Potenza Europea ed Europa potenza
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Il 5 novembre del 1956 parà inglesi e francesi occuparono Porto Said ed iniziarono ad avanzare per "liberare" il canale di Suez. Alcuni giorni prima Israele aveva iniziato l'occupazione militare del Sinai e le forze aeronavali anglo-francesi avevano demolito le difese aeree e terrestri degli egiziani. Si avvicinava all'epilogo la cosiddetta crisi di Suez innescata, il 26 luglio 1956, dall'annuncio della nazionalizzazione della Compagnia del canale di Suez (la Compagnia Universale) da parte del Presidente egiziano Nasser.
La proprietà della Compagnia assicurava all'Inghilterra e alla Francia il controllo e la gestione del flusso del 70% della produzione petrolifera del Golfo. Ma, paradossalmente e per certe "astuzie della storia", fu proprio la forzature militare delle vecchie potenze coloniali europee a decretarne una decennale esclusione dal controllo dell'area mediorientale ponendo fine definitivamente alla loro influenza "coloniale" in favore di quella delle "nuove" potenze del cosiddetto equilibrio bipolare. In quei giorni l'ONU, la neonata "istituzione globale" delle potenze vincitrici del secondo conflitto interimperialista mondiale, visse giorni gloriosi imponendo alle loro truppe vetero-coloniali un umiliante e repentino ritiro.
Del resto sull'epilogo di questa vicenda pesava, inevitabilmente, il fallimento della prima ipotesi di costituzione di un polo imperialista europeo basato su un pilastro economico (la CECA - costituita nel 1951) ed uno militare (la Comunità Europea di Difesa - bocciata definitivamente dall'Assemblea Nazionale francese il 30 agosto 1954).
Il ridotto potenziale economico sul piano "globale" di quegli stati nazionali che erano stati le principali potenze coloniali del secolo precedente costringeva l'insieme dei paesi europei ad una condizione di "mezzadria" nella gestione degli equilibri di potenza mondiali da parte delle nuove potenze continentali (USA e URSS).
Ma è proprio dall'apparente evidenza dell'insufficienza politico-militare di questi paesi che iniziava in Europa occidentale un faticoso, lungo e contraddittorio processo di ricomposizione economica e politica di quella che Lenin chiamava la "culla dell'imperialismo".
Un processo contraddittorio e condizionato dalle relazioni della bilancia di potenza "globale" determinate dagli sviluppi della lotta di classe sul piano internazionale. Mentre l'Inghilterra si attestava su una "relazione speciale" con gli USA, la Francia ritirava la propria adesione alla NATO per dotarsi di un autonomo potenziale nucleare e gettava le basi di una relazione stabile con quello che sarà il motore economico della nuova potenza europea: la Germania. In fondo, da questo punto di vista, la nascita della CEE (1957) e l'istituzione dell'EFTA per iniziativa del Governo inglese (1959) sono due facce della stessa medaglia.
E malgrado le diverse "visioni" e linee politiche che si sono alternate nel corso degli ultimi decenni in questo tentativo di ricostituzione "puramente politica" di un polo imperialista europeo, sono proprio le vicende che hanno contraddistinto lo sviluppo della lotta di classe e del modo di produzione capitalista sul piano internazionale che hanno, in ultima istanza, determinato le diverse battute d'arresto e/o accelerazioni di questo stesso processo: il che, già di per sé, chiarisce il significato mistificatorio del concetto di "primato della politica" periodicamente sbandierato dalla nomenclatura comunitaria.
Nel pieno del boom economico degli anni sessanta le Comunità centralizzano i propri organi esecutivi (1965) e realizzano, con diciotto mesi di anticipo sulla data prevista, l'entrata in vigore dell'unione doganale tra i "Sei" paesi della Comunità (1° luglio 1968).
L'emergere della crisi accompagna la decisione di allargare la Comunità e di puntare sull'unione monetaria: la conferenza dei capi di stato e di governo dell'Aja (1-2 dicembre 1969) fissa questi obiettivi successivamente realizzati con l'istituzione del "serpente monetario europeo" (1972) e con l'ingresso di Regno Unito, Irlanda e Danimarca nella Comunità (1° gennaio 1973).
Il prolungarsi e l'acuirsi della crisi (sia sotto il profilo "sociale" del contenimento della lotta di classe nella stessa metropoli europea che sotto quello "commerciale" della cosiddetta crisi energetica e della inconvertibilità del dollaro) sembra agire in direzioni apparentemente contraddittorie nel processo di strutturazione del polo imperialista europeo. Da un lato si accentua il carattere inter-nazionale delle sue istituzioni (con la formalizzazione ed istituzionalizzazione, nel 1975, del Consiglio europeo: la riunione periodica dei capi si Stato e di Governo dei paesi della Comunità) e viene istituito il Sistema Monetario Europeo (1978), dall'altro lato si ricerca il consenso delle masse europee (con la prima elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto nel giugno 1979) e si procede all'allargamento della Comunità ad altri paesi - in particolare, Spagna e Portogallo - così da far assumere alla Comunità una dimensione ed un peso quasi continentale. Si apre in questo periodo la stagione del massiccio intervento e sostegno di istituzioni finanziarie "globali" (in particolare il FMI-BM) per realizzare "piani di aggiustamento strutturale" dei rapporti tra le classi nelle metropoli e nei paesi "dipendenti".
Ma è l'emergere della Comunità europea come principale potenza commerciale mondiale a ridare slancio al suo processo di integrazione economica e politica. Questo sia sul piano delle relazioni "globali" che delle relazioni "inter-nazionali" europee. Basti considerare, sotto questo profilo, le cifre del commercio estero inglese: negli anni '70 il suo interscambio commerciale si svolgeva per il 31% con i restanti paesi della Comunità e per il 18% con gli USA; all'inizio degli anni '90 l'interscambio con i paesi CEE era cresciuto al 54% e quello con gli USA si era ridotto al 13% mentre, nello stesso periodo, gli investimenti statunitensi in Inghilterra si erano costantemente ridotti fino ad eguagliare sostanzialmente quelli dei paesi CEE.
Dati questi presupposti (relativa pacificazione sociale, estensione quasi continentale e potenza commerciale) si accelera il processo che, tracciato nel Libro bianco della Commissione del 1985, porterà alla stipulazione dell'accordo di Schengen (1985) all'entrata in vigore dell'Atto Unico del 1986 (1° luglio 1987) e all'istituzione dell'Unione Europea (Trattato di Maastricht, 1992).
Due esigenze fondamentali e speculari, sotto il profilo strettamente politico, emergono nella gestione delle istituzioni comunitarie e dei singoli paesi della Comunità: la costituzione di uno "spazio giuridico europeo" (con il corollario di accordi "antiterrorismo", la costituzione del primo nucleo dell'Europol e della Magistratura europea) e il cosiddetto processo di esecutivizzazione dei poteri statali nazionali (che ha comportato un rafforzamento istituzionale degli esecutivi dei singoli Stati nazionali e contemporaneamente ha posto, per la prima volta in maniera esplicita, la questione della cessione di quote di sovranità nazionale verso l'alto: le istituzioni comunitarie).
Un processo che è stato condizionato da fattori "interni" (la riunificazione tedesca e l'allargamento dell'Unione) e, soprattutto, dalla spinta del nuovo ciclo liberista del mercato mondiale e da un accelerato processo di riallineamento nelle gerarchie del sistema degli Stati imperialisti (dal "crollo" dell'URSS alla prima guerra del Golfo e alle guerre balcaniche).
Malgrado l'Unione Europea si fosse affacciata al nuovo millennio con un nuovo potente strumento di gestione della bilancia di potenza "globale" (l'euro) appariva ancora evidente il gap esistente fra la potenza europea e la strutturazione istituzionale dell'Europa potenza. Sicchè il Consiglio Europeo di Laeken (14-15/12/2001) si concludeva con la seguente dichiarazione sul Futuro dell'Unione Europea: "Facendo seguito alle decisioni prese al vertice di Nizza, il Consiglio europeo ha adottato una nuova Dichiarazione sul futuro dell'Unione nella quale auspica un'Unione "più semplice, più forte nel perseguire i propri obiettivi essenziali e più presente nel mondo". Al fine di assicurare una preparazione ampia e trasparente della prossima conferenza intergovernativa, il Consiglio europeo di Laeken ha deciso di convocare una "Convenzione sul futuro dell'Unione" che avrà come Presidente Valéry Giscard d'Estaing e come vice presidenti Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene. Inoltre, la Convenzione sarà composta da 15 rappresentanti dei Capi di Stato o di Governo degli Stati membri (uno per Stato membro), 30 membri dei parlamenti nazionali (due per Stato membro), 16 membri del Parlamento europeo e due rappresentanti della Commissione. Tutti i paesi candidati parteciperanno alla Convenzione: "saranno rappresentati alle stesse condizioni degli Stati membri attuali e parteciperanno alle deliberazioni senza tuttavia avere la facoltà di impedire un consenso che si dovesse delineare tra gli Stati membri".
Il Presidium della Convenzione sarà composto dal Presidente e dai due vice presidenti della Convenzione, nonché da nove membri appartenenti alla Convenzione (i rappresentanti di tutti i Governi che durante la Convenzione esercitano la Presidenza del Consiglio, due rappresentanti dei Parlamenti nazionali, due rappresentanti parlamentari europei e due rappresentanti della Commissione).
La Convenzione, che si riunirà a Bruxelles, inizierà i suoi lavori il 1° marzo 2002: lavori che si concluderanno dopo un anno. Al termine del suo lavoro la Convenzione redigerà "un documento finale che potrà comprendere opzioni diverse, precisando il sostegno sul quale ciascuna di esse può contare, o raccomandazioni in caso di consenso". Tale documento costituirà il punto di partenza per i lavori della Conferenza intergovernativa che prenderà le decisioni finali."
Come è noto i lavori della Convenzione si stanno concludendo in questi giorni e le prossime tappe previste per l'approvazione del testo definitivo della Costituzione europea sono il Consiglio europeo di Salonicco del 20 giugno 2003 (Consiglio in cui sarà presentato ufficialmente il documento finale della Convenzione ed a cui parteciperanno i dieci nuovi membri dell'Unione: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Slovenia) e la Conferenza intergovernativa (CIG) di Roma del 15 ottobre 2003: organo istituzionalmente competente ad approvare la bozza della futura Costituzione europea ed i cui lavori dovrebbero durare tre mesi. Si prevede perciò di approvare il testo definitivo entro la primavera del 2004 e prima dello svolgimento delle elezioni del nuovo Parlamento europeo.
Così, nelle intenzioni della borghesia imperialista europea e attraverso la realizzazione concreta dei "tre pilastri" individuati già nel Trattato di Maastricht (l'integrazione economico-monetaria, la politica estera e di sicurezza comune e un "potere giudiziario" europeo), dovrebbe trovare corpo la prima architettura istituzionale dell'Europa potenza. Naturalmente tutto questo processo non poteva e non potrà che essere condizionato sia da "fattori" interni che esterni.
Sotto il primo profilo e dal punto di vista della cessione di quote di sovranità nazionale, non poteva che emergere "fragorosamente" la questione della bilancia di potere tra Stati/Governi nazionali e Istituzioni/Governo dell'Unione. Le più recenti discussioni pubbliche sulla "messa a punto" del progetto della Convenzione sottolineano principalmente questo aspetto dell'edificazione dell'Europa potenza. Sembra che, in ultima analisi, il problema sia disegnare un'Unione a due teste (che formalizzi con la compresenza di due cariche "presidenziali" - il Presidente del Consiglio Europeo e il Presidente della Commissione UE - la dicotomia di potere tra Governi nazionali e Governo dell'Unione nelle scelte riguardanti "la borsa e la spada" della futura azione politica dell'Unione) o un'Unione a una testa (che formalizzi con la riunione in un'unica carica dei poteri del Presidente del Consiglio Europeo e del Presidente della Commissione la prevalenza degli interessi dell'Unione rispetto a quelli dei Governi nazionali).
Ma, tutto sommato, tutta la diatriba sul bilanciamento dei poteri istituzionali nazionali e dell'Unione è, al contrario, riconducibile ai condizionamenti e vincoli esterni che l'edificazione dell'Unione ha incontrato ed incontra. Sotto questo profilo, e per un altro dei "paradossi della storia", la recente seconda Guerra del Golfo e la conseguente occupazione dell'Iraq da parte della "superpotenza" USA, potrebbe addirittura favorire ed accelerare il processo di costituzione dell'Europa potenza (magari rispolverando, come implicitamente ha fatto uno dei due vicepresidenti della Convenzione, il "vecchio" progetto dell'Europa a due velocità - un nucleo federale ed un'area confederata - a fronte della resistenza di alcuni Governi nazionali ad abbandonare definitivamente il principio dell'unanimità nelle materie fondanti la "sovranità dell'Unione"). Tutto questo sarà materia di definizione in sede di Conferenza intergovernativa, ma intanto occorre creare dibattito e "consenso dal basso".
Nel frattempo, e con molto meno clamore di pubblico, è appena stato siglato l'accordo tra sette paesi dell'Unione (Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio, Lussemburgo e Turchia) e Airbus per la consegna entro sei anni di 180 aerei da trasporto militare A400M (per un investimento di 20 miliardi di euro), è stato nominato Presidente del comando militare UE (UEMC) il generale Rolando Mosca Moschini che entrerà in carica, per 3 anni, nell'aprile 2004 (col che si può presumere che l'Unione abbia già fissato la data di "entrata in servizio" del secondo pilastro della NATO) e la riunione di maggio dei Ministri degli Esteri e della Difesa dell'UE ha esplicitamente richiesto di stralciare le spese per investimenti militari di lungo periodo dai parametri del "Patto di stabilità".
I tempi della stesura della "Carta europea" ricalcano i tempi della costituzione dell'ESDI (l'Entità di Sicurezza e Difesa Europea). A quasi cinquant'anni dalla "forzatura di Suez" la "forzatura del Golfo" può aiutarla a rientrare da "co-star" nel tragico spettacolo mediorientale.


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