SENZA CENSURA N.17

LUGLIO 2005

 

Il movimento sindacale in Palestina
Le lotte operaie fra occupazione e conflitto interno

Pubblichiamo questo intervento sullo sviluppo del movimento sindacale in palestina, che ci offre uno dei pochi spaccati disponibli su quale sia il livello dell’organizzazione operaia in una terra schiacciata dall’aggressione sionista e occidentale, dal punto di vista della base sociale in lotta per la sua sopravvivenza oltrechè contro l’occupazione.

Un movimento rivendicativo si sviluppa in Palestina
Un movimento rivendicativo si sta sviluppando in Palestina. Promosso in particolare da sindacalisti del DWRC e dai “comitati dei lavoratori”, ha riunito per ora più di 10.000 lavoratori, con o senza impiego, in occasione della manifestazione che si è tenuta a Gaza il 12 marzo scorso.
Dopo la grande manifestazione operaia di Gaza del 12 marzo 2005, sono state presentate una serie di rivendicazioni al governo ed ai rappresentanti del parlamento, per reclamare diversi diritti.
Questo carnet di rivendicazioni reclama:

a) un salario minimo garantito;
b) un piano d’urgenza contro la disoccupazione e la povertà;
c) l’instaurazione di un sistema assicurativo democratico ed egualitario per malattia e maternità;
d) degli assegni d’urgenza per i disoccupati;
e) ed anche nuove elezioni per il rinnovo della direzione del movimento sindacale;
(vedi i dettagli nel testo che segue).

Un grande sit-in è stato organizzato davanti al Consiglio Consultativo palestinese. Questo sit-in è stato sospeso dopo un incontro con i rappresentanti del parlamento, ma gli organizzatori intendevano riprendere la mobilitazione dopo il 7 aprile ed estenderla alla Cisgiordania.
Mohamed Dahman, che faceva parte della delegazione di 10 sindacalisti invitati lo scorso novembre in Francia, è uno dei principali promotori.
Mohamed Dahman, presidente del Sindacato PGFTU dei servizi pubblici di Gaza, è anche un militante del DWRC ed uno degli animatori della campagna per la preparazione di un congresso democratico del movimento sindacale palestinese.

Spinte democratiche e divisioni
all’interno del movimento sindacale
Dopo l’arrivo di Sharon al potere, la capacità d’iniziativa della direzione del sindacato palestinese PGFTU (Palestinian General Union of Trade Unions) era stata molto ridotta a causa della brutalità dell’occupazione israeliana. Lo stato d’Israele aveva deciso la chiusura totale dei territori occupati. I numerosissimi lavoratori palestinesi che prima lavoravano come “giornalieri” nelle aziende israeliane, si sono ritrovati disoccupati. All’interno stesso dei territori, la vita economica è stata notevolmente rallenatata dall’accerchiamento, dai check-point e dalla costruzione del muro. La maggior parte delle imprese sono di dimensione piccolissima (5 dipendenti). Pochissime multinazionali ( a parte la Coca-Cola che dà lavoro a 900 persone) hanno scelto di investire nei territori occupati.
L’apparato sindacale del PGFTU è potuto sopravvivere al prezzo di una sempre più grossa dipendenza dall’Autorità Nazionale Palestinese, essa stessa profondamente indebolita dall’occupazione militare israeliana (ricordiamo che Sharon aveva fatto di Arafat, assediato nella Moquata, il solo presidente, eletto democraticamente, prigioniero nel suo stesso paese!).

La resistenza democratica della base
Ma con la seconda Intifada il popolo, per poter sopravvivere, ha dovuto trasformare ogni momento della propria vita quotidiana in un atto di resistenza: passare i blocchi per studiare, aggiustare le installazioni elettriche dopo i bombardamenti o le telecomunicazioni sotto il tiro dei coloni o dell’armata, curare i malati e i feriti sotto il coprifuoco, ecc. Tutti queste azioni quotidiane e vitali necessitano di un vero e proprio impegno militante, a volte eroico, di ognuno dei cittadini che lavora. Queste forme di resistenza, per forza di cose “di base” e “trasversali”, hanno contribuito a sviluppare, tra gli uomini e le donne al lavoro, l’aspirazione ad una maggiore democrazia e autonomia.
Molte lotte operaie si sono verificate in questi ultimi anni. Esse sono state iniziate sia da comitati di lavoratori autonomi, come fu per il lungo sciopero dei lavoratori delle cave di pietra della regione di Betlemme, sia da sindacati indipendenti di recente creazione come il Sindacato Nazionale dei Territoriali (lavoratori delle municipalità), sia da sindacati affiliati al PGFTU che si sono strutturrati con un funzionamento realmente democratico e federale (per esempio il sindacato PGFTU della Telecom o quello dei servizi pubblici a Gaza).
Se alcuni sindacati della PGFTU erano più o meno inattivi, altri, come la federazione dei telefonici o quella dei servizi pubblici a Gaza, hanno reclamato che si tenessero elezioni democratiche a tutti i livelli dell’organizzazione sindacale. In effetti, al momento della creazione della PGFTU nel marzo del 1990, un comitato provvisorio esecutivo era stato formato, senza la consultazione della base,per una semplice intesa ai vertici tra le varie correnti della resistenza palestinese. Poi doveva seguire un congresso democratico, che non ha mai avuto luogo.

La PGFTU ed il DWRC
Il Centro per la Democrazia ed i diritti dei lavoratori (DWRC) non è un’organizzazione sindacale concorrente della PGFTU. ‘E una ONG creata nel 1994 che lavora alla formazione sindacale e giuridica dei salariati (conoscenza del diritto al lavoro, negoziazione dei contratti sociali, educazione all’azione ed alla democrazia sindacale). Esso ha così contribuito alla riattivazione dell’attività indipendente e democratica del sindacalismo palestinese.
Questo rinnovamento democratico si estende poi anche al di là del movimento sindacale, e si ritrova in numerose ONG dell’educazione, del settore agricolo con le PARC, e nelle mobilitazioni nei paesi contro la costruzione del muro dell’apartheid.
Una personalità come Mustafa Barghouthi, responsabile dell’UPMRC, si è persino presentata alle elezioni presidenziali con un programma che legava la lotta contro l’occupazione coloniale con degli obiettivi chiaramente sociali, democratici e progressisti. Egli ha ottenuto più del 20% dei voti alle presidenziali.
Tutto ciò mostra certo le contraddizioni interne alla società palestinese, ma anche la vitalità della sua democrazia. Il movimento operaio ha una lunga storia in Palestina. Sin dall’inizio del ventesimo secolo i lavoratori hanno dato un contributo essenziale alla formazione del movimento di liberazione nazionale, che si è contraddistinto fino ad oggi per il pluralismo e la laicità, a differenza della maggior parte dei paesi del mondo arabo.
Questa vitalità della democrazia palestinese non deve però diminuire. ‘E essenziale che le difficoltà e le rivendicazioni del popolo palestinese possano esprimersi, come è stato a Gaza il 12 marzo scorso. Lo sviluppo di un ampio movimento sociale e democratico è l’unica cosa che potrà evitare che il terrore, il fanatismo o la disperazione diventino la sola alternativa al potere dell’Autorità palestinese, che rischia di essere sempre più paralizzata dalla pressione congiunta delle politiche di Bush e Sharon nella regione.

Contraddizioni all’interno del movimento sindacale e prospettive unitarie
Purtroppo ciò che stimola alla base il rinnovamento democratico del sindacalismo, sembra provocare, nella direzione ufficiale del PGFTU, un certo irrigidimento. Alcuni dirigenti sindacali hanno anche delle funzioni ministeriali. Si sarebbe notata una certa inquietudine davanti al crescere del movimento sindacale che si è imposto nelle strade il 12 marzo a Gaza e che potrebbe estendersi al resto della Cisgiordania.
Mohamed Dahman ed i dirigenti della manifestazione del 12 a Gaza, insieme ad altre personalità della sinistra palestinese come Mustafa Barghouthi sono chiamati in causa.
La mobilitazione, voluta dalla Federazione dei Comitati dei Lavoratori Indipendenti e dai sindacati legati al DWRC, è certo una delle espressioni più concrete della lotta quotidiana di resistenza popolare all’occupazione israeliana.
Dobbiamo avere la convinzione che l’insieme delle forze del movimento sindacale palestinese uscirà più forte da questa esperienza, grazie al rifiuto degli anatemi e del settarismo, a favore della democrazia e della difesa comune delle rivendicazioni dei lavoratori.
Il 12 marzo 2005, una manifestazione di più di 10 000 lavoratori si è presentata davanti al Consiglio Legislativo Palestinese a Gaza.

I manifestanti, molto motivati, hanno richiesto:
1 l’adozione di una reale politica di sviluppo e di rafforzamento dell’indipendenza dell’economia nazionale palestinese, al fine di risolvere i problemi di disoccupazione e di povertà;
2 l’adozione di prestazioni sociali specifiche, protezione contro la disoccupazione, assicurazione malattia e maternità, diritto ad una vita decente per tutti, in particolare con l’attuazione di un sistema che proponga ai disoccupati delle offerte di lavoro o dei sussidi finanziari d’urgenza;
3 la creazione di un Fondo nazionale di Protezione Sociale, amministrato da un organismo nazionale autonomo ed indipendente.
4 l’istituzione di criteri chiari e trasparenti, controllati dai lavoratori, per il sistema di assistenza sociale;
5 l’adozione di una legge del sindacalismo democratico che garantisca l’indipendenza del funzionamento dei sindacati ed il diritto fondamentale della libertà sindacale, come stipulato nelle convenzioni internazionali;
6 la determinazione di una data per lo svolgimento di elezioni democratiche dentro la PGFTU (Palestinian General Federation of Trade Union), Federazione nazionale dei sindacati palestinesi;
7 l’applicazione corretta delle leggi del lavoro, in particolare per quel che riguarda l’istituzione dell’ispettorato del lavoro ed il comitato per l’istituzione di un salario minimo;
8 il sostegno governativo alla produzione alimentare di base e per la diminuzione dei prezzi esorbitanti;
9 l’esenzione, per gli operai in disoccupazione, dal pagamento dei contributi assicurativi malattia e delle spese per le cure all’estero.
10 La scolarità gratuita per tutti i bambini palestinesi nelle scuole pubbliche e negli istituti, nel rispetto del testo dell’art.24 della legge di base.

I lavoratori chiedono anche che si faccia in modo che gli studi superiori siano accessibili a tutti o, quanto meno, che gli operai disoccupati siano dispensati dal pagare gli studi universitari dei loro figli. Reclamano inoltre la riduzione generalizzata dei costi degli studi universitari, per garantire a tutti, e soprattutto ai più poveri, il diritto all’educazione.

José Perez
CCIPPP Haute-Normandie

[pubblicato martedì 5 aprile 2005 sul sito www.protection-palestine.org
]



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