Senza Censura n. 4/2001

[ ] Storie di ordinaria repressione. Cosenza 2001.



Riportiamo di seguito un articolo che riguarda la situazione di Cosenza.
Siamo consapevoli che ciò che avviene nella città calabrese è solo un esempio della spinta repressiva che negli ultimi anni ha investito il movimento antagonista e rivoluzionario italiano. Ne sono dimostrazione gli altri numerosi casi che in tutta la penisola hanno coinvolto decine e decine di compagni e che in altre occasioni abbiamo riportato sul giornale. Indagini che hanno molteplici scopi: da quello preventivo ed intimidatorio all'obiettivo di arrivare a "catalogare" nuovamente tutti coloro che in qualche modo portano una critica radicale al sistema dominante ed alle sue strutture. Indagini per sovversione, cimici nelle macchine e nelle case, intimidazioni ai compagni, inserimento indiscriminato nelle liste di indagati, queste ed altre sono le pratiche seguite da polizia e magistratura per arginare un conflitto sempre più manifesto. Proprio a Cosenza, dopo la stesura dell'articolo, vi è stato il ritrovamento di una cimice all'interno della macchina di un compagno, giornalista di un quotidiano locale. Ancora più grave se si considera che la persona non è formalmente indagata ma solo sentita come "informata sui fatti". Dalle ultime notizie non si sa nemmeno chi questa cimice l'abbia messa. Comunque la nostra solidarietà ai compagni cosentini coinvolti nelle indagini.

I FACCI BRUTTE SU PISCIATU
(Traduzione: Gli sbirri sono infami)

Le realtà antagoniste del territorio cosentino nel mirino dell'Antiterrorismo. Bentornati anni settanta. Benvenuto surrealismo nella vita quotidiana. Trenta, quaranta compagni pedinati, interrogati, spiati con le cimici, perquisiti, schedati dopo un'occupazione della sede diessina, schiaffati sulle prime pagine con un'accusa delirante per una città di provincia imbalsamata nello spettacolo delle apparenze: avrebbero dato vita ad attività "eversive". Vaglielo a spiegare ai cronisti locali il vero significato della parola "eversione". Quelli sono buoni solo a ruminare veline redatte da quattro ignorantoni che in nome di una divisa statale si fanno chiamare "dottori". E così, al danno di un'indagine piena di falsità e accuse infamanti, si aggiunge la beffa di un gigantesco polverone criminalizzante, privo di ogni fondamento.
La delirante inchiesta sull'eversione (?) a Cosenza è stata aperta presumibilmente nel periodo 98-99. I procuratori hanno avuto molto lavoro da fare. Due anni passati ad accumulare informazioni sulla vita privata delle compagne e dei compagni, e a collezionare le informative dei funzionari della Digos.
I "poliziotti del pensiero" hanno così finalmente potuto sfogare tutto l'odio e l'antipatia accumulati nei confronti di quanti hanno rimesso in discussione, con l'iniziativa politica alla luce del sole, per circa un decennio, tanti squallidi equilibri della città. La Procura cosentina ha trovato un varco per sfuggire alle reali emergenze del territorio, pedinando individui che hanno di illegale solo le proprie opinioni.
A Cosenza le immigrate sono costrette a prostituirsi nei salotti della buona borghesia? Centinaia di famiglie rom vivono con l'incubo di una banda che spaccia e traffica armi? Attività imprenditoriali e cooperative sociali sono gestite da aguzzini che sfruttano i giovani in cambio di stipendi da fame? I clan si fanno la guerra? In un solo anno sono rimasti al suolo 12 morti ammazzati? L'edilizia suda il sangue dello scontro sugli appalti? I piccoli commercianti sono strozzati dall'usura? Le estorsioni hanno la dignità di regola assoluta? Gli stessi inquirenti hanno dimostrato di essere collusi con la delinquenza organizzata?
NON IMPORTA! Bisogna acciuffare i terroristi, che sicuramente si annidano tra i militanti dei centri sociali. L'opinione pubblica sarà più tranquilla e i quotidiani avranno un'altra bella storiella da dare in pasto ai lettori.
Ma cosa sarà poi questa fantomatica eversione a Cosenza? Dai giornali abbiamo appreso che nel giro di pochi anni, un numero imprecisato di petardi sono esplosi nei pressi di sedi istituzionali. In alcuni di questi famigerati atti dimostrativi, sarebbe stata usata un'arma da fuoco contro portoni inermi. Nell'estate 99, il fatto più eclatante: un candelotto di dinamite, privo di miccia, viene abbandonato nel cantiere deserto di una caserma dei carabinieri in costruzione.
Non sembrerebbero queste le più gravi emergenze della città, eppure sono bastate a sguinzagliare decine di poliziotti e ad aprire costosissime inchieste nei confronti di persone ignare, le cui conversazioni private sono diventate materiale giudiziario, assumendo la forma di indizi per chissà poi quali reati.
Nell'autunno 99, la prima raffica di interrogatori, durante i quali alcuni compagni e frequentatori dei Csa hanno manifestato apertamente agli inquirenti la propria insofferenza nei loro confronti. L'atteggiamento di ostilità verso l'apparato repressivo, ha contribuito ad inasprire le pressioni della Procura sui soggetti più in vista. Ricalcando un modello già sperimentato in altri territori, i compagni sono stati perseguiti con altre motivazioni. I punti deboli di ognuno sono diventati punti di forza per magistrati e poliziotti. Gli antiproibizionisti hanno avuto un trattamento da "spacciatori"; gli ultrà antirazzisti della locale squadra di calcio sono stati massacrati di botte e condannati; i pochi giornalisti veri, vicini all'area dei centri sociali, hanno subìto processi e tentativi di censura.
Di fronte a questa offensiva a tutto campo, sinora i compagni hanno reagito con inesperienza, ma sono comunque riusciti a riscuotere la solidarietà e il sostegno della parte più sana della città: la Cosenza che lavora in condizioni di sfruttamento, gli studenti sensibili, i cittadini democratici, e quel che resta della sinistra garantista.
Nelle prime settimane di febbraio, l'azione degli "investigatori" si è fatta più asfissiante. La risposta degli antagonisti calabresi è indirizzata verso la formazione di una rete territoriale, che riproponga la possibilità di agire pubblicamente sui grandi temi del lavoro e del reddito, dell'ambientalismo, dell'immigrazione e dei diritti.
È una partita appena iniziata.

Un compagno di Cosenza



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