Popoli in esubero
Riflessioni su guerra e repressione.

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Quella in corso è una delle più gravi crisi della storia del capitalismo i cui effetti nei diversi paesi sono ancora imprevedibili. Si tratta di una crisi di sovrapproduzione di capitale prima ancora che di merci, il capitale non riesce più a valorizzarsi a sufficienza (plusvalore- profitto).
Il capitale finanziario a livello mondiale imperniato sul sistema Usa (e sul suo debito ) vive una condizione di precarietà permanente che può innescare in pochissimo tempo gravi crisi internazionali come quella che si paventa qualora la Cina svaluti la sua moneta provocando un effetto a catena in tutta l'Asia.

E' in pericolo lo "stile di vita Usa", (ed anche Europa Giappone).
Diventa pertanto prioritario insieme al controllo strategico militare di nuove materie prime, di nuovi mercati e delle riserve di forza lavoro a livello mondiale da contendere ad altri, anche il problema dell'eliminazione della forza lavoro in eccesso, "usurata" e non più utilizzabile all'interno degli stessi paesi dominanti (lavoratori disoccupati, precari o espulsi dalla produzione, anziani, malati, disabili). Cresce il timore per il ritorno della lotta di classe rivoluzionaria nelle metropoli del capitalismo imperialista.
Il processo è delineato: ristrutturazione- Precarizzazione del lavoro- delocalizzazione- importazione di nuova forza lavoro usa e getta.
Si procede dalla frammentazione sociale, alla disgregazione culturale, all'esclusione, all'eliminazione degli esuberi, alla repressione violenta.
Il primo vero e più temuto nemico dell'imperialismo è il proprio stesso popolo...(1)

Nuova divisione internazionale del lavoro, taylorizzazione globale, esercito di riserva della forza lavoro mondiale
Si promuovono ai confini e/o nelle più sovrappopolate aree del mondo a livello produttivo la proliferazione di nuove forme di organizzazione del lavoro. Sorgono così le "maquilladoras" ( Tijuana Messico, Est Europeo..), le Z.E.S. (Zone Economiche Speciali come a Shangai e Shenzen in Cina), le città stratificate (Bangalore in India, Singapore, Malaysia...), il lavoro minorile cresce a dismisura come fattore "normale", queste non sono eccezioni o distorsioni del sistema, sono gli strumenti ed i luoghi necessari al sistema per lo sfruttamento del lavoro salariato a livelli mai raggiunti prima d'ora, indispensabili alla sua sopravvivenza.
Obiettivo principale è il superamento della crisi di sovrapproduzione attraverso l'imposizione di un livello superiore del comando assoluto del capitale per il totale controllo dei mercati, il controllo politico militare sulle materie prime, sulla riproduzione della forza lavoro e sull'esercito di riserva relativo al fine strategico vero e proprio di estorcere sempre più alti tassi di plusvalore.
Assistiamo a nuova gigantesca accumulazione primitiva con l'abbandono di massa delle campagne, l'urbanizzazione in megalopoli invivibili di milioni e milioni di nuove braccia da lavoro disponibili, con la conseguente proletarizzazione esponenziale, con un nuovo esercito industriale di riserva, con tassi di plusvalore altissimi il che a sua volta genera il crollo verticale delle economie più deboli fino all'impoverimento assoluto della massa di forza lavoro in eccesso (l'Argentina non a caso è un paese che ha la maggioranza della popolazione nelle città).
Si realizzano enormi "investimenti diretti esteri" (IDE ) nella Cina del Wto, in India e in tutta l'Asia (oltre tre miliardi di potenziali lavoratori a costi stracciati), ma anche in Brasile, Messico, Est Europeo, ecc...
La conseguenza pratica è l'emigrazione verso le città in cui si opera la selezione della forza lavoro, da cui derivano gli esuberi, fino all'eliminazione fisica strisciante.
Nel nuovo ordine mondiale imperialista milioni di lavoratori e popoli interi risultano totalmente in esubero in ogni angolo della terra: i lavoratori non più produttivi (disoccupati,vecchi e malati) o non utilizzabili (bambini di strada) che riempiono le periferie nelle aree di nuova industrializzazione; tutta l'Africa sub sahariana che si configura come luogo di sola rapina e scontro per le risorse materiali destinate alla produzione in altri continenti; i popoli degli stati "canaglia" (embargo e guerre); popoli ribelli in lotta dove all'occupazione imperialista interessa la terra e le risorse naturali; le popolazioni residenti che osano anche ribellarsi diventano "ostacoli tecnici da rimuovere" al più presto (Palestina, Kurdistan, Chapas ...); i popoli dei paesi colpiti da crisi economica (Argentina.....); popolazioni indigene non adattabili alla modernità, aree crescenti di povertà e nuova disoccupazione in USA ed Europa (Senza lavoro di lungo periodo- "homeless"- anziani -malati), ecc.
L'eliminazione delle popolazioni in esubero diventa condizione di sopravvivenza del capitale
Le modalità sono varie, il passaggio per grandi masse dall'impoverimento relativo a quello assoluto produce di per se denutrizione, ritorno di vecchie malattie senza cure mediche o date per estinte, vecchie e nuove epidemie, aumento della mortalità infantile e di anziani, degrado sociale, emarginazione, devastazione ambientale e inquinamento, deportazioni, espulsioni di massa, a cui si accompagna anche l'eliminazione fisica diretta con gli squadroni della morte, fino al genocidio sistematico.
Le forme del comando del capitale che si affermano sono quelle che meglio corrispondono alla fase della sua crisi di valorizzazione, il modello Auschwiz che si ripropone nella sua funzione reale come il terminale del processo di sfruttamento del lavoro salariato, ogni lettura "etica" della storia è fuorviante perché è volta di fatto ad assolvere il capitalismo dalle sue responsabilità occultandone la vera tendenza materiale.
Come si può vedere quindi il nuovo ordine imperialista tende sempre più a configurarsi come un sistema di tipo necorporativo oligarchico trasnazionale e che si fonda, in alcune aree territoriali strategiche, sulla selezione sociale tra le classi con forme istituzionali originali di "apartheid etnico sociale" (es. Israele, ...) mentre in altre aree deve invece appoggiarsi a ceti previlegiati multietnici e multireligiosi operando una selezione tra le gerarchie al loro interno (gruppi di potere cristiani e cattolici islamici e buddisti) facendo delle fedi religiose il cemento ideologico identitario e costitutivo per istituzioni, lobby e moderne corporazioni disseminate nel mondo sul modello Usa a supporto del solo vero valore etico, il denaro capitale. La religione, nella fase più acuta della crisi dell'imperialismo, trova la sua nuova funzione come ideologia fuorviante delle lotte dei popoli e delle contraddizioni antagoniste tra le classi a livello internazionale (2 ). Il neo corporativismo si configura come la forma moderna dello stato capitalista per l'esercizio del comando del capitale sul lavoro e la ricostituzione del saggio di profitto (3). Allo stato democratico liberale si sostituisce la "democrazia corporativa", moderna forma di oppressione violenta e selettiva per la maggioranza dei popoli e per le periferie occidentali, con il mantenimento di forme di gestione "pluralistica" molto relativa per le oligarchie ed i ceti previlegiati.
In questo contesto emergono le nuove oligarchie capitaliste nazionali e sovranazionali alimentate con "investimenti diretti esteri" e cresciute sullo sfruttamento della forza lavoro o delle materie prime, queste oligarchie crescendo hanno bisogno a loro volta di espandersi verso nuovi mercati, risorse energetiche, e richiedono più spazio in competizione con la stessa superpotenza Usa ed i suoi alleati. L'attacco agli "stati canaglia" a breve termine (Iraq, Iran, Corea del Nord, ecc), preparano l'accerchiamento e lo scontro con le future grandi potenze nemiche (Cina, Russia e forse la stessa Europa...) .Ma nello stesso tempo emergono nuovi conflitti di classe determinati dalla massiccia proletarizzazione, urbanizzazione ed emigrazione in atto sia nelle aree di nuova industrializzazione che in quelle destinate allo spopolamento, processo di proletarizzazione che investe inevitabilmente masse crescenti delle stesse aree più ricche del pianeta.
La guerra preventiva permanente diventa la forma costitutiva di relazione dell'imperialismo contemporaneo rivolta a tutti, movimenti, stati, idee e comportamenti che in qualche misura possano minacciare l'egemonia della superpotenza Usa e dei suoi alleati.
E' la forma della guerra controrivoluzionaria che tenta di anticipare la lotta rivoluzionaria, nelle condizioni più acute della lotta di classe mai raggiunte finora.
La guerra interimperialista si ripropone come tendenza e condizione immanente del capitalismo.
Nella rincorsa alla valorizzazione del capitale esso alimenta e genera i suoi nemici mortali, da un lato le altre centrali del capitale finanziario e grandi potenze imperialiste concorrenti, dall'altro i nuovi proletari che si ribellano al comando capitalista e cioè allo strumento principale di sfruttamento del lavoro.

La repressione come controrivoluzione preventiva parte della "guerra preventiva"
Nel nuovo assetto conflittuale del mondo la repressione come controrivoluzione preventiva diventa la principale attività dello stato capitalista insieme alla guerra. Mentre si sviluppano le aggressioni militari agli stati canaglia e si modificano i rapporti di forza tra le grandi potenze diventa essenziale e indispensabile impedire con ogni mezzo e ad ogni costo che l'impoverimento assoluto in crescita tendenziale (crisi generale) possa soltanto rischiare di incontrare le soggettività portatrici (anche imperfette) del pensiero teorico rivoluzionario isolato, imprigionato, occultato, e arrugginito nelle maglie dell'impoverimento relativo (vissuto come status quo di benessere relativo) nei paesi imperialisti vecchi e nuovi, oppure con le forze rivoluzionarie ancora relegate in aree geografiche o troppo ristrette o troppo lontane dalle metropoli nei paesi del terzo mondo (Chapas, Himalaya, Ande...). In Palestina questa necessità dell'imperialismo nella sua versione neocorporativa sionista si rivela in tutta la sua violenza politica militare ed ideologica e si concretizza con la prigionia ed il genocidio di tutto un popolo ribelle. Ogni resistenza o ribellione viene bollata come terrorismo. Non sarà più necessario che si compiano atti illegali concreti per essere perseguiti, per colpire organizzazioni e militanti sarà sufficiente non condannare per l'appunto la resistenza assimilata al terrorismo, secondo il modello USA e applicato dallo zelante sbirro Garzon, ripreso dall'UE con le "liste nere".
Dalla repressione selettiva si passa pertanto allo stato di polizia, dalle guerre di bassa intensità al genocidio, dalla guerra preventiva alla guerra permanente. "Enduring freedom".
Per chiunque oserà resistere, la sorte sarà quella di Gaza, Jenin, Mazhar El Sharif, oppure le celle tipo "F" turche, le F.i.e.s. spagnole, il lager di Guantanamo, il 41 bis. Annientamento fisico e mentale o eliminazione fisica definitiva.
La "guerra al terrorismo" che la cosiddetta "Dottrina Bush" ipotizza nella durata di trenta anni non è una politica contingente, ma una condizione di necessità della superpotenza USA e dell'imperialismo dominante che prescinde e va ben oltre l'esistenza dell'attuale presidente. Un tempo e una condizione che modificherà stravolgendole radicalmente economie di interi paesi, equilibri, istituzioni, relazioni, cultura e condizione sociale sia per le grandi masse che per gli individui.

Riprendere il cammino
Ormai la via senza ritorno intrapresa da tutti gli stati imperialisti dagli Usa alla Russia, da Israele alla UE, è quella dell'annientamento di ogni resistenza organizzata dopo averla isolata a fare guerra di posizione fino alla eliminazione fisica dei suoi militanti, prima che si manifesti la capacità di uscire dalla marginalità attuale, e determinare anche solo potenzialmente una massa critica strategica con le masse in lotta. Si ripropone ancora la domanda del "che fare".
Oggi non è più ipotizzabile una situazione carceraria come quella tra le due guerre in Italia che per quanto dura consentiva relazioni e contatti utili in tempi relativamente prevedibili, oggi il militante pericoloso che viene internato in certe condizioni di scontro ha solo la prospettiva dell'isolamento e di uscirne solo morto o distrutto. La lotta estrema nelle carceri turche è l'espressione di tale realtà.
La critica del sistema detentivo come sintesi organizzata dello stato e del sistema capitalistico ed il sostegno alle lotte dei prigionieri politici come massima espressione della violenza dello scontro, quindi contro tutto il sistema di reclusione, è parte essenziale della lotta di classe rivoluzionaria e discriminante verso l'opportunismo revisionista, essa è riferimento strategico complessivo senza il quale il processo rivoluzionario non si può compiere. Nel contempo la condizione repressiva moderna deve essere punto di partenza di una analisi autocritica da cui non si può prescindere nel percorso di ricostruzione del movimento rivoluzionario.
Il problema pertanto se da un lato è quello di non perdere radicamento sociale e visibilità, dall'altro è però quello altrettanto vitale di evitare la decapitazione delle organizzazioni del movimento rivoluzionario. Pensiamo quanto pesano oggi i 30mila militanti desaparecidos sulle difficoltà di organizzare l'alternativa nell'Argentina investita da una crisi capitalistica che contiene tutti gli elementi del capitalismo morente, oppure pensiamo a quale sarebbe stata la sorte di molte lotte rivoluzionarie se fossero stati uccisi o imprigionati tanti militanti, quadri e dirigenti che le hanno dirette e organizzate oscuramente per anni, pensando anche alle figure storiche nel pensiero e nell'azione.
Molti elementi della linea repressiva in atto hanno avuto sperimentazioni per lunghi periodi in varie realtà, ma oggi con la guerra permanente la situazione ha fatto un salto di qualità generalizzato. Purtroppo non è ancora matura a sufficienza la consapevolezza di questo stato di cose. Le modalità della lotta politica e di organizzazione soprattutto in occidente, dove il patto riformista è definitivamente saltato (salvo aspetti marginali), sono ancora sostanzialmente le stesse da decenni, l'illusione contrattualista e democratico-istituzionale si accompagna alla sottovalutazione del nemico sul piano politico culturale e repressivo, fino alla sottovalutazione della necessità di formare politicamente i militanti e gli elementi combattivi delle masse (4); vecchie autoreferenzialità personalistiche e di gruppo proprie dell'egemonia piccolo borghese sono ancora prevalenti rispetto al bisogno di unità politico culturale da ricostituire di fronte ad un nemico sempre più brutale, avido e pervasivo.
Oggi l'aspetto principale dello scontro è che non ci sono più posizioni strategiche da difendere se non marginali (né sociali né tantomeno istituzionali, ecc), il conflitto deve riprendere dalle discriminanti di classe e dalla scelta di campo dove anche vecchie contrapposizioni debbono essere riverificate in una nuova linea di azione anticapitalista da ricostruire.
Ciò che ci occorre è l'analisi concreta del movimento reale sia del campo nemico che del nostro campo, tracciando la linea di demarcazione esattamente dove serve, per determinare e scegliere noi il tempo ed il terreno del conflitto più favorevole al proletariato, senza che sia il nemico a costringerci in condizioni di inferiorità.
Oggi il campo sociale, culturale, politico vede i proletari in posizione difensiva spesso frammentata impegnati più a limitare i danni che a porsi obbiettivi di avanzamento di nuovi diritti, questo vale dal luogo di lavoro, nel territorio fino al sistema carcerario. Bisogna pertanto evitare in ogni modo di farsi relegare a fare "guerra di posizione" per difendere l'esistente, cioè dove il capitale e le sue forme di comando risultano inevitabilmente più forti dei proletari, dei popoli, dei movimenti e delle persone isolate, in cui le nostre debolezze e sofferenze si accentuano pesantemente. Si tratta cioè di operare in una dura condizione di resistenza attiva ovunque nelle fabbriche e nel territorio, per i diritti e contro la guerra - la resistenza coerente è quella che identifica i nemici palesi ed unisce le forze - ma nel contempo bisogna liberarsi da tutte le illusioni sul modello sociale esistente, anche dovendo lasciare posizioni date per acquisite, intraprendendo una moderna lunga marcia nella pratica e nella teoria per raggiungere e costituire sempre nuove basi di appoggio, cioè il naturale retroterra sociale e culturale in cui radicarsi e su cui fondare la ricomposizione politica e organizzativa, il punto più alto da cui vedere. Occorre la consapevolezza e la convinzione che la tendenza storico materiale alla trasformazione della società, esiste unicamente come condizione interna alla materia sociale e come tale va assecondata e indirizzata, poiché richiede condizioni determinate di tempi e modi per realizzarsi. E' certo che la trasformazione non potrà avvenire per sola scelta volontaristica soggettiva di tipo etico. Un altro mondo è possibile perché necessario materialmente, ma deve nascere sulle rovine del vecchio mondo.

Contributo per una riflessione da un compagno di Milano

Note:
(1) "Per scatenare una guerra, i reazionari Usa devono in primo luogo attaccare il popolo americano. E lo stanno già facendo: opprimono politicamente ed economicamente i lavoratori ed i democratici degli Stati Uniti e si preparano ad instaurare il fascismo". (Mao Tse-tung: scritto all'inizio della repressione Maccartista negli anni 50. da" Situazione internazionale ed intervista con A.L.Strong", "problemi della guerra" 1952). Articolo "la guerra di classe" (tigre di carta) Rivista "La Contraddizione" n.87

(2) Da Franco Fortini: "Un luogo sacro" 1990 "Intifada. Le chiacchiere sulla fine del Marxismo sono, appunto, chiacchiere."..."E oggi le forme arretrate fondate su conflitti religiosi"... "altro non sono che l'aspetto pittoresco e apparentemente secondario di qualcosa che è ampiamente diffuso in tutto l'Occidente". "tutt'al più spostare lo sfruttamento più vistoso in altre parti del pianeta"....".Nei territori i coloni e l'esercito sono la stessa cosa"....." Il presente si pone come definitivo, il carico rituale passa ad un altra istituzione: "lo stato etico"... "La conclusione coerente è la teocrazia, i sacerdoti armati".

(3) Finché vi sarà un "modo di produzione" si creeranno necessariamente autorità e comando, soggezione ed obbedienza che a loro volta riprodurranno i rapporti della produzione capitalista. (Mao Tse-tung "opere scelte")

(4) Nei confronti dei lavoratori immigrati si indulge spesso ad una assistenza umanitaria generica (sanitaria, legale, insegnamento della lingua, ricerca della casa ecc...) senza operare sul piano culturale e politico della critica ideologica di classe e quindi della formazione della soggettività rivoluzionaria. L'emigrazione come condizione e destino normale e non occasionale della forza lavoro in eccesso, sia nei luoghi di nuova industrializzazione che in quelli spogliati dalla accumulazione originaria. " Il proletariato senza più nazione che non ha da perdere che le proprie catene"


Note Bibliografiche

K. Marx: Il Capitale Libro I sez. 7 cap. 23° "La legge generale dell'accumulazione capitalistica" (punti: 3 "Produzione progressiva di una sovrappopolazione relativa ossia di un esercito industriale di riserva", e 4 "Forme differenti di esistenza della sovrappopolazione relativa. La legge dell'accumulazione..".) cap. 24 "la cosiddetta accumulazione originaria" .
Id. Libro terzo terza sezione "La legge della caduta tendenziale del saggio di profitto" (punto III, "Eccesso di capitale e sovrapproduzione")

Gramsci : ...."Si tratta solo della fase più recente(ma non l'ultima !..) di un processo iniziato con l'industrialismo.....che è solo più intensa delle precedenti (ma non l'ultima !...) e si manifesta in forme più brutali.....Avverrà ineluttabilmente una selezione forzata, una parte della vecchia classe lavoratrice (in esubero) verrà spietatamente eliminata dal mondo del lavoro e forse dal mondo tout court " Note sul Macchiavelli. ed. Einaudi q.5: ("Americanismo e fordismo" nota: "Razionalizzazione della produzione e del lavoro" pag. 330)

Lenin: "Educando il partito operaio, il marxismo educa una avanguardia del proletariato, capace di prendere il potere e condurre tutto il popolo al socialismo,...... nell'organizzazione della vita sociale senza la borghesia e contro la borghesia....cioè non l'organizzazione dei lavoratori previlegiati che si sistemano comodamente a livelli intermedi del sistema capitalista" (Lenin: La Comune di Parigi Ed: Riuniti).

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