Senza Censura n. 7/2002

[ ] Editoriale

Fin dall’inizio del nostro lavoro editoriale ci eravamo riproposti di mettere in luce alcuni aspetti fondamentali del contraddittorio processo di riallineamento delle gerarchie del sistema degli stati imperialisti nella ridefinizione dei poli imperialisti succeduta alla fine del cosiddetto mondo bipolare. Abbiamo quindi sottolineato anche l’importanza di tener conto delle dinamiche interne alla pluralità delle sovrastrutture “globali” che la borghesia imperialista si era data e si stava dando nel tentativo di governare una (quantitativamente e qualitativamente) inedita crisi di sviluppo del modo di produzione capitalista. Questo non solo al fine di sottolineare le apparenti manifestazioni di questa crisi, ma soprattutto per cercare di individuare dei terreni di possibile ricomposizione del proletariato (in particolare di quello della metropoli europea) nella definizione del suo campo di confronto con la borghesia imperialista e i suoi alleati.

Perciò abbiamo più volte denunciato e riflettuto sulla riduttività di certe posizioni “antagoniste” e abbiamo richiamato l’attenzione sulla necessità di concentrare gli sforzi di analisi e di iniziativa – per restare nel campo delle funzioni e dello sviluppo delle istituzioni sovranazionali della borghesia imperialista – sulla ridefinizione dei ruoli di sovrastrutture quali il FMI-BM e la NATO nel processo di ri/costituzione dei poli imperialisti e, in particolare, di quello europeo.
Il 2002 si è aperto con una serie di avvenimenti “eclatanti” che hanno meritato una particolare attenzione sia da parte delle principali istituzioni sovranazionali della borghesia imperialista che da parte dei suoi organi statali di propaganda e dis/informazione.

In particolare, due si sono presentati come “novità” ed uno come una “vecchia questione”. Da un lato abbiamo assistito alla costituzione di un effettivo potere monetario europeo (con l’introduzione dell’euro) ed alla deflagrazione sociale dell’asfittica crisi finanziaria argentina, dall’altro lato abbiamo avuto conferma che la faglia della crisi mediorientale (di cui la questione palestinese rappresenta l’espressione più evidente) abbraccia ormai stabilmente ed in termini di guerra guerreggiata due continenti: dal magreb, al corno d’Africa fino alle porte delle emergenti potenze economiche e demografiche dell’Asia (India e Cina). Tutte questioni che, coniugandosi con l’incipiente recessione statunitense e con l’agonia recessiva del Giappone, hanno formato oggetto delle agende di discussione di vertici propagandisticamente più accattivanti degli ormai screditati e “storici” G7 e vertici NATO.

Così, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, un’imponente macchina propagandistica “globale” si è messa in moto per prospettare alle classi subalterne e ai popoli oppressi di tutto il mondo uno sviluppo accettabile del sistema capitalista o, addirittura, l’avvento di più sostenibili e “condivisi” mondi possibili nel tentativo di obnubilare la tragica deriva militarista e neoautoritaria dei conflitti di classe e fra stati che attraversano il pianeta.

La riunione del World Economic Forum di New York, nella persona dei rappresentanti del FMI e della BM, ha teso la mano ai temi del World Social Forum di Porto Alegre trovando un collante ideologico nelle accessibili formulazioni di un guru della “produzione immateriale” (J. Rifkin) e gettando un ponte tra la comune condanna del “terrorismo islamico” e la millenaria sede delle speranze dei “poveri del mondo”: la Pontificia Università Cattolica.

Naturalmente la redazione di Senza Censura ritiene superfluo (e prolisso, data la campagna orchestrata dai media di regime e non) occuparsi di simili (s)parate se non nei termini di una corretta valutazione della loro efficacia mistificante e fuorviante nei confronti del movimento mondiale della classe e della sinistra radicale (in particolare nel nostro paese e in Europa).
Contemporaneamente o quasi a questi “vertici” (di che?), e nella pressoché totale censura degli organi di dis/informazione di regime e di “opposizione”, si sono svolte due appartate e ben protette “riunioncine” dei governanti del mondo: il G7 di Ottawa (concluso il 9 febbraio) e l’annuale “Conferenza per la politica di sicurezza” della NATO a Monaco, patrocinata dalla Fondazione Herbert-Quandt - espressione della BMW (1-3 febbraio).
Nel comunicato finale della riunione di Ottawa, i governi delle maggiori potenze mondiali (nella persona dei ministri economico-finanziari e dei governatori delle banche centrali) hanno riaffermato la propria supremazia nel controllo, sotto la supervisione del FMI-BM e in coordinamento con il “Gruppo internazionale di azione finanziaria”, dei flussi finanziari mondiali per realizzare una efficace lotta alle fonti di finanziamento del terrorismo “invitando” tutti i paesi della comunità internazionale a collaborare in questa lotta.

Ma una particolare importanza riveste, sia per il lavoro intrapreso dalla redazione nel corso degli ultimi anni che per le vicende e le manifestazioni di protesta che lo hanno accompagnato, l’informazione e la riflessione sul vertice NATO di Monaco. E questo per due motivi insieme “teorici” e “pratici”.
In primo luogo perché, dopo gli avvenimenti seguiti al summit di Washington per il 50° anniversario dell’istituzione della NATO, era evidente che nei successivi vertici - e anche in questo di Monaco - si sarebbe iniziata a delineare la realizzazione concreta del “nuovo concetto strategico” della NATO affermatosi in quel summit. La funzione di “gestione di crisi” ovunque gli interessi euroatlantici siano in pericolo e senza “ombrello ONU” si è arricchita e colorita, nel frattempo, della riformulazione dell’art. 5 del trattato NATO e dello scatenamento della “guerra mondiale al terrorismo”. Sintomatiche di questo sviluppo concreto sono state la decisione di aumentare di un terzo il bilancio militare USA (da 331 a 451 miliardi di dollari) e le dichiarazioni del democristiano Edmund Stoiber - candidato cancelliere contro il socialdemocratico Schroeder – a margine del vertice di Monaco: «L’Europa deve riarmarsi per seguire gli Usa». Dichiarazioni che preludono all’effettiva prossima costituzione dell’esercito europeo (ESDI): processo che condizionerà inevitabilmente la stessa “convenzione” costituente dell’UE.
In secondo luogo, e come andiamo sottolineando da tempo, questo inevitabile sviluppo del militarismo nell’attuale sistema degli stati imperialisti non può che avere immediate ricadute interne ai costituendi poli imperialisti (e in particolare nell’UE) in termini di repentino e dispiegato rafforzamento degli strumenti di controllo, repressione e controrivoluzione preventiva.

In questo senso, il complessivo “trattamento” riservato alle manifestazioni di protesta contro il vertice di Monaco sembra anticipare in qualche modo – e nelle intenzioni dei propugnatori del “modello sociale europeo” - gli scenari in cui andranno a collocarsi le prossime iniziative autonome della classe e della sinistra radicale in Europa: la città posta in stato d’assedio con l’impiego di ingenti forze di polizia locale e unità di altri paesi dell’UE (cosa che si era già vista, in maniera lampante, durante le mobilitazioni di Genova nel 2001); decretato il divieto di ogni manifestazione e riunione; militanti di numerose altre città della RFT sottoposti a misure di prevenzione (domicilio coatto, obbligo di firma ecc.); arresti preventivi dei portavoce e dirigenti delle contro-manifestazioni; centinaia di arresti di manifestanti stranieri all’arrivo in città; repressione brutale dei manifestanti in partenza da altre città europee (Zurigo…) e di ogni iniziativa pubblica nella città di Monaco (la polizia è arrivata a circondare in forze la sede della DGB – associazione nazionale dei sindacati dei lavoratori tedeschi – dove si teneva l’assemblea conclusiva delle contro-manifestazioni, arrestando altre centinaia di persone: l’ultimo intervento del genere nella città di Monaco risale al 1933, subito dopo l’ascesa al potere del partito nazionalsocialista).

Insomma una lucida e massiccia applicazione della disciplina generale partorita dagli accordi europei “antiterrorismo” e dalle deliberazioni del gruppo Trevi: gli accordi di Schengen. Applicazione che politici e giuristi delle nomenclatura comunitaria chiamano eufemisticamente “sospensione degli accordi di Schengen”. A tutto questo va aggiunta la spudorata e totale censura da parte di tutti gli organi di dis/informazione dei regimi europei di fronte a questi fatti. Una censura che ha caratterizzato anche gran parte della stessa “controinformazione antagonista” - evidentemente troppo impegnata nell’informazione e l’agitazione su iniziative globali di ben altro “spessore sociale e politico”.

E tuttavia, malgrado l’avviato rodaggio delle strutture di controllo-repressione dell’UE e nonostante le forzature di contenimento di riformisti vecchi e nuovi dei diversi paesi dell’Unione, è evidente che la scala continentale europea rappresenta inevitabilmente, per il prossimo futuro, il terreno fondamentale di confronto del proletariato dei diversi paesi europei con le proprie borghesie imperialiste. E questo costituisce il presupposto materiale dell’apertura di nuove esperienze di intervento e di lotta.

Per queste ragioni, accanto ad una ripresa del lavoro redazionale sulle principali “zone di attrito” in Europa e nel vicino estero, questo numero della rivista si è sforzato di riportare notizie e commenti sulle vicende relative al vertice NATO di Monaco.

D’altro canto, e più in generale, dobbiamo aver presente che la Convenzione costituente europea – sotto le pressanti esigenze di una accelerata realizzazione di una PESC (politica estera e di sicurezza comune) in grado di garantire una effettiva proiezione di potenza all’imperialismo europeo – aprirà non solo un confronto politico tra i governi dei diversi paesi dell’Unione sulle competenze e le strutture istituzionali dell’UE, ma anche dei terreni di scontro tra il proletariato di questi paesi e i rappresentanti politici della borghesia imperialista europea. Si stima che i lavori della Convenzione dovrebbero durare almeno un paio di anni, ma le previsioni più “pessimistiche” (Kissinger) attribuiscono ad un effettivo e compiuto processo di costituzione della “potenza globale” europea una durata pressoché decennale. Per fare un paragone, vale la pena di ricordare che, nelle condizioni del potenziale economico dell’epoca, il III Reich impiegò meno di sei anni per realizzare una proiezione di potenza imperialista “globale”. Perciò, per avere un’efficacia effettiva, nei prossimi anni si renderà necessario un lavoro politico su scala continentale da parte degli organismi del proletariato e della sinistra radicale europea.

Le contro-manifestazioni al vertice NATO di Monaco, al di là della loro efficacia immediata, hanno messo in luce l’esistenza di una pluralità di organismi nei diversi paesi del continente che si riconoscono su un terreno comune di critica alle strutture militari della borghesia imperialista (la NATO) e al costituendo polo imperialista europeo. In particolare, alcuni di questi organismi nel corso degli ultimi anni si sono radicati nei propri paesi esprimendo un relativo potenziale ed una sostanziale continuità quanto meno sul piano della controinformazione. Sono forse maturi i tempi perché questi organismi si impegnino per tentare di iniziare un lavoro comune che sia in grado di produrre frutti su scala continentale.

Per questo, nell’immediato, la redazione di Senza Censura si impegna a verificare la possibilità di realizzare, in coordinamento con i collettivi redazionali di altre riviste europee, un lavoro, un’edizione ed un’azione comune sui temi della critica al processo di costituzione del polo imperialista europeo e alla principale articolazione militare della borghesia imperialista (la NATO).




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