SENZA CENSURA N.17

LUGLIO 2005

 

Si accende la lotta nei Centri di Permanenza Temporanea

Da qualche mese, soprattutto a Milano e a Torino, per quanto è dato saperne, si è accesa la lotta all’interno dei Centri di Permanenza Temporanea che in alcune occasioni ha assunto la forma di vera e propria rivolta.
Le ragioni della protesta sono da ricercarsi nelle pessime condizioni di vita alle quali sono costretti i detenuti e, soprattutto, al meccanismo delle deportazioni: “siamo stati spogliati dei nostri diritti come esseri umani, ci hanno ingabbiato come animali”, diranno nel loro comunicato i detenuti del CPT di via Mattei a Bologna.
Alle condizioni di reclusione all’interno dei CPT, vanno sommati i rastrellamenti che quotidianamente vengono effettuati per le strade, nei quartieri come San Salvario a Torino e nei campi rom da polizia e carabinieri e la violenza e l’arroganza con cui vengono svolte queste operazioni. Da alcuni quotidiani nazionali si è potuto apprendere, ad esempio, della morte di 4 giovani immigrati, un tunisino a Milano, due senegalesi e un nigeriano a Torino, nel corso di “normali controlli” da parte delle forze dell’ordine ma sicuramente si tratta di un elenco incompleto.
Di fronte all’intensificarsi della lotta, alla crescita dei rapporti fra interno ed esterno e fra diversi CPT, alla radicalizzazione dei contenuti stessi delle lotte che, a partire dalla denuncia delle pessime condizioni interne di sopravvivenza, tendono ad assumere le caratteristiche di una battaglia più complessiva per la chiusura dei CPT e contro le deportazioni, lo Stato risponde con arresti, carcerazione e deportazioni.
A Milano, il 23 maggio, l’ennesima protesta dei detenuti di via Corelli si è “risolta” con manganellate sul tetto, 21 arrestati di cui 9 nel carcere di San Vittore mentre a Torino, il giorno dopo, sono stati espulsi 7 detenuti marocchini che avevano contribuito allo sviluppo della lotta nel CPT di Corso Brunelleschi e, contemporaneamente, sono state effettuate una decina di perquisizioni a danno dei compagni che stanno solidarizzando con la lotta dei detenuti.
La prontezza dell’azione repressiva, tesa ad intimidire i detenuti nei CPT e a criminalizzare ed isolare chi solidarizza con la loro lotta, rivela l’inquietudine dello Stato nei confronti di una possibile generalizzazione della lotta che se da una parte potrebbe aprire un pericoloso varco all’interno di un sistema detentivo sempre più diffuso e differenziato, di cui i CPT costituiscono un anello e forse il più debole poiché ancora non completamente integrato, dall’altra pone immediatamente questioni politiche più generali legate al ruolo ricoperto dall’Italia nella guerra imperialista in corso in molti dei paesi di provenienza degli immigrati reclusi, all’utilizzo in chiave militare e poliziesca di porzioni sempre più consistenti della società (Croce Rossa, Vigili del Fuoco, personale salariato del trasporto pubblico e privato, lavoratori aeroportuali), alle finalità reali dell’allarme terrorismo.

La cronologia che segue elenca una serie di eventi legati alle lotte contro i CPT e, più in generale, alla “questione immigrazione” accaduti negli ultimi mesi in Italia, in special modo a Milano e a Torino. Si tratta soprattutto di notizie acquisite direttamente “sul campo” e dalla stampa ufficiale. Per alcuni eventi è stato allegato il testo del materiale di controinformazione diffuso.

Cronologia marzo-aprile-maggio-giugno 2005

19 marzo, sabato
Milano: un migliaio di persone confluite nella manifestazione in ricordo di Davide Cesari, Dax, ucciso a Milano il 16 marzo 2003 da una coltellata fascista, giungono nei pressi del CPT di via Corelli. Entra una delegazione, accompagnata da un consigliere regionale, per parlare con i detenuti.

25 marzo, venerdì
Bologna: una trentina di persone dell’ass. Ya Basta e disobbedienti di Bologna si sono recati davanti al centro di detenzione, dopo aver ricevuto una telefonata da un ragazzo rinchiuso all’interno della struttura. Il ragazzo ha voluto denunciare sia gli abusi sistematici nei confronti dei migranti sia la detenzione di tre studenti stranieri in possesso del permesso di soggiorno per motivi di studio. Tutti gli immigrati sono usciti dalle loro “stanze” e sono saliti sopra la tettoia gridando “libertà”. Data la presenza dei manifestanti, 15 cittadini immigrati sono scappati dal CPT attraverso qualche peripezia. L’ultimo tentativo di fuga conosciuto risale al novembre 2004.

26 marzo, sabato
Milano: nel quartiere Greco, zona Nord di Milano, durante un controllo, un finanziere spara in testa a un tunisino di 24 anni, ammazzandolo sul colpo.

1 aprile, venerdì
Milano: occupati gli uffici dell’Alitalia della stazione Cadorna per denunciare le responsabilità di questa compagnia aerea nella politica delle deportazioni.

8 aprile, venerdì
Milano: in serata, in uno dei settori del centro, Salam, un ragazzo tunisino, accusa un malore. I medici della Croce Rossa non intervengono e lui, per l’esasperazione, si è tagliato ad un braccio. Sanguinava molto, ma l’ambulanza non arrivava. I compagni di camerata hanno cominciato a protestare, la Croce Rossa ha aperto la porta blindata e ha lasciato entrare la polizia in tenuta antisommossa. Sono iniziate le “perquisizioni”: vestiti gettati ovunque, olio e caffè versati su di essi, foto di famiglia calpestate, un Corano strappato nella stanza-moschea della camerata, persone strattonate, picchiate, fatte inginocchiare e poi fatte camminare in ginocchio. A quel punto, la protesta si è estesa anche nel settore dei trans. Due detenuti sono stati arrestati e portati a San Vittore. In seguito, Gisela, uno dei due arrestati, viene riportato all’interno del centro di via Corelli mentre Mohamed viene trattenuto in carcere e sarà processato per direttissima giovedì 14 aprile. Salam, nonostante la ferita al braccio e nonostante (o soprattutto per) il fatto che la sua testimonianza fosse indispensabile per ricostruire ciò che era successo quella notte all’interno del centro, verrà poi espulso in Tunisia nei giorni successivi.
9 aprile, sabato
Milano: una delegazione di cinque persone, accompagnata da un parlamentare, è entrata nel CPT di via Corelli, mentre fuori dal centro si svolgeva un presidio che è stato bloccato a 200 metri dal cancello di entrata. La delegazione ha potuto parlare con alcuni dei detenuti del settore B, che da venerdì sono in sciopero della fame, e, attraverso le finestre della sala colloqui, anche con i detenuti di un altro settore che avevano solo intravisto la polizia entrare nella camerata di fronte alla loro ma che ignoravano tutto il resto. Lo sciopero comincia a estendersi anche in altre camerate. Di seguito il testo di un volantino diffuso a firma dei detenuti di via Corelli:

RIBELLARSI AI LAGER COME CORELLI E’ GIUSTO.
LIBERTA’ PER MOHAMMED E GISELA
Noi detenuti di Corelli da oggi sabato 9 aprile 2005 siamo in sciopero della fame. Per denunciare che via Corelli non è un centro di accoglienza ma un carcere speciale per immigrati dove sono negati tutti i diritti e dove subiamo quotidiane violenze.
Chiediamo:

- Libertà per tutti, perché essere immigrato non è un reato.
- Libertà immediata per Mohammed e Gisela, portati da Corelli a San Vittore, per aver avuto il coraggio di denunciare i soprusi che subiamo qui dentro.
- Un incontro in prefettura a cui partecipi una nostra delegazione.

Sulla base del sostegno incondizionato a questa piattaforma, si è formato a Milano il comitato di appoggio alla lotta dei detenuti con l’obiettivo di dar loro voce e supporto concreto. Il comitato indice un presidio cittadino per sabato 16 aprile di fronte ai cancelli del CPT di via Corelli.

10 aprile, domenica
Milano: mentre davanti al centro si svolgeva un presidio, una delegazione è entrata nuovamente e ha potuto visitare gli altri settori oltre al B e raccogliere notizie della lotta all’interno del centro.
Bologna: alle 2 del mattino, forze dell’ordine hanno rastrellato, tra le abitazioni-baracche sul Lungoreno nelle quali vivono decine di lavoratori di nazionalità rumena, 9 persone che sono trasferite ne CPT di via Mattei. I 9 detenuti hanno spontaneamente iniziato uno sciopero della fame. Domani mattina ci saranno le udienze per la convalida del loro trattenimento all’interno del centro. Segue il comunicato scritto dai detenuti nel CPT di via Mattei.

Noi detenuti del Centro di Permanenza Temporanea di Bologna inviamo questa lettera a tutti i cittadini di Bologna e d’Europa.
Desideriamo essere visitati dai rappresentanti delle istituzioni, dai giornalisti per far conoscere le nostre richieste. Vorremmo la possibilità di raccontare la situazione ed i problemi con le carte di soggiorno ed i documenti della gente che deve stare in questo centro.
Alcuni sono stati presi sul lavoro, alcuni dal carcere, alcuni hanno famiglia in Italia e non possono parlarci. Per cortesia vorremmo sapere tutti i motivi per cui siamo qua.
Veniamo qua per migliorare il nostro futuro. La legge umana è solo una.
Vorremmo giustizia, che la polizia effettuasse il suo lavoro come si deve, non contro di noi.
E’ giusto che voi sappiate che molti assistenti sociali qua dentro nuocciono alle persone che chiedono libertà. E’ l’esempio più importante che questo centro sta diventando un carcere.
Siamo stati spogliati dei nostri diritti come esseri umani, ci hanno ingabbiato come animali.
Richiediamo la libertà al popolo italiano ed al sindaco di questa città.
I cittadini reclusi al CPT di via Mattei, in lotta.

11 aprile, lunedì
Milano: il comitato di sostegno alla lotta dei detenuti indice un nuovo presidio davanti al centro a partire dalle 17. Due compagni, nominati da due detenuti del CPT, come prevede il regolamento, attendono di entrare per distribuire succhi di frutta e sigarette agli scioperanti e valutare con loro gli sviluppi della protesta. Dopo due ore di attesa e dopo essere stati introdotti nel primo dei gabbiotti d’ingresso del centro, vengono però bloccati e rimandati fuori per un contrordine della prefettura.
In serata avvengono le prime liberazioni di gruppo, senza che siano trascorsi i 60 giorni di trattenimento previsti dalla legge. A questo punto lo sciopero della fame si estende in tutti i 5 settori del centro, A, B, C (uomini), D (donne), E (transessuali).

12 aprile, martedì
Milano: alle 6 del mattino viene espulso Juan Silverio, detenuto presso il CPT di via Corelli. Una macchina è uscita dal centro ed ha percorso con enorme velocità la stradina che porta alla strada principale, rischiando di travolgere alcuni compagni presenti all’esterno.
Bologna: in seguito alla notizia dello sciopero della fame da parte dei detenuti all’interno del CPT di Via Mattei, è stato tempestivamente organizzato un presidio di sostegno alla protesta messa in atto contro la detenzione arbitraria dei cittadini rumeni. I manifestanti hanno comunicato attraverso il sound-system che in altri centri di detenzione i migranti sono in sciopero. I detenuti di via Mattei hanno fatto sapere che lo sciopero ora coinvolge tutte le persone rinchiuse nel CPT e che sono determinati a continuare questa forma di protesta.


13 aprile, mercoledì
Milano: gli stessi compagni che erano stati bloccati lunedì alle soglie del centro, si sono ripresentati per entrare ed incontrare Hedi, uno degli organizzatori della protesta. Il vice-Prefetto comunica che c’è stato un errore nella trascrizione del nome (in realtà esiste un foglio firmato dalla Croce Rossa che certifica la nomina corretta) e che pertanto potranno tornare soltanto nei giorni successivi. Invece, poco dopo le 20, mentre sta per riunirsi l’assemblea del comitato di appoggio ai detenuti, arriva la telefonata di Hedi che dice di essere in manette: lo stanno deportando. L’assemblea decide di partire alla volta di Malpensa ma, appena arrivati, l’aereo delle 22.10 diretto a Tunisi ha già chiuso l’imbarco. Niente da fare, coloro che si sono fatti promotori delle denunce, che stanno facendo lo sciopero della fame, che mantengono i contatti con l’esterno, cominciano ad essere espulsi con provvedimenti mirati.
In serata la polizia fa irruzione nel centro, all’interno del reparto destinato ai transessuali, picchiando e isolando Gisela che verrà processata l’indomani.

14 aprile, giovedì
Milano: ore 9.30 presidio davanti al tribunale, in occasione della prima udienza del processo a porte aperte contro Mohammed e Gisela. Viene scelto il rito abbreviato per Mohammed che rimane in carcere (con udienza fissata al 5 maggio) e rito ordinario per Gisela che ritorna in Corelli (con nuova udienza il 20 aprile).
Bologna: manifestazione davanti al CPT di via Mattei contro il razzismo e la violenza delle forze dell’ordine e del Comune che continuano l’infame pratica dei rastrellamenti e delle deportazioni di lavoratori e lavoratrici immigrati/e.

16 aprile, sabato
Milano: presidio davanti al centro di detenzione di via Corelli. Una delegazione, composta da 4 compagne, due medici e un consigliere regionale, è entrata nuovamente nel centro. Ha chiesto che nelle camerate potessero accedere, oltre al consigliere, anche le interpreti e i due medici, per poter visitare i detenuti in sciopero della fame da una settimana, alcuni dei quali sieropositivi. Croce Rossa e prefettura hanno negato l’entrata, dopo aver dichiarato ai giornalisti che nessuno era in sciopero. Nel frattempo, mentre i manifestanti al di fuori erano riusciti a calare uno striscione dalla tangenziale con sopra scritto “libertà” in varie lingue, per farlo vedere anche dall’interno del centro, i detenuti, da dentro, hanno cominciato dapprima a chiedere di essere liberati, poi sono saliti sui tetti delle camerate.
Fuori, più di un centinaio di persone solidali, hanno cominciato a farsi sentire, gridando, lanciando slogan, battendo per ore con delle pietre sul guard rail posto sulla strada di accesso al centro.
La delegazione all’interno ha dichiarato che non sarebbe uscita dal centro finché la Prefettura non avesse concesso l’entrata dei medici nelle camerate.
L’azione congiunta dei detenuti saliti sui tetti, delle numerose persone che presidiavano il centro dall’esterno e la resistenza passiva della delegazione, ha permesso di ottenere quanto segue:
- un incontro tra i detenuti del Centro, una delegazione del comitato di appoggio (con il consigliere regionale) e la Prefettura. E’ la prima volta nella storia di Corelli, che i detenuti chiedono ed ottengono la possibilità di incontrare il Prefetto;
- la sospensione delle deportazioni, fino al suddetto incontro;
- il libero accesso di un medico esterno che possa visitare i detenuti.
Dopo quattro ore di trattativa, la delegazione del comitato di appoggio ha deciso di lasciare il centro.
Durante questa settimana di lotta, sono state liberate dal centro più di 20 persone, prima della scadenza dei termini del trattenimento. Altri, però, sono stati deportati. Tra di essi, 5 organizzatori e portavoce dello sciopero. La valutazione del comitato d’appoggio è che, così facendo, la Prefettura e la Questura abbiano cercato, senza successo, di far terminare la protesta.

18 aprile, lunedì
Milano: si è svolto l’incontro ufficiale tra i detenuti in sciopero da dieci giorni e il dottor Aversa, vice Prefetto e responsabile del CPT milanese. Era presente una delegazione del comitato di appoggio alla lotta dei detenuti accompagnata da un consigliere regionale.
Durante l’incontro i detenuti hanno consegnato un nuovo documento in cui hanno espresso oltre alla loro fondamentale richiesta di libertà, per la quale sono entrati in sciopero della fame, la necessità di chiusura del Centro di Permanenza Temporanea e di una nuova regolarizzazione degli immigrati “clandestini” a livello nazionale.
Per oltre due ore gli immigrati hanno potuto denunciare decine di casi che dimostrano come queste strutture siano luoghi di assoluta negazione del diritto.
Risultano infatti detenuti dei disabili, dei minori, lavoratori con contratto a tempo determinato, con permesso di soggiorno, madri con figli che adesso risultano abbandonati, malati di Aids, persone rinchiuse all’interno della medesima struttura per la terza o quarta volta consecutiva.
Ci sono persino casi documentati di persone il cui trattenimento non è stato convalidato dal Giudice di Pace e che la polizia ha trattenuto in questura per poi riportarle in Corelli con un nuovo provvedimento di espulsione e, quindi, relativo trattenimento nel centro.
A questo si aggiungono le denunce delle violenze subite all’interno della struttura ad opera del personale addetto alla sicurezza, polizia e Croce Rossa: violenze verbali, umiliazioni costanti, particolarmente pesanti verso le donne e i trans. Sono quindi stati mostrati, direttamente al vice Prefetto, i segni di tali violenze.
La Prefettura si è quindi dichiarata disponibile a valutare i casi di trattenimento illecito che sono stati sollevati e a garantire, come è avvenuto negli ultimi giorni, che non vi siano ritorsioni contro coloro che, a nome di tutti gli altri in sciopero, si sono esposti facendone i portavoce.
La trattativa è stata interrotta dai detenuti stessi, di fronte al rifiuto della Prefettura di prendere in considerazione la questione della liberazione dei reclusi, del permesso di soggiorno, della chiusura dei CPT, dichiarando che continueranno lo sciopero.

19 aprile, martedì
Bologna: questa mattina i giornali cittadini hanno dato la notizia che ieri sera c’è stato un altro tentativo di fuga dal CPT di via Mattei. A questo tentativo è succeduta una rivolta interna al centro in seguito alla quale alcune persone sono riuscite a fuggire. I detenuti stranieri in fuga sono stati inseguiti dalle forze dell’ordine e nella confusione un ragazzo è “caduto” da una tettoia di circa 5 metri e ricoverato presso l’ospedale Maggiore di Bologna.

20 Aprile, mercoledì
Milano: prima udienza del processo a Gisela. L’unico testimone dell’accusa (un poliziotto in servizio) è costretto a dichiarare che Gisela aveva un atteggiamento poco tranquillo, ma di non averla vista appiccare alcun fuoco. Dichiara inoltre che la Croce Rossa svolge funzioni di controllo sulle camerate del centro. L’udienza viene rinviata al 9 maggio.
Intanto durante la settimana si tengono iniziative e banchetti informativi in vari punti della città.

25 aprile, lunedì
Milano: verso le 18, alla fine della tradizionale manifestazione cittadina, è previsto un presidio sotto al CPT di via Corelli. L’ingente spiegamento di polizia, carabinieri e digos non consente agli intervenuti, giunti alla spicciolata, di arrivare fin davanti ai cancelli del centro, come accaduto invece durante il presidio di sabato 16 aprile. Viene fatto divieto ad una delegazione dei presenti di entrare nel centro, il permesso viene accordato soltanto ai due consiglieri regionali presenti.
Verso le 20 giunge notizia dall’interno del centro che una quarantina di detenuti sono saliti sopra il tetto della struttura. Poco dopo, i partecipanti al presidio, circa 200 persone, vista anche l’impossibilità di giungere più vicino all’ingresso del centro, danno vita ad un corteo spontaneo per le strade del quartiere Ortica limitrofo al centro. Completamente circondato da un ingente schieramento di polizia, il corteo ha sostato in mezzo ad alcune strade, bloccando il traffico e mostrando due striscioni “fermare le deportazioni” e “libertà per tutti e tutte”. Dopo circa un’ora, sempre meno numeroso, il corteo si è sciolto. Alcuni compagni, ritornati nei pressi del centro per incontrare la delegazione dei consiglieri in uscita dal centro, vengono prontamente identificati.

27 aprile, mercoledì
Milano: vengono notificati due verbali di contestazione per violazione amministrativa ad altrettanti compagni perché il 25 aprile alle ore 20.40: “insieme ad altri dieci manifestanti” occupavano “per alcuni minuti la sede stradale in maniera da impedire il regolare flusso del traffico veicolare”, il tutto “a margine di una manifestazione non autorizzata, organizzata nei pressi del vicino Centro di Permanenza Temporanea di via Corelli”, mentre un buon numero di detenuti era sui tetti a lottare. La sanzione, se comminata, prevede il pagamento di una multa che va da 2.582 fino a 10.329 euro.

29 aprile, venerdì
Milano: ancora un’espulsione dal CPT di via Corelli. A Ravier scadevano i 60 giorni del trattenimento. Quando ha visto i poliziotti, ed ha capito che l’avrebbero espulso con un accompagnamento coattivo alla frontiera, ha cercato di evitare l’espulsione con un gesto estremo: alle 5 della mattina, si è praticato un taglio alla mano e alla pancia ed ha ingoiato una lametta. Portato all’infermeria del Centro, suturato in fretta e furia, viene immediatamente condotto all’areoporto della Malpensa ed espulso a Casablanca, con un volo dell’Alitalia.
Un’ennesima espulsione, un’ennesima complicità della Croce Rossa, gestore del Centro di detenzione di via Corelli, e di una compagnia aerea con i metodi della questura di Milano, diventati ormai abitudine.
Anche oggi, come nel caso di Hedi, il comitato di appoggio è intervenuto a Malpensa occupando gli uffici dell’Alitalia e mettendo in stato di agitazione le autorità interne dell’aeroporto. Pur con trenta minuti di ritardo l’aereo è partito. Per il pilota, consigliato dalla Polizia di Stato, tutto era in ordine.
L’eurodeputato V. Agnoletto entrerà il giorno stesso dentro Corelli con una visita a sorpresa, raccogliendo ulteriori dati sui motivi, spesso illegali, del trattenimento e svariate denunce sulle condizioni del centro, oltre agli asciugamani insanguinati di Ravier.

1 maggio, domenica
Milano: il comitato d’appoggio sfila alla mayday con due enormi striscioni “Fermiamo le depotazioni” e “chiudiamo il centro di detenzione di via Corelli”. Tra i due striscioni una gabbia, simboleggiante la condizione più generale che vivono gli immigrati in Italia.

5 maggio, giovedì
Milano: seconda udienza, in rito abbreviato, contro Mohammed. L’accusa è di danneggiamento e resistenza. Il testimone dell’accusa non è molto preciso sulle circostanze ed “ammette”, ma solo alla fine e sotto la pressione del PM, che Mohammed ha fatto resistenza. Nell’udienza precedente Mohammed aveva ammesso soltanto di aver rotto un vetro per la rabbia, nel vedere Salam insanguinato e nessuno che intervenisse in suo aiuto.
Emerge invece che, di fronte a Salam insanguinato e Mohammed chino su di lui, ad intervenire non è stata la Croce Rossa, bensì la polizia, che poi scatenerà la sua furia razzista contro le persone e i loro beni.

7 maggio, sabato
Milano: dalle 15, in P.za Cadorna, si tiene un presidio informativo “contro la macchina delle espulsioni e contro chi vi collabora”, organizzato dal collettivo contro ogni frontiera. Il volantino diffuso e la mostra allestita in loco denunciano il ruolo della Croce Rossa nella gestione dei CPT e nella guerra in Iraq. Nonostante l’ingente (e tuttavia discreta) presenza di polizia e carabinieri, l’iniziativa riscuote un discreto interesse.

9 maggio, lunedì
Milano: in mattinata udienza definitiva del processo a Gisela. Nonostante nessuno dei testimoni d’accusa abbia dichiarato di averla vista appiccare il fuoco, il giudice la condanna a 11 mesi, senza concedere però il nulla osta chiesto dal PM per un’espulsione immediata motivata dalla sua pericolosità sociale manifesta. Senza uno straccio di prova, né di testimonianza, Gisela viene condannata. Beneficerà della sospensione condizionale della pena.
Verso le 22 giunge notizia che una parte cospicua dei detenuti del CPT di via Corelli sono nuovamente saliti sul tetto. Di fronte all’accorrere dei compagni, il CPT viene blindato dalle camionette di polizia e carabinieri. Entrerà solo un consigliere regionale, che avrà così occasione di portare all’esterno l’ennesima denuncia della situazione e la forte rivendicazione di libertà. Le denunce avanzate dipingono l’ormai consueto quadro disumano di Via Corelli: strutture spesso fatiscenti, assistenza medica approssimativa con largo uso di farmaci sedativi e, soprattutto, l’assurdità e l’insopportabilità di una legge che priva della libertà personale, fino a 60 giorni, persone che non hanno commesso alcun reato. Aldilà dell’esito immediato, la serata ha una grande importanza per il segnale di continuità della lotta interna e di un’autorganizzazione destabilizzante. Viene indetto per le 19 del giorno seguente un presidio sotto i cancelli del centro milanese.
10 maggio, martedì
Milano: in mattinata viene liberato Mohammed, uno degli ultimi tra i vecchi leader della nuova protesta. Nel pomeriggio un ingente schieramento di forze dell’ordine impedisce ai partecipanti al presidio di avvicinarsi al CPT. Prosegue la protesta all’interno.

11 maggio, mercoledì
Torino: nel corso di un’operazione, da una pattuglia della polizia del commissariato Madonna di Campagna, vengono esplosi dei colpi di pistola verso un’auto con a bordo tre giovani africani. Un proiettile raggiunge uno dei tre immigrati, un senegalese di 30 anni, uccidendolo sul colpo.
Numerosi sono gli interventi di polizia nei confronti dei diversi insediamenti rom non autorizzati che, da circa tre settimane, stanno conoscendo una escalation: prima persone fermate ai semafori a cui sono stati dati i decreti di espulsione; poi avvisi di sgombero, dopo la pasqua ortodossa dei rom; poi una mattinata con controlli dei documenti nei campi, conclusosi con l’espulsione coatta di tre persone tra cui una donna anziana con una costola rotta; poi ancora controlli dei documenti avvenuti nei pomeriggi al campo. Ancora un controllo in piena notte al campo, fino ad arrivare al rastrellamento di oggi che ha visto circa una trentina di persone prese e portate al comando di polizia municipale, questura e CPT, tra questi sono stati presi anche donne e bambini, hanno anche preso due coppie di genitori lasciando così i loro bimbi per due giornate soli al campo.

12 maggio, giovedì
In mattinata, nell’ambito di una vasta operazione di polizia, vengono perquisite le abitazioni di una ventina fra compagni e compagne ad Aosta, Torino, Trento, Trieste, Chieti, Cagliari, Taranto e Catania, Lecce con il famigerato art. 270 bis, associazione sovversiva. A Lecce, in particolare, 6 compagni sono arrestati, 3 dei quali, Marina, Annalisa e Sandro, posti agli arresti domiciliari mentre Salvatore, Saverio e Christian si trovano in carcere. Le ordinanze di custodia cautelare e i provvedimenti per le perquisizioni sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce Antonio Del Coco, su richiesta del PM Giorgio Lino Bruno.
L’operazione, condotta dalla Digos di Lecce e coordinata dal Servizio Centrale Antiterrorismo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, mira, nello specifico, a colpire quei compagni che hanno solidarizzato con le numerose rivolte scoppiate tra gli immigrati detenuti all’interno del Centro di Permanenza Temporanea “Regina Pacis” di San Foca di Melendugno in provincia di Lecce (approfondimenti sulle lotte scoppiate dentro e fuori al “Regina Pacis” si possono trovare nella rivista Tempi di Guerra - http://digilander.libero.it/tempidiguerra/)
Torino: 4 rom detenuti nel CPT di corso Brunelleschi da mercoledì sono state rilasciati con un decreto di espulsione in mano perché, attraverso l’intervento tempestivo dell’avvocato, è stato fatto valere il fatto che ci fossero minori incustoditi.

13 maggio, venerdi
Milano: una grossa squadra di carabinieri operanti nella zona nord-est dell’hinterland milanese, fa irruzione presso la cascina occupata da circa 150 rom rumeni, reduci dallo sgombero di via Adda del 1° aprile 2004. Il motivo dell’irruzione è molto semplice: rastrellare e terrorizzare le persone presenti. Tutti i maschi vengono prelevati e accompagnati in varie caserme sparse sul territorio.
Dopo di ché, una squadra speciale passa alla distruzione sistematica degli effetti personali degli abitanti. Infrastrutture in legno distrutte, televisori giù dalle finestre, materassi in terra.
Ovviamente tutto questo si accompagna ai “soliti” maltrattamenti e insulti a cui la vandea delle forze dell’ordine nostrane ci ha abituati da tempo. L’operazione prosegue con il trasporto di una parte delle persone rastrellate in Questura dove, presumibilmente verranno suddivise in persone a cui dare un foglio di espulsione, da trasportare in Corelli o da arrestare, per effetto della Bossi-Fini.
Si è svolta l’udienza definitiva contro Mohammed. I test dell’accusa, come nel caso di Gisela, si sono contraddetti più volte, anche perchè era abbastanza difficile per loro dichiarare apertamente che, di fronte a Salam sanguinante, la polizia in tenuta anti-sommossa ha sostituito la Croce Rossa nell’intervento all’interno della camerata. Alla fine il giudice ha prosciolto Mohammed dall’accusa di resistenza e ne ha ordinato la scarcerazione.
Ma Mohammed non ha conosciuto la libertà conquistata in Tribunale, ed è stato riportato all’interno del CPT, in attesa di espulsione.
In serata intanto scoppiano nuove proteste. Di fronte agli immigrati che salgono sul tetto la polizia, contro lo stesso regolamento interno (che nessuno di noi ha mai avuto il dispiacere di leggere), chiude le camerate alle 21,30. Due detenuti denunciano di essere stati picchiati

14 maggio, sabato
Milano: continuano i disordini in Corelli. Questa volta è un detenuto tunisino, in attesa di rimpatrio imminente, a cadere tra le grinfie degli aguzzini. Dopo avere scambiato alcune frasi in arabo con una delle persone picchiate il giorno precedente che gli indicava il responsabile del pestaggio (probabilmente un graduato della polizia), viene a sua volta prelevato, condotto in una stanza e pestato. Una persona che era entrata in visita ad una altro dei detenuti, riferisce di aver udito delle urla strazianti. Confrontando le due versioni... gli orari dei racconti coincidono. Il ragazzo tunisino presenta lividi sul corpo, chiede l’intervento di medici di fiducia che, ovviamente, gli vengono negati.
In serata il comitato di appoggio si attiva con un banchetto di propaganda e di autofinanziamento al tradizionale appuntamento dell’extra-festa, organizzato da Radio popolare. Vengono raccolti circa 500€.
Torino: circa 200 persone hanno partecipato al presidio indetto da alcune realtà antagoniste torinesi in seguito alla morte di due ragazzi senegalesi: uno colpito da un proiettile della polizia e l’altro affogato nel tentativo di sfuggire ad un controllo.

16 maggio, lunedì
Almeno 14 emigrati di paesi africani che cercavano di raggiungere l’Italia sono annegati dopo il naufragio della loro imbarcazione al largo delle coste libiche, e altri tre passeggeri risultano dispersi.
Il governo e, in particolare il Ministro degli Interni Pisanu, ha confermato quella che per lui è la migliore soluzione al problema degli immigrati “clandestini”: l’apertura di centri di detenzione in molte altre città italiane.

17 maggio, martedì
Milano: questa mattina viene sgomberato, con l’intervento più che massiccio delle forze di polizia, il dormitorio di via Maggianico. Oltre 130 persone sono state identificate (e forse denunciate) si trovano attualmente per strada, ospitate nei centri sociali Bulk e Pergola.
Sempre in mattinata vengono deportate due trans peruviane, giunte ormai quasi al 60° giorno di prigionia in Corelli. Le deportazioni fanno seguito alla liberazione, avvenuta ieri, di altre sei trans e di due detenuti arabi, protagonisti delle vampate di lotta dell’ultimo fine settimana. L’intervento dei compagni del comitato a Malpensa ha ritardato la partenza ma le ragioni di Stato hanno finito per prevalerte e l’aereo è apartito ugualmente.
Infine l’udienza di convalida del trattenimento di Mohammed, recentemente liberato da S.Vittore in quanto non responsabile di reato di resistenza e immediatamente trasportato in Corelli. Dopo un’accesa difesa dell’avvocato il giudice di pace decide di non convalidare il trattenimento in Corelli.

19 maggio, giovedì
Torino: questa mattina i detenuti del CPT sono insorti. Sono stati incendiati i materassi delle camerate ed è iniziato uno sciopero della fame come forma di protesta contro le pessime condizioni in cui sono costretti a vivere e contro l’istituzione stessa dei centri di detenzione, vere e proprie prigioni per immigrati. Alcuni detenuti rifiutano anche l’acqua. La celere è entrata in forze nella struttura per sedare la protesta. Durante la rivolta un detenuto è rimasto ferito ed è stato portato all’ospedale, un’altra decina, sembra di nazionalità rumena, sono stati portati fuori dal centro per essere espulsi. Alcuni detenuti questa mattina hanno ingoiato del vetro per andare in infermeria ed evitare di essere espulsi.
Intorno alle 18 ha inizio il presidio indetto in mattinata davanti all’entrata del CPT. Subito partono slogan contro il carcere e in solidarietà agli immigrati, vengono battute pietre contro i lampioni per farsi sentire all’interno del centro. La risposta dei detenuti non si fa attendere, gli immigrati intonano cori e battono sulle sbarre. I manifestanti per rendersi più visibili all’interno riescono a salire sulle mura del centro per appendere uno striscione con scritto: “solidarietà agli immigrati, complicità con chi lotta”.
Nel frattempo una camionetta della celere entra nel centro per sedare la rivolta degli immigrati. Mentre alcuni compagni fanno un buco nel muro esterno del CPT la celere in assetto antisommossa si avvicina ai manifestanti caricandoli. I compagni e le compagne non si sono però intimoriti di fronte all’attacco delle forze dell’ordine e hanno reagito alla carica rimanendo compatti e rispondendo all’aggressione con un fitto lancio di pietre sulla polizia.
Seguono momenti di tensione al termine dei quali i manifestanti, sempre uniti e determinati, decidono di partire in corteo per rendere partecipe la cittadinanza di quanto avviene quotidianamente nei centri di detenzione per immigrati. Durante il corteo non si è smesso di ricordare i due senegalesi assassinati dalla polizia la scorsa settimana, ribadendo sempre di più la rabbia per queste uccisioni che già sabato scorso aveva portato centinaia di immigrati in piazza al fianco delle realtà torinesi. Si è anche ricordato, nonostante l’appoggio alle lotte dei ferrotranvieri, che il clima xenofobo e razzista si è inasprito ulteriormente da quando ai controllori del Gruppo Trasporti Torino (GTT) è stata data la possibilità, in accordo con la questura, di fermare gli immigrati senza documenti e consegnarli direttamente alle forze dell’ordine le quali si incaricano di trasportarli nei CPT da cui verranno poi espulsi.
La digos aspetta la fine del corteo e l’allontanarsi dei manifestanti per accanirsi su un compagno che tornava a casa. Dopo averlo fermato e identificato i digos lo portano in questura è verrà arrestato con l’accusa di violenza aggravata e lesioni e che verrà trasferito stasera nel carcere delle Vallette dove dovrebbe rimanere fino a lunedì.
Per sabato pomeriggio è indetto un presidio davanti alle Vallette a sostegno del compagno arrestato.

20 maggio, venerdì
Torino: questa notte sono state eseguite 5 espulsioni. Dovevano essere 6 ma un ragazzo che ha qui la moglie ed i figli ha cercato di non farsi espellere. Lo hanno riempito di botte e adesso è in isolamento. Un altro ragazzo è stato riempito di botte stanotte ed espulso, un altro si è aperto la pancia con un vetro e dovrebbe essere portato all’ospedale. Pare inoltre che siano entrati dei personaggi di una qualche delegazione non meglio specificata, non riconoscibili e senza alcun segno distintivo...
Ravenna: presidio sotto la Prefettura organizzato dal Collettivo Autonomo Laboratorio Sociale. Di seguito il volantino di convocazione del presidio:

Morgan Trevor Selvyn, cittadino del Belize, è trattenuto dal 15 aprile 2005 presso il Centro di permanenza temporanea “Corelli” di Milano, in forza di un illegittimo decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Ravenna il 15 aprile 2004.
Il provvedimento che ha colpito Morgan Trevor, infatti, non solo è radicalmente disancorato dai presupposti normativi previsti dal T.U. in materia di espulsione del cittadino straniero, ma viola, altresì, i più elementari principi di diritto interno ed internazionale in materia di diritti umani.
Morgan non solo aveva contratto regolare matrimonio con una cittadina italiana (dalla quale si è legalmente separato nel 2002), ma è il padre naturale di una bimba, anch’essa cittadina italiana, verso la quale lo stesso ha assunto un preciso obbligo di mantenimento in sede di separazione.
Dunque, il venir meno della convivenza con la moglie - circostanza questa posta a fondamento della revoca del permesso di soggiorno disposta dalla Questura di Ravenna - non priva certamente Morgan né del diritto all’unità familiare ed alla stabile relazione genitoriale con la figlia minore, né di ottenere la conversione del permesso di soggiorno per motivi familiari in quello per lavoro subordinato o autonomo, tanto più che Morgan fa parte del gruppo musicale “Italize” regolarmente iscritto alla SIAE.
La grave illegittimità del provvedimento di espulsione si annida anche nel riferimento ad una generica “pericolosità sociale” di Morgan, che, invero, non trova alcun riscontro oggettivo, non essendovi precedenti penali dai quali possa desumersi che lo stesso sia abitualmente dedito a traffici delittuosi, ovvero che viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, o che sia dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Il decreto di espulsione è, quindi, segnato da un’ingiustificata sommarietà e superficialità nella valutazione delle reali condizioni socio-familiari di Morgan.
La stessa natura diffamatoria della campagna stampa promossa da alcuni quotidiani locali all’indomani dell’emissione del decreto di espulsione, caratterizzata da informazioni radicalmente non vere, getta seri dubbi sulle reali ragioni sottese all’espulsione di Morgan.
I C.P.T. (centri di permanenza temporanea) sono lager dove la dignità umana viene quotidianamente calpestata, galere illegali dove ogni principio di diritto viene annullato in attesa di rimpatrio.
CONTRO OGNI RAZZISMO;
CONTRO LA LEGGE BOSSI E FINI;
CONTRO L’ASSURDA ESPULSIONE DI UN LIBERO CITTADINO;
CHIUDERE I C.P.T. !
VENERDI’ 20 MAGGIO 2005
PRESIDIO DI FRONTE ALLA PREFETTURA
(P.zza del Popolo)
DALLE ORE 11:00 PER TUTTA LA GIORNATA


Collettivo Autonomo Laboratorio Sociale

 

21 maggio, sabato
Torino: presidio sotto il CPT e davanti al carcere per chiedere la liberazione di Giovanni, arrestato giovedì. Detenuti e manifestanti battono ritmicamente le sbarre della recinzione del campo, dai tetti é stata lanciata una scarpa contenente la cartella clinica di un immigrato gravemente ammalato diverse volte svenuto e mai ricoverato in ospedale, sul tetto un altro immigrato ha imbrattato col proprio sangue un lenzuolo che sventola verso l’esterno del reclusorio.
Lecce: un nutrito corteo di circa 500 persone ha sfilato sabato pomeriggio per il centro di Lecce per chiedere la liberazione delle/i compagne/i arrestate/i e continuare a lottare contro i CPT e la società che li genera. Partito dall’ex Capolinea Occupato, messo sotto sequestro dalle forze dell’ordine, il corteo è giunto alla piazza principale della città per poi tornare al punto di partenza. Sono state denuciate le responsabilità di chi gestisce i CPT in tutti Italia e chi contribuisce a rendere sempre più virtuoso l’ingranaggio della detenzione per immigrati e la macchina delle espulsioni.
Si è parlato delle lotte che stanno avvenendo all’interno dei CPT a Torino, Milano e a Bologna e della prossima apertura del nuovo CPT a Bari e del movimento di solidarietà che sta prendendo forma.
Un corteo in cui sono stati tenuti lontani politici e giornalisti, un corteo che si può definire un pugno nello stomaco a coloro che volevano isolare le/i compagn* arrestat* e intimorire la lotta contro i CPT.
Una manifestazione ha visto la partecipazione di molti compagni della regione e fuori, che si è ripreso le strade e le piazze della città.

22 maggio, domenica
Lecce: si è svolto dal primo pomeriggio un presidio di un centinaio di persone di fronte al carcere di Lecce in solidarietà con le/i compagne/i arrestate/i e con tutti i detenuti, contro il carcere e la società carceraria...
I detenuti ci hanno sentito e risposto e per quattro ore la musica si è alternata agli interventi dei compagni.
Siamo solidali, perciò complici, con i compagni arrestati e con tutte le lotte all’interno dei CPT.
E’ necessario mobilitarsi affinchè l’ingranaggio della detenzione di immigrati e dell’espulsioni s’inceppi per chiudere i lager e fermare le deportazioni...

23 maggio, lunedì
Milano: verso sera giunge notizia che di fronte ad una nuova protesta dei detenuti in via Corelli la polizia abbia scelto di caricare i detenuti in lotta direttamente sul tetto della struttura con pestaggi, ammanettamenti e arresti. Verso mezzanotte un presidio di una ventina di persone giunge fin sotto l’ingresso del CPT. Un consigliere regionale entra nel centro verso l’una del mattina non gli è consentito di incontrare i detenuti. Si apprende comunque che la protesta è stata sedata e 22 detenuti sono stati arrestati e trattenuti in una sala separata del centro e verranno trasferiti nel carcere di San Vittore nelle prime ore della mattinata.
Torino: lo sciopero della fame e della sete, iniziato il 19 maggio all’interno del centro di permanenza temporanea di corso Brunelleschi a Torino, è stato momentaneamente sospeso probabilmente in relazione della visita all’interno del CPT della parlamentare Matilde Provera. Un buon numero di digos, celerini e poliziotti presidiava il CPT impedendo l’accesso ad un compagno che volevano portare la propria solidarietà e del vestiario all’interno del lager. Provera, in cerca probabilmente di un po’ di notorietà e di qualche voto alle prossime elezioni, è del tutto estranea al movimento di lotta che sta portando avanti ormai da parecchio tempo una critica radicale e attiva a centri di detenzione come quello di corso Brunelleschi. La sua visita all’interno del centro appare quindi come l’ennesimo tentativo da parte dei vari partiti di manipolare una lotta che non appartiene loro, non riuscendo neanche a trovare consenso tra i detenuti del centro che poco si fidano di figure a caccia di notorietà come quella di Provera anche alla luce del suo rapporto amichevole con i poliziotti manifestato durante la visita.

24 maggio, martedì
Dalla stampa nazionale la notizia che un plico esplosivo è stato recapitato questa mattina a Modena presso la struttura, adibita a trattenere, per identificare, gli immigrati privi di permesso di soggiorno e in procinto di essere espulsi. La busta conteneva un libro di favole con le pagine cave, al cui interno era stata collocata polvere esplosiva, con alcuni bulloni; un innesco elettrico a strappo avrebbe potuto provocare la deflagrazione. L’involucro, indirizzato a Daniele Giovanardi presidente della Misericordia, ente gestore della struttura e fratello di Carlo Giovanardi, ministro per i Rapporti con il Parlamento, era accompagnato da un volantino firmato dalla Federazione Anarchica Informale. “Sono più o meno sempre gli stessi”. Così si è espresso il procuratore capo di Bologna, Enrico Di Nicola, riferendosi agli autori dell’attentato con il pacco bomba spedito a Modena. Di Nicola (che si è riferito a precedenti episodi analoghi) ha aggiunto che gli attentatori “si muovono per affinità in relazione alle operazioni. Si muovono in modo sparso”. Di Nicola coordina il pool antiterrorismo della Procura bolognese che segue la vicenda modenese e che si è occupato degli attentati avvenuti a Bologna. Il gruppo è composto dai PM Paolo Giovagnoli, Morena Plazzi e Luca Tampieri.
Milano: in mattinata si svolge l’udienza di convalida degli arresti, 9 rimangono reclusi in carcere. Le accuse sono di danneggiamento aggravato e danneggiamento a seguito di incendio. Metà degli indagati hanno negato l’accusa mentre un’altra metà ha preferito non dire nulla.
Torino: in mattinata una busta esplosiva si innesca nelle mani di un vigile. Lo scoppio è avvenuto nella sede dell’ottava sezione, in via Saluzzo, nel quartiere simbolo a Torino dei problemi legati all’immigrazione. La busta, proveniente da Milano, era indirizzata alla sezione di San Salvario, e aveva un mittente che sarebbe di fantasia.

25 maggio, mercoledì
Torino: all’alba di oggi sette immigrati marocchini reclusi nel lager di corso Brunelleschi a Torino sono stati deportati verso il loro paese. Proprio loro, insieme agli altri reclusi nel CPT, sono stati i protagonisti dei cinque giorni di lotta per la chiusura dei nuovi lager. Il loro sciopero della fame, la loro rivolta, la loro determinazione hanno dimostrato quanto questa lotta debba essere una battaglia sociale concreta e non l’oggetto di chiacchere, mediazioni e propaganda di partiti o gruppuscoli. Proprio nel momento in cui questi immigrati venivano espulsi, le case di nove compagni attivi nella solidarietà agli immigrati in lotta sono state perquisite, e con loro la sede del centro di documentazione “Porfido”. Le perquise sono state eseguite senza mandato del giudice ma avvalendosi del 41 TUULPS, l’articolo che consente alla polizia di entrare nelle case senza mandato con il pretesto della “ricerca di armi e droga”. Sono stati loro sequestrati numerosi volantini e altro materiale cartaceo. Due compagni sentiti telefonicamente ci hanno riferito che, a detta dei poliziotti che hanno effettuato la perquisizione a casa loro, l’iniziativa poliziesca è da mettersi in relazione al pacco incendiario recapitato ieri ai vigili urbani di San Salvario.
Nel pomeriggio si svolge un presidio in solidarietà con i 7 espulsi tra i reclusi del CPT di corso Brunelleschi. In solidarietà con gli arrestati, processati e massacrati di nascosto nel CPT di via Corelli a Milano. In solidarietà con i compagni perquisiti la mattina a Torino.
In C.so Taranto un giovane nigeriano, Osakue Ewemade Steve, è morto mentre tentava di calarsi dalla finestra del suo appartamento, condiviso con altre 4 persone.
Questo per sfuggire a un controllo degli sbirri (ben 30!) ed evitare di essere internato nel CPT (Campo di Prigionia Temporanea) di Corso Brunelleschi.
Milano: volantinaggio di controinformazione sugli ultimi sviluppi della lotta nel CPT di via Corelli in P.le Cadorna; la blindatura di digos e polizia è imponente.
In nottata esplode per le strade la rabbia della comunità nigeriana per quanto accaduto il giorno prima. Scontri con la polizia.

26 maggio, giovedì
Torino: presidio sotto la Prefettura.

27 maggio, venerdì
Torino: presidio sotto il consolato del Marocco complice dello Stato italiano nelle espulsioni.
Il Centro é stato visitato dall’eurodeputato V. Agnoletto, accompagnato da un assessore regionale del PRC (a Torino é stato confermato il divieto agli assessori regionali di entrare se non al seguito di parlamentari!!); risultato: denunce di invivibilità per le strutture e di alimentazione cattiva.

28 maggio, lunedì
Milano: una quarantina di persone partecipano al presidio indetto sotto il carcere si san Vittore in solidarietà con gli arrestati nel CPT di via Corelli.
Torino: cinquecento persone hanno partecipato ad un corteo contro i CPT e le violenze della polizia. L’appuntamento è fissato per le 15 all’inizio di corso Giulio Cesare. Partiti da Porta Palazzo, dopo aver fatto un giro per il quartiere ci siamo accodati al corteo indetto dalle RSU per “una vera Vertenza Torino”, dopo essere passati sotto il comune all’altezza di via Pietro Micca ci siamo separati, dirigendoci verso la questura e la stazione di porta Susa. In tutto il corteo la presenza delle forze dell’ordine è stata invisibile, ma giunti alle vie che incrociavano la Questura i reparti della celere hanno sbarrato la strada. Con determinazione gli immigrati e il resto del corteo hanno fatto indietreggiare le forze dell’ordine e abbiamo proseguito verso Porta Susa, invadendola e occupando i binari. Dopo aver bloccato il traffico ferroviario per una ventina di minuti siamo ritornati a porta palazzo sciogliendo il corteo. Il fratello del ragazzo nigeriano ucciso il 25 maggio, alla fine del corteo, non smetteva di ringraziare chi aveva preso parte al corteo, per lui il fratello non era morto ma viveva oggi nella nostra lotta. Due grida sopra tutto; polizia assassina e siamo tutti clandestini.

31 maggio, martedì
Milano: il processo per la rivolta del 23 maggio nel CPT di via Corelli si è aperto con condanne a 6 mesi (1 patteggiamento) e a 8 mesi (per 5 col rito abbreviato). La giudice Fabiana Mastrominico infligge condanne superiori a quelle richieste dal pubblico ministero per Sahin Yavuzatmaca, 19 anni, turco, Predrag Gresovich, 33 anni originario della Serbia, Eleison Silva Sa, 18 anni, Francio Bezerra Fukui, 19 anni, brasiliani, Ahmed Mami, 34 anni, algerino. Gli altri 16 immigrati accusati di danneggiamento aggravato invece saranno giudicati con il rito ordinario, il prossimo 23 giugno. Due i testimoni chiave dell’accusa: un funzionario della Croce Rossa e un agente di polizia. Ancora una volta, come per il processo a Gisela, è il personale della Croce Rossa che fornisce i testimoni dell’accusa. Tra gli imputati vi sono almeno due minori come si può ben vedere dal loro aspetto fisico. Una trentina di persone hanno presenziato all’udienza, parlando con gli immigrati imputati e facendo sentire la loro solidarietà.
Torino: del CPT di corso Brunelleschi è iniziata un’altra protesta.
Un lavoratore marocchino, da tutti conosciuto come “il meccanico”, sequestrato nell’officina dove lavorava al nero, s’é di nuovo ingoiato di tutto per non essere deportato: qui ha moglie e figlia.

1 giugno, mercoledì
Torino: due ragazzi nigeriani reclusi nel CPT sono stati espulsi. Uno degli immigrati reclusi, quando gli hanno notificato il decreto di espulsione, ha ingerito dei vetri. Questo evento, oltre ad evitare la sua espulsione, ha scatenato la rabbia degli altri prigionieri, che hanno dato vita ad una rivolta consistente in vari danneggiamenti e nella ripresa dello sciopero della fame.
Rispetto alla scorsa settimana, il numero dei detenuti nel CPT è diminuito notevolmente, alcuni detenuti sono stati espulsi, altri trasferiti - a seguito della rivolta - nel carcere delle Vallette, altri ancora, si presume, liberati...
Restano all’interno del LAGER circa una ventina di prigionieri, rispetto ai settanta della scorsa settimana. Tutti venti stanno attuando lo sciopero della fame.
Ricordiamo, tra l’altro, che nel centro sono rinchiuse le due ragazze nigeriane rastrellate nel palazzo di corso Taranto, dove è morto il ragazzo nigeriano precipitato dal balcone per sfuggire a un controllo. Una di loro, Doris, era la sua fidanzata; loro sono le uniche due persone in grado di testimoniare sulla dinamica della morte di Steve. La loro detenzione è quindi chiaramente uno strumento per evitare qualsiasi messa in discussione della versione della Questura, che parla come al solito di un “incidente”.
Le richieste dei prigionieri, seppur non ancora scritte nero su bianco, sono: la denuncia delle condizioni di vita all’interno del centro di Corso Brunelleschi, la fine delle deportazioni, la liberazione di tutti gli immigrati rinchiusi, la chiusura di tutti i centri di permanenza temporanea...

2 giugno, venerdì
Roma: viene caricato dalla polizia la manifestazione dell’arcipelago NOWAR convocata in concomitanza con la parata militare del 2 giugno per chiedere l’immediato ritiro dei militari italiani dall’Iraq. Il corteo è stato arbitrariamente bloccato alla fine di via Marmorata (dopo appena 500 metri) con il pretesto di uno striscione all’interno della manifestazione. Le parole testuali dello striscione erano “Pisanu vergogna della Repubblica. Chiusura dei CPT”.

3 giugno, venerdì
Lecce: all’inizio di questa settimana (per Saverio, Cristian e Salvatore, ancora reclusi nella casa circondariale di Borgo San Nicola - Lecce) e stamattina (per Annalisa e Marina, ai domiciliari e sorvegliate a vista) si sono tenute le udienze, a porte chiuse, circa la richiesta di riesaminare i termini della custodia cautelare pronunciati dal GIP.
Per quanto è stato fatto intendere, dalle prime notizie fornite direttamente dagli avvocati De Luca e Palmisano, s’intravede la possibilità che le accuse più pesanti ai danni delle ragazze possano cadere, ma occorre attendere lunedì (secondo previsioni ottimistiche) per il pronunciamento sulla valutazione dei fatti che il magistrato presenterà.
Se per Annalisa e Marina la possibilità del rilascio, con obbligo di firma e/o dimora, non appare così remota, la situazione dei compagni incarcerati si prospetta più complicata, in particolar modo per Salvatore; la distorta logica della “giustizia” continua ad identificare nella sua figura quella di un fantomatico leader del movimento anarchico salentino.

Alcuni indirizzi e link utili:

Comitato di sostegno alla lotta dei detenuti di via Corelli
appoggiolottacorelli@libero.it

Contro ogni Frontiera - MI
controognifrontiera@yahoo.it

Via Adda non si cancella
http://www.viaaddanonsicancella.org/

NoEspulsioni
http://www.ecn.org/noespulsioni/
no_espulsioni@nolog.org

Progetto Melting Pot Europa
http://www.meltingpot.org/



http://www.senzacensura.org/