SENZA CENSURA N.12

NOVEMBRE 2003 

 

Area metropolitana: trasformazioni e conflitti

 

Questo è il primo capitolo di un’inchiesta realizzata da più gruppi di compagni su una porzione dell'area metropolitana milanese nella quale svolgono il proprio lavoro politico.

Questo contributo, si prefigge di intercettare e di orientare il dibattitto e l'intervento sulle trasformazioni complessive del territorio, in particolar modo le ricadute sulla condizione del proletariato metropolitano dell'area e le mutazioni complessive della composizione di classe.

Il suo valore d'uso sta nel fornire uno strumento di intervento che sia il primo passaggio per lo sviluppo di un osservatorio sociale e di un intervento pratico.

[tratto dal volume “Metropoli - precarietà sociale diffusa, lotta di classe, trasformazioni nella zona nord est di Milano”, a cura del Collettivo Zona Nord-Est di Milano e del Collettivo per la Rete dei Lavoratori di Milano, edizioni autprol].

 

Nello stendere questo contributo abbiamo ritenuto importante dare un quadro d’insieme che collocasse ogni singola realtà territoriale all’interno di un’area metropolitana più ampia. Con ciò facendo nostro il piano delle trasformazioni urbanistiche in atto, e non solo, evidenziando il rapporto tra processi macroscopici ed effetti microscopici, ovvero la stretta relazione tra globalizzazione e ricadute locali.

L’intreccio di questi due piani – globale e locale – è essenziale per la comprensione dei cambiamenti in atto e i nodi problematici che fa sorgere non possono essere risolti a tavolino ma soltanto attraverso l’attività pratica tesa a trasformare l’esistente.

E’ necessario intervenire incisivamente in questi processi, per essere in grado di dominarli il più possibile a livello conoscitivo, costruendo gli strumenti di intervento più adeguati con i soggetti interessati a tali mutazioni.

Cogliere la complessità dei cambiamenti, predispone ad un lavoro politico che li affronti nella sua globalità, per non avere i propri tempi e modalità di intervento dettati dalle varie singole “emergenze” che si moltiplicano e lasciano dietro di loro l’esperienza di un tentativo di porvi rimedio il più delle volte incompiuto.

Possiamo annoverare tra le esperienze che hanno avuto questo approccio quelle dei vari comitati – spesso creati ad hoc – che il più delle volte si sono posti solo il problema dello spostamento nelle immediate circostanze della fonte di nocività, che si trattasse di ripetitori telefonici, discariche, inceneritori, arterie del traffico ferroviario o su gomma; oppure che si sono occupati soltanto dell’impatto ambientale di alcune trasformazioni sottovalutandone le ricadute sociali, come per esempio le condizioni degli operai che lavorano nei cantieri stradali o ferroviari, che manipolano sostanze nocive, ecc.

Occorre gettare alle ortiche la pratica deleteria di ragionare ed agire per singola realtà locale, di delegare l’azione ad organizzazioni che parzialmente o complessivamente sono co-artefici, o nel migliore dei casi, spettatrici impotenti e silenti dei cambiamenti che si vogliono contrastare: speculazione edilizia, devastazione del territorio, moltiplicazione delle fonti di nocività, precarietà sociale diffusa, criminalizzazione di una fascia sempre più ampia di proletari immigrati.   

Se si vuole sviluppare una propria autonomia di azione e di pensiero bisogna sforzarsi di agire in prima persona, mettendosi in gioco, osando lottare anche contro coloro che, per calcolo politico, si mostrano solidali alle ragioni delle mobilitazioni, salvo poi sbatterti la porta in faccia, come le varie star politiche locali.

Il concetto di area metropolitana rimanda a tutta una serie di caratteristiche, o meglio funzioni, dell’organizzazione dello spazio in una moderna area a capitalismo avanzato, come quella milanese, e più in generale quella Lombarda; quelle che qui abbiamo cercato di mettere in luce, perché più qualificanti per le tendenze di sviluppo del territorio interessato, sono: la dislocazione delle arterie di comunicazione, la distribuzione della logistica, la formazione e la gestione del mercato della forza-lavoro e la realtà della condizione operaia all’interno di alcune aziende.

La metropoli è organizzata come una fitta rete di interessi per la valorizzazione capitalistica del territorio; deturpa l’ambiente mineralizzandolo e rendendolo saturo di gas di scarico e di residui industriali e civili, lo invade di onde elettro-magnetiche con i suoi ripetitori; mantiene i proletari soggiogati ai ritmi sempre più invadenti della flessibilità produttiva, priva l’esistenza di un qualsiasi spazio di aggregazione e di relazione sociale che non sia soggetto ad una logica mercantile: giganteschi centri commerciali, multisale ovunque, altri spazi a cui si accede solo dopo avere pagato.

Dietro il suo aspetto annichilente e mutilante si cela però anche la possibilità di essere un volano per l’organizzazione di classe, nella misura in cui questa è in grado di utilizzare le contraddizioni sociali che la metropoli genera, facendo presa sui punti di debolezza e ribaltandoli in punti di forza. L’azione proletaria può sfruttare, ad esempio, la tendenza alla congestione e all’entropia nelle metropoli come proprio strumento di lotta, facendo emergere la profonda follia della gestione capitalista della società.

In sintesi, la metropoli può essere l’epicentro di una forza sociale in grado di sottrarre la ricchezza prodotta al deleterio uso capitalistico e di sviluppare così nuovi rapporti sociali che ci vengono negati a priori, e con essi una ipotesi alternativa all’esistente. In questo senso, la metropoli è un laboratorio sociale che disegna il profilo della lotta di classe nel terzo millennio, soprattutto nel territorio Lombardo che è all’avanguardia rispetto alle mutazioni in atto: urbanistiche, del mercato del lavoro, dei flussi di immigrazione, ecc.

Conoscere e far conoscere l’esperienza proletaria rispetto alla resistenza attiva e quindi rispetto ai conflitti sociali contro i Signori della città non è uno strumento di auto-chiarificazione per chi lotta quotidianamente.

Questo tentativo non può che essere fatto dai diretti interessati che socializzano i loro problemi per trovare una soluzione comune, siano essi lavoratori immigrati dei cantieri delle varie arterie di comunicazione, operai addetti alla logistica, fissi e precari del settore manifatturiero “classico”, come parte dei tanti profili di precariato che lavorano nella grande distribuzione e nei servizi e così via.

Il tratto più sintomatico dell’esperienza proletaria nella metropoli è la condizione di precariato sociale sia rispetto alla sfera lavorativa e sia, di rimando, a quella abitativa; non importa se si è un giovane lavoratore autoctono, un immigrato dal sud Italia o dalle Isole, o un immigrato da paesi fuori dall’UE.

 

Riferimenti:

Collettivo zona nord-est di Milano

e-mail: czne@ecn.org

web site: www.ecn.org/czne

 

C.A.A. di Inzago di Milano

e-mail: cazinz@hotmail.com

 

Collettivo per la rete dei lavoratori di Milano

e-mail: rossoconte@hotmail.com



http://www.senzacensura.org/