SENZA CENSURA N.12

NOVEMBRE 2003  

 

Amneh Mounah, prigioniera politica palestinese

 

Secondo la testimonianza fatta al “Club dei Prigionieri” (organizzazione di difesa dei prigionieri palestinesi) da Hala Djabr, una donna palestinese appena rilasciata il 7 settembre dopo 14 mesi di prigionia nella prigione di Neve Tirza (Ramleh), le aggressioni contro Amneh Mounah , prigioniera portavoce delle donne detenute nella prigione di Neve Tirza, si sono accresciute terribilmente. Ultimamente, le guardie hanno gettato dell’acqua bollente su Amneh cosi come dei solventi sul suo corpo; e invece di condurla al vicino ospedale, l’hanno piazzata in isolamento. Hala ha aggiunto in più che questo attacco era premeditato e che le autorità della prigione avevano un solo scopo: uccidere Amneh Mounah .

Non è la prima volta che Amneh è vittima di vendette brutali. Ha 26 anni, è originaria di Gerusalemme ed era studentessa all’università fin quando è stata arrestata il 19 gennaio 2001. E’ stata accusata di “partecipazione all’omicidio di un israeliano”. Durante il suo interrogatorio, Amneh è stata torturata fisicamente e psicologicamente e fino a oggi, non è stata giudicata, giacché il processo viene continuamente rimandato (il che è un modo per tenerla ancora  più tempo in detenzione, per più tempo possibile).

In prigione, Amneh è stata eletta portavoce delle prigioniere e la sua militanza nel difendere i diritti delle prigioniere le ha valso l’odio da parte delle autorità israeliane. E’ stata spesso picchiata e messa in isolamento molte volte. In ottobre 2001, dopo essere stata malmenata un po’ più violemntemente, è stata trasferita in un altro centro, il centro di detenzione Abu Kabir, dove è stata piazzata in isolamento totale. Ma le altre prigioniere di Neve Tirza hanno cominciato uno sciopero della fame per esigere il suo ritorno; le autorità israeliane hanno dovuto accettare e Amneh è tornata…

A tutt’oggi, ci sono circa 70 donne detenute di cui una dozzina sono minori. Tutte devono lottare senza sosta per i loro diritti e la salvaguardia della loro dignità. Per esempio, nel luglio di quest’anno, 37 donne hanno rifiutato di rientrare nelle loro celle per protestare contro l’isolamento. Le autorità penitenziarie le hanno infradiciate d’acqua poi 70 soldati hanno invaso il cortile del passeggio, le hanno picchiate molto violentemente per obbligarle a riguadagnare le loro celle, e infine hanno dovuto prenderle e gettarle in cella dato che esse rifiutavano di ritornare nella loro postazione d’isolamento; per compiere il loro odioso lavoro, hanno impiegato dei gas nelle minuscole celle. Una delle prigioniere, Atyf Alyan, è stata attaccata e i soldati le hanno deliberatamente immesso i gas direttamente in bocca. Poi l’hanno portata altrove, in un altro centro… e molte altre donne o minori sono state ferite in quesa “operazione”.

Per la sua lotta senza tregua contro tali atti barbari del regime penitenziario, per reclamare dei diritti e voler salvaguardare la loro dignità, per il loro rifiuto di piegarsi e sottomettersi, Amneh Mounah  adesso deve pagare con la sua vita.

I prigionieri palestinesi e le loro organizzazioni fanno appello alla comunità internazionale e alle differenti istituzioni per agire adesso contro queste orribili condizioni alle quali dei palestinesi, uomini, donne e bambini, sono sottomessi nelle prigioni e nei centri di detenzione.

Questo drammatico avvenimento, l’ultimo di nostra conoscenza, dimostra con forza l’intollerabile situazione attuale nelle prigioni israeliane. Questi ultimi mesi, ognuno ha potuto essere testimone dell’escalation della violenza contro i detenuti palestinesi ed è molto chiaro che Israele continua la sua politica di distruzione anche nelle prigioni. Ma nello stesso tempo, la lotta e la resistenza dei prigionieri crescono: in molte prigioni e centri di detenzione hanno avuto luogo degli scioperi della fame ed è stato annunciata l’imminenza di uno sciopero della fame di tutti i prigionieri palestinesi.

Rompiamo i muri della vergogna !

Solidarietà internazionale !

Sostegno incondizionato alla resistenza e alla lotta dei PALESTINESI !

 

(Neve Tirza prison, po box 229, 72100 RAMLEH. Israel)

[Da larevoltegronde@yahoo.fr]

 

ULTIMORA – 5 novembre

Addameer, associazione di sostegno ai Prigionieri Politici Palestinesi denuncia che: dopo un altro attacco delle guardie contro Amneh Mounah, nel quale forti pressioni psicologiche hanno preceduto un attacco con gas, che le ha provocato ferite, e un tentativo di strangolamento; dopo che è stata posta in isolamento in seguito a questi fatti, senza ricevere nessuna cura medica, accusata di aver attaccato 3 guardie; contro gli attacchi fisici che sta subendo, e contro il suo isolamento, Amneh sta portando avanti dal 26 ottobre uno sciopero della fame senza fine, e dal 28 ottobre ha iniziato a rifiutare anche l’acqua.

40 prigioniere hanno iniziato uno sciopero della fame in solidarietà. 6 sono state spostate in isolamento. 2 sono state attaccate dalle guardie. Tutte stanno subendo vari provvedimenti punitivi.

 

ADDAMEER

P.O Box 17338 - 91999 Jerusalem - Israel

Tel: 00972-2-2960-446 - Fax: 00972-2-2960-447

addameer@planet.edu - www.addameer.org

 

PRIGIONIERI:QUALCHE DATO

Dal 1967 al 1988 più di 600.000 Palestinesi sono stati incarcerati in Israele, per un periodo che va da una settimana a

tutta la vita.

Al 3 ottobre 2002, 2.755 Palestinesi erano detenuti nelle strutture dell’IDF (Forze Difesa Israeliane) e 1.306 in quelle

dell’ISP (Israeli Prison Service).

Dal 29 marzo 2002, gli arresti eseguiti ammontano a 15.000 unità, delle quali 6.000 sono anco ra imprigionati; 1.700 in

stato di detenzione amministrativa, tra i quali 350 bambini. Secondo l’organizzazione umanitaria B’tselem, l’85% dei prigionieri è stato sottoposto a tortura.

Dall’inizio della II° Intifada, 28 settembre 2000, all’ 8 aprile 2003, oltre 28.000 prigionieri erano presenti nelle carceri sioniste; attualmente nelle prigioni in territorio israeliano vi sono rinchiusi 5.123 uomini e 66 donne.

Dal Settembre 2000 molti sono gli omicidi mirati di militanti della Resistenza Palestinese, attuati come strategia preventiva dal governo Sharon.

 

Coordinamento di lotta

per la Palestina di Milano

[coorpalestina@arabia.com]



http://www.senzacensura.org/