Zanon: un grande esempio di lotta
Una testimonianza dell'esperienza operaia argentina.

[lancia l'articolo in _blank format]

Nel mese di Novembre, in concomitanza col giro di iniziative fatto da un gruppo di operai argentini venuti in Italia a portare l'esperienza della fabbrica Zanon occupata, Senza Censura ha rivolto alcune domande ad uno di loro, appartenente al sindacato dei ceramisti ed avvocato membro del Ceprodh (Centro de Profesionales por los Derechos Humanos).
Ci è sembrato opportuno riportare la testimonianza di quell'esperienza sia per l'importanza che essa chiaramente assume come esempio di lotta dura contro lo sfruttamento e la precarietà e come pratica di appropriazione dei mezzi di produzione; sia in relazione al quadro di lotte che si sta delineando nel nostro paese, come concreto messaggio di viva coscienza di classe e rivoluzionaria.
La Zanon, fabbrica di ceramiche di proprietà italiana, è stata occupata il 1° Ottobre 2001 dai 270 operai che vi lavoravano, che avevano già a lungo scioperato contro il mancato pagamento dei salari, in seguito ad una grossa crisi dell'azienda durata due anni.
L'esperienza non è isolata in Argentina, dove esistono centinaia di fabbriche occupate ed autogestite con la partecipazione di piqueteros e disoccupati. Le forme di lotta, appartenenti alla tradizione del movimento operaio, hanno come obiettivo la conquista del potere politico.
La lotta è stata rafforzata anche dalla presenza dei lavoratori disoccupati (MTD);con loro sono state affrontate tutte le fasi di repressione e sabotaggi.
Riportiamo di seguito due interventi degli operai della Zanon e quindi le domande che abbiamo rivolto al compagno avvocato.

Nel momento in cui abbiamo fatto l'occupazione abbiamo deciso di formare un coordinamento del lavoro. Quelli che prima facevano un lavoro di manovalanza ora occupano posti di vendita, di supervisione, una categoria più alta. Tutte le settimane ci riuniamo, vediamo quali sono i problemi più gravi, per poter continuare.
Guardiamo quanti soldi abbiamo da spendere per controllare la situazione economica. E da lì si guarda la situazione politica insieme al sindacato, e si vede come andare avanti.
Ogni lavoratore è responsabile di far conoscere la situazione dell'azienda ad ogni gruppo. Quando qualche compagno ha qualche dubbio nella vendita o nell'acquisto di qualche prodotto ha diritto ad andare dalla direzione e discutere dell'operato della direzione. Quando c'è da fare un passo molto importante per l'azienda per la vendita o per l'acquisto o c'è qualche dubbio all'interno della direzione la discussione si trasporta nelle assemblee.In questo modo tutti sono partecipi della decisione, del passo da fare.
Abbiamo coordinato i diversi settori, collegando tutte le categorie. Questa unità tra le diverse categorie ha permesso di opporsi a chi era contro questa azienda.
Una delle cose che abbiamo organizzato è un coordinamento con i disoccupati. Fra di loro ci sono compagni che sono disoccupati da più di 10 anni.
Quando abbiamo cominciato questa lotta abbiamo detto che questa è una lotta del popolo. Quest'azienda in passato ha ricevuto molti sussidi dal governo, e in quella situazione i lavoratori erano molto sfruttati.
Diciamo che se la fabbrica è del popolo deve essere al servizio del popolo. Per dimostrare che quest'azienda appartiene al popolo abbiamo deciso di assumere operai disoccupati. Quando abbiamo cominciato la lotta Zanon diceva che eravamo in troppi e quindi era necessario diminuire la quantità dei lavoratori. Noi abbiamo dimostrato da due anni il contrario, abbiamo dato la possibilità di lavorare ad alcuni disoccupati e in questa maniera la divisione del lavoro è stata equa.
Così questi ex disoccupati possono avere uno stipendio. I lavoratori che sono stati assunti hanno gli stessi diritti e il nostro stesso stipendio, sono quindi alla pari.
La coordinatrice con cui abbiamo lavorato ci ha appoggiato e ci continua ad appoggiare e la cosa è molto importante per questa lotta.
Un altro fattore importante è stato un fondo di soldi con il quale abbiamo portato avanti la lotta. Questo fondo che abbiamo realizzato ci è servito per poter portare la lotta avanti e anche per poter dare da mangiare alle nostre famiglie. E così siamo usciti per le strade a chieder soldi ed alimenti per mantenere questa lotta che anche gli altri hanno considerato giusta.
Abbiamo fatto una raccolta all'interno delle università per poter portare avanti la nostra lotta. Abbiamo voluto dimostrare che noi siamo in grado di produrre. La nostra lotta l'abbiamo gestita anche senza il padrone. Per il posto di lavoro stiamo lottando come fossimo una sola persona.
Gli imprenditori non vogliono permettere che la classe lavoratrice pensi.

- o - o - o - o -

Intanto vorrei fare accenno a due cose che sono fondamentali: in primo luogo siamo orgogliosi di far conoscere la nostra situazione e di sentirci sullo stesso piano dei lavoratori della Fiat.
La lotta che stiamo portando nel sud dell'Argentina non è una lotta per noi stessi. Noi stiamo difendendo il nostro posto di lavoro per potere continuare a vivere.
La nostra lotta non finisce. E' una lotta che deve servire, è la punta di una lancia per i lavoratori che si vogliono liberare.
Come sapete l'Argentina sta attraversando una situazione molto critica. Più del 50% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Due milioni e 500.000 lavoratori sono disoccupati e altri 2.500.000 hanno un lavoro precario.
Noi mantenendo la nostra lotta e mantenendo la nostra fabbrica senza padroni dimostriamo che la crisi l'hanno provocata i padroni e i padroni devono pagare, non i lavoratori!
La Zanon è stata costruita con i soldi dei lavoratori e con i soldi della comunità. Per quello quando due anni fa Zanon ha detto che voleva licenziare la metà del personale noi abbiamo deciso di non permetterlo.
In quel momento eravamo nel consiglio di fabbrica della Zanon. Il governo ha decretato che non si poteva scioperare. La situazione era molto critica perché non si poteva lottare e allo stesso tempo la democrazia sindacale si sedeva a discutere al tavolo con il padrone. Questa tensione vissuta all'interno dell'azienda ha provocato anche ad esempio la morte di un compagno per arresto cardiaco.
Perciò abbiamo deciso, con il governo contro o a favore, di uscire fuori e cominciare a lottare, anche con la legge contro di noi, perché abbiamo deciso che quella lotta doveva vincere. Il sindacato ci ha detto che tutto quello che facevamo era illegale, ma noi siamo andati avanti e siamo riusciti a vincere questa lotta.
A partire da quel momento la lotta si è estesa ad altre tre aziende della nostra regione. E' una lotta contro i padroni e anche per levarci di dosso la burocrazia sindacale. Abbiamo recuperato anche il nostro sindacato; ci siamo tolti di dosso la burocrazia sindacale e abbiamo intrapreso una lotta più determinante. In quel momento abbiamo stabilito qualche principio fondamentale.
Ogni decisione viene presa in comune. Tutti i compagni hanno diritto a decidere. La nostra lotta è per la difesa dei diritti di tutti i lavoratori e siamo disposti a lottare contro lo stato. Quando parliamo di lavoratori parliamo di disoccupati e occupati.
Siamo contro il sindacato traditore, burocrate, che non difende i diritti dei lavoratori, perché tende a dividere i lavoratori tra occupati e disoccupati, tra lavoratori statali e lavoratori del settore privato, tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori precari.
Per noi la classe operaia è una sola e dobbiamo lottare tutti insieme. Per questo il nostro sindacato ha cambiato il simbolo: c'è disegnata una strada simbolo della lotta dei piqueteros, a lato ci sono le case simbolo dei lavoratori disoccupati.
Di sopra due mani che si stringono, una di un disoccupato e una di un occupato, e portano avanti questa lotta. Noi cominciamo a concretizzare questi cambiamenti, cominciamo a lottare per le strade coi compagni, cominciamo a lottare all'interno di ogni azienda in forma decisa. Per questo i padroni e il governo hanno deciso di unirsi per farci fermare.
Durante tutto il 2001 abbiamo dovuto lottare fortemente perché ci aggredivano costantemente. Quando scendevamo in strada per manifestare la polizia ci reprimeva. Nonostante tutto abbiamo vinto ognuna di queste battaglie.
Nel settembre 2001 Zanon ci ha dato l'ultimatum: o il 50% degli operai venivano licenziati o chiudeva la fabbrica definitivamente. L'ha fatto per tentare di dividerci; ma noi abbiamo detto che non accettavamo ne' una ne' l'altra cosa. Abbiamo occupato la fabbrica e abbiamo buttato fuori lui, i capi e i responsabili. Gli abbiamo detto che fino a che non avesse riassunto tutto il personale con tutti i diritti, non gliela avremmo riconsegnata. Loro speravano che noi crollassimo. Invece noi abbiamo chiamato la comunità e la popolazione ci ha dato per tre mesi un grande aiuto. Ci siamo accorti che lui non accettava le nostre condizioni e che continuava a parlare di crisi, ma noi abbiamo deciso di dimostrare che questa fabbrica poteva continuare a produrre e poteva servire a tutta la comunità. Così abbiamo deciso di rilanciare la produzione per conto nostro.
Ci siamo cominciati ad organizzare e in quel momento abbiamo ricevuto un attacco più duro da parte dei padroni e dello stato: hanno tentato di farci sloggiare quattro volte, hanno sequestrato diversi compagni in una giornata, sono entrati nelle nostre case simulando una rapina.
I media la hanno fatta passare come una lotta tra lavoratori dato che alcuni burocrati protetti dalla polizia hanno tentato di fermarci. Ne abbiamo parlato una settimana con la comunità, per far conoscere cosa stava succedendo veramente, e abbiamo capito che era andata in questa maniera perché stavamo attentando contro il capitalismo. E stavamo dimostrando che possiamo organizzare e produrre meglio dei padroni.
Per questo noi tentiamo di estendere la nostra forma di lotta e di coordinarci con altri lavoratori che stanno occupando le fabbriche.
L'idea che più ci piace trasmettere è che quando una fabbrica la mettiamo a produrre senza i padroni e la mettiamo al servizio del popolo dimostriamo che si può pensare ad una società completamente diversa da questa, e non dipende solo da noi, ma da tutti i lavoratori,di tutto il mondo.
Quindi la nostra intenzione non è solo di raccontare la nostra lotta, ma lanciare un appello a tutti voi lavoratori che state passando un momento particolare, per sentirci tutti insieme ed avvicinarci.


Quali tipi di rapporti esistono fra il movimento operaio e i partiti politici? C'è una rappresentanza partitica oppure il movimento si esprime autonomamente?

Noi, in generale, siamo nella sinistra, ma ognuno di noi appartiene ad un partito diverso. All'interno del nostro sindacato abbiamo diverse tendenze e tipi di espressione. Ognuno si organizza nella corrente politica che considera più giusta. Tutti i problemi politici o anche relativi alla produzione si discutono e si chiariscono in assemblea. Ci vorrebbe molto tempo per chiarire la concezione del partito, che in Argentina è diversa dall' Europa. Soprattutto perché c'è una tradizione che ha avuto predominio, il partito peronista.

Come vi procurate le materie prime per rendere possibile la produzione di una fabbrica occupata?
Tutto ciò che riguarda la materia prima, l'acquisto o la vendita, è un grosso problema. Per far funzionare la fabbrica abbiamo bisogno di cinquecento diversi prodotti, e dobbiamo comprarli in maniera illegale, perché l'occupazione della fabbrica è illegale. Non è stato facile perché nessuno di noi era pronto a questo. Quando abbiamo occupato la fabbrica eravamo solo gli operai della produzione. E' stata la comunità ad aiutarci a risolvere questo problema. Parte della materia prima la vende qualche ditta. Zanon e il governo hanno cominciato una campagna per boicottare la produzione. Minacciano cause e processi a chi vende prodotti agli operai che occupano. Molte persone si sono offerte di acquistare i prodotti per poi passarli a noi. In questo modo siamo riusciti a risolvere il problema della produzione.
Le madres de la plaza de majo hanno giocato un ruolo molto importante in questo ultimo mese. Anche loro acquistano queste materie prime per poi passarle ai lavoratori. In questo modo stiamo andando avanti.

Ristrutturazione, controllo sociale, repressione delle lotte. Come cercano oggi di rispondere gli operai?
La combinazione di questi tre meccanismi sembra che dipenda dai rapporti di forza in ogni posto e in ogni luogo. Va analizzato in ogni particolare. Prima hanno tentato di convincerci che bisognava vivere con una sovvenzione misera. Ciò non è stato sufficiente e hanno dovuto ricorrere alla repressione. Questo è uno dei motivi per cui sono morti dei piqueteros. Dopo le uccisioni hanno aumentato i sussidi ai disoccupati. Ogni volta la repressione cambia nei particolari, a seconda della situazione.
Noi abbiamo il consenso della comunità. La repressione deve pensarci due volte prima di attaccarci. Questo è l'aspetto più importante per difenderci dalla repressione. E ci organizziamo anche con altre forme per evitare questi attacchi. Quando si tratta di un attacco all'azienda ci sono determinati compagni che si occupano della difesa dell'azienda. Siamo in 50 compagni a difendere l'azienda ma abbiamo bisogno della popolazione di fronte agli attacchi della polizia e della burocrazia . Questi 50 compagni sono la prima difesa. Sono quelli che sorreggono la difesa fino al momento che arriva la popolazione in aiuto. Per questo dico che la migliore difesa è avere un grande consenso nella comunità, perché pur avendo coraggio, non ce la faremmo contro il governo e la polizia, essendo 270 operai. Abbiamo altri strumenti quando tentano di attaccarci in maniera personale...ma ci sono cose che non si possono raccontare; lo lasciamo alla vostra immaginazione!!


In Europa assistiamo ad un adeguamento legislativo fra i paesi membri, per quanto riguarda flessibilità e precariato, anche attraverso forme contrattuali cosiddette "atipiche". Da questo punto di vista, cosa sta avvenendo in Argentina e in America Latina?
Sostanzialmente le imprese imperialiste europee che hanno penetrato l'economia argentina, come ad es. la Telecom e tutte le imprese di capitali europei, insieme ai capitali americani, sono venuti con modalità di contrattazione spazzatura, per annullare le conquiste del movimento operaio, lavorando sul precariato nei contratti, con la differenza, tra America Latina ed Europa, che l'altissimo livello di disoccupazione che esiste in america latina fa sì che esista molta più flessibilità che in Europa.
La precarietà in Argentina è così fatta: il governo di Dualde pretende di convincere i compagni disoccupati a far vivere con un sussidio di 150 pesos una famiglia: questo è una schifezza perché in Argentina un famiglia ha bisogno di circa 800 pesos per vivere. E' un sussidio che secondo noi dovrebbe essere concesso a tutti i disoccupati. Non è uno strumento di sussistenza, ma è uno strumento dei dirigenti locali, che adoperano per ottenere il consenso politico della gente. Si approfittano della miseria e della fame della comunità argentina per adoperarlo con interesse politico. Noi, insieme ad altri dirigenti del movimento dei disoccupati, proponiamo un lavoro genuino perché i compagni non debbano vivere con questo sussidio, senza avere un posto di lavoro.

Esistono organizzazioni che mantengono i rapporti con i prigionieri politici?
Io oltre ad essere membro del sindacato dei ceramisti, sono avvocato membro del Ceprodh, un organismo per i diritti umani, nato per difendere i diritti dei lavoratori e che difende anche i prigionieri politici. Ma non solo il Ceprodh si occupa di questo, ci sono anche altre organizzazioni per i diritti umani e per i prigionieri politici. Noi abbiamo finito di vincere un mese fa un importante processo per un detenuto politico, Raul Cartes, che ora ha riavuto la sua libertà.

[ ] Torna all'Indice di SC 10 (1/2003)



http://www.senzacensura.org/