SENZA CENSURA N.12

NOVEMBRE 2003

 

Borghesia imperialista europea e fronte interno

 

“Questo articolo non s’ha da fare” pensò spronato da Bravi in divisa inviati dal Don Rodrigo Dambruoso.

Sul fronte interno la borghesia ha rilanciato la propria guerra al proletariato metropolitano e alle sue compagini più avanzate. Un attacco che stavolta dovrà obbligatoriamente trovare una risposta politica adeguata.

Ed è attraverso il tentativo di scrivere ugualmente questo articolo che, nonostante l’ennesimo sequestro di alcuni dei nostri pc, vogliamo garantire la continuità del nostro lavoro ed esprimere la nostra solidarietà militante ai compagni arrestati e perquisiti.

 

Se sul fronte esterno, con una sempre maggiore difficoltà nel riuscire a capire la linea di demarcazione che lo differenzia da quello interno, la Resistenza irachena sta dando una degna risposta, all’interno delle nostre metropoli le risposte stentano ancora a farsi sentire.

Lo sviluppo di ulteriori passaggi a livello europeo, sia sulla definizione che sul rafforzamento delle strategie controrivoluzionarie, sia sul fronte interno che sul fronte esterno, evidenziano quanto i due piani si trovino in profonda dialettica tra di loro.

Mentre la BI europea compie, durante l’attuale semestre italiano di presidenza Ue, ulteriori passaggi in avanti per quanto riguarda l’esercito europeo, in funzione di una maggiore capacità di determinarsi come soggetto imperialista, non di meno adegua la sua struttura politico militare interna per la guerra contro il PM europeo.

All’incontro del 22 settembre, il presidente della commissione Ue, chiedeva al comitato politico di presentare al comitato permanente una analisi e una valutazione di fattibilità del disegno costituzionale concernente la CFSP (Common Foreign and Security Policy) e ESDP (European Security and Defense Policy) e le loro relative dimensioni parlamentari.

Alla conferenza organizzata dal senato, dalla camera dei deputati italiani e dalla assemblea della UE, intitolata “New scenarios for European common security and defence", il dibattito sulla fattibilità della proposta di convenzione in merito alla possibilità di stabilire una dimensione comune di difesa all’interno dell’Europa, ha dimostrato chiaramente che rimangono aperte alcune differenze su alcuni temi, come ad esempio sul centro di comando, sul quale è stato raggiunto un accordo, almeno per ora, sebbene ne limiti ancora il reale utilizzo, la capacità decisionale e l’autonomia dal quadro Nato.

In data 21 ottobre 2003 è stato adottato a livello europeo un rapporto su “Prospettive per una politica europea di sicurezza e di difesa”, come contributo alla Conferenza Intergovernativa, concernente il capitolo del Trattato Costituzionale europeo che riguarda questo tema.

I parlamentari, nel rispetto di quanto è stato preparato nel disegno di Costituzione concernente una difesa comune, ribadiscono però la necessità di speciali accordi e la revisione di alcuni punti di questa parte.

Il rapporto avverte che la creazione di una difesa comune all’interno dell’Europa non dovrà essere puramente simbolica ma dovrà rappresentare una reale aggiunta di valore in termini di sicurezza continentale.

Il Comitato che ha steso il rapporto, fa notare come la formula contenuta nel disegno costituzionale per una stretta collaborazione in tema di difesa e sicurezza non può essere sufficiente, in quanto rischia di configurarsi come semplice  dichiarazione non garantendo così credibilità, ma dovrà essere ratificata attraverso protocolli specifici.

Nonostante la necessità di una consultazione con le autorità Nato, continua il rapporto, il disegno costituzionale non dovrà contenere la condizione di essere membro Nato per la partecipazione e dovrà garantire la possibilità per i paesi non europei di parteciparvi. E’ il rapporto stesso che spinge a non scordare il fatto che la UE è composta non solo da paesi europei, e che nei fatti rappresenta la certezza che il problema della sicurezza e difesa europea va ben oltre i confini dell’Europa stessa.

Questo aspetto è a nostro avviso molto importante e rileva i progetti, almeno sulla carta, di una parte della BI per lo sviluppo di una entità imperialista europea sempre più convinta dello sviluppo del suo ruolo all’interno del quadro imperialista stesso. Infatti la possibilità di partecipazione alla difesa comune di paesi non Nato determina da una parte un possibile maggiore potere di contrattazione all’interno della gerarchia imperialista, in particolare verso gli Usa. Dall’altra la possibilità di partecipare alla difesa comune data a paesi non europei, almeno nell’attuale significato del termine, può consentire di rafforzare la sua capacità di incidere all’interno del panorama internazionale, sfruttando la necessità di maggiore cooperazione tra alcune entità imperialiste per controbilanciare il potere Usa.

I parlamentari europei spingono con forza verso una forma di “governo della difesa e sicurezza” che consenta di mantenere e sviluppare  all’interno degli accordi costituzionali un meccanismo di informazione, consultazione e dialogo tra il Consiglio e il corpo interparlamentare, composto dai parlamenti degli stati membri in tutte le aree dove funziona il processo inter governativo, ed in particolare per sicurezza e difesa. In questo dovrebbero essere coinvolte delegazioni di paesi candidati o altri paesi non europei e non membri Nato.

Il rapporto propone due opzioni per raggiungere questo obiettivo: primo, il Consiglio sottopone annualmente, simultaneamente all’assemblea e al parlamento europeo, un rapporto annuale sulle attività; in seconda ipotesi la Conference of european affairs committees (CEAC) e l’assemblea arrivano ad un forum di consultazione per i parlamenti nazionali con speciale attenzione ai temi di difesa e sicurezza.

Il 23 ottobre, in un incontro a Parigi, l’ambasciatore  Maurizio Melani ha ribadito ai parlamentari europei che una più forte ed efficace politica estera dovrebbe essere conseguenza del disegno strategico della sicurezza europea, sulla quale le discussioni stanno procedendo. I punti di convergenza tra gli stati europei stati sono molti e questo determina una maggiore capacità sia decisionale che pratica, e il successo della visita di tre ministri degli esteri europei in Iran ne è l’esempio.

Durante l’incontro l’inglese David Atkinson ha posto all’ambasciatore la richiesta se all’interno del disegno di una sicurezza europea è incluso lo sviluppo di un sistema di difesa missilistico. La risposta è stata che ancora non è stato discusso di un sistema missilistico comune nell’Unione, e che l’idea di una zona di sicurezza è stata creata in una situazione in cui l’economia di mercato e il buon governo sono garanti del rapporto con i paesi confinanti.

Non si ferma sul fronte esterno la formazione dell’apparato politico militare teso a prevenire e combattere, termine che più volte compare nelle motivazioni relative alla costruzione del sistema repressivo europeo. Ed è altresì interessante quanto la definizione di “nemico interno”, ovvero il proletariato metropolitano, sia oramai diventato di uso comune anche per organizzazioni o osservatori sulle cosiddette “libertà civili” in Europa.

L’entrata nel semestre europeo presieduto dal governo italiano ha visto una accelerazione nella creazione di un sistema idoneo a prevenire le proteste del proletariato metropolitano in occasione dei vertici degli organismi internazionali.

Fin dal 2001 il Consiglio europeo ha spronato i paesi membri ad utilizzare quanto previsto dal trattato di Shengen per fermare l’entrata nei paesi dove si svolgono gli eventi dei cosiddetti “fomentatori o black block”.

 

“Informazioni e segnali di pericolo riguardo i nomi di individui provenienti da altri paesi che potrebbero provocare disturbi o interruzioni allo svolgimento di incontri del Consiglio europeo o altri eventi comparabili, possono facilitare l’obiettivo di impedire l’entrata nel paese ad individui che si presume possano provocare disturbi all’ordine pubblico e rischi per la sicurezza degli eventi”

(proposta italiana, doc n° 10965/03)

Fino ad ora i Summit europei si sono svolti nei paesi che assumevano la presidenza europea, mentre attualmente esiste il tentativo di far svolgere i Summit semestrali a Brussels. Questo fatto sposta quindi, senza ambiguità, la responsabilità della sicurezza e l’ordine pubblico, dai singoli paesi alla sovrastruttura continentale.

Secondo la presidenza italiana uno dei maggiori problemi da risolvere è disporre di specifiche informazioni e di segnali di pericolo riguardo i nominativi di persone che possono provocare disordini provenienti da altri paesi.

La presidenza italiana ha preparato una risoluzione in 9 punti per affrontare l’argomento.

La Risoluzione non è vincolante (soft law)  ma rappresenta un metodo conveniente per legiferare a livello europeo senza che i singoli parlamenti vengano consultati.

L’articolo 1 afferma che l’applicazione del’articolo 2.2 di Schengen (controlli alle frontiere) dovrà in ogni modo, per quanto è possibile, limitare l’inconveniente di bloccare il traffico di viaggiatori non collegati agli eventi in oggetto.

Gli articoli 3 e 4 affrontano il problema di disporre di una banca dati con i nominativi di coloro che già si sono resi responsabili di atti di “disturbo” durante i summit internazionali o in circostanze simili, e questo faciliterebbe anche la soluzione al problema dei viaggiatori non collegati agli eventi politici.

L’articolo 8 ad una lettura superficiale sembrerebbe limitare la conservazione delle informazioni e il loro uso per il tempo ristretto dell’evento, sulla base del quale nascono i problemi di sicurezza. In realtà tali informazioni possono essere mantenute dai paesi anche per lungo tempo. Infatti l’articolo 9 prevede che i dati in questione possano in ogni modo essere mantenuti a disposizione dei posti di frontiera dei singoli paesi.

Molto chiara è la stessa presa di posizione di Statewatch in merito a quanto sopra, soffermandosi sul fatto che tale banca dati presupporrà l’esistenza di una attività di intelligence precedente e che questa, sebbene vediamo che già molti di questi dati li hanno già a disposizione attraverso le numerose inchieste e perquisizioni, non si limita e limiterà a far riferimento a precedenti summit internazionali e similari, ma riguarderà tutti coloro coinvolti in problemi di ordine pubblico.

La proposta italiana è solo uno degli intenti per contrastare le proteste radicali del proletariato in occasione di summit e non solo.

Una particolare importanza riveste il “Security handbook for use of police autorities and services at international events such as meeting of the European Council” (doc 12637/3/02) nella cui introduzione e motivazione viene espressa l’esigenza di provvedere ad indicare alcune linee guida per il rafforzamento della struttura repressiva europea, nell’impegno per garantire la sicurezza in occasione degli incontri del Consiglio europeo e provvedere all’assistenza delle autorità locali.

Sufficientemente chiara, almeno per quanto riguarda gli intenti, lo scopo di impedire “interferenze da parte di elementi le cui azioni o obiettivi sono la violenza o atti di altra natura criminale”.

E’ chiaro che tale affermazione non si base sul fatto che questi soggetti dispongano di accordo per svolgere tali azioni, ma sulla base di una presunta intenzione o possibilità che possano operarle.

Questo handbook mette in rilievo il nuovo ruolo che sarà giocato dal Segretariato Generale del Consiglio (il Consiglio Europeo è rappresentato dai 15 governi europei). Il Security Office (GSC Security Office) giocherà un ruolo centrale nei futuri summit semestrali europei che si svolgeranno a Brussels.

Viene inoltre rilevato che il GSC Security Office rappresenta un consulente sulla sicurezza, pur rimanendo chiaro che non rappresenta una forza di polizia, ma eserciterà un ruolo di controllo sulla sicurezza e sulla sua efficacia.

Il mantenimento della legge e dell’ordine e i provvedimenti inerenti alla sicurezza interno agli stati membri, sono prerogative dei governi nazionali, ma tutto ciò deve anche rappresentare il terreno di collaborazione internazionale  per quanto riguarda la sicurezza in occasione di eventi del Consiglio europeo. Le autorità dei paesi ospitanti i vertici, devono garantire la sicurezza della non interruzione dei summit. La garanzia dello svolgimento di manifestazioni pacifiche deve essere garantito e la strada della cooperazione con dimostranti e attivisti deve essere percorsa delle autorità di polizia.

Secondo l’European handbook …. “ agli stati ospitanti spetta, con la collaborazione delle strutture continentali, la responsabilità nell’ottenere informazioni in merito a possibili azioni durante i summit da parte di manifestanti, informazioni in merito a persone, durante i giorni di svolgimento, sospette  o ree di aver commesso attività criminali, incluso il loro nome, dati anagrafici, circostanze dell’arresto e esatta descrizione del reato commesso, informazioni sulla legislazione e i provvedimenti di polizia applicabili in questi casi nel paese ospitante o nei paesi terzi dove è stato commesso il reato, rapporti dettagliati sui fatti violenti e le circostanze in cui sono state commessi durante il summit.

Gli altri stati membri devono fornire analisi sui fenomeni criminali durante i tre mesi prima dell’evento, e estendere l’informazione, se necessario, attraverso comunicazioni periodiche con frequenza sempre più stretta via via che ci si avvicina alla fatidica data, fino ad arrivare ad un rapporto giornaliero durante l’ultima settimana che la precede.

Europol può, compatibilmente con il suo mandato, provvedere a rilevare informazioni e stendere analisi sui possibili fenomeni e sulle persone che ne potrebbero essere gli artefici.

Per quanto riguarda le autorità di polizia dei paesi ospitanti e non solo, è fondamentale l’apertura di un dialogo con gruppi di attivisti e manifestanti, oltre alla popolazione locale, in ordine di assicurare che le “legittime” dimostrazioni si svolgano pacificamente. La creazione di un “costruttivo” rapporto di collaborazione rappresenta un abile strumento per prevenire ed eventualmente isolare (e colpire diciamo noi) azioni di “disturbo”.

Gli stati membri devono inoltre garantire sufficienti risorse per l’arresto e l’investigazione, ed inoltre strutture sufficienti per il trattamento detentivo in attesa del completamento delle indagini e del processo.

Le unità di polizia destinate al mantenimento dell’ordine pubblico devono essere sottoposte a training di alto livello qualitativo anche eventualmente sotto istituzioni rilevanti nel campo.”

Dobbiamo quindi davanti a tutto ciò ringraziare in primo luogo coloro che in questi anni hanno operato in direzione di creare un sistema di collaborazione, attualmente più volte denominato “Effetto Serra”, con l’apparato repressivo e controrivoluzionario europeo in occasione dei controvertici e manifestazioni, non ultimo quello di Roma del 4 Ottobre.

Lo stesso ringraziamento a coloro che, nella rincorsa alla legalità, hanno legittimato una sempre maggiore repressione e attività di controllo nei confronti di coloro ritengono la legalità borghese lo strumento del mantenimento dello stato presente delle cose.

Ma nello stesso tempo non possiamo non ringraziare coloro che sull’onda della Lotta al Terrorismo hanno garantito la legittimità per inasprire la legislazione repressiva (Senza Censura n°11) e compromesso la capacità delle masse di comprendere la vera ragione di tutto ciò.

Il tempo non cancella la memoria e nemmeno la nostra coerenza.

 

Dalla Ueo alla UE

Il Consiglio dell’Unione dell’Europa Occidentale, il primo Consiglio Interparlamentare Europeo per la Sicurezza e la Difesa, fu fondato nel 1954 dal Trattato di Bruxelles Modificato. Il Trattato contiene una clausola di reciproca difesa  simile all’ Articolo 5 del Patto Nord Atlantico e lega la sicurezza dei Paesi Membri dell’UEO alla NATO. Esso creò inoltre l’Assemblea Parlamentare, che è composta da 370 parlamentari nazionali  di 28 paesi europei inclusi tutti gli Stati membri dell’UE così come i paesi candidati all’UE e alla NATO. Essa controlla  le attività intergovernative  europee in tutte le aree di sicurezza e difesa inclusa la cooperazione sugli armamenti. Seguendo il trasferimento delle attività operative dell’UEO all’UE, il Consiglio serve anche come piattaforma interparlamentare per la Politica Europea di Sicurezza e Difesa.

 

Trattato di Bruxelles Modificato, Art. V

“Qualora uno dei Partner Associati fosse oggetto di un attacco armato in Europa, gli altri Partner Associati, in accordo con i provvedimenti dell’Art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, daranno tutto il sostegno militare e di altro genere e l’assistenza in loro potere al Partner attaccato.”         

 

Trattato di Bruxelles Modificato, Art. IV – primo paragrafo

“Nel rendere esecutivo il Trattato, I Partner Associati e tutti gli Organismi da loro istituiti sotto il Trattato lavoreranno in stretta cooperazione con la N.A.T.O.”    

 

Trattato di Bruxelles Modificato, Art. IV - secondo paragrafo

“Riconoscendo l’inopportunità di duplicare il personale militare della NATO, il consiglio e il suo Ufficio conteranno sulle adeguate autorità militari della NATO per quanto  riguarda l’informazione e il supporto per le questioni militari”.                

 

Trattato di Bruxelles Modificato, Art. VI

“Tutte le misure adottate come risultato dell’Articolo precedente verranno immediatamente riportate al Consiglio di Sicurezza. Esse verranno terminate appena il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per  mantenere ripristinare la pace internazionale e la sicurezza.

Il presente Trattato non pregiudica in alcuna maniera gli obblighi dei Partner Associati i provvedimenti della Carta delle Nazioni Unite. Esso non verrà interpretato in alcuna maniera da intaccare l’autorità e la responsabilità del Consiglio di Sicurezza sotto lo Statuto  di prendere in ogni momento l’iniziativa necessaria per mantenere o restaurare la pace internazionale e la sicurezza.”

 

Bozza del Trattato Costituzionale, Art. I-40(7) – seconda frase:

“Sotto questa cooperazione, se uno degli Stati Membri che partecipa alla cooperazione stessa, è vittima di un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati gli daranno supporto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, militari o altro, in accordo con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.  

 

Bozza del Trattato Costituzionale, Art. I-40(7) – terza frase:

“Nel rendere esecutiva la cooperazione nella difesa reciproca, gli Stati Membri partecipanti lavoreranno in stretta cooperazione con la N.A.T.O.”     

 

Bozza del Trattato Costituzionale, Art. III-214(3)

“Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite verrà informato immediatamente di qualsiasi aggressione armata e delle misure di conseguenza adottate.”   

 

ORDER 118 SULLA POLITICA DI SICUREZZA IN UN’EUROPA ALLARGATA (22 ottobre 2003)

 

Il Consiglio,

i. Salutando il progresso fatto da alcuni paesi dei Balcani occidentali, nello sviluppo del loro sistema democratico e nell’avvicinamento all’Unione Europea attraverso il processo di stabilizzazione e associazione;

ii. Desiderando dare ai parlamenti nazionali dei paesi interessati maggiori possibilità di partecipare al lavoro del Consiglio, con l’obiettivo di renderli familiari con  la dimensione democratica della politica europea di sicurezza e difesa;

iii. Desiderando inoltre sviluppare rapporti con il parlamento dell’Ucraina,

INVITA LA PROPRIA PRESIDENZA

1. A sottoporre  al Consiglio le proposte per adottare misure adeguate per offrire alle delegazioni parlamentari di  Croazia, Bosnia ed Herzegovina, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Albania, Serbia e Montenegro maggiori possibilità di partecipare in qualità di osservatori al lavoro del Consiglio e delle sue commissioni;

2. A sottoporre al Consiglio le proposte riguardanti appropriate disposizioni per consentire al parlamento ucraino di essere maggiormente partecipe al lavoro del Consiglio e delle sue commissioni.

 

Quello che segue è lo schema ufficiale attraverso il quale devono essere fornite le informazioni.

 

Analisi dei possibili rischi inerenti a dimostranti e altri gruppi

 

1. Nome del gruppo probabile dimostrante o che può incidere sull’evento

2. Composizione e numero dei membri

3. Caratteristiche distintive (abbigliamento, slogan, ecc..)

4. Natura del gruppo (azioni violente, disturbo, ecc..)

5. Metodo di manifestazione

6. Organizzazione interna e funzionamento del gruppo – leadership  

– significato delle comunicazioni   

– altre informazioni sulla struttura

7.  Collegamento con altri gruppi a livello nazionale e internazionale

8.  Membri precedentemente coinvolti in incidenti   

– tipo di incidente   

– luogo        

– individualmente o in gruppo       

– condanna e riferimento alla legislazione nazionale

9. Comportamento  

– verso le forze dell’ordine 

– verso la popolazione locale        

– uso di armi

– consumo di droga o alcool        

– utilizzo del mascheramento       

– comportamenti in differenti situazioni

10. Collegamento e capacità di utilizzo dei media

11. Sito Web, bollettini, ecc.. del gruppo

12. Scelta della strada per arrivare

13. Mezzo di trasporto

14. Scelta logistica

15. Lunghezza probabile della permanenza

16. Informazioni supplettive su collegamenti e dimostrazioni in altri paesi

17. Altre informazioni rilevanti

18. Fonti delle informazioni con sufficiente specifica di queste.



http://www.senzacensura.org/