere in considerazione. Ma non è certo nostra intenzione pensare di esaurire in un breve contributo scritto la relazione che lega l'agire repressivo del Governo attraverso i propri apparati (legislatori, agenzie di polizia, ecc.) nei confronti di quei soggetti cosiddetti "diversi" e di "disturbo", abitanti il lacerato tessuto sociale dei ghetti-in-guerra, ai margini della città-futura-capitalista americana.

Pur tuttavia ci sembra importante cercare di avere chiaro attraverso quali passaggi e quali strumenti si è arrivati oggi negli Stati Uniti ad avere 2 milioni di persone dietro le sbarre. Il processo storico della detenzione è stato attraversato sostanzialmente da tre fasi di forti incrementi della popolazione carceraria: dal 1850 e il 1870, dal al 1920 e il 1940, e infine dal 1970 ai giorni nostri. Ci occuperemo proprio di questa ultima lunga ed, a quanto pare, inarrestabile fase.

Razzismo e controllo della classe

Il boom post Seconda Guerra Mondiale (basti pensare che nel 1946 l'economia americana arrivò a coprire metà delle esportazioni e nel 1951 un terzo delle merci prodotte su scala mondiale) determinò una nuova geografia sociale. La meccanicizzazione del lavoro agricolo al Sud portò ad una vasta migrazione di afro-americani (prima impiegati nel lavoro manuale nei campi) verso le città del Nord. Forti migrazioni coinvolsero anche - tra gli anni '50 e '60 - comunità provenienti dall'America Latina e dai Carabi. I riassetti urbani vennero immediatamente vincolati al razzismo industriale e vennero amplificati conseguentemente le difficoltà vitali presenti nei ghetti-in-guerra. Nel 1966 ci fu una prima importante battuta di arresto. Germania e Giappone, rientrati a pieno titolo nella competizione capitalistica su scala mondiale, misero in seria crisi la tabella di marcia produttiva decisa dagli Stati Uniti. Se in America - tra il 1955 e il 1970 - la produzione capitalistica aumentò del 75%, è importante notare come in Europa arrivò invece a sfiorare il 115% e in Giappone addirittura il 500%. E se è vero che Giappone ed Europa partirono, o meglio, ripartirono da basi sicuramente più limitate, è altrettanto vero che i loro tassi di crescita furono notevolmente più alti rispetto a quelli statunitensi. Gli stipendi di un lavoratore europeo o giapponese si attestavano su costi inferiori rispetto a quelli dei lavoratori americani. Il costo del lavoro negli Stati Uniti (compresi i contributi per la sicurezza sociale), era circa tre volte più alto di quello in Europa e dieci volte più alto di quello in Giappone. Vi è infine da mettere sul piatto della bilancia la presenza dei cosiddetti Nuovi Paesi Industrializzati (Korea, Jong Kong, Taiwan) che tra il 1960 e il 1970 misero in seria difficoltà, attraverso le esportazioni selvagge di ogni tipo di merce, l'egemonia imperialistica statunitense.

Nei primi anni '70, gli Stati Uniti accusarono una violenta crisi per sovraccumulazione di capitali. In altre parole, il capitalismo stava venendo soffocato dai successi della propria produzione industriale. In questo contesto economico, le grandi fabbriche stentavano non poco a mantenere il passo con i profitti ottenuti nel periodo post-guerra. Il prezzo delle merci calò drasticamente. E si fece necessario allargare il campo d'azione nel tentativo di mantenere ad un livello medio-alto i profitti. La disoccupazione, che stando alle cifre del Ufficio d'Analisi sul Lavoro, nel 1959 colpiva il 3,8% della popolazione, nel 1973 arrivava all'8% (Scheda C). L'inflazione che dal 1956 al 1965 stazionava al 2% passò nel periodo '69/'70 al 6% quindi al 12% nel 1979.
Le contraddizioni sviluppatesi attraverso le manovre governative di "aggiustamento" si riversarono fortemente sia all'interno delle fabbriche stesse e nei luoghi di lavoro in genere che all'interno dei ghetti-in-guerra, dove abbassarono ulteriormente il grado di vivibilità, quando per vivibilità si intende diritto al lavoro, alla casa, all'istruzione, ecc...Sospinti dalle mobilitazioni popolari contro la guerra in Vietnam, i lavoratori impiegati nelle grandi e medie industrie si fecero protagonisti di centinaia di azioni di sabotaggio, di continui rallentamenti della produzione, di sciopero selvaggi. Le agitazioni erano presenti in ogni settore produttivo.

Sicuramente uno degli aggiustamenti strutturali più importanti del quinquennio 1965/1970 fu quello che investì le agenzie di polizia. Del resto gli Stati Uniti erano "invasi da negri che davano fuoco alle città e da comunisti" e in Vietnam l'esercito americano stava perdendo colpi su colpi. Ed è a partire dalla seconda metà degli anni '60 che l'allora Presidente Johnson attivò una vera e propria guerra interna. Diede vita nel 1967 ad una nuova legislazione penale concernente il possesso e lo spaccio di droga attraverso il Ministero del Tesoro e il FDA che vennero destinati al Dipartimento di Giustizia, il quale Dipartimento formò una nuova agenzia denominata Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs (BNDD), precursore della attuale Drug Enforcement Administration (DEA). Allo stesso tempo Johnson invitò il Congresso a prendere in considerazione l'ufficializzazione di un nuovo Corpo Speciale che sapesse rafforzare i legami tra il governo federale e le polizie locali. Per oltre un decennio, questa nuova agenzia dedita al controllo e all'ordine e denominata Law Enforcement Assistance Amministration (LEAA), spese miliardi di dollari per rimodellare, attrezzare (con armi militari, tecnologie avanzate e corsi ultra-specializzati) e razionalizzare la polizia Americana. Legge e ordine divennero parole chiave e obbiettivi da realizzare attraverso una vasta campagna di propaganda disinformativa basata sulla paura (chiaramente indotta) che voleva l'intero Paese attraversato da crimini efferati. Così, durante la primavera del '68 e in piene elezioni presidenziali, a seguito delle rivolte scoppiate in molte città dopo l'uccisione di Martin Luther King, Johnson promulgò con l'avvallo del Congresso una nuova legislazione penale: l'Omnibus Crime Bill, il primo grande atto federale di questo tipo per la "Sicurezza e il Controllo delle strade".

Poco prima della vittoria presidenziale del 1968, Nixon inviava al suo mentore Dwight Eisenhower una lettera in cui, tra le altre cose, affermava: "Ho raccolto forti consensi attorno a questo tema ("Legge e Ordine") in ogni angolo del Paese, anche in aree dove il livello di razzismo e di criminalità non desta forti preoccupazioni". Da Presidente indirizzò molto più specificatamente le intenzioni che prima stagnavo dietro la stesura dell'Omnibus Crime Bill, mettendo chiaramente in relazione lo spettro del crimine, la confusione politica e l'abuso di sostanze stupefacenti con il "problema razziale" prodotto dalla migrazione afro-americana. E già nell'estate del 1968 una indagine del New York Times rilevava che l'81% dei suoi lettori riteneva che la nuova politica repressiva avrebbe liberato gli americani "dai negri e dai comunisti".. La droga divenne il centro della strategia della Casa Bianca. Lo stesso Nixon dichiarò al Congresso che: "Nell'ultimo decennio, l'abuso di sostanze stupefacenti si è trasformato da un problema di ordine pubblico comunque localizzato ad una vera e propria minaccia nazionale che mina la saluta e la salvaguardia personale di milioni di Americani...C'è la necessità di correre ai ripari: occorre una nuova politica a livello federale per iniziare a fare fronte a questa minaccia crescente che vuole colpire il benessere generale degli Stati Uniti...".
Le restrittive misure governative non tardarono ad arrivare. Mentre il Congresso, tra il 1968 e il 1970, quadruplicò i fondi al LEAA (che passarono da 59,4 a 268 miliardi dollari), la detenzione preventiva diventava una drammatica realtà.. Quindi, nel 1970, in successione, vennero siglati il Comprehensive Drug Abuse Prevention and Control Act e l'Organized Crime Control Bill, meglio conosciuto come Racketeer Influenced and Corrupt Organizations (RICO). E a proposito della Legge RICO, Nixon si rivolse a J. Edgar Hoover, direttore del FBI, dicendogli: "Io ti ho dato i mezzi. Tu fai il lavoro".

La mancanza di lavoro e la negazione dei più basilari diritti sociali, le continue violenze e gli abusi da parte degli agenti di polizia, le grandi mobilitazioni contro la guerra in Vietnam che portarono nelle strade e nelle piazze delle città americane centinaia di migliaia di giovani proletari e sottoproletari, spinsero quelli che inizialmente erano elementi politici attivi prettamente disarticolati ad unirsi, disciplinarsi, organizzarsi. A partire dalla metà degli anni '60, le avanguardie più coscienti delle comunità Nere, bianche, Native Indiane e Latine costituirono veri e propri punti di riferimento per le masse popolari ghettizzate. La "guerra alla droga" - del resto - serviva a preservare "gli ingenti beni americani" dai "negri e dai comunisti". L'Amministrazione Nixon diede vita ad un nuovo Corpo Speciale attraverso l'Office of Drug Abuse Law Enforcement (ODALE) che faceva capo direttamente alla Casa Bianca. 300 commandos vennero inviati da questo Ufficio, forti delle libertà offerte dalla Legge RICO, dentro i ghetti-in-guerra. Tra il 1972 e il 1973 questo Corpo Speciale condusse - molte volte attraverso tattiche paramilitari - operazioni preventive e sequestri di materiali e persone. In pieno scandolo Watergate, Nixon pensò bene nel 1973 di mischiare le carte unendo l'ODALE e il BNDD in una nuova agenzia: il Drug Enforcement Administration (DEA). I Dipartimenti di Polizia, che a fatica riuscivano a seguire i requisiti richiesti dalla LEAA, iniziarono una politica gestionale di tipo manageriale: responsabili vennero inviati a studiare i programmi delle grandi corporazioni come Ford, IBM, Rockwell e Union Oil. Il Dipartimento di Polizia di Los Angeles fu il primo ad agire in questo senso. Nel frattempo, mentre continuavano gli sforzi per legare tra loro le Polizie locali e il FBI, vennero create nuove Accademie, nuovi Corsi Mobili di Specializzazione e si iniziò ad interagire con gli studi universitari, in particolar modo con la University of Kentucky.
Agli inizi degli anni '70 la guerra interna impostata dal Governo raggiunse livelli impensabili. Le tattiche di controspionaggio e di controrivoluzione non nacquero certo in questi anni. Tuttavia proprio in questi anni le tattiche delle agenzie di polizia subirono un forte incremento sia dal punto di vista tecnico/tattico che sul piano della operatività. I principali obbiettivi del FBI di Hoover erano i "militanti", gli "estremisti", i "terroristi" e chiunque (soggetto o comunità di soggetti) si organizzasse per contrastare la legge e l'ordine prestabiliti. Tra il 1967 e il 1973 gli assalti mortali compiuti da agenti di polizia passò da 76 a 131. Se nel 1968 solo 10 Stati si erano dotati di un alto sistema informatizzato, 4 anni e 90 milioni di dollari dopo, 47 Stati si erano informatizzati attraverso database collegati con il Sistema principale del FBI, da poco attivato, denominato National Crime Information Center (NCIC): lanciato nel 1967, il NCIC aveva raccolto 500 mila profili (che passarono a 4,9 milioni di entrate a partire dal 1974. Va tenuto presente che i profili riguardavano tutti i tipi di crimini) e 130 mila trascrizioni quotidiane. Il NCIC aveva implicitamente introdotto un nuovo modo di gestione/controllo delle persone basato su una avanzata tecnologia che venne allargata ai Dipartimenti di Polizia del Paese. Anche se il quadro fin qui descritto sembra perfettamente lineare, così non era. I conflitti interni tra FBI e LEAA ad esempio costituivano un problema non secondario. Per altro, continuò la militarizzazione dei ghetti-in-guerra: a partire dal 1972 vennero acquistati e messi in funzione 120 elicotteri all'anno, dotati di capacità sensoriali e di registrazione visiva per la sorveglianza anche in ore notturne. La sintesi perfetta degli sviluppi degli ultimi anni si tradusse nella costituzione dei Corpi Speciali SWAT (Special Weapons and Tactics Teams). Nati nel 1966, vennero velocemente quadruplicati in tutto il Paese e destinati ad operare durante azioni di crisi; concepiti da un ex marine, in un primo momento vennero addestrati a Camp Pendalton, successivamente passarono sotto il diretto comando del FBI.
E' in questo contesto che si ha il vero e proprio passaggio dalla ghettizzazione alla formazione dei ghetti-in-guerra: il Vietnam si tradusse come in un gioco di specchi i cui riflessi si tramutarono con impetuosa irruenza contro le Comunità, secondo una premeditata suddivisione in Aree particolari (con, ovviamente, un relativo approccio secondo l'Area). Uccisioni, pestaggi, controlli quotidiani, minacce, violenze fisiche e psicologiche da parte della Polizia per il "mantenimento dell'ordine pubblico" ma anche programmi (circa 70) di relazioni con la popolazione furono il risultato di una nuova scuola di pensiero lanciata dalla Police Foundation di Washington DC nel 1970 con 30 milioni di dollari, messi a disposizione dalla Fondazione Ford. New York, Syracuse, Los Angeles, Cincinnati, Detroit e Kansas City adottarono questa nuova politica di gestione, controllo e prevenzione dei conflitti socio/politici. Il Governo non temeva soltanto la prospettiva rivoluzionaria di trasformazione della realtà del Black Panther Party (per esempio) ma anche la sua continua attività sociale e il suo radicamento all'interno della Comunità Nera. Fu studiato - in sintesi - un doppio livello di azione che sapesse specializzare ulteriormente il Programma di Controspionaggio meglio conosciuto come COINTELPRO: un livello illegale, nascosto, di tipo paramilitare, destinato all'annientamento dei singoli militanti e delle organizzazioni di sinistra impegnate all'interno dello scontro di classe; un livello pubblico, apparentemente propositivo, ma che tuttavia era diretto a disgregare ulteriormente il già traballante tessuto sociale aumentando proporzionalmente il controllo di classe da parte del capitale. Il COINTELPRO venne fatto terminare ufficialmente tra il 1972 e il 1973 (anche se sappiamo bene come invece sia continuato, sotto altre forme, per tutti gli anni '70, '80 e '90). Sulla falsa riga dell'era Nixon, l'Amministrazione Carter dovette fare i conti con una situazione generale sicuramente modificata. L'opera di smascheramento compiuta dal Church Committee obbligò il Governo a promulgare il Foreign Intelligence Surveillance Act, ovvero una Legge che limitò di fatto (almeno in termini formali) le capacità di controspionaggio della varie agenzie di polizia statunitensi.

L'avvento di Regan alla Presidenza degli Stati Uniti fu un vero e proprio terremoto: se già l'Amministrazione Carter, nella persona di Paul Volcker (Presidente della Federal Reserve), impostò nel 1979 una politica di aumento dei tassi di interesse e tagli al potere d'acquisto, diminuendo l' attività economica in generale, Regan portò i tassi d'interesse dal 7,9% (del 1979) al 16,4% (del 1981). La grave recessione provocata riportò a galla gli incubi della Grande Depressione. Il piano di Regan fu tanto semplice quanto efficace: drastica diminuzione delle tasse per i ricchi; distruzione completa del welfare; attacco al lavoro. Prima della recessione del biennio 1980/1982, non vi erano mai stati tagli o congelamenti dei salari a livello di grande industria. Dal 1982 vennero congelati o tagliati il 44% dei nuovi contratti il che comportò un aumento del tasso di disoccupazione, che giunse al 10%. Nello stesso tempo, l'Amministrazione Regan prese di petto l'American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations (AFL-CIO). Durante il grande sciopero generale dei controllori di volo del 1981, Regan diede l'ordine esecutivo di licenziare in tronco 11 mila dipendenti che si erano astenuti dal lavoro (tenendo presente che durante la campagna per le presidenziali il futuro Presidente si era impegnato a sostenere l'Organizzazione professionale dei Controllori di Volo - PATCO). Non solo. Anche il National Labor Relations Board - l'Ufficio federale destinato alla cause legali nei luoghi di lavoro - passò nelle mani di un acerrimo anti-sindacalista. Venne successivamente approvata la contingenza sul lavoro e, nel 1986, il lavoro a casa. Questo importante quanto deflagrante passaggio comportò un iper-sfruttamento ed una esasperazione del lavoro minorile assieme all'azzeramento delle conquiste dei lavoratori rispetto a questioni quali sicurezza e salvaguardia sul luogo di lavoro. Nel 1982 Regan tagliò il welfare del 24%: la spesa destinata alla nutrizione dei bambini venne diminuita del 34%; la spesa destinata all'introduzione del latte nelle scuole del 78%; le concessioni per i processi di urbanizzazione del 35%; le concessioni per i programmi scolastici del 38%. Nel 1981 abolì il Comprehensive Employment and Training Act, gettando nel lastrico più di 400 mila lavoratori. Tagliando le sovvenzioni all'Aid to Families with Dependent Children (AFDC), provocò il taglio di altri 500 mila posti di lavoro. Il teorico neoconservatore George Gilder, grande stimatore della politica reganiana, scrisse con semplice franchezza: "...i poveri devono lavorare duro, molto più duro della classe sopra di loro..." (George Gilder, "Wealth and Poverty", New York, 1981).

A partire dalla metà degli anni '80, la deindustrializzazione e il declino associato alla vendita al dettaglio, alle costruzioni e ai servizi trasformò drasticamente l'intero tessuto urbano del Nordest e del Midwest. E anche se per diverse situazioni questo declino poteva essere il risultato di un lento percorso iniziato anni addietro, risulta abbastanza chiara e determinante l'improvvisa implosione economica. Detroit, per esempio, il simbolo per eccellenza dell'America industrializzata, perse metà della sua popolazione durante gli anni '80: la popolazione bianca lasciò il cuore della città mentre gli afro-americani raggiunsero nel 1990 l'80% della popolazione generale, con un 33% di povertà diffusa. Non soltanto la popolazione bianca: anche la ristretta classe media Nera, formatasi nel pieno dell'industrializzazione statunitense, fuggì dalle città incatenate. In questo contesto i ghetti-in-guerra ampliarono le loro dimensioni. Nella città di Chicago del 61,5%. E simili valori si riscontrarono anche in città come Cleveland, Philadelphia e Boston. Un nuovo passaggio di ristrutturazione portò alla lenta scomparsa delle grandi industrie tradizionali che lasciarono il posto alla cosiddetta società dei servizi. Società dei servizi che ignorò completamente gli afro-americani. E all'interno di questa ennesima ristrutturazione sorse la necessità per il capitale di mettere sotto controllo un sempre più alto livello di popolazione disoccupata, dentro un tessuto sociale del tutto lacerato. Il Governo statunitense era completamente impegnato sul piano internazionale: vi erano in atto diverse guerre in America Latina, si stavano apportando programmi di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale e elevati investimenti venivano spesi per la penetrazione imperialistica nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Conseguentemente, sul piano interno, vennero amplificate le differenze sociali e razziali; vennero saccheggiati i servizi legati alla educazione e alla salute pubblica; continuò ad aumentare senza sosta il numero dei disoccupati che intensificò la concentrazione di una statica classe di senza-lavoro. Nel 1997 si contarono circa 2 milioni di senza-tetto. Fu in risposta a questa straordinaria crisi sociale che venne intrapresa una nuova ondata di provvedimenti a livello di giustizia (criminale).

La "Lotta alla droga..."

Come accennato nelle premesse iniziali, il management del controllo sociale e politico si fa per il Capitale necessario in quanto strumento di gestione delle contraddizioni sviluppate durante le ristrutturazioni economiche, indipendentemente dal livello di scontro di classe in atto. Se l'Amministrazione Nixon dovette fare i conti con una diffusa classe organizzata sia sul piano sociale che sul piano militare, all'interno delle varie lotte di liberazione nazionali (New Afrikan e Portoricana in testa) e delle lotte delle organizzazioni antimperialiste, l'Amministrazione Regan si trovò a confrontarsi obbligatoriamente e a dover contenere settori della popolazione in continuo surplus, lontani dalla politicizzazione e dalla lotta del decennio precedente, del resto scaturiti dalle sue stesse politiche neoliberali e figli del frutto di programmi repressivi quali il COINTELPRO. Il management del controllo, anche in questo secondo caso, dovette necessariamente ricorrere ad un alto livello di oppressione sociale, ad una forte segregazione e ad una maggiore giustizia criminale: moltiplicate esponenzialmente le differenze sociali e il livello di distribuzione delle ricchezze, i ghetti-in-guerra diventarono una vera e propria bomba ad orologeria, pronta a scoppiare in qualsiasi momento.

Vi furono due nodi importanti che l'Amministrazione Regan dovette sciogliere nel decennio del suo mandato presidenziale: il sovvenzionamento di una guerra controrivoluzionaria in Nicaragua (omaggio della Amministrazione Carter) e il conflitto interno, arretrato sicuramente sul piano politico/militare, vincolato alla grande crisi economica statunitense. I fatti essenziali delle operazioni North-CIA erano risaputi fin dal 1985, quando cioè un aereo addetto al "rifornimento" venne abbattuto ed un agente americano, Eugene Hasenfus venne fatto prigioniero. Questi voli speciali, che caratterizzarono la nascita, la gestione e la direzione della controrivoluzione in Nicaragua (attraverso la formazione del Corpo paramilitare Contras, antenato non troppo lontano dell'UCK in Kosovo), non erano a senso unico. I responsabili dei Contras erano infatti tutti abili trafficanti di droga e gli aerei (quasi sempre privati) addetti al rifornimento delle armi facevano ritorno a Miami e Los Angeles carichi di cocaina. La droga venne letteralmente iniettata all'interno delle Comunità dei ghetti-in-guerra delle grandi città-future-capitaliste come Los Angeles o New York. Anno dopo anno. Senza sosta. La cocaina lasciò ben presto il passo al crack, droga sintetica simile alla cocaina negli effetti ma molto meno cara. Il che significava aumentare a dismisura le potenzialità di diffusione tra i settori più poveri (i più numerosi) della popolazione. Nello stesso periodo il Governo Regan lanciò una serie di atti repressivi sul piano legislativo giudiziario. Nel 1984 venne alla luce il South Florida Task Force, sotto il diretto controllo dell'allora Vice Presidente nonché informatore della CIA, George Bush. Dall'84 l'OCDETF fece tredici operazione federali nei punti nevralgici di città come New York, San Francisco, Detroit, Baltimora, Houston, San Diego e Los Angeles. La task force era composta da 200 procuratori, un esercito di paralegali e 1.200 agenti provenienti da DEA, Customs, FBI, ATF, IRS e dagli Alti Comandi dell'Esercito statunitense. Il Governo e i procuratori generali lanciarono la loro "guerra alla droga". In questo contesto si inserisce ad hoc la California's Camping Against Marijuana Production (CAMP), aspetto questo interessante perché tuttora esistente. E sempre in questo contesto giunsero una serie importanti decisioni della Corte Suprema degli Stati Uniti. Nel 1984 venne formalizzato il Comprehensive Crime Control Act (CCCA), una Legge che si spinse ben più in là del Omnibus Crime Control and Safe Street Act emanato nel 1968, aprendo di fatto e nei fatti una nuova era per quanto concerne controllo e repressione (come sempre indirizzati principalmente nei confronti di Neri e Latini). Ma non solo. Uno degli elementi potenziali della Legge del '94 fu la produzione di ricchezza proveniente dalle migliaia e migliaia di procedimenti penali (che includevano la piena confisca delle proprietà degli arrestati), che tra il 1970 e il 1979, grazie alla Legge RICO, portò nelle casse federali "solo" 30 milioni di dollari. I Dipartimenti di Polizia di Stati come la Florida, la Georgia, New York e la California diedero vita a nuove squadre anti-droga legate a doppio filo con le agenzie federali. Le casse federali che nel 1981 raccolsero la "esigua" cifra di 100 milioni di dollari, nel 1987 arrivarono a 1 miliardo di dollari. I soldi raccolti attraverso i procedimenti penali e le confische delle proprietà dei condannati, continuarono in parte ad essere utilizzati per i rifornimenti di armi destinate ai Contras. E se in un primo momento l'idea di pagare gli agenti dei Dipartimenti di Polizia con fondi provenienti dallo stesso ciclo produttivo risultò alquanto pericolosa, nel 1988 un budget di 330 mila dollari venne elargito al Dipartimento di Glendale e successivamente a decine di Dipartimenti del sud della California e della Bay Area. I Corpi Speciali SWAT, che nel frattempo si erano diffusi a macchia d'olio per tutti gli Stati Uniti, rinverdirono con fondi provenienti dalla "guerra alla droga" i loro armamenti (introducendo il 9mm semiautomatico) e il loro sistema gestionale informatizzato.
Il 1986 segnò un nuovo importante passaggio: venne infatti firmato l'Anti-Drug Abuse Act, una Legge indirizzata a razionalizzare le pene relative al consumo e allo spaccio della droga, in base al tipo di droga. Una persona poteva essere condannata ad un minimo di 5 anni se: possedeva 100 grammi di eroina, 500 grammi di cocaina oppure 5 grammi di crack. In sostanza, un apartheid rivisto e teso a colpire quasi esclusivamente gli afro-americani, in quanto rappresentanti della quasi totalità dei consumatori di crack. E se gli afro-americani nel 1980 costituivano il 23% dei condannati per stupefacenti e il 12% della popolazione generale, dieci anni dopo, gli afro-americani (che si attestavano al 12% della popolazione generale) condannati per droga passarono al 40%. Sempre in questo lasso di tempo, la popolazione carceraria generale raddoppiò passando da 314.006 detenuti nel 1979 ai 712.563 detenuti alla fine del 1989. L'Amministrazione Regan si trovò quindi a dover gestire una politica di criminalizzazione contro le comunità dei ghetti-in-guerra, per altro ben supportata da una legislazione criminale che lasciava via libera a agenti di polizia, procuratori e corti di tribunali, e una nuova e imponente classe di prigionieri. Chi pensò l'Anti-Drug Abuse Act previde questo nuovo sviluppo: sempre nel 1986 vennero elargiti 124,5 milioni di dollari al Bureau of Prisons che impiegò questi fondi nella costruzione di nuove carceri, 60 milioni di dollari vennero inviati alla DEA e 230 milioni di dollari all'anno per i successivi tre anni vennero destinati al rafforzamento per l'applicazione delle leggi statali e locali. I ghetti-in-guerra vennero presi d'assalto da vere e proprie operazioni militari. Nei ghetti deindustrializzati di Los Angeles venne lanciata l'Operation Hammer (di fatto una occupazione paramilitare delle strade) che produsse 14 mila arresti (per lo più giovani afro-americani); a New York, la Polizia lanciò l'Opereation Pressure Point che ebbe tra gli obbiettivi Tompkins Square Park e l'adiacente Lower East Street, quartieri poveri abitati da proletari, sottoproletari e immigrati. A Washington DC prese piede l'Operation Clean Sweep, il che significò 28 mila arresti (1.400 dei quali erano adolescenti accusati di possesso di stupefacenti); a Miami l'Operation Sting portò all'arresto di 2.595 persone nella sola estate del 1986. E mentre il Procuratore Generale Edwin Meese si affrettava ad annunciare un nuovo salto di qualità nella "guerra alla droga" consistente nel rafforzamento (l'ennesimo) della cooperazione tra governo federale e locale, le Operazioni paramilitari condotte da Polizia e Corpi Speciali produssero in molte città un aumento della violenza tre volte superiore rispetto agli anni precedenti.

Il salto di qualità prospettato dal Procuratore Generale Edwin Meese due anni prima, giunse (come previsto) con l'approvazione dell'Anti-Drug Abuse Act del 1988, sotto l'Amministrazione Bush, successore di Regan alla Casa Bianca. La nuova Legge, prosecuzione "migliorata" delle Leggi precedenti funzionali alla "guerra alla droga", divenne immediatamente riferimento per i Dipartimenti della Polizia ed andò a rideterminare nuove contraddizioni a livello di tessuto sociale. Non solo. La Legge del 1988 si mosse contemporaneamente su più livelli. Uno di questi fu sicuramente quello della Pena di Morte. Vennero create ad arte le condizioni affinché si potessero sviluppare i Bracci della Morte federali che avrebbero "raccolto" chiunque si fosse macchiato di omicidio (intenzionale e non-intenzionale) collegato in qualche modo con il consumo e lo spaccio degli stupefacenti e limitate le possibilità di accettazione delle petizioni habeas corpus presentate dai detenuti. Il Bureau of Prisons ricevette 220 milioni di dollari, 900 milioni di dollari furono destinati alle istituzioni locali e 15 milioni di dollari furono spesi in propaganda disinformativi. Nello stesso tempo venne creato un nuovo Ufficio, l'Office of National Drug Control Policy, e vennero investiti nuovi capitali per rafforzare gli apparati e le agenzie militari. Il Dipartimento della Difesa ricevette 2 milioni di dollari per "garantire" l'applicazione (con una popolazione carceraria più che raddoppiata) delle leggi e 3,5 milioni di dollari per riequipaggiare la Polizia con nuove armi, munizioni e vestiario militare di tipo nuovo. 1 milione di dollari venne destinato a diverse istituzioni locali tra cui il Bureau of Justice Assistance, una riproposizione della LEAA. Vari milioni di dollari invece finirono alla DEA, al FBI, all'US Marshal, al Customs e nelle tasche dei procuratori. 10 milioni di dollari furono destinati al nascente National Forest Service e ai Corpi Speciali Swat. Quest'ultimi nel frattempo aumentarono il loro potere effettivo rispetto alle investigazioni e alle capacità di porre in arresto le persone. Gli anni di incarcerazione comminati salirono alle stelle, con l'introduzione di quella norma che negli anni a seguire venne chiamata "Three strikes and Down", ovvero l'ergastolo per chi fosse stato condannato per la terza volta per un reato federale relativo agli stupefacenti. La Legge del 1988 si rivelò un macigno per i già esasperati ghetti-in-guerra e per le comunità di colore: i fondi investiti per la militarizzazione del territorio, per i programmi anti-droga, per le divisioni fisiche di aree urbane, per la "sicurezza personale" amplificarono a dismisura i disservizi che non solo continuavano a mancare ma che a questo punto sarebbero diventati cronicamente assenti. Tra il 1980 e il 1987 gli arresti per reati federali connessi alla droga aumentarono del 161% mentre il numero dei prigionieri condannati per droga e rinchiusi nei penitenziari federali salì del 177%. Nella città di New York si passò dai 7.201 arresti del 1980 ai 34.366 arresti del 1989. Il Dipartimento di polizia della Grande Mela investì nello stesso '89 il 35% (circa 617 milioni di dollari) del suo budget annuale nella "guerra alla droga".. La popolazione carceraria della California passò dalle 22 mila unità del 1980 alle 97.309 unità del 1990, con una media di trecento arresti alla settimana. Lo Stato della California spese 3,3 miliardi di dollari per la costruzione di nuove carceri. Questo passaggio attraversò in lungo ed in largo tutti gli Stati. Ma se a livello internazionale l'Amministrazione Bush poté vantare la "vittoria" sull'Iraq, i fuochi appiccati dai "dannati" di Los Angeles in tutta la città contribuirono a far perdere a Bush ogni possibilità di rielezione alle presidenziali del '91 a discapito dell'allora Governatore dell'Arkansas, William Jefferson Clinton, il quale divenne nel '92 il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

La Tolleranza (Zero) dei Democratici

Il cambio di testimone che portò alla guida del Paese un esponente del Partito Democratico non cambiò la politica repressiva interna. Del resto Clinton aveva utilizzato come cavallo di battaglia nelle primarie presidenziali la proposta di "aumentare la sicurezza nelle strade" con l'avvallo di 100 mila nuovi agenti di polizia. Non si trattava certo di una novità. Non solo. Sempre in piena campagna elettorale, il non-ancora Presidente corse in Arkansas (di cui rimaneva Governatore) per presiedere a due esecuzioni capitali. "Ricky Ray Rector, (un afro-americano con disturbi mentali e condannato per l'omicidio di un agente di polizia avvenuto nel 1981, ndt), ha sempre amato mangiare un dolcetto prima di addormentarsi, e apparentemente stava aspettando di fare ritorno nella sua cella mentre veniva sottoposto alla iniezione letale ordinata dal Governatore dell'Arkansas Bill Clinton...Qualche ora dopo il suo decesso, Rosenzweing, avvocato di Rector, dichiarò: 'Mi sto precipitando a votare per Clinton' " (da un articolo di Sharon LaFraniera pubblicato sul Washington Post il 5 Ottobre 1992). Nel primo anno di vita dell'Amministrazione Clinton non vennero stilate legislazioni anti-crimine. Janet Reno divenne Procuratore Generale. E Seppure quest'ultima si sia sempre dichiarata a livello personale contro la Pena di Morte (cosa ribadita ad una agenzia di stampa nel Gennaio scorso, N.d.R.), avvallò fin da subito i propositi esposti al riguardo dal nuovo Presidente. Anche su questa materia il "pensiero clintoniano" non si discostava molto da chi lo aveva preceduto.
Ma il passaggio centrale, nonché palese espressione di un percorso iniziato anni addietro, fu sicuramente l'emanazione della Legge anti-crimine del 1994. Questa Legge venne concepita nel '93, un anno dopo quindi le rivolte scoppiate a Los Angeles e in altre città statunitensi, con quegli stessi elementi propagandati durante la campagna elettorale: aumento delle forze di Polizia (100 mila unità in più), radicamento a livello federale della Pena di Morte, netta restrizione degli appelli a favore dei condannati nei procedimenti capitali.
La Legge, denominata HR 666, rappresentò la sintesi perfetta della discriminazione razziale degli ultimi trenta anni di storia del Pese; "una scommessa federale della lotta alla criminalità senza precedenti", fu il ritornello ripetuto all'infinito dall'enturage di Clinton.
Più semplicemente, si trattava di un aggiornamento delle precedenti Amministrazioni contestualizzato alla nuova realtà sociale, politica ed economica. Come durante l'Amministrazione Nixon, venne impostato un programma di rafforzamento a livello statale e a livello locale.
Per realizzare questo progetto venne creato il Crime Trust Fund con il compito di gestire più di 30 miliardi di dollari che erano stati messi a disposizione. 8,8 miliardi di dollari, distribuiti nell'arco di sei anni, vennero investiti nell'arruolamento di 100 mila nuovi agenti di polizia (come previsto) e per migliorare gli aspetti tecnico/tattici legati ai Dipartimenti di Polizia (compresi i programmi di "secolarizzazione" tra le comunità). 7,9 miliardi di dollari vennero destinati alla produzione in serie di nuove carceri nel momento in cui veniva data via libera alle grandi corporazioni che vedevano da tempo nella "istituzione carcere" un nuovo mercato redditizio.
Il "buon esempio" di Pelican Bay (carcere di massima sicurezza al cui interno vi sono unità di super-massima sicurezza, le cosiddette SHU ovvero le Unità di Internamento, e attualmente tra i peggiori in quanto a condizioni di disumanità e desocializzazione, N.d.R.) diventò il metro con cui si procedette nelle costruzioni delle nuove roccaforti in tutto il Paese.
Non a caso l'allora Governatore della California la definì, nel giorno della inaugurazione (14 Giugno 1990) "una prigione all'ultimo grido che servirà da modello per il resto della nazione". E così sarà.
La pena di Morte, grazie al rivisto Federal Death Penalty Act, venne allargata a 16 nuovi reati; in questo modo si passò dai 12 reati punibili con la morte del 1991 ai 118 del 1995. Venne eliminata qualsiasi possibilità di difesa a disposizione dei condannati (quasi sempre afro-americani, quasi sempre poveri, quasi sempre obbligati a dipendere da inefficienti avvocati d'ufficio per nulla interessati alle sorti dei loro assistiti) mentre ogni Stato si auto-elargì una cassa da cui attingere fondi veruna resa effettiva, veicolata quasi sempre attraverso la propaganda mass-mediatica e durante le campagne elettorali, delle troppe sentenze ancora "insolute". Se nel 1991 le sentenze eseguite furono 14, nel 1995 salirono a 55, con una media negli ultimi anni di circa 70 esecuzioni capitali.
Venne fortemente incrementata la "guerra all'immigrazione". Gli agenti di Polizia in pattuglia lungo i confini - grazie ad un investimento di 1,2 miliardi di dollari - aumentando di 4 mila nuove unità in servizio, raddoppiarono la capacità disponibile nelle operazioni di controllo; parte dell'investimento servì anche per l'acquisto di nuove auto, di nuove armi e di nuove apparecchiature ad alta tecnologia necessarie nello svolgimento delle funzioni di sorveglianza.
Per gestire il passaggio di una considerevole fetta della popolazione dallo status di "criminali alieni" (così erano definiti gli immigrati) a nuovi prigionieri, gli Stati maggiormente interessati dalle migrazioni - Arizona, California, Florida, Illinois, New Jersey, New York e Texas - ricevettero 1,8 miliardi dollari che vennero investiti tra incarcerazioni di massa e deportazioni.

Potrebbe essere un azzardo definire i ghetti-in-guerra nuove istituzioni totali? Come a dire: reclusione senza catene. Potrebbe esserlo. Eppure, il tipo di riurbanizzazione delle città conseguente l'introduzione della politica cosiddetta di "Tolleranza Zero" va sicuramente in questo senso. Dipartimenti di Polizia sempre più numerosi, sempre più armati, sempre più liberi di colpire, incremento della brutalità indiscriminata e arbitraria, sono diventati i nuovi strumenti di controllo "del disagio" e del "crimine". La mega opera distruttiva iniziata nel 1994 dal sindaco di New York, Rudolph Giuliani, e dal suo uomo di fiducia William Bratton trova le sue radici nella seconda metà degli anni '60, quando cioè le città venivano divise per aree, e gli interventi di controllo e produzione del crimine venivano gestiti relativamente alle aree in cui si andava operare. E se allora, analisti e sociologi non riuscirono a razionalizzare i risultati ottenuti, il modello di città-futura-capitalista messa a punto da Bratton e Giuliani ha fatto proselitismi in tutto il Paese. Dal 1997, città come New Orleans, Indianapolis, Minneapolis, e Baltimora hanno riadattato la "formula New York" al loro contesto sociale.

Una cartolina dagli Stati Uniti

Non molto tempo fa, il comunismo era il "nemico" e i comunisti erano demonizzati in misura sufficiente da garantire le ingenti spese in campo militare. Oggi, paura del "crimine", "lotta alla droga" e controllo del "disagio sociale" (riferito a persone provenienti dalle Comunità di colore) continuano a correre a sostegno di uno scopo del tutto simile: giustificare l'utilizzo di gran parte dei fondi nel controllo, nella repressione e nella incarcerazione di una considerevole percentuale di proletari e sottoproletari dei ghetti-in-guerra. Sappiamo bene che i presupposti sbandierati dai mass-media e dai politici di grido, soprattutto in tempo di elezioni, non sono i veri motivi dell'alto tasso di criminalizzazione. Del resto sono le stesse cifre diffuse dal Bureau of Justice Statistics che contraddicono articoli giornalistici, programmi televisivi e conventions di partito.

Il 70% della popolazione carceraria odierna è composta da persone provenienti dalle Comunità di colore. Gli afro-americani, che si sono attestati al 12% della popolazione nazionale, rappresentano più della metà della popolazione carceraria generale. L'8,3% degli uomini Neri aventi un'età compresa tra i 25 e i 29 anni si trova dietro le sbarre: una intera generazione incatenata. Comparando la detenzione Nera e bianca negli ultimi settant'anni si scopre che se nel 1930 la popolazione carceraria Nera era 3 volte superiore a quella bianca, nella seconda metà degli anni '90, questo valore è salito a 8 volte. Una forte crescita in questo senso la si è avuta a partire dal 1974: se allora le persone bianche detenute erano il 57% oggi questo dato si è più che dimezzato; mentre se nel 1974 le persone Nere rappresentavano il 38% della popolazione carceraria, dalla metà degli anni '70 ad oggi questa cifra è più che triplicata. Vi è un altro dato elemento da prendere in considerazione. Mi riferisco alla incarcerazione che ha investito la Comunità Latina: prendendo sempre come riferimento il 1974, la percentuale di allora era non superava il 3% della popolazione carceraria generale; questa cifra, a partire dal 1981, ha subito un drastico innalzamento raggiungendo il 15% nel 1986 e il 18% nel 1993. In California, uno degli Stati maggiormente coinvolti dalla migrazione di gente dalla America Latina, i Latini rappresentano il 10% della popolazione generale e il 35% della popolazione carceraria; e il 40% dei Latini detenuti è composto da cittadini "stranieri".

Un'altra tesi certa è che vi è un rapporto inversamente proporzionale tra l'incarcerazione e i crimini violenti. Uno studio fatto nel Michigan a metà anni '90, stabiliva che seppure le condanne per crimini violenti costituiscono il 12% dei giudizi generale effettivi, il valore relativo al numero di arresti è salito, a partire dal 1981, del 46%. Ed è sempre a partire dall'81, quando si ha la scientifica introduzione della droga nei ghetti-in-guerra, che la popolazione carceraria Nera è passata dal 35% al 55% della popolazione carceraria generale.

Oggi il possesso di droga rappresenta sicuramente la fetta più ampia delle condanne licenziate dalle corti dei tribunali americani. Jerome G. Miller ha riportato nel suo saggio intitolato "Search and Destroy" l'esempio della città di Baltimora dove il 56% della popolazione giovanile Nera e' sottoposta al controllo del sistema giudiziario per motivi legati agli stupefacenti. Ma il dato ancora una volta sbalorditivo è che il 90% di questi ha subito condanne per semplice possesso. Allargando il discorso su scala nazionale, si scopre che tra il 1980 e il 1996 le incarcerazioni dovute al semplice possesso di droga è aumentata del 863%. Questo significa che il rapporto 1980/1996 è di 1 a 8: per una persona arrestata nel 1980 oggi se ne contano 8. Tra le droghe, quella che ricopre l'utilizzo più diffuso rapportato alla criminalizzazione è sicuramente la marijuana con una percentuale del 80%. E se l'utilizzo di droga è relativamente il medesimo nelle comunità bianche, Nere e Latine, il target della incarcerazione è tutta un'altra storia. A Columbus, nell'Ohio, la comunità Nera non supera l'11% della popolazione generale, eppure 9 volte su 10 conta arresti per droga. Nello Stato di New York questo dato - sommando comunità Nera e Latina - raggiunge il 92% mentre nello Stato della California il 71%. Le condanne sono tese, come abbiamo visto più diffusamente passando in rassegna nei paragrafi precedenti le varie amministrazioni presidenziali, ad abbassare i limiti della punibilità e ad aumentare sempre più gli anni di carcerazione. La pena minima prevista per il possesso di 5 grammi di crack è di 5 anni (uno studio del 1993 ha mostrato che su 14 mila detenuti nelle prigioni federali, l'88,3% erano Neri, il 7,1% Latini e il 4,1% bianchi. Nelle corti federali di ben 16 Stati tra il 1987 e il 1992 non sono state condannate persone bianche per possesso di crack). Un anno soltanto invece (si noti che la legge relativa è stata formulata dal razzista Senatore della North Carolina, Jesse Helms) è previsto per il possesso di 5 grammi di cocaina, droga che rimane circoscritta alla comunità bianca.

Le misure alternative alla detenzione sono semplici palliativi. E molto spesso la libertà vigilata diventa una trappola: le condizioni che vengono dettate per la condotta all'esterno equivalgono ad una carcerazione di tipo nuovo, ma pur sempre carcerazione. Generalmente passa molto poco tempo per chi ha la possibilità di usufruire questo tipo di "beneficio" tra il periodo della scarcerazione e il giorno del ritorno dietro le sbarre. Vi è a monte una premeditazione da parte del Dipartimento di Giustizia e nello specifico nella Direzione addetta al controllo dei prigionieri in libertà vigilata. La parola d'ordine degli "ufficiali controllori" della California è la seguente: "Giudichiamoli, Sorvegliamoli, Inchiodiamoli, Incarceriamoli". Non deve conseguentemente sorprendere il dato che 1 persona su 3 fa velocemente rientro in cella: fosse per "incontri anonimi" oppure per "alto tasso alcolico" o ancora per "allontanamento senza permesso", poco importa.

Uno studio a parte meriterebbe la carcerazione femminile. Del resto non può passare assolutamente in secondo piano l'incremento di incarcerazione femminile salito tra il 1980 e il 1993 del 313%. I presupposti di base rimangono i medesimi degli uomini: si tratta di donne per lo più afro-americane (46% della popolazione carceraria femminile generale) e Latine (14% della popolazione carceraria femminile generale), povere, madri o ragazze-madri, disoccupate ante l'incarcerazione. 6 donne su cento partoriscono dietro le sbarre. Le condanne riguardano per lo più crimini legati a violenze domestiche: il 32% delle donne in prigione (circa 4 mila) sta scontando sentenze per omicidio del coniuge, dell'ex coniuge o del fidanzato. Le donne subiscono, a differenza degli uomini, maggiori problematiche relative alla detenzione. Le prigioni femminili sono poche ed in ogni caso basate su una gestione prettamente "maschile". In questo modo, ad esempio, le donne sono costrette a fare i conti con una quasi totale assenza di assistenza medica adeguata e visite ginecologiche, mammografie, pap test sono arbitrariamente concessi dalle amministrazioni carcerarie.

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