SENZA CENSURA N.18

NOVEMBRE 2005

 

Mediterraneo Mare Nostrum o Mare Loro?

 

L’attualità della prospettiva mediterranea


Se vogliamo riprendere da dove lasciato negli articoli precedenti, non possiamo trascendere dal fatto che la ricomposizione proletaria nelle nostre metropoli non può non passare che attraverso una piena integrazione del proletariato immigrato presente nel nostro paese. Una integrazione che si pone in antitesi alla prospettiva di vedere una sua parte pienamente integrata nel piano borghese e controllore della massa sfruttata, riproponendo sul fronte interno qualcosa già visto nei governi fantoccio dell’imperialismo.

A questo scopo il fronte mediterraneo offre maggiori strumenti di comprensione di quanto tale prospettiva sia realmente attuale, ben oltre quanto possa apparire assumendo come visuale quanto avviene all’interno del nostro paese. Se nella dimensione locale, nazionale si intravede una reale possibilità dettata dalla presenza massiccia del proletariato immigrato nel processo produttivo e nelle lotte, nei percorsi di solidarietà internazionale, protagonisti delle lotte contro le politiche repressive sull’immigrazione, la dimensione mediterranea permette di comprendere la generalizzazione di tale condizione, quanto questa sia la risposta alle contraddizioni dettate da una strategia più complessiva, quanto stia maturando nei paesi di origine della immigrazione una sempre maggiore coscienza di come sia stretto il legame tra le politiche imperialiste e le condizioni che sono costretti a vivere quotidianamente e quindi inseriti in un processo più generale che li proietta nella prospettiva anche fuori dalla loro terra. Su questo terreno più generale, al cui centro si colloca l’identità imperialista dell'Europa, è necessario andare a sviluppare il lavoro futuro dentro il quale vive la necessità di una piena ricomposizione con il proletariato immigrato.
Questo senza in nessun modo avanzare critiche sulle attuali battaglie condotte in Italia, che rappresentano a nostro avviso il piano pratico all’interno del quale sviluppare quanto detto.

Se sul fronte italiano la Legge Pisanu affronta in termini chiari su quale terreno intende collocare la propria azione nei confronti di coloro che rappresentano una profonda contraddizione all’interno delle metropoli, sia in termini di portatori delle contraddizioni del fronte esterno, sia di quello interno, anche la dimensione euromediterranea ha assunto in pieno tale atteggiamento.

Al giusto assalto degli immigrati alla frontiera nel tentativo di dare visibilità ad una situazione oramai impossibile per quanto riguarda l’immigrazione verso la Spagna, la polizia marocchina ha risposto mano militare uccidendone dodici.
Se da una parte il Marocco difende la propria scelta della linea dura, questa non è una scelta unilaterale, come già affrontato nel numero 15 di SC, ma direttamente conseguente dalle scelte di contrasto all’immigrazione e al terrorismo in sede euromediterranea e del ruolo che i paesi «partner» devono assumere in questo senso. Non può dirsi casuale la divulgazione nel mese di ottobre in Spagna di un sondaggio, da parte di El Pais, che garantiva il sostegno della popolazione spagnola alla politica di «blocco» per gli immigrati che tentano di forzare la frontiera di Ceuta, proprio in concomitanza di una visita del ministro degli esteri spagnolo in Marocco durante la quale è stata promessa collaborazione politica e economica per contrastare l’immigrazione.

Questa visita avviene pochi giorni dopo il 3 Ottobre, quando si sono riuniti a Rabat i Ministri degli Interni del Mediterraneo Occidentale, momento in cui il Marocco ha chiesto espressamente un «Piano Marshall» per il paese, consistente in aiuti economici e sostegno politico per «combattere all’origine il fenomeno dell’immigrazione clandestina».
Sempre tra la fine di Settembre e i primi giorni di Ottobre nel quadro euromediterraneo si sono svolti due importanti incontri sul tema. Nel vertice di Hammamet in Tunisia, i paesi Euromed hanno stabilito la necessità di mettere in primo piano nell’agenda del vertice di Barcellona della fine di novembre il tema del contrasto all’immigrazione, ma in primo luogo hanno sancito l’appoggio unanime all’azione militare di Spagna e Marocco.
Nella stessa sede il Ministro tunisino ha invitato i paesi presenti ad implementare la collaborazione e la messa in pratica di quanto già stabilito in passato. Ma ben oltre si spinge il vertice di Bruxelles del 2 Ottobre, all’interno del quale viene deciso che «l’Unione europea offre assistenza tecnica attraverso i fondi comunitari e facilitazioni per la concessione di visti ad alcune categorie di cittadini marocchini come gli imprenditori, i ricercatori, gli studenti o i diplomatici. Dal canto suo Rabat si dovrebbe impegnare a riaccogliere gli emigrati illegali giunti nell’Unione europea a partire dal territorio marocchino, siano essi cittadini marocchini, di paesi terzi o apolidi».
Dal canto suo il Marocco ha trovato così pieno appoggio alla sua politica verso l’immigrazione, che aveva segnato il periodo immediatamente successivo agli attentati del 2003, che aveva visto realizzarsi da una parte una legge che si adeguava alle direttive Usa post 11/9 e alla Convenzione dei Paesi Arabi contro il terrorismo, dall’altra una legge per quanto riguarda il controllo degli stranieri che vogliono entrare nel paese. Uno degli elementi su cui si fonda l’impianto della legislazione è l’idea che gli stranieri sono a priori portatori di tensioni ed in particolare in un momento di forte mancanza di lavoro. Sarebbe da chiedersi se ad oggi i fronti interni diventino, nel centro come nella periferia, terreno di timore per l’imperialismo e i suoi lacchè, dove esprimono la loro maggiore vulnerabilità «politica».

Se in Italia assistiamo ad un aumentare delle proteste connesse alle politiche repressive nei confronti dell’immigrazione, la situazione non appare diversa per quanto riguarda la Spagna e il Marocco stesso, ponendo profonde basi per una effettiva unione nella lotta delle due sponde del mediterraneo. Se da una parte la vicinanza geografica facilita tale processo, questo potrebbe essere affermato per le nostre coste sud, dall’altra l’ampio dibattito che in questi anni alcuni settori dell’opposizione non istituzionale spagnola hanno socializzato ha sicuramente influito sulla possibilità di individuare il terreno di unione come terreno strategico per una lotta più globale alla condizione di sottomissione all’imperialismo. Certamente traspare ancora una sorta di «richiesta» di maggiori spazi di «democrazia», ma se l’analisi non ci inganna, la contraddizione immigrazione/imperialismo non permette grandi recuperi in tal senso. Sia in Marocco, sia in Spagna sono state significative le iniziative di solidarietà di piazza, in particolare nello stesso stato marocchino.

Nei giorni successivi alla tragedia di Ceuta diversi collettivi, associazioni e gruppi, provenienti da Spagna, Francia, Marocco, si sono riuniti in Andalusia per analizzare la situazione attuale delle politiche sull’immigrazione. In tal sede è stata redatta una piattaforma che vuole essere la base per una unione di lotta contro le politiche attuali nei paesi euromediterranei.
Il rifiuto della militarizzazione e della trasformazione delle frontiere in nuovi «muri della vergogna» in Europa come in Africa è la base sulla quale è stata costituita la piattaforma. Chiara è la denuncia di una Europa Fortezza, dove la chiusura delle frontiere e l’utilizzo sempre maggiore di tecnologie per il controllo e la repressione fanno da padroni. Non mancano le denunce nei confronti del Marocco in particolare contro il progetto di realizzare un Centro di Detenzione per minori immigrati, conseguenza pratica del ruolo di gendarme delle frontiere europee, assumendo per conto della Ue il lavoro sporco.
In sintesi l’appello richiede che venga istituita una Commissione d’Inchiesta Indipendente che faccia luce su quanto successo alla frontiera di Ceuta; che venga fermata la politica di morte alle frontiere dell’Algeria e della Mauritania da parte del Marocco verso i migranti sub-sahariani, oltre che le espulsioni operate dalla Guardia Civil spagnola; che venga da subito interrotto l’utilizzo dell’esercito nei confronti dei migranti e nel controllo delle frontiere.

Con un comunicato Annahj Addimocrati (Via Democratica) riafferma il completo rifiuto della politica europea che tende a trasformare il paese marocchino nel suo gendarme. Una condanna che si riassume nella opposizione al ruolo di stato mercenario venduto all’Europa. Il comunicato affronta come già nel 2004 il Marocco avesse deciso di espellere tutti gli immigrati sub-sahariani verso, situazione ancor più grave, le frontiere dei paesi limitrofi. Non tralasciando quanto una abile campagna mediatica abbia preparato il terreno di consenso alle politiche repressive che hanno visto centinaia di arresti di immigrati. «L’imperialismo europeo ha paura della loro esperienza di lotta per sopravvivere, frutto di una esperienza maturata sotto stati asserviti all’imperialismo europeo, le loro ricchezze spogliate dalle multinazionali, la loro dignità attaccata dalle dittature create dall’imperialismo stesso: ai fratelli immigrati subsahariani non resta che vendere la loro forza lavoro per sopravvivere. Pensare di lasciare alla Commissione Europea alla Giustizia e alla Sicurezza le sorti di Ceuta è una offesa alla nostra intelligenza e l’offerta di 40 milioni di euro dalla Ue al Marocco per sorvegliare le frontiere, smaschera la volontà europea di trasformare il Marocco in un suo mercenario».

L’Europa dal canto suo sta promuovendo un progetto di ricerca in modo da assicurare il pieno controllo dei suoi 6.000km di confini di terra e 85.000km di coste attraverso il progetto SOBCAH che dovrebbe prevedere la realizzazione di un sistema automatico di sorveglianza delle frontiere. A questo progetto partecipano 16 partner il cui leader è rappresentato dalla italiana Galileo Avionics.

Soffermandosi sulla politica repressiva marocchina, questa è stata oggetto di alcuni studi sulle esperienze antiterrorismo nel quadro euromediterraneo, alcuni di questi presentati in occasione di una conferenza organizzata in collaborazione con il governo inglese al Royal Institute for International Affairs.
Particolare importanza le viene dedicata per il fatto che nella legislazione precedente al maggio 2003 non era prevista nessuna norma specifica inerente alla definizione di terrorismo, riconducendo gli atti ai reati ad essi direttamente connessi. Con la nuova legge all’articolo 218-1 vengono definiti 12 infrazioni che costituiscono gli atti di terrorismo ovvero quegli atti «che sono intenzionalmente compiuti da singoli o collettivamente, aventi come scopo il turbamento dell’ordine pubblico, attraverso l’intimidazione, la forza, la violenza, il terrore». Alla testa di queste infrazioni troviamo gli atti che mirano a mettere in pericolo l’integrità interna ed esterna dello stato, fino alla falsificazione di documenti e titoli di credito dello stato, alla detenzione di armi ed esplosivi. La partecipazione attiva alla propaganda viene considerata reato di terrorismo. Tutte le forme di aiuto diretto e indiretto vengono punite come terrorismo e il concorso morale prevede pene specifiche dai 5 fino ai 20 anni. Mettere a disposizione un luogo per riunirsi, operarsi per i collegamenti o il trasporto possono prevedere pene dai 10 ai 30 anni. Come ogni legge antiterrorismo che si rispetti è prevista l’assoluzione per tutti coloro che rivelino, prima che venga attuato, l’eventuale atto «terroristico».

Se vogliamo ripercorrere molto sinteticamente la storia delle politiche antiterrorismo nel quadro euromediterraneo, fin dal suo lancio sono state menzionate negli accordi e dal 2000 hanno assunto un ruolo primario nello sviluppo della cooperazione. Nel 2001 durante la Conferenza Euro-Med sono state adottate misure comuni per la repressione dei finanziamenti alle organizzazioni cosiddette «terroristiche» e per lavorare uniti nel framework globale. Nel 2002 con il Valencia Action Plan e il Regional Framework Programm il problema della lotta al terrorismo è definito «elemento essenziale della politica di dialogo». Il Programma Regionale ha sancito il bisogno di un coordinato ed interdisciplinare approccio proteso verso la prevenzione e la repressione degli atti «terroristici», lo scambio di esperienze sul piano giudiziario, poliziesco e tra le unita specializzate nella controguerriglia e antiterrorismo. Gli accordi bilaterali con Algeria, Egitto, Siria e Libano contengono espressamente clausole di collaborazione su questo terreno. Il Meeting Informale di Creta e la Conferenza di Napoli del 2003 hanno sancito la necessità di una definizione comune del terrorismo e la necessità di combatterlo comunque e dovunque, in tutte le forme in cui esso può manifestarsi. Con la Conferenza EuroMed del maggio di questo anno viene formalizzata una maggiore collaborazione nello scambio di informazioni, per impedire accordi e alleanze tra organizzazioni ritenute terroristiche, e nella cooperazione tra autorità di polizia.

 

Non dobbiamo andare a cercare molto per trovare, negli stessi studi menzionati alla conferenza, le conseguenze delle politiche antiterrorismo che hanno caratterizzato la scena dei paesi mediterranei. Aumento delle possibilità di arresto, perquisizione, interrogatorio, fermo di polizia, prolungamento dei tempi di detenzione senza motivazione, integrazione delle forze di polizia e militari nell’uso della forza, restrizione delle possibilità di processi imparziali, censura, limitazione della libertà di movimento, limitazione delle libertà di manifestare e di organizzarsi, aumento delle pene detentive, rappresentano l'omogeneità sul piano mediterraneo delle misure repressive sul fronte interno. Nella migliore delle ipotesi il dibattito istituzionale e delle organizzazioni non governative pare attestarsi su un piano di garanzia costituzionale richiamandosi ad una eccezionalità nell’applicazione di tali norme.

Il Marocco rappresenta sicuramente uno degli esempi più importanti per quanto riguarda l’interesse attuale della borghesia europea di accelerare i processi di integrazione euromediterranea anche a fronte di una sempre maggiore iniziativa Usa attraverso il programma B-MENA (Broader Middle East). “La nuova politica di vicinato dell’Unione Europea, lanciata nel 2003 - ha assicurato Borrell - permetterà di condividere i vantaggi dell’allargamento dell’Unione con i paesi limitrofi, fra cui quelli del Maghreb”, rispondendo alle preoccupazioni dei paesi del Sud del Mediterraneo che hanno visto l’Ue rivolgere, negli ultimi dieci anni, la propria attenzione piuttosto verso i paesi dell’Est. “Quanto al Marocco, esso rappresenta “la chiave di volta” della cooperazione fra l’Ue e la riva sud del Mediterraneo”, ha aggiunto Borrell, precisando che lo sviluppo delle relazioni con questa regione ha bisogno di rinnovarsi e di divenire più efficiente. “Da un altro punto di vista”, ha concluso Borrell, “il rilancio dell’Unione del Maghreb Arabo (Uma) è cruciale per lo sviluppo del partenariato euromediteraneo” ricordando che il Marocco rimane il primo beneficiario del programma Meda con 55 programmi in corso di esecuzione per un valore totale di 1,25 miliardi di euro».
Quanto affermato dal Presidente del Parlamento Europeo durante un incontro a Rabat nel mese di settembre pensiamo sia sufficiente a confermare questa importanza.
Dai documenti del congresso Usa emerge il fatto che il Marocco, assieme alla Turchia e l’Egitto rappresentano partner affidabili, tanto da individuare all’interno del panorama politico di questi paesi quei riferimenti islamici moderati attraverso i quali operare il controllo politico ed economico nell’area e attraverso l’illusione di sviluppo economico modificare la condizione di ostilità verso gli Usa presente nell’area.
Dall’altra parte non dobbiamo dimenticare che proprio agli inizi del 2005 è stato firmato un accordo di libero scambio tra Usa e Marocco entrato in vigore il 1° di Luglio, che prevede la totale eliminazione delle tasse sulle esportazioni verso il Marocco.
Come già visto in passato, non è tardato molto, da parte americana, l’inserimento nella Lista delle Organizzazioni Terroristiche del Moroccan Islamic Combatant Group ritenuto responsabile degli attentati di Casablanca.

La Conferenza di Barcellona che si terrà il 28 e 29 Novembre definirà il progetto che investirà l’area mediterranea per i prossimi cinque anni. Un progetto, che come traspare da tutte le dichiarazioni, porterà ad una ulteriore accelerazione e con se la stessa nello sviluppo delle contraddizioni interne ed esterne all’europa imperialista. Parallelamente alla Conferenza si svolgerà il secondo «Forum For Future» sponsorizzato dalla amministrazione Bush all’interno del processo di penetrazione politico-economico del Broader Middle East che troverà una netta opposizione nelle esperienze più avanzate del proletariato marocchino. In Egitto l’opposizione a Mubarak continua a svilupparsi davanti ad una sempre maggiore repressione.
E’ arrivato forse il momento che anche il proletariato metropolitano europeo giochi il suo ruolo e che il Mediterraneo possa dirsi davvero Mare Nostrum.

 

Tutti contro il progetto americano «Forum de l’Avenir» (Forum for Future)
Appello al boicottaggio della Conferenza Internazionale su «Il pluralismo politico e i processi elettorali» e a rifiutare la participazione diretta o indiretta ai lavori del prossimo Forum de l’Avenir.

Rabat, 29 Settembre 2005
Nel quadro della messa in pratica dell’iniziativa americana e delle raccomandazioni del «Forum de l’Avenir» che si è tenuto a Rabat l’11 Dicembre 2004, e all’interno della preparazione del secondo «Forum de l’Avenir» avra’ luogo nel BAHREIN l’11 e 12 Novembre 2005, una Conferenza Internazionale su «Il pluralismo politico e i processi elettorali» è stata organizzata a Rabat per il 1 e 3 ottobre 2005 all’hotel Hilton.
Il Ministro degli Affari Esteri marocchino e l’omonimo italiano sono stati incaricati di invitare i membri del G8 del Grande Medioriente e del Nord Africa, ad incontrare membri della societa’ civile dei paesi della regione.
In questa occasione, il segretariato Nazionale della Cellula Marocchina Contro il «Forum de l’Avenir», CeMaCoFA, costituita nel novembre 2004 dai rappresentanti di molte organizzazioni politiche, sindacali, e associazioni per i diritti umani:
1 Ribadisce il suo rifiuto categorico verso l’organizzazione del Forum de l’Avenir, e la necessità di combattere lo svolgimento del Forum che rappresenta la faccia politica dell’aggressione militare dell’imperialismo americano-sionista in IRAK, e PALESTINA e in tutti gli altri paesi nel mondo.. Il «Forum de l’Avenir» mira alla normalizzazione delle relazioni tra i paesi della regione, all’aggressione imperialista e all’occupazione dietro la copertura delle «riforme democratiche, economiche, pedagogiche».
2 Considera che l’amministrazione americana sia responsabile di macelli che coinvolgono centinaia di migliaia di vittime, e prende posizione contro il tribunale penale internazionale, segnalando un arretramento nel rispetto dei diritti umani, anche negli Stati Uniti, e il fatto che un paese che ha sostenuto regimi dittatoriali e organizzazioni terroristiche che oggi dice di combattere, non può essere un credibile portatore di processi di democratizzazione dei regimi e delle società dei paesi del Grande Medio Oriente e dell’Africa del Nord.
3 Ribadisce che qualsiasi costruzione democratica e il rispetto dei diritti umani, che rappresentano richieste inevitabili e non rinviabili nei paesi della regione, rimane nelle mani del popolo e delle forze democratiche con il sostegno delle altre forze democratiche del mondo
4 Ricorda il suo rifiuto della decisione di organizzare il cosiddetto Forum de l’Avenir, che è soltanto una riunione coloniale il cui obiettivo è di controllare i popoli della regione.
5 Lancia un vivo appello a tutte le organizzazioni democratiche, che rappresentano la società civile della regione, a boicottare la Conferenza Internazionale su «Il pluralismo politico e i processi elettorali», e a rifiutare la partecipazione diretta o indiretta ai lavori del prossimo Forum de l’Avenir
6 Lancia un appello a tutte le forze vive della regione interessate dall’iniziativa americana ad esprimere con tutti i mezzi legali la loro opposizione e la loro condanna verso questa nuova iniziativa coloniale

il Segretariato Nazionale della Cellula Marocchina
Contro il «Forum de l’Avenir» CeMaCoFA


Scoperta la sepoltura di Scomparsi in Marocco

Parigi 11 Ottobre 2005.

L’Instance Equité et Réconciliation (IER) ha pubblicato una lista di nomi di persone scomparse di cui ha appena scoperto la sepoltura. Questi avvenimenti rappresentano certamente un avanzamento nella ricerca della verità sulla sorte di centinaia di vittime scomparse a causa della repressione politica dello stato marocchino contro i movimenti di opposizione.
L’APADM che lotta da più di 30 anni per questo obiettivo rende omaggio alla perseveranza delle famiglie degli scomparsi e all’impegno di tutto il movimento per i diritti umani per il diritto alla verita’. Con questo pensiamo che rappresenti solo l’inizio di un percorso che:
- Riveli le sorti di tutti gli scomparsi e il luogo della loro sepoltura se sono morti
- Indichi ai familiari i luoghi di sepoltura, che garantisca le procedure per un riconoscimento certo e il recupero della salma
- Fornisca ai parenti tutta la verita’ sulle modalita’ del sequestro e della morte della vittima
- Garantisca pieno sostegno ai familiari per la riabilitazione delle vittime.

La verità sulla sorte degli scomparsi deve essere stabilita chiaramente: lo Stato ne ha organizzato e preparato metodicamente l’eliminazione, il sequestro e la scomparsa, come nel caso di Mehdi Ben Barka e di Houcine El Manouzi.
La nostra associazione non cessa di preoccuparsi per il tempo molto breve che resta a quest’istituzione per realizzare questo lavoro. In questo quadro teniamo a ricordare alla presidenza del l’IER che si era impegnata in occasione della presentazione dei dossier delle nostre famiglie, a metterci al corrente periodicamente sugli esiti della prosecuzione delle indagini. Inoltre, ribadiamo la nostra richiesta di riunione, prima della pubblicazione dei risultati definitivi della missione di quest’istituzione, per esprimere le nostre richieste.
Il nostro obiettivo è di lavorare per stabilire la verità senza la quale la riconciliazione può essere soltanto un’esca pregiudizievole al divenire della nostra società.
Chiamiamo alla solidarietà ed alla vigilanza dell’opinione pubblica affinché questo progetto nobile sia un vero successo.

APADM B.P. 1626 80016 Amiens France
E-mail : assoc_apadm@hotmail.com



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