SENZA CENSURA N.22

marzo 2007

 

Una conquista del Death Fast

Lettera di Bahar Kimyongür dal carcere di Gand (Belgio) sull’attenuazione del regime di isolamento “Tipo F” da parte del ministero della giustizia turco

 

Non avendo ulteriori notizie di come si svilupperà il nuovo assetto previsto dalla circolare ministeriale appena emessa per fermare lo sciopero della fame fino alla morte condotto in questa fase da un team di un avvocato, una prigioniera e una ex prigioniera turche, pubblichiamo questa lettera che ci dà conto delle conquiste ottenute, segnalando peraltro come queste non siano per nulla scontate e vadano difese attivamente per garantire la possibilità che risultino effettive.

 

22/01/2007 “VITTORIA”!
Prigione di Gand, 22 gennaio 2007

Sono le 00.17 esatte.
Un giornalista turco pronuncia le parole “prigioni di tipo F”. trattengo il mio respiro.
Annuncerà una volta di più la morte di un compagno?
Una vera colata di lava invade le mie vene nel tempo che finisce la sua frase.
Ci siamo, è finita!
No, non è la fine di una vita ma la fine di un’ecatombe.
L’incredibile notizia, quella che eravamo così numerosi ad aspettare da 6 anni, 3 mesi e 2 giorni è stata appena annunciata al telegiornale della TRT-INT (canale turco): è stato trovato finalmente un accordo sull’eliminazione dell’isolamento carcerario nelle prigioni di tipo F.
Questo accordo apparentemente preliminare si sarebbe concretizzato con la pubblicazione di una circolare del ministero della giustizia che prevede l’incontro di un massimo di dieci detenuti per dieci ore a settimana e questo senza nessuna condizione preliminare. Finalmente i prigionieri potranno avere dei contatti sociali in queste moderne segrete che sono le prigioni di tipo F; il che per essi ha il valore di una vita.
Non riesco a credere. La scarica emozionale è troppo forte. Così forte che riesco appena a reprimere un grido di rabbia, di gioia, di dolore, di follia, di amarezza, di speranza.
È tuttavia ragionevole fidarsi della stampa ufficiale turca? Certamente no. Info o intox? Io non ne so niente, ma voglio crederci. Nel momento in cui il giornalista annuncia la cessazione dello sciopero della fame degli oppositori al regime di isolamento, ottengo l’assicurazione della credibilità della notizia. Perché essendosi ritirato dietro le sue ultime fortificazioni, il potere non ha più il lusso della menzogna.
Così, grazie a questa nuova misura, il mio avvocato Behiç Asçi così come due donne scioperanti, una prigioniera politica chiamata Sevgi Saymaz e l’altra, ex-detenuta chiamata Gulcan Goruroglu avrebbero interrotto il loro digiuno a oltranza mentre tutti e tre, costretti a letto, erano arrivati al punto della morte dopo 293 giorni di sciopero della fame per l’avvocato e 268 giorni per le due giovani donne.
Ci sono voluti più di 6 anni di sofferenze incommensurabili, 122 morti tra coloro che protestavano contro il regime di isolamento, più di 600 invalidi permanenti tra gli scioperanti della fame alimentati a forza, centinaia di manifestazioni disperse dalla brutalità poliziesca, migliaia di arresti e quasi altrettante sedute di tortura nei commissariati, centinaia di migliaia di firme raccolte e più di mezzo miliardo di volantini distribuiti affinché il governo turco si degnasse di rendere le sue prigioni di tipo F un poco più umane.
Il successo strappato dai prigionieri è una grande vittoria per le forze democratiche del paese e per tutti i difensori dei diritti umani nel mondo.
Lo dobbiamo all’incredibile sacrificio dei detenuti rivoluzionari che hanno “amato la vita fino alla morte” e che hanno scelto di “morire di fame piuttosto che di morire di solitudine”, ai loro genitori e ai loro compagni che hanno pagato lo stesso prezzo, alle migliaia di militanti e di simpatizzanti che, durante tutta questa campagna hanno perso la loro libertà, la loro salute o il loro lavoro per solidarietà ed altruismo.
La dobbiamo anche alla solidarietà internazionale, alle numerose delegazioni che hanno reso visita agli scioperanti della fame e che hanno denunciato senza tregua la situazione disumana che regnava nelle prigioni di tipo F sia con i rapporti delle missioni, per la strada, di fronte alle ambasciate turche o nei parlamenti.
Nel momento in cui scrivo queste righe, non conosco ancora il tenore esatto della circolare ministeriale e non so, per esempio, se contiene altre clausole che riguardano un miglioramento del regolamento interno delle prigioni.
In ogni caso, la vittoria incarnata da questa circolare non deve farci certamente abbassare la guardia perché gli abusi commessi contro i prigionieri e le privazioni che patiscono sono molteplici e, d’altra parte, sappiamo per esperienza che un diritto non è mai definitivamente acquisito, ed ancora meno nelle prigioni turche.
Mi ricordo che nel 1996, appena due mesi dopo la vittoria storica dei detenuti tra i quali 12 scioperanti della fame che morirono in 69 giorni di digiuno, vittoria che aveva permesso loro di ottenere la chiusura del solo supercarcere che esisteva all’epoca, l’esercito turco aveva massacrato 10 prigionieri politici alla prigione di Diyarbakir.
Ma oggi siamo migliaia di militanti in Turchia, in Europa e nel mondo a condividere l’immensa felicità di tutti i prigionieri della Turchia, il profondo sollievo che i nostri tre compagni scioperanti sopravvivranno al loro digiuno ma allo stesso tempo il terribile dispiacere che gli eroici martiri di questa resistenza non siano con noi per celebrare questa vittoria che appartiene innanzitutto a loro.
Rendiamogli omaggio!
Onore a questi eroi del popolo, a queste perle dell’umanità che sono riuscite a fare trionfare la luce della speranza e della dignità nelle tenebre delle prigioni e nei nostri cuori.

Bahar Kimyongür
Prigione di Gand,
la gloriosa notte di lunedì 22 gennaio 2007



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