Senza Censura n. 4/2001

[ ] Antimperialismo e strategia



Senza Censura incontra alcuni esponenti delle organizzazioni palestinesi

In questo numero abbiamo scelto di dedicare la sezione STRATEGIE DELLA CONTRORIVOLUZIONE interamente alla situazione che si sta sviluppando nel mondo arabo intorno alla lotta palestinese.
Questo non deriva da una sorta di intento celebrativo o dal fatto di considerare conclusa l'analisi che stiamo cercando di sviluppare a partire dai processi di ristrutturazione della NATO (un tema che riprenderemo nel prossimo numero), ma da un'esigenza, che è strettamente legata al lavoro che portiamo avanti, di collocare in un ambito più vasto e all'interno di una prospettiva materiale di liberazione l'analisi di questi processi di ristrutturazione, consapevoli che è questa dimensione a dare un senso e un motivo di esistere al nostro pur modesto sforzo editoriale
Solo questo infatti può permetterci, nel momento in cui tentiamo di far emergere il quadro complessivo della controrivoluzione, di superare le sabbie mobili della lettura geopolitica in cui le lotte concrete sfumano in una virtualità da risiko.
Una lettura in cui, pur evidenziandosi la strutturalità della controrivoluzione e l'irreversibilità della crisi del sistema del capitale, le lotte stentano ad inserirsi come elemento dialettico capace di interagire con le strategie del nemico e rimangono relegate al particolare e alla specificità.
Come redazione di SC abbiamo individuato e cercato di analizzare e superare questo pericolo ma, ovviamente, essendo questo dato connesso ad una situazione di debolezza del movimento antimperialista a livello internazionale, non possiamo esserne immuni. Ci sembra quindi significativo tentare di collocare una lotta specifica (se pur rilevante come quella palestinese), in una prospettiva generale di scontro tra il proletariato internazionale e la borghesia imperialista, così come ci sembra importante farlo partendo dalle strategie delle avanguardie di questa lotta, dai loro limiti e dalle loro prospettive.
Quest'operazione ci permette anche di porre il ragionamento sulla NATO in un contesto reale in cui le politiche di ampliamento della NATO, le relazioni euro-statunitensi, le alleanze strategiche nell'area euro-mediterranea e le molteplici contraddizioni secondarie possono essere colte e ricollocate rispetto alla contraddizione primaria.
Su tutti questi aspetti non abbiamo naturalmente una lettura preconfezionata e completa da proporre ma una serie di questioni che ci sembra opportuno sottolineare e alcuni elementi che pensiamo valga la pena di socializzare.
Iniziando con questi ultimi, ci sembra interessante dare un quadro dei problemi che si pongono i protagonisti della lotta palestinese, oltre la gestione quotidiana del loro scontro con l'espressione più riconoscibile del progetto imperialista in quella regione, l'entità sionista e il suo esercito di occupazione.
Si tratta dello stesso ordine di problemi che attanaglia chi, nel centro imperialista, avendo la consapevolezza di questa necessità, cerchi concretamente di ricomporre in una dinamica complessiva di scontro le lotte specifiche che si producono incessantemente.
Con questo obiettivo abbiamo incontrato alcuni esponenti delle organizzazioni palestinesi che in questi anni hanno contrastato, con diverse modalità, il progetto di normalizzazione imperialista nell'area.
Certamente un ragionamento astratto su come costruire una dimensione antimperialista che si collochi in un'ottica di scontro generalizzato a livello internazionale potrebbe essere più "corretta" e certamente più consolatoria. Ma se vogliamo veramente creare le condizioni perché questo scontro sia una realtà non esclusivamente resistenziale dobbiamo confrontarci con l'esistente e non con i nostri desideri.

La dimensione regionale
L'intifada Al-Aqsa (come già avevamo sottolineato nell'ultimo numero di SC) ha dato maggiore incisività e consapevolezza di sé ad una conflittualità regionale mai eliminata dai molti livelli di intervento dell'imperialismo nell'area. Se la vittoria di Hezbollah nel sud del Libano ha mutato le condizioni e le possibilità di sviluppo di questa conflittualità, la lotta palestinese, che da questa sconfitta sionista ha tratto linfa vitale, è stata un potente elemento di coagulazione.
Le organizzazioni palestinesi che abbiamo incontrato hanno dato alcune valutazioni sulla dimensione regionale e internazionale della loro lotta.

Hamas
(Movimento di Resistenza Islamica)
Pensate che il terreno dello scontro che state sostenendo sia la sola Palestina, o che la dimensione di questo scontro sia quella regionale e internazionale?
La lotta che si sviluppa in Palestina non può essere limitata alla Palestina e per avere successo deve vedere un intervento anche di altre forze nella regione e in altre parti del mondo.

Pensate sia possibile sconfiggere il sionismo senza sconfiggere l'imperialismo?
"Israele" e in generale il progetto sionista è stato fondato con il supporto dell'occidente, Stati Uniti ed Europa. Pensiamo agli accordi di Sykes- Picot, o alla dichiarazione Balfourt.
Queste potenze ostili hanno giocato un ruolo decisivo nei problemi e nelle sofferenze del popolo palestinese ed hanno sostenuto militarmente e finanziariamente il progetto sionista.
Quindi la sconfitta del sionismo dovrà avvenire attraverso la sconfitta di questi progetti di dominio e di queste potenze nemiche.
Le grandi potenze possono essere sconfitte, è già avvenuto anche in passato, ma questo deve essere anche un atto di consapevolezza delle masse.

FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina)
Lo scontro che i palestinesi stanno sostenendo può essere combattuto e vinto in Palestina o pensate sia necessario collocarlo in una dimensione regionale e internazionale?
Come palestinesi il nostro compito è combattere contro l'occupazione. Come FPLP non pensiamo di essere gli unici a combattere contro l'oppressione e vogliamo fare in modo che la nostra battaglia sia il volano per lo sviluppo di una dimensione di lotta a livello regionale e oltre. Questo però non significa che dobbiamo aspettare gli altri.

Pensate sia possibile combattere il sionismo e l'imperialismo, americano ed europeo, in Palestina senza avere la prospettiva di combatterli anche negli Stati Uniti e in Europa?
Non pensiamo che si possano separare sionismo e imperialismo.
Noi come palestinesi siamo parte del movimento rivoluzionario internazionale, ma abbiamo il compito di lottare in Palestina e siamo consapevoli che ogni avanzamento qui è un obiettivo raggiunto anche a livello internazionale.
C'é una stretta interrelazione tra i movimenti nazionali contro l'imperialismo, ma noi come palestinesi non dobbiamo pensare di guidare gli altri, dobbiamo fare del nostro meglio qui.

Islamic Jihad Palestinese
Sull'intifada Al-Aqsa ha avuto inevitabilmente un effetto la vittoria di Hezbollah sull'esercito sionista nel sud del Libano, come testimoniano anche i continui richiami alla strada seguita da Hezbollah nel rapportarsi con l'occupazione di vari leaders palestinesi e la massiccia presenza di bandiere di Hezbollah in ogni manifestazione. Pensate che su questo tipo di consapevolezza si possa costruire un coordinamento regionale che comprenda tutte le organizzazioni antimperialiste radicali, islamiche e non?
Penso che Hezbollah ci abbia fornito un buon modello su come impostare la lotta tra i musulmani e gli ebrei, visto che molta gente è convinta, dopo questi anni di negoziati, che nemmeno in un secolo otterremo niente dagli israeliani se non con la guerra contro il governo israeliano e anche contro gli israeliani in generale.
Chiunque veda le condizioni del mondo arabo sotto i regimi filo-imperialisti e veda le condizioni dei palestinesi dopo 7 anni di governo dell'A.P. non può che pensare che sia giunto il momento per la liberazione.

Quali sono le valutazioni della Jihad islamica su un'esperienza di coordinamento internazionale come quella di Osama Bin Laden?
Siamo islamici e la nostra religione fa sì che siamo a fianco dei più deboli e dei più poveri. Noi speriamo di avere un buon progetto per tutta l'umanità, sia a livello economico, sia a livello politico. Penso che tutte le organizzazioni islamiste, si tratti di noi o di Hamas o del gruppo di Osama Bin Laden o di altri, si completino a vicenda. Alcune si muovono sul terreno sociale, altre su quello economico, altre sul piano politico lottando contro gli Stati Uniti.

Non sono solo le organizzazioni islamiste che lottano contro l'oppressione, ci sono anche movimenti e organizzazioni antimperialiste di sinistra che stanno lottando e cercano di coordinarsi a livello internazionale. Pensa ci sia una possibilità di compenetrazione tra essi e i gruppi islamisti?
Sì, penso che quando noi interpretiamo la nostra religione in modo corretto, nel modo più ampio, possiamo ottenere qualcosa: dare ad ognuno la speranza di migliorare le cose in modo semplice.
Per la nostra religione tutti sono uguali tra loro e devono avere lo stesso livello di benessere. A questo scopo la nostra religione prevede lo zakàt ed altre forme di riduzione degli squilibri che sono strumenti perché ognuno possa avere quello che gli serve per vivere. Non come avviene ora, soprattutto in Palestina, dove alcuni hanno milioni di dollari e altri muoiono di fame. Basta questo per rendere evidente che re e governanti arabi (incluso Arafat) sono agenti degli americani e dell'occidente.

fp-cg (Fronte Popolare - Comando Generale)
E' possibile prospettare un coordinamento con altri movimenti antimperialisti e anti-sionisti nella regione, come Hezbollah. Un coordinamento che vada oltre il sostegno e la solidarietà, e che si sviluppi ad un livello più concreto sul terreno dello scontro?
Penso che quando parliamo dei diritti dei popoli non parliamo di qualcosa che si potrà raggiungere in tempi brevi, la strada è difficile e in salita. Abbiamo un livello di coordinamento tra le organizzazioni palestinesi, e abbiamo bisogno di un coordinamento non solo con Hezbollah, ma con tutti i movimenti arabi. Abbiamo anche bisogno del sostegno degli stati arabi a livello economico, di aiuti materiali ecc., così come abbiamo bisogno dei movimenti europei, per vedere la vittoria alla fine di questa strada. E' molto difficile combattere contro gli israeliani e gli americani, ma noi abbiamo una visione politica, e se saremo capaci di mantenerla raggiungeremo i nostri obiettivi.

Cosa pensate della dimensione internazionale di organizzazioni islamiste che gravita secondo i media attorno alla figura di Osama Bin Laden e che sembra voler colpire l'imperialismo anche oltre i confini del mondo arabo?
Non condividiamo la lotta di questo movimento, ma non rifiutiamo la solidarietà di chi riconosca i diritti del popolo palestinese. Noi non abbiamo obiettivi fuori dalla Palestina. Siamo riconoscenti anche verso i movimenti europei che portano le nostre rivendicazioni davanti alle loro istituzioni.

Parlavo di Osama Bin Laden per citare un esempio di progetto internazionale di lotta contro l'imperialismo, senza entrare nello specifico....
Penso che ci siano diversi giudizi sulla sua lotta. Si tratta certamente di una lotta antimperialista, ma molti non ne hanno una buona opinione.
La mia opinione personale è che la lotta palestinese e la lotta del movimento di Osama Bin Laden sono diverse, ma c'è qualcosa che le unisce. Sono anche convinto che molte delle notizie che circolano su questo movimento siano menzogne dell'imperialismo.
Ma la maggior parte delle organizzazioni palestinesi, tra cui la mia, cercano di prendere le distanze da lui per gli effetti che avrebbe un diverso atteggiamento.
Osama Bin Laden è considerato un criminale a livello internazionale!

Se è per questo anche Ahmed Jibril ....
Sì, ma non è la stessa cosa. Tutti i palestinesi sono ricercati dagli Stati Uniti e dagli israeliani. Anche George Habbash lo è, come lo sono molti esponenti della stessa Fatah.
Comunque penso che senza intensificare la lotta contro gli americani, gli israeliani e l'imperialismo in tutto il mondo non si otterrà mai alcun risultato.
Per concludere posso dire che secondo me Osama Bin Laden ha un'ideologia che non ha nulla a che vedere con quello che gli americani e gli israeliani dicono di lui, che la sua lotta è legittima e che penso che almeno non dovremmo rifiutarla sulla base di pregiudizi.

Alcune questioni
Da queste valutazioni emergono a nostro avviso alcune questioni centrali per il movimento antimperialista, nel centro come nella periferia:
- -se pensiamo che lo scontro tra Borghesia Imperialista e Proletariato Internazionale si collochi su un piano "immediatamente" internazionale per la natura stessa del capitale che per far fronte alla sua crisi strutturale ha la necessità di estendere il suo sistema di dominio oltre ogni limite;
- -se pensiamo che l'unica risposta possibile sia quella di darsi gli strumenti per sostenere adeguatamente questo livello di scontro;
- -se, come conseguenza, più che correttamente individuiamo l'ineludibilità di una dimensione internazionale di coordinamento tra i movimenti, i soggetti, le organizzazioni che colgano l'irriducibilità di questo scontro;
- -se abbiamo raggiunto un livello di consapevolezza di tutti questi elementi, quali sono le caratteristiche del processo di costruzione di questa dimensione coordinata sul piano internazionale?
Se le organizzazioni islamiste (e i loro progetti di coordinamento) rappresentano oggi i settori più avanzati nello scontro con l'imperialismo, possiamo permetterci di ignorarle solo perché non ci piacciono o non ci assomigliano?
Non vale almeno la pena di fare uno sforzo di conoscenza e di analisi che ci fornisca degli elementi non mutuati dalla retorica della "sinistra compatibile", utile strumento della controrivoluzione preventiva?
E' chiaro che noi non abbiamo delle risposte pronte, ma pensiamo che sia inveitabile oltre che giusto avviare un dibattito su questi aspetti.
Naturalmente speriamo che SC possa essere uno degli spazi per lo sviluppo di questo dibattito.


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