SENZA CENSURA N.20

luglio 2006

 

Un bavaglio per il DHKC

La “giustizia” belga si adegua alle direttive dell’Unione Europea


Pubblichiamo di seguito alcuni materiali relativi alla repressione che stanno subendo, in Belgio e Olanda, i compagni dell’Ufficio di Informazione del DHKC di Bruxelles.
Le vicende giudiziarie in cui sono stati loro malgrado recentemente coinvolti sono sintomatiche di come tutti i paesi dell’UE si stiano rapidamente allineando alle direttive europee in fatto di adeguamento delle legislazioni “antiterrorismo”nazionali. Direttive che, come abbiamo avuto già occasione di sottolineare, sanciscono di fatto la fine del diritto di associazione (anche in quegli stati in cui questo era parzialmente salvaguardato) e l’esecutivizzazione dei processi repressivi per chi non si adegua al nuovo status quo.
Nei mesi scorsi quindi si è aperto in Belgio, a Bruges, un processo contro alcuni esponenti del suddetto Ufficio di Informazione, con l’utilizzo della nuova legislazione che per la prima volta permette ai tribunali belgi di condannare per terrorismo sulla base della semplice presunta appartenenza a un’associazione. Sulla pelle di questi compagni si sta quindi stabilendo la giurisprudenza che orienterà d’ora in poi l’utilizzo della nuova legislazione “antiterrorismo” belga.
Recentemente poi, dopo le condanne in primo grado dei compagni processati, Bahar Kimyongür, ancora a piede libero (al contrario degli altri), è stato colpito da un mandato di cattura internazionale richiesto dalla Turchia e arrestato in Olanda, dato che questo non é legalmente possibile in Belgio.
Il 1° maggio è stata dichiarata “formalmente corretta” dalla corte dell’Aia la richiesta turca per la sua estradizione (Bahar Kimyongür ha la cittadinanza belga).
La motivazione che ha portato all’emissione del mandato di arresto internazionale contro Bahar è ufficialmente l’aver preso parte il 28 novembre 2000 a una protesta al parlamento belga contro l’allora ministro degli esteri turco.
Per la stessa motivazione (+ altre accuse non provate) era stata arrestata in turchia il 10 febbraio 2005 anche Sandra Bakutz, olandese, che dopo un periodo di detenzione era stata rilasciata il 30 marzo 2005 in libertà provvisoria ed espulsa dalla Turchia.
Siamo di fronte insomma all’ennesima “prova” sull’utilizzo della legislazione comunitaria in materia di “antiterrorismo” e delle famigerate “liste nere”, con la collaborazione fra lo stato turco, fortemente interessato alla repressione verso questi compagni, e i suoi compari dell’UE.

 

LA FACCIA NASCOSTA DELL’AFFARE ERDAL

Esprimersi, organizzarsi, contestare: non è terrorismo!
La fuga di Ferhiye Erdal (cittadina turca arrestata in belgio con accuse relative alle attività del DHKP-C, messa in libertà provvisoria e ora irreperibile, ndr) ha cristallizzato l’attenzione dei mass media ed ha eclissato le sfide del verdetto del processo di Bruges.

Queste sfide sono importanti. Il 28 febbraio 2006, il tribunale di Bruges ha condannato sette persone a pene dai 4 ai 6 anni di prigione. Fra i condannati, Musa Asoglu e Bahar Kimyongür sono stati rispettivamente condannati come capo e membro di un’organizzazione terroristica. I sette sono stati condannati per “associazione a delinquere”. La presenza di armi e di carte false in un appartamento di Knokke ha dato luogo a condanne per ogni persona che vi è stata trovata presente (tutti eccetto Bahar Kimyongür).
Asoglu Musa ha dichiarato dinanzi alla giustizia che le armi e le carte scoperte erano destinate a proteggere Ferhiye Erdal contro i mercenari che lo Stato turco e gli industriali turchi avevano annunciato aver mandato con la missione “di liquidarla” per tutta l’Europa. Non c’è nessun elemento del dossier repressivo che dimostra che le persone alla fine condannate abbiano commesso atti di violenza in Belgio o in Europa e che abbiano perpetrato o preparato azioni di questo tipo in Turchia o anche che abbiano avuto l’intenzione di farlo.
Il Belgio si è confrontato con un problema d’ordine diplomatico con la Turchia. Lo Stato turco ha molte volte chiesto l’estradizione di Erdal. Il Belgio si è pronunciato contro quest’estradizione che rischiava di sottoporla ad una giustizia giudicata politica, al rischio della tortura, e della pena di morte. D’altra parte, la giustizia belga, forte del principio di territorialità, si è dichiarata incompetente a giudicare Erdal per supposti fatti commessi sul suolo turco. Oggi che “è sfuggita alla vigilanza” della giustizia e dell’interno, lo Stato turco manifesta la sua insoddisfazione e aumenta la tensione diplomatica tra i due stati.
L’agitazione politica e mediatica montante copre di un velo opaco, contrariandoci alquanto, le questioni cruciali per la nostra democrazia, che riguardano la legge contro le organizzazioni terroristiche, l’utilizzo che ne è fatto ed il precedente giudiziario sorto del verdetto del processo di Bruges. Infatti, quest’affare pone una serie di interrogativi sulle libertà democratiche e sulla loro garanzia all’interno del diritto penale belga.

Il principio di territorialità
Il DHKC è un movimento politico di sinistra che opera in Turchia per denunciare ed agire contro quello che enuncia come una dittatura fascista. A questo titolo, è iscritto nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea, lista che è nata in seguito agli attentati dell’11 settembre. Questo movimento non ha commesso alcun atto giudicato criminale o terroristico al di fuori delle frontiere della Turchia. E, in particolare, nessuno dei suoi membri e simpatizzanti è sospettato di essersi reso colpevole di tali atti sul territorio belga. Il diritto penale belga prevede il principio detto di territorialità, che libera la giustizia belga dal dovere di giudicare persone che hanno commesso atti criminali o punibili al di fuori del territorio, a meno che non si tratti di crimine contro l’umanità, di crimine di guerra o di genocidio. Ora, il processo di Bruges pone il Belgio come arbitro di conflitti che hanno luogo al di fuori del suo territorio, con il rischio di portare la sua giustizia a un’inflazione distruttiva e la sua diplomazia a una situazione assolutamente ingestibile.

Il principio di responsabilità individuale
Il diritto penale belga fonda la prevenzione e la condanna sul principio di responsabilità individuale. Ciò significa che per condannare una persona, occorre stabilire che essa stessa si sia resa colpevole di crimine o d’offesa. Per quanto riguarda l’associazione a delinquere, il diritto penale prevede tuttavia che persone che hanno contribuito attivamente ad un’associazione avente lo scopo di commettere un crimine o un’offesa, possono essere condannate a questo titolo. La nuova legge sulle organizzazioni terroristiche rompe con il principio di responsabilità individuale e permette di condannare una persona a titolo della sua appartenenza a tale organizzazione. Ciò significa che non è più necessario commettere un crimine o un’offesa, nemmeno partecipare ad un’associazione in attesa di commettere tale atto, ma che basta essere membro di un’organizzazione per essere condannato per terrorismo.

Il principio di libertà d’espressione e d’associazione
Il caso di Bahar Kimyongür è particolarmente significativo. Le prevenzioni che pesavano su di lui sono state stabilite sul semplice fatto che ha tradotto, diffuso e commentato un comunicato del DHKC. Come comprendere il fatto che Bahar Kimyongür sia stato condannato a 4 anni d’imprigionamento per questa attività d’informazione? Con l’utilizzo di questa legge che condanna l’appartenenza ad un’organizzazione che conduce alcune azioni il cui scopo è “di forzare indebitamente poteri pubblici o un’organizzazione internazionale dal compiere o astenersi dal compiere un atto”, le libertà d’espressione e d’associazione sono suscettibili di essere ridotte male. Così ad esempio, se questa legge fosse stata in vigore all’epoca dell’apartheid in Sudafrica, ogni persona associata alla ANC (organizzazione di Nelson Mandela) in Belgio avrebbe potuto vedersi accusata e condannata a pene pesanti come membro di un’organizzazione terroristica. La definizione delle infrazioni lascia tale margine di manovra e di valutazione alla discrezione delle autorità giudiziarie che non è impensabile che persone che partecipano ad azioni di contestazione o che sono membri di un’organizzazione, come un sindacato o un collettivo cittadino, si vedano presto accusate e condannate, con questa legge, come membri di un’organizzazione terroristica.

Invitiamo la società civile ed i responsabili politici a un dibattito a proposito della lotta contro il terrorismo e dei principi democratici che fondano il nostro diritto.

Invitiamo i cittadini alla costituzione di un gruppo di vigilanza sull’utilizzo della legge sulle organizzazioni terroristiche.

Bruxelles, Belgio, 10/03/06
C.L.E..A.. - Comité liberté d’expression et d’association
[http://perso.wanadoo.fr/clea.be/]



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