SENZA CENSURA N.14

GIUGNO 2004

 

L’assalto al cielo

Dichiarazione finale di Dimitris Koufontinas al processo contro l’organizzazione rivoluzionaria “17 Novembre” davanti al tribunale speciale di Atene.

 

l testo è stato tradotto da “So oder So!” nr.13, primavera 2004 che ha precisato che dal testo sono state tolte solo quelle parti che si occupano di avvenimenti quotidiani e persone greche.

Quando Dimitris Koufontinas giunse alla conclusione del suo discorso non pochi fra i presenti avevano le lacrime agli occhi. Quasi tutti si alzarono ed esplosero in un forte applauso e gridarono parole d’ordine, quando l’imputato ricordò con versi del poeta popolare Kostis Palamas, la storia delle sofferenze e della resistenza in Grecia. Poco dopo il giudice abbandonò l’aula. Dimitris Koufontinas davanti al tribunale ha espressamente assunto la responsabilità per tutte le azioni e le dichiarazioni dell’”organizzazione rivoluzionaria 17 Novembre”.
Con la dichiarazione che segue si è concluso un processo unico. Per i 19 imputati era stata allestita un’aula apposita in un’ala del carcere femminile di Atene, le loro celle erano invece state ricavate nel sotterraneo. Nella requisitoria del pm sono stati esposti 2 500 capi d’accusa. Sono state passate in rassegna tutte le azioni del 17N, come l’organizzazione viene pubblicamente chiamata da 30 anni: dall’appartenenza ad ”associazione criminale” al possesso di armi, dagli espropri in banca fino all’uccisione di avversari politici. L’8 dicembre 2003 il tribunale ha pronunciato la sentenza. Erano contenute assoluzioni e pene a lunghi anni, fino a 25 e all’ergastolo.
Vasilis Tzopzatos, Iraklis Kostaris, come pure i fratelli Savas e Christodoulos Xinos sono stati condannati da uno fino a parecchi ergastoli. Dimitris Koufontinas è stato colpito con 13 ergastoli, la pena più alta
Con la sentenza finisce la storia dell’organizzazione armata più gloriosa e leggendaria d’Europa. Per più di 30 anni polizia e servizi segreti sono andati a tastoni e ciò dette corso ad innumerevoli speculazioni, perché in nessun luogo fu possibile afferrare un “combattente del popolo”. Una volta avevano le mani in pasta i servizi segreti orientali, l’altra venivano riproposti i gruppi orientati a sinistra. Però al processo nessuna di queste elucubrazioni è stata solidificata. Probabilmente la causa di decenni di inchieste andate a vuoto era molto più semplice: gli attivisti del 17N non appartenevano, in maggioranza, allo strato medio universitario. Vivevano nei quartieri operai e lavoravano come fabbri, pittori di icone, falegnami, o agricoltori. Il loro antimperialismo e anticapitalismo si indirizzava contro gli Usa e l’oligarchia locale. Questo certamente rese popolare il 17N. Hanno così preso parte alle udienze deputati comunisti, giovani anarchici, punk e vecchi ex partigiani che combatterono l’occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale .

INIZIO DELLA DICHIARAZIONE:

A proposito di Diomidis Komninos (1)

Diomidis aveva un passato
Gravoso
Quando a cinque anni, sulle spalle di suo padre
Gridava libertà per Cipro
Quando a dieci anni, scalzo
Con una fetta di pane
in tasca
prese parte alla marcia della pace
a dodici anni esigeva la democrazia
Quando a diciassette anni
Portava nelle mani un manifesto
Pane-Istruzione-Libertà
(Dimitris Ravanis-Rentis)

Signor presidente,
non farò quel che voi esigete da me. Non mi difenderò, perché rifiuto le imputazioni e la requisitoria dell’accusa. Non coopererò al tentativo di condannare un’organizzazione rivoluzionaria come organizzazione criminale e al tentativo di separare un fenomeno politico dalle sue radici sociali. Poiché qui il 17N viene affrontato al di fuori del quadro sociale, politico e storico in cui ha agito negli ultimi 30 anni. Rifiuto che qui sia giudicata la sinistra rivoluzionaria . Rifiuto questo tribunale, poiché esso non può giudicare fenomeni sociali .
Il vostro tribunale non può capire la realtà del 17N . Voi ci potete condannare solo con il diritto della disuguaglianza e con un codice penale che noi non possiamo accettare. Noi subiremo il vostro diritto, ma non siamo costretti a riconoscerlo. E’ un sistema di diritto ipocrita. E’ un sistema che lascia impuniti i potenti e i ricchi, gli industriali che assassinano con gli incidenti sul lavoro, gli armatori che affondano le loro vecchie navi con dentro le persone e i saccheggiatori della ricchezza pubblica –per tutti loro questo diritto non vale.
Il vostro tribunale è stato creato sulla base di una legge speciale autoritaria. E’ un tribunale dotato di relative prescrizioni e i suoi membri hanno legittimato una scandalosa sentenza anticipata. La decisione sul cosiddetto “crimine politico” ha già messo in mostra i suoi limiti. Nei fatti i paragrafi del diritto speciale avrebbero dato il permesso di comprendere la prassi del 17N come “crimine politico”. Ma l’ordine dominante pretendeva qualcosa d’altro. Esso ci vuole condannati come “criminali comuni” e non per quelli che noi siamo: ostaggi di una guerra senza dichiarazione di guerra, di una guerra sociale inconciliabile che viene combattuta fino alla fine fra le classi, fra ricchi e poveri, forti e deboli, sfruttati e sfruttatori.
Io ho dichiarato di essere membro del 17N e assumo la responsabilità politica della sua prassi. Sono d’accordo con tutte le sue tesi e decisioni. Solidarizzo con tutte le attività intraprese dai compagni del 17N. Lo stesso vale per ogni lotta condotta per un mondo di pace e di libertà, per un mondo senza sfruttamento, ingiustizia e falsa legalità.
Non farò quel che voi volete . Non seguirò la vostra logica. La nostra etica non s’accorda con nessuna cooperazione e con nessun tradimento. Perciò non parlerò del mio rapporto politico con l’organizzazione. Non intraprenderò nessun tentativo di convincervi a quali attività non ho preso parte. Non parlerò dei miei coimputati. Questo è il ,mio comportamento e lo manterrò, ugualmente, quale sia il prezzo personale che mi viene richiesto.
Dall’inizio il 17N ha dichiarato di essere un’organizzazione di semplici combattenti del popolo. I suoi membri hanno origine dal cuore del popolo, ne hanno udita la voce ed hanno cercato di portarne avanti i presupposti. Avevano cura di rendere conto di ciò solo al popolo. Non parlerò dell’organizzazione e della sua prassi e mi rivolgo a tutti quelli che hanno creduto in noi, che ci hanno dato sostegno morale e per i quali eravamo una scintilla di speranza. Uno dei testimoni ha espresso questo così: noi eravamo un sospiro di sollievo, un momento, in cui veniva creata la giustizia – qualcosa che lei, signor presidente, non può mai essere.
Parlo anche a quelli che abbiamo deluso, che hanno preso le distanze dalle nostre decisioni, ma che tuttavia erano sulla nostra stessa sponda, entusiasmati dall’assalto al cielo. Mi rivolgo anche a quelli che hanno ricevuto dolori inevitabili dalla nostra prassi, indipendentemente dal fatto se di questi siamo stati responsabili noi o la parte che ci combatteva. Mi indirizzo alle famiglie colpite. La storia giudicherà se ciò è accaduto a torto o a ragione; una storia che, fortunatamente, segue altri criteri da quelli di questa legalità.

La via della rivoluzione.
Nel dicembre 1975 un gruppo di combattenti colpì il capo della Cia in Grecia. Il rappresentante della Cia allora, come oggi, era il braccio lungo del dominio americano nel nostro paese. Il governo militare aveva piazzato da 300 fino a 400 agenti nei punti nevralgici dell’apparato governativo, statale, militare, nei partiti e nella stampa, cosicché potevano controllare la politica, la vita economico-sociale nel senso degli interessi americani. Il governo voleva lasciare nell’oscurità i retroscena della realtà. I partiti e i mass-media esercitavano una campagna di occultamento e disinformazione: veniva detto dei “poteri occulti”, di appartenenti alla giunta, di provocatori, di agenti e della mafia. Ma il popolo greco subito capì il perché il capo della Cia era stato giustiziato e chi ne era l’esecutore. L’organizzazione assunse la responsabilità e distribuì la dichiarazione, redatta in migliaia di copie, nei quartieri popolari di Atene.
Il 17N era un’organizzazione della sinistra rivoluzionaria; di una parte della sinistra la quale crede che l’attuale sistema di società non può mitigare le ingiustizie sociali, poiché esso stesso le riproduce e le pone a propria base. Questo sistema non può risolvere il problema della disoccupazione, giacché esso la crea e gli è necessaria; non può sbarazzarsi della guerra, poiché esso la conduce ed è alimentato da quella; non può esigere lo sviluppo equiparato di tutti i paesi, poiché esso si sostiene sullo sfruttamento dei paesi poveri. Il sistema non si interessa della catastrofe ecologica, poiché esso stesso è la causa di questa crisi; non rispetta le diversità culturali delle persone, poiché crede soltanto all’onnipotente dio del denaro.
Questo sistema non può più essere riformato o democratizzato. Può essere soltanto rovesciato dalla rivoluzione sociale. Questa è la questione che da due secoli divide la sinistra in due correnti principali, una riformista e l’altra rivoluzionaria. Questa differenza non è né astratta né futura e in nessun caso di pura natura teorica; è pratica, concreta e attuale, perché l’avvenire determina i mezzi immediati dell’oggi.
Chi rifiuta la soluzione rivoluzionaria cerca di frenare la collera del popolo. Chi sceglie la via della rivoluzione cerca l’azione immediata, il metodo e l’etica che corrispondono agli interessi della sua classe: della maggioranza del mondo del lavoro, dei deboli e dei poveri, delle vittime dello sfruttamento. A questa sinistra appartiene il 17N. E’ la sinistra di Lenin, del Che e di Aris (2), la sinistra della rivoluzione d’Ottobre, della rivoluzione spagnola, cinese e cubana; la sinistra dell’Elas (3), la sinistra delle rivoluzioni anticoloniali dall’Algeria fino al Vietnam, della sollevazione del maggio ‘68 e del 17 novembre 1973, la sinistra della guerriglia urbana. Il 17N non si considera né al centro della sinistra rivoluzionaria né fu mai dell’opinione che le proprie forme d’azione fossero uniche. Esso ha sempre sottolineato che la lotta sarà di lunga durata, che richiede una cooperazione di tutte le forme di lotta e, innanzitutto, che è necessario iniziarla subito.
Quali erano gli obiettivi dell’organizzazione? Prima di tutto la “nuova Roma”, il nuovo impero. Come ogni impero nella storia, anche questo persegue l’egemonia globale, il saccheggio della ricchezza del mondo. Non riconosce nessuna etica di principio, ma solo il diritto del più forte e la legge della giungla. L’impero si sostiene sui cittadini apolitici controllati dagli onnipotenti mass-media, sui profittatori della società divisa e sull’ideologia della nazione americana eletta, che trova nelle leggi fasciste e nei moderni campi di concentramento la sua espressione. Ma tanto più questa macchina di guerra si estende nel mondo, tanto più salda cresce la resistenza alle sue spalle. La guerra partigiana, la guerra dei deboli, la “creazione di tanti Vietnam” è la sola speranza che resta ai popoli per colpire l’impero potenziato. Per 27 anni il 17N si è preso gioco dei servizi segreti ed ha distrutto l’immagine hollywoodiana dei superagenti. Solo così si può capire il vostro furore e la vostra sete di vendetta contro di noi.
Nel dicembre 1944 gli americani gettarono migliaia di bombe sui quartieri popolari di Atene. Allo stesso tempo impiegarono napalm contro la guerra partigiana. Noi lo abbiamo appreso dai nostri genitori. Abbiamo percepito l’amarezza della sconfitta, delle espropriazioni, del terrore e degli esili, del potere assoluto della polizia e dei tribunali militari. I traditori , nel nostro paese, si trasformarono in dignitari dello stato, in armatori e industriali del mercato nero. Noi guardavamo come la sinistra si vendeva al sistema ed abbandonava le conquiste costate decenni di lotte. Dicemmo: basta! Giacchè esiste una sinistra che non porge l’altra guancia, ma, al contrario, dà un calcio al sistema; non la sinistra benestante e ordinata, ma una sinistra che non sta al gioco , convinta che la soluzione può essere soltanto rivoluzionaria.

La propaganda della violenza rivoluzionaria
Nel Manifesto comunista Marx ed Engels scrivono che i comunisti considerano cosa indegna nascondere i propri punti di vista e i propri propositi, e che essi realizzano i loro scopi solo attraverso l’abbattimento dell’intero sistema di società presente. Marx ha scritto che la violenza è la levatrice di ogni vecchia società che porta già nel proprio grembo i germi di una nuova società. L’azione armata immediata prende le mosse dal fatto che con la lotta armata non si può aspettare fino a quando i presupposti siano maturi. Questo viene fatto discendere da una tesi dei Tupamaros (4). L’azione rivoluzionaria ed il fatto che noi ci armiamo, che ci prepariamo, facciamo scorte e colpiamo l’ordine borghese, crea la coscienza , l’organizzazione e le condizioni rivoluzionarie.
Il 17N prendeva le armi dalle stazioni di polizia, i bazooka dai musei di guerra e le munizioni dalle caserme. Queste erano le azioni armate condotte senza alcun spargimento di sangue. Il 17N dette prova di sostenersi sulle proprie forze e di non essere teleguidato. Quando Aris entrava in un villaggio coi suoi gruppi partigiani e parlava alla popolazione, faceva propaganda armata. Mostrava che era possibile realizzare azioni sotto il naso dei tedeschi. La conseguenza fu uno shock che creò le condizioni per ulteriori azioni. Sicuramente il 17N non era paragonabile ai partigiani di Aris –in Grecia oggi è dominante una democrazia borghese che legittima l’oligarchia-, ciononostante la lotta del 17N mostra similitudini con la lotta partigiana.
La prassi del 17N viene presentata come “terrorismo”. Noi diciamo: No! Il 17N si è indirizzato contro obiettivi e simboli dell’imperialismo e del capitalismo. L’ambasciata americana nel nostro piccolo paese aveva le più alte spese di sicurezza che nel resto del mondo. I servizi segreti di tutti i paesi occidentali inviavano loro specialisti in Grecia. Armatori e grandi industriali costruivano le loro fortezze, mantenevano eserciti di guardie del corpo, spendevano il loro denaro in mezzi corazzati e impianti di sicurezza elettronici. Tutta questa gente, alcune migliaia di individui, era terrorizzata –proprio così- e il 17N ne era orgoglioso. Il popolo greco certamente non era intimorito dal 17N , non andava certamente a letto con questa paura. In un sondaggio di poco precedente l’esplosione del Pireo (5), solo il 2 per cento degli interrogati indica di vedere un problema sociale nel terrorismo. Il popolo ha tanto più timore della violenza dello stato, della violenza della miseria, della disoccupazione e dell’alienazione.
Il 17N non condusse una guerra su tutti i piani. Nonostante le sue possibilità rinunciò ad elevare il livello delle sue azioni. Non scambiò i propri desideri con la realtà e la violenza con la fretta. Non tentò di colpire il cuore dello stato. Il fulcro delle sua attività il 17N non lo pose su testi e dichiarazioni, benché le ritenesse irrinunciabili, ma solo nelle azioni. Così, ad esempio, nel caso dell’attacco all’ambasciata Usa, non venne pubblicata nessuna dichiarazione. La propaganda della violenza popolare deve risultare dall’azione stessa. Era necessario che l’azione venisse compresa dal popolo –“deve parlare da sé”, come dicevamo. La prassi doveva svelare il regime e non avere nessuna conseguenza sugli altri movimenti o persone lavoratrici.
Gli obiettivi del 17N erano i simboli del potere: rappresentanti e istituzioni del regime borghese, dell’egemonia imperialista, dello sfruttamento capitalista e della repressione stratale. Il 17N metteva segni attraverso le sue azioni. Esso dette prova che esistevano individui che si permettevano di andare contro la potenza dello stato e che diventavano pure sempre più capaci. Le attività del 17N vennero considerate dal popolo greco come giusta resistenza del popolo stesso che sa cosa siano umiliazione e sfruttamento. Qui desidererei soltanto menzionare la dichiarazione di uno dei nostri avversari particolarmente appassionata: un deputato di Nuova Democrazia (6) disse che il 23 ,7 per cento, cioè 2.370.000 greci, simpatizzavano con il 17N. E’ un fatto che il 17N aveva radici sociali e che la sua prassi era fondata nelle contraddizioni sociali.

Le maschere devono cadere
Pensiamo all’Afghanistan, alla Jugoslavia e all’Irak. Pensiamo a parti di città distrutte e alle migliaia di vittime civili, alle 500.000 persone che, secondo fonti britanniche, in Irak oggi muoiono di cancro. Queste centinaia di migliaia di morti possono essere paragonate alle poche centinaia di soldati americani morti per mano della controviolenza popolare? Ed appreso il numero dei morti, si tratta della stessa cosa? Non lo possiamo paragonare, controbilanciare. Qui cito il professor Roussis: “La violenza del 17N è insignificante a paragone con le contraddizioni economiche e sociali che la producono”. Le maschere debbono cadere. I funzionari di stato che uccidono i migranti, i piccoli ladri e i dimostranti, vengono assolti o condannati a pene simboliche. Per il 17N è stata varata una legge speciale, un tribunale speciale e carceri speciali. L’uguaglianza davanti alla legge, un principio fondamentale della democrazia, non viene applicata. Per i potenti le leggi non valgono.
Con l’abbattimento dello stato sociale, il vento turbinoso neo-liberale spazza via le conquiste di decenni di lotte. Una società che non si interessa dei deboli e dei malati, che non conosce nessuna solidarietà, non è democratica. Il 20% di tutti i greci vive al di sotto della soglia di povertà, il 15% è senza lavoro, dato che fra i giovani sale al 33%. I beni pubblici, la ricchezza pubblica e il terreno pubblico vengono regalati ai ricchi. Debbo parlare delle provvigioni, costituite da miliardi pesanti a favore dell’industria bellica, del perdurante crimine per quel che riguarda l’edilizia pubblica? Dei baroni dei mass-media? Della grandiosa idea delle olimpiadi? Per quanti anni pagheremo ancora dopo il 2004? Debbo parlare del parlamento che emana leggi su ordinazione? Del governo succube ai potenti? Che democrazia è questa?
Il rivoluzionario armato non è un fanatico della violenza. Per certi individui esistono altre possibilità legali per estrinsecare i propri desideri. Il rivoluzionario che si è deciso attraverso l’analisi politica per la violenza come misura immediata, si è obbligato alle estreme conseguenze per tenersi fedele alle proprie convinzioni. Queste scelte si realizzano innanzitutto contro i propri interessi poiché si tratta di superare il proprio desiderio di autodeterminazione con una concezione della vita che è un paradosso, poiché si può perdere tanto la libertà quanto la vita. Ma prima di tutto ci si imbatte su di una profonda e grave contraddizione da sopportare: l’amore per la vita e la necessità di andare contro la vita. Il combattente sente profondamente questa contraddizione tragica e dolorosa. Essa lo dilania. Ma lui sa che prende parte ad una lotta contro una violenza che disumanizza gli individui e li rovescia nella barbarie.
I concetti, che impiegate contro di noi – “criminali”, “assassini a tradimento” – non possono giudicare le nostre azioni. Il rivoluzionario armato rispetta la vita. Impugna l’arma per difendere la vita da quelli che la maltrattano e l’avviliscono. Può accettare la perdita di una vita se questa porta avanti la causa rivoluzionaria. Conquista così alla vita un nuovo rapporto. Non temporeggia nel sacrificarsi se la necessità della lotta lo richiede. Il rivoluzionario armato interviene in una società dalle enormi disuguaglianze, in cui imperversa una guerra non dichiarata che però reclama vittime più da una parte che dall’altra. Ci sono individui che hanno famiglia, che la amano, che l’hanno tirata su ed in cui sono insostituibili. A queste famiglie siamo debitori, proviamo per loro rispetto e compassione.
Chi conosce il nome delle persone che sono state uccise dalla polizia? Perché, signor presidente, ci ricordiamo delle pistole 45 e non delle pistole 38? Chi conosce il nome di coloro che in incidenti sul lavoro, nelle miniere e nelle navi hanno perso la vita? Chi è stato accusato di corresponsabilità? Chi è stato condannato? Quale politico versa su tutto questo lacrime di coccodrillo? A difesa di quali vittime si è posta la parte civile? In generale non ci furono mai parti civili? Tutte queste famiglie avevano bambini che hanno perso. Non è mai esistito per loro un pulpito. Si è mai interessata di loro una squadra della televisione?
La guerra che sgorga dalla contraddizione sociale di questa società viene combattuta da tanto tempo. Talvolta è visibile, tal’altra invisibile, qualche altra volta indossa la maschera dello stato di diritto, allora mostra di nuovo la sua vera forma. Questa guerra esisterà fino a quando non scompariranno le classi. Quando l’umanità, finalmente, uscirà dalla propria preistoria barbarica –guerra, immiserimento, analfabetismo, sfruttamento-, quando l’umanità trapasserà nel regno della libertà, dell’uguaglianza e dello sviluppo indisturbato dell’essere umano, quando l’essere umano riacquisterà la propria umanità, solo allora la vita acquisirà il suo valore reale.

Ieri sera, dopo aver scritto questa dichiarazione, non ho potuto chiudere occhio. Volevo includere ancora un epilogo. Ma non sono più andato avanti. Concludo perciò con un verso di Kostis Palamas:

Bambino, il mio frutteto che tu erediterai,
qualcosa in lui sempre tu vedi,
non rinunciarci.
Aralo ancor più profondamente, annaffialo più spesso,
cura i suoi prati e la sua terra franante.
Quando arrivano i tempi difficili,
gli anni della collera,
quando gli uccelli e gli alberi, per paura,
imparano ad odiare,
nulla è più buono per te di una fortezza.
Temi la distruzione, non il fuoco, alza la scure.
Lascialo improduttivo, abbatti le piante,
costruisci una fortezza e nasconditi dentro,
per la lotta, per il sangue, per la rinascita,

che noi aspettiamo
e che incessantemente
si avvicina


Note:


1) Dimitris Komnimos venne ucciso dalla polizia nella notte del 16. novembre 1973 nei pressi del politecnico di Atene. La cellula “Libertà per Cipro” si richiama all’occupazione britannica dell’isola prima del 1960, non all’esistente spartizione successiva all’intervento armato turco del 1974.
2) Aris Velouhiotis: fondatore e comandante dell’esercito partigiano Elas che combattè contro l’occupazione tedesca.
3) Elas, “Esercito di liberazione popolare”: fondato nel 1942, esercito partigiano con orientamento comunista.
4) Movimento di liberazione nazionale –Tupamaros, fondato nel 1963, organizzazione della guerriglia metropolitana dell’Uruguay.
5) La bomba del Pireo: il 29. giugno 2002. Nel porto del Pireo esplose anzitempo una bomba nelle mani di un militante. Ciò fu conseguenza di perquisizioni e di arresti, considerati l’inizio della fine del 17N.
6) Nuova Democrazia: il maggiore partito conservatore della Grecia.



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