Senza Censura n. 3/2000

[ ] Editoriale


Lo sforzo di ogni progetto editoriale come il nostro è quello di riuscire ad individuare dei filoni di lavoro che riescano da una parte a far emergere il pensiero del collettivo redazionale (frutto di un lavoro "in progress" e tutt'altro che ristretto in un programma predefinito) e nel contempo a tradursi in strumenti di riflessione e di dibattito capaci di dialettizzarsi con ciò che si esprime o che avviene all'esterno del collettivo stesso.
Questo tentativo diventa fondamentale soprattutto quando lo "strumento di informazione" che si usa ha una periodicità tri- o quadrimestrale, come il nostro, e non si può permettere per ovvie ragioni la tempestività necessaria a seguire "in diretta" gli avvenimenti che si susseguono da un numero all'altro.
Questo, se da una parte frustra un po' la nostra "natura militante" che ci porterebbe a riflettere con slancio su ognuna delle tante questioni emerse una dopo l'altra negli ultimi mesi ribaltando di continuo il palinsesto (con il rischio probabilmente di non riuscire a chiudere con scadenze regolari i numeri in tipografia), dall'altra crediamo determini una maggiore capacità di mantenere focalizzati i nodi politici generali che poi vanno a collocare questi avvenimenti.
In queste ultime settimane, per esempio, avvenimenti come l'attacco imperialista in Jugoslavia (vedi le recenti "democratiche elezioni") o la tenace insurrezione Palestinese non hanno potuto essere trattati in questo numero come avremmo evidentemente voluto. La consapevolezza però di aver deciso mesi fa di sviluppare ed approfondire l'analisi e la ricerca sulla questione della Nato, secondo noi centrale, ci fa sperare che il lavoro fatto nelle pagine a seguire possa comunque contribuire a sostenere lo sforzo di tutti i compagni e le compagne che stanno cercando di esprimere un punto di vista rivoluzionario su questi avvenimenti.
Noi siamo convinti che il piano dello scontro, almeno dove possibile, debba essere compreso nel suo complesso per consentire una valutazione reale delle forze in campo in ogni singola situazione, per collocare con la maggior chiarezza possibile ogni specifico avvenimento.
Sempre di più, e sempre da più parti nello stesso modo, l'imperialismo sta mostrando il suo vero volto, con le bombe o con le politiche economiche, con la distruzione delle risorse o con le politiche repressive.
E sempre più spesso si intravvedono fuochi di resistenza, barlumi di opposizione.
Non vogliamo fare del facile ottimismo, né tanto meno scambiare piccole luci per degli incendi: sappiamo bene che il più delle volte ci troviamo a discutere unicamente sulle devastanti iniziative della controparte.
Come del resto vediamo chiaramente che molto di quel poco che si esprime di questi tempi a livello di classe manifesta ancora principalmente una richiesta di "miglioramento", una speranza di "trasformazione" del sistema.
Spesso ciò che si esprime non va oltre al tentativo di denunciare i "cattivi" senza riuscire a mettere a fuoco il problema reale.
Questa tendenza profondamente borghese alla ricerca quasi ossessiva del "giusto" può portare al massimo a creare dei nuovi Robin Hood (che però, non dimentichiamolo mai, alla fine salvano sempre il trono del re!) e non certo a mettere le basi per dei reali processi di trasformazione.
Un dato è però sicuramente positivo, ed è quello che si cominciano ad individuare con una sempre maggior precisione i veri responsabili delle "ingiustizie" che da un lato all'altro scuotono il pianeta.
E se da una parte siamo convinti che questa arretratezza, volenti o nolenti, è il frutto dei rapporti di forza oggettivi che si esprimono attualmente, siamo altrettanto convinti che l'avanzare della crisi a livello internazionale contribuirà a ridurre sempre più i margini di gestione e gli spazi di riformabilità del sistema del capitale nel suo complesso.
Questo processo dovrà obbligatoriamente portare a mettere al centro della questione il sistema stesso,la sua esistenza in quanto tale.
E allora il nostro sforzo, pur nel nostro piccolo, deve andare nella direzione di evidenziare in tutto questo ogni tendenza positiva, e dove possibile, di valorizzarla contribuendo alla sua crescita.


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