SENZA CENSURA N.22

marzo 2007

 

Euskal Herria, governo franchista!

L’esecutivo di Zapatero costringe il processo di pace in una situazione di cortocircuito

 

In questo numero di Senza Censura abbiamo scelto di pubblicare alcuni materiali provenienti dal Paese Basco che ci consentono di proporre un quadro della situazione politica nel Paese, diviso fra regioni occupate dagli stati francese e spagnolo. I media nostrani hanno recentemente parlato della questione, in relazione all’attentato di E.T.A. all’aeroporto di Barajas (Madrid), fornendo un quadro completamente distoroto e parziale della situazione. Proveremo a fare un po’ di chiarezza.
Anzitutto riepilogando la situazione dopo il cessate il fuoco unilaterale dichiarato da E.T.A. lo scorso 24 marzo 2006.
Già precedentemente al cessate il fuoco, era stato impostato un preaccordo fra l’Organizzazione Armata e il governo spagnolo. Con il cessate il fuoco, si è materializzato un tavolo delle trattative e ci sono stati una serie di incontri in stati terzi e con osservatori neutrali accettati da ambe le parti. Ebbene, anche a detta degli stessi osservatori, mentre E.T.A. ha rispettato scrupolosamente i preaccordi e gli accordi stabiliti in questo tavolo, il governo spagnolo ha sistematicamente disatteso gli stessi, riproducendo nel paese basco la siutazione di attacco alle realtà sociali e politiche del Movimento di Liberazione Nazionale Basco, MLNV, che vigeva precedentemente al cessate il fuoco.
In pratica l’esecutivo di Zapatero si sta sciacquando da marzo la bocca con la propria volontà di arrivare a un accordo di pace, continuando imperterrito a mantenere le misure di guerra che colpiscono pesantemente la società basca.
Come possiamo verificare nei materiali che seguono, i mesi successivi al cessate il fuoco sono stati caratterizzati da una caterva di atti del complesso delle istituzioni spagnole in direzione diametralmente opposta a una supposta volontà di rendere possibile un processo di pace.
E anche dalla parte francese la risposta dello stato, che ha continuato come sempre a negare l’esistenza in Francia di una questione basca, è stata anzitutto l’indurimento della politica penitenziaria contro i prigionieri baschi, come denunciava lo scorso ottobre Anaiz Funosas, portavoce dell’associazione per la difesa dei diritti dei prigionieri politici baschi Askatasuna.
Mentre le organizzazioni basche dell’MLNV già alla fine dell’estate denunciavano il blocco completo del processo di pace e la situazione di pericolo per lo stesso che ne conseguiva, il PSOE di Zapatero, e a ruota il PNV, alleato basco del PSOE, continuavano a sostenere che il processo era sulla buona strada, mentre procedevano con la repressione.

 

I prigionieri politici, ostaggi del regime
A inizio novembre il tribunale speciale “antiterrorismo”, l’Audiencia Nacional” condannava Iñaki de Juana Chaos a 12 anni e 7 mesi per aver scritto due articoli di opinione sul quotidiano basco Gara (vedi Senza Censura n.21, pag 50). In seguito a questa condanna -che nelle dichiarazioni stesse di esponenti governativi è stata direttamente mirata a impedire che Iñaki de Juana potesse uscire di galera una volta compiuta la condanna precedente - de Juana ha iniziato uno sciopero della fame, che prosegue tuttora e mentre stiamo scrivendo ha superato il centesimo giorno. In seguito a questo sciopero l’Audiencia Nacional ha disposto l’alimentazione forzata per Iñaki, che in termini pratici significa che viene legato al letto fino a 12 ore al giorno con una cannula che entra nell’esofago dal naso.
Se questa decisione non ha bisogno di ulteriori commenti, occorre invece segnalare come parallelamente si stia mantenendo in uso la “dottrina Parot”, che si traduce nella condanna all’ergastolo per quei prigionieri che avrebbero diritto a uscire di galera in base alle normali leggi dello stato spagnolo; e come stia proseguendo assolutamente intatta la politica di dispersione dei prigionieri baschi il più lontano possibile da Euskal Herria.
 

La repressione a 360 gradi
L’atteggiamento dello stato spagnolo nei confronti di Iñaki de Juana, così come degli altri prigionieri politici Baschi, usati come ostaggi, simbolizza appieno la collocazione delle istituzioni spagnole nei confronti del processo di pace sostenuto dal Movimento Basco.
Ed effettivamente anche su tutti gli altri piani troviamo conferme in questo senso, come possiamo leggere nel bilancio dei sei mesi successivi al cessate il fuoco, pubblicato dall’organizzazione Askatasuna (reperibile su www.behatokia.info/docs/boletinak/word/26/26balance.doc), in cui si denuncia come continuino le detenzioni in isolamento e relative torture, la proibizione di numerosissime iniziative e mobilitazioni da parte del tribunale speciale, la militarizzazione estrema del territorio, e le politiche sempre più aggressive nei confronti dei prigionieri baschi.
Del resto siamo vicini al paradosso se pensiamo che ogni rappresentanza politica del Movimento Basco, MLNV, mentre dovrebbe essere protagonista fondamentale di qualsiasi accordo, è tutt’ora messa fuori legge da una “legge dei partiti” costruita specificamente con questo fine. Del resto una delle condizioni concordate nel tavolo di trattativa fra E.T.A. e governo era appunto la “legalizzazione di fatto” (senza abolire la suddetta “Ley de Partidos”) dell’attuale rappresentanza politica del MLNV, Batasuna. Ma dicevamo appunto che nessuna delle condizioni concordate nel tavolo viene rispettata da parte di Madrid.
Sia come sia, stando a ciò che leggiamo sul quatidiano Gara, i rappresentanti del Governo spagnolo e di E.T.A., riuniti nella prima metà di dicembre, avevano confermato la situazione di blocco del processo di pace, individuando come elemento chiave per sbloccarlo l’accordo politico fra le forze basche. Nella stessa riunione E.T.A. aveva presentato una proposta globale per lo sviluppo del processo nei prossimi anni, una volta raggiunto tale accordo politico.
Arriviamo così all’attentato al parcheggio del terminal T-4 dell’aeroporto di Barajas (Madrid), il 30 dicembre ’06.
 

L’azione di E.T.A.
Se il governo di Zapatero stava tentando un processo di liquidazione di E.T.A., sostenendo sui media una presunta debolezza dell’organizzazione, e giocando su una dinamica di conversazioni segrete - accordi bilaterali - mancato rispetto degli accordi da parte spagnola - repressione continua degli interlocutori per porli in condizione svantaggiosa - proiezione di un immagine di un processo di pace in avanzamento; il tutto per porre E.T.A. in condizioni tali da pagare alti costi politici sia che riconfermasse la via della trattativa, sia che dichiarasse rotta la tregua, l’Organizzazione risponde con un atto inaspettato che sconvolge i calcoli del governo: non emette nessun comunicato previo, ma risponde all’annuncio di Madrid sul buono stato del processo di pace con un’azione che lo sconfessa nei fatti. E nei giorni successivi fa trovare ancora un paio di autobombe che reiterano il messaggio.
Chiaramente il governo madrilegno non trova di meglio che organizzare la mobilitazione reazionaria, peraltro già ampiamente preparata all’interno del progetto di liquidazione di E.T.A., nel tentativo ormai consueto di stabilire una assurda linea divisoria fra “violenti”, identificati con la sinistra basca, e “democratici”, vale a dire tutti gli altri, per isolare la sinistra indipendentista. Sfruttando ora le due vittime ecuadoriane, dovute alla mancata evacuazione del parcheggio, più di un’ora dopo che l’attentato era stato annunciato specificando con precisione il luogo in cui era stato lasciato il veicolo contenente l’ordigno, e la targa dello stesso; e dopo che la moglie di una delle due vittime aveva avvertito la polizia della presenza del marito nella stessa sezione del parcheggio.
Di seguito a questi fatti, e nel mezzo dell’evidente imbarazzo del governo di Madrid, viene immediatamente rispolverata la proposta di un “Patto Antiterrorista”, un accordo fra le destre e le “sinistre” contro il “terrorismo”, che aveva già fallito il suo obiettivo di pacificazione del Paese Basco negli anni passati. Parallelamente gli attori politici baschi rilanciano la necessità di proseguire il tavolo di trattativa fra le realtà politiche basche così come quello fra E.T.A. e governo, E.T.A. ribadisce il cessate il fuoco e la propria determinazione a proseguire la trattativa, e Zapatero continua a proiettarsi come l’uomo che può risolvere il conflitto, anche se dichiara interrotta la trattativa.
 

La proposta del Movimento Pro Amnistia e il divieto di espressione e manifestazione
Contemporaneamente, si inasprisce, se possibile, il livello repressivo in tutto il Paese Basco. La militarizzazione, i controlli, gli arresti, le provocazioni poliziesche salgono alle stelle. Ogni manifestazione e atto pubblico delle organizzazioni del Movimento Basco viene illegalizzata, sistematicamente e a prescindere dai contenuti.
Paradigmatici risultano gli avvenimenti relativi al grande incontro pubblico che si doveva svolgere sabato 6 gennaio ‘07 al velodromo di Anoeta, a Donostia, nella parte del paese occupata dallo stato spagnolo.
L’iniziativa era stata convocata dall’insieme del movimento pro amnistia per presentare alla società basca una nuova proposta verso la risoluzione del conflitto. La proposta, “Hitza eta erabakia, askatasunez”, “Parola e decisione, in libertà”, riprende sostanzialmente i termini della proposta di pace oggetto della tregua attuale, ribadendo la necessità che l’insieme della società basca abbia la possibilità di esprimersi e decidere su tutto l’insieme del territorio basco, occupato -ricordiamo- parte dallo stato francese parte da quello spagnolo; e aggiunge che questa possibilità non può essere esercitata in assenza di condizioni democratiche minime all’interno del paese che ne garantiscano realmente l’esercizio.
Il ragionamento della proposta individua alcuni cardini su cui si deve concretizzare l’esistenza di queste condizioni: dalla disattivazione delle leggi di eccezione che restringono sostanzialmente la libertà di espressione, mobilitazione, organizazione, e permettono l’illegalizzazione, la detenzione, la tortura dei militanti indipendentisti, alla sospensione dell’utilizzo dell’Audiencia Nacional nello stato spagnolo e della “Sezione 14” del tribunale nello stato francese contro di essi; dalla smilitarizzazione del territorio nella prospettiva di un’uscita dal paese delle forze di occupazione, alla restituzione ai prigionieri politici dei diritti minimi. Infine, all’avvio di un imprescindibile processo di amnistia, inteso non come mero ritorno a casa dei prigionieri e rifugiati politici, ma come riconoscimento politico di un conflitto e delle sue vittime come chiave del processo democratico, dei prigionieri e rifugiati in qualità di attori politici da cui non si può prescindere.
L’iniziativa con cui questa proposta doveva essere presentata dal Movimento Pro Amnistia alla società basca è stato vietato dall’Audiencia Nacional a poco più di 24 ore dal suo svolgimento, adducendo come pretesto il fatto che dietro alla sigla del Movimento Pro Amnistia si sarebbero celate delle organizzazioni indipendentiste già illegalizzate, come Batasuna o Askatasuna, e minacciando di accusare di collaborazione con associazione terrorista chiunque entrasse nel velodromo. Sostanzialmente lo stesso meccanismo con cui in questi mesi sono stati vietati grossomodo un centinaio di iniziative e manifestazioni del Movimento Basco.
Il Movimento Pro Amnistia ha risposto al divieto, peraltro preannunciato dalla stampa di regime, mantenendo la convocazione al velodromo e indicendo una manifestazione data l’impossibilità di svolgere l’iniziativa prevista. Quindi, anche la manifestazione in questione è stata vietata.
Una delegazione di alcune decine di osservatori internazionali che avrebbero dovuto partecipare all’iniziativa del velodromo è stata fermata per un’ora e mezza prima di arrivare a Donostia, e, dopo una perquisizione minuziosa dei bagagli e del bus in cui viaggiava, a cui è stato impedito di assistere, la polizia ha arrestato Sebastian Bedouret, un componente francese della delegazione, direttore di Radio Pays - Txalaparta Irratia, un’emittente parigina che si occupa con continuità del conflitto basco e le cui trasmissioni sono ascoltate all’interno delle carceri francesi dai prigionieri baschi. Sebas è stato accusato di collaborazione con organizzazione terrorista, adducendo come prova una pubblicazione di E.T.A. che un poliziotto ha dichiarato di aver trovato sul portaoggetti sopra al posto del compagno francese in pullman, durante la perquisizione a cui nessuno ha potuto assistere. Portato in caserma in stato di isolamento assoluto, mentre veniva torturato per tre giorni, risulta.“misteriosamente” comparso nel suo zaino un cd in cui la polizia sostiene si trovino gli originali della suddetta pubblicazione. Sebas è tuttora nelle carceri spagnole.
E’ opportuno segnalare che la legge che prevede fino a 8 giorni di isolamento assoluto nelle mani della polizia dopo l’arresto, rendendo possibile la tortura degli arrestati, è regolarmente utilizzata contro pressochè ogni militante basco che viene detenuto.
Tornando all’iniziativa di Donostia, molte migliaia di persone hanno risposto all’appello del Movimento, dando vita a una manifestazione nei pressi del velodromo. Dopo un paio d’ore, all’atto dello scioglimento della stessa, la polizia ha iniziato le cariche con gas e proiettili di gomma sparati ad altezza della testa e del torace. I dimostranti si sono difesi con barricate, lanci di pietre e altro, e incendiando cassonetti dell’immondizia e alcuni veicoli, fra cui uno in incognito della polizia. Vi sono stati numerosi feriti e alcuni arresti, mentre al Movimento Pro Amnistia è toccato annunciare che la proposta che doveva essere presentata durante la giornata sarebbe stata presentata nelle settimane successive.
 

I Tribunali, strumento di guerra
Il clima pesante della giornata si è riprodotto puntualmente fino ad arrivare a oggi.
Il 19 gennaio il tribunale ha emesso la prima sentenza definitiva che accetta la tesi che “tutto è ETA” propugnata dal giudice Garzón sotto il precedente governo del Partido Popular di Aznar. Tre giudici della Corte suprema spagnola (dissociandosi altri due dalla sentenza), hanno decretato che le organizzazioni giovanili basche Jarrai, Haika e Segi sono “terroristiche” e imposto condanne di sei anni a 23 giovani, poi detenuti, disattendendo tutta la giurisprudenza pregressa dove veniva stabilito che per qualificare come “terrorista” un’associazione era necessario contestare l’uso di armi o esplosivi. Si avvalla così, costituendo un precedente, la nuova interpretazione “estensiva” di Garzon, assunta dalla Procura in questo e altri processi, secondo cui la coincidenza degli obiettivi di un’organizzazione con gli obiettivi indipendentisti di E.T.A. basta affinché questa sia considerata come “agli ordini di E.T.A”.
E’ in questi stessi giorni che l’Audiencia Nacional decide di condannare di fatto a morte Iñaki de Juana, sostenendo che un prigioniero che per lo sciopero della fame è passato da 90 a 50 chili, arrivando sul punto di morte, è pericoloso e può tentare la fuga. Viene cosi negata per il prigioniero la possibilità di arresti domiciliari o altre forme di attenuazione della pena. I magistrati hanno eseguito bene l’ordine impartito nel 2004 dal ministro della giustizia spagnolo, che al termine di una pesante campagna di linciaggio mediatico contro Iñaki disse: “Si costruiranno le accuse che ancora mancano perché non possa uscire in libertà”.
Sempre in questi giorni durante il maxiprocesso 18/98, contro 53 militanti della sinistra abertzale (indipendentista), gli stessi sono stati nuovamente obbligati a recarsi di continuo a Madrid per assistere a interminabili udienze del processo, alla lettura di centinaia di fogli e all’ascolto di ore e ore di registrazioni.
L’obiettivo di questo processo farsa di imporre, come segnala Joseba Permach di Batasuna, “un finale tecnico del conflitto”, è destinato a fallire: questo tipo di atteggiamenti costituiscono “un grave errore politico, perchè si sono dimostrate inutili e non generano altro che allargamento del conflitto”.
Ciò nonostante, è del 6 febbraio la lettura delle conclusioni definitive del Pubblico Ministero, che sostiene che tutti gli organismi della sinistra abertzale dipendono e sono subordinati a E.T.A.; e mantiene, modificandole nel tentativo di farle reggere meglio, le accuse per 52 dei 53 accusati baschi, dovendo così ribassare la richiesta iniziale di 1.100 anni di carcere, per portarla a 484 anni di carcere. Per i compagni processati le richieste vanno dai 19 ai 4 anni di condanna.
Durante tutto il processo, come sottolinea l’avvocato Arantza Zulueta “è risultato molto chiaro che non esiste base giuridica per accusare tutte queste persone”, il cui lavoro politico e sociale trova “un grande riconoscimento in Euskal Herria”, e che questo e altri processi “rispondono a momenti e impulsi politici”.
 

La prospettiva della lotta
Mentre si susseguono le demo di massa contro questi processi, così come le azioni di lotta di strada contro tutti gli atti della repressione, il dato complessivo è insomma che lo stato spagnolo continua a utilizzare imperterrito e con la massima intensità tutti gli strumenti repressivi di cui si è dotato in questi anni, e mentre Zapatero fa propaganda per le vicine elezioni sbandierando una non meglio definità capacità di concretizzare la risoluzione del conflitto, il suo esecutivo accelera la repressione contro il Movimento di Liberazione Nazionale Basco.
Questo dato risulta ben chiaro a tutte le realtà che agiscono al suo interno, e diventa sempre più evidente anche per il complesso della società basca, entro la quale in questi ultimi anni e grazie al lavoro della sinistra abertzale è diventata maggioritaria l’esigenza di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.
Insomma, i soggetti e le realtà politiche della sinistra abertzale stanno verificando sulla propria pelle come anche in una situazione di tregua da parte di E.T.A. il livello preventivo e repressivo delle forze di occupazione si dispieghi pienamente, tentando di approfittare della tregua per approfondire l’attacco all’ipotesi indipendentista.
E diventa evidente come la responsabilità di mettere in pratica lotte e attività che costringano gli stati occupanti a un approccio politico e non solo militare verso il conflitto, ricada ora doppiamente su quel complesso di realtà, organizzazioni, collettivi, che sono poi quelli che vengono sistematicamente e con lungimiranza presi di mira da magistratura e “forze dell’ordine”.

Fonti:
www.gara.net

www.lahaine.org

www.nodo50.org/18/98

www.18-98plus.org

www.nodo50.net/ilegalizacion

www.behatokia.info

www.askapena.org

www.inventati.org/irrintzi

 

Cronologia degli avvenimenti dal cessate il fuoco di ETA

2006
23/03: ETA dichiara un cessate il fuoco permanente per promuovere un processo democratico di risoluzione del conflitto.
12/04: ETA afferma che “la chiave del processo ce l’hanno gli agenti baschi”
18/08: ETA: “Il processo è immerso in una situazione evidente di crisi„
17/09: EPPK rifiuta che si usino i prigionieri per “svuotare di contenuto il processo”
25/10: Nuova approvazione internazionale e plurale al processo
04/11: ETA dichiara la crisi del processo ed annuncia “un nuovo sforzo”
12/11: Migliaia di persone chiedono che finiscano gli attacchi al processo
06/12: Batasuna afferma che il processo “non è rinviabile in queste circostanze”
08/12: ETA e LAB spingono per una mobilitazione per una soluzione democratica
14/12: Zapatero insiste sul fatto che farà “passi decisi” ma per ora non concreti
14/12: Batasuna presenterà una proposta a Parigi due anni dopo Anoeta
15/12: Sette sindacati baschi accusano Zapatero di negare a questo popolo una soluzione democratica
19/12: Un’iniziativa legale chiede la fine della Legge dei Partiti e della dispersione
21/12: Il governo spagnolo comunica i contatti con ETA, ma senza novità rilevanti
21/12: La mobilitazione si è aperta spazio tra gli atti giudiziari e le fughe di notizie
22/12: Batasuna accusa di mentire “quelli che dicono che il processo va bene”
30/12: Batasuna mantiene un compromesso “chiaro ed inequivocabile” con il processo
30/12: ETA realizza un’azione, lascia un furgone con esplosivi, nel parcheggio della T4 dell’aeroporto di Madrid
31/12: Zapatero lascia in sospeso il dialogo con ETA dopo l’attacco nell’aeroporto
31/12: Batasuna dice clamorosamente che “il processo non è rotto” ed annuncia le nuove iniziative
31/12: PNV ed EA chiedono “uno sforzo di dialogo”per non ritornare alla situazione precedente

2007
03/01: Rubalcaba va oltre Zapatero quando annuncia la rottura del processo
05/01: LAB:“Un processo di pace senza compromessi reciproci non può essere costruito”
07/01: Un gran numero di persone reclama ad Anoeta democrazia per Euskal Herria
09/01: Batasuna chiede a Madrid e ad ETA di rendere pubblico il proprio compromesso con il processo politico
10/01: ETA riaffermato gli obiettivi riuniti nella dichiarazione del 22 di marzo
11/01: Batasuna scommette che il processo si svolgerà “in uno scenario senza aggressioni”
12/01: Friendship vede necessario come prima un processo di pace e riattiva il suo ordine del giorno
12/01: Ibarretxe cambia il motto dopo il supporto di Batasuna all’atto di Bilbao
13/01: Batasuna considera “una frode” la nuova chiamata di Ibarretxe
14/01: Ibarretxe riunisce circa 44.000 persone a Bilbao
15/01: Gobierno e ETA hanno tenuto parecchie riunioni ufficiali da marzo
16/01: Zapatero richiede l’unità e ripete che con la violenza non c’è dialogo
18/01: La riunione ETA-Governo ha individuato la chiave nell’accordo fra le forze basche
18/01: Rafa Diez (segretario generale di LAB) chiede al governo, ad ETA e ai partiti che eliminino “i fattori di ambiguità
19/01: Sentenza della Corte Superiore su Jarrai/Haika/Segi, considerate organizzazioni terroristiche; condanna a sei anni di carcere 24 imputati.
25/01: L’ Audiencia Nacional spagnola decide di tenere in prigione a Iñaki de Juana Chaos e da ordine che venga sottoposto ad alimentazione forzata.

[www.lahaine.org]


IÑAKI AI DOMICILIARI

Apprendiamo andando in stampa che il ministro dell’interno dello stato spagnolo ha decretato gli arresti domiciliari per Iñaki de Juana. Le parole con cui giustifica la decisione come un fatto tecnico e umanitario, previsto per legge, tradiscono di per se stesse come la decisione di non applicare queste possibilità di legge ai prigionieri politici baschi, sia viceversa frutto di una decisione eminentemente politica.
La decisione del ministro costituisce un evento rilevante anzitutto in quanto elemento di rottura, in seguito allo sciopero della fame, della pluriennale politica di dispersione dei prigionieri politici baschi a centinaia se non migliaia di chilometri da casa loro.
Iñaki, che è stato inviato in un ospedale nel paese basco per riprendersi dai 111 giorni di sciopero prima di andare a casa sua, è stato salutato da un bagno di folla all’arrivo a Donostia. La polizia ha impedito che chiunque si avvicinasse caricando.
Nei giorni scorsi il tribunale aveva in seguito allo sciopero della fame derubricato il reato e ridotto la sentenza contro Iñaki da 12 a 3 anni. Iñaki aveva quindi ribadito che avrebbe continuato lo sciopero della fame a oltranza, fin quando non fosse ritornato a casa.


COMUNICATO DI E.T.A.
Stralci del comunicato emesso dopo l’attentato al parcheggio T4 dell’aeroporto di Barajas (Madrid)

ETA, organizzazione basca socialista rivoluzianaria per la liberazione nazionale vuole comunicare ai cittadini baschi la propria lettura sulla situazione politica, dopo che sono passati nove lunghi mesi da quando rendemmo noto il cessate il fuoco di azioni armate.
Per caso hanno intenzione che il processo imputridisca? Nella riflessione che comunicammo alla società in agosto, ci facevamo questa stessa domanda. Sfortunatamente, il processo che deve portare al superamento del conflitto di lunghi anni è in una situazione di stallo, in una situazione grave che non va né avanti, né indietro.
Questa situazione di blocco ha responsabili diretti. Il Governo della Spagna ed il PSOE sono chi ha generato l’attuale grave situazione mettendo ostacoli al processo democratico in modo permanente. Invece di concordare le basi di una nuova cornice politica che porti al superamento del conflitto e che riconosca i diritti di Euskal Herria, hanno stabilito come ambito del processo i limiti della Costituzione spagnola e della legalità.
I dirigenti del Governo spagnolo dovrebbero sapere che non potranno costruire un processo di pace mantenendo i limiti politici che hanno generato il conflitto. Al contrario, la rivendicazione di quei limiti politici che garantiscono l’oppressione politica, militare ed economica di Euskal Herria, non serviranno ad altro che ad alimentare il conflitto ed estendere nuovi tempi di scontro. Fino ad ora il Governo della Spagna e i responsabili del PSOE si sono impegnati in quella posizione.[…]
La presenza e la pressione poliziesca si estendono. Rimane vigente la Legge sui Partiti, contro i principi giuridici. Continuano a essere permanenti gli attacchi contro l’attività della sinistra indipendentista basca. L’attività politica, l’attività degli agenti popolari è impossibile in Euskal herria. Sono stati proibiti più di cento iniziative, accompagnati da multe, detenzioni e bastonature. Continua la tortura, e più di cento detenzioni per mano di distinte forze poliziesche, da quando ETA comunicò la cessazione delle sue azioni.
Il mantenimento delle misure di eccezione contro il Collettivo di Carcerati Politici Baschi, la creazione della dottrina Parot, il sequestro di 185 carcerati politici baschi, e quelli che vengono ricondannati per tutta la vita. O la crudeltà senza limiti mostrata dal pubblico ministero nel giudizio contro Iñaki de Juana, che hanno condannato a morire con l’intenzione di utilizzarlo come moneta di scambio. Questa è la cronaca crudele di una strategia di repressione che non si è fermata in nessun momento durante questi nove mesi. […]
Davanti a questa situazione, la soluzione al conflitto sta nella proposta politica che ha ripetuto senza cessare la sinistra indipendentista basca e che è diventata maggioritaria nella società basca: il riconoscimento dei diritti nazionali di Euskal Herria, rispettare quello che decidono i cittadini baschi e superare la divisione territoriale che si impone attualmente. Per ciò, è necessario accordare e costruire per Euskal Herria una nuova cornice giuridico-politica basata sul diritto di autodeterminazione e sulla territorialità.
Euskadi Ta Askatasuna vede in questo la possibilità di sviluppare il processo democratico, mediante un accordo politico che riunisca i diritti ed i minimi democratici che sono dovuti ad Euskal Herria.[…]
Le decisioni e le risposte di ETA dipenderanno dal comportamento del Governo della Spagna. Vogliamo mostrare chiaramente la nostra volontà a beneficio del processo, di fortificarlo e spingerlo; ma finché si mantiene la situazione attuale di attacco contro Euskal Herria, come facemmo sapere nel comunicato di agosto, ETA avrà tutta la determinazione per rispondere.
ETA rivendica l’azione con una bomba che ha prodotto grandi danni successa il 30 dicembre 2006 nell’aeroporto di Barajas di Madrid. Oltre a voler esprimere fermamente che l’obiettivo dell’azione armata non era causare vittima alcuna, vogliamo denunciare che non si è evacuato o svuotato il parcheggio nel lungo termine di un’ora, dopo tre chiamate che spiegavano il posto esatto della collocazione dell’esplosivo. Perciò, vogliamo fare arrivare le nostre più sincere condoglianze alle due persone, Carlos Alonso Palate e Diego Armato Estacio che hanno perso la vita in questa azione, come alle loro famiglie, amici, ed al paese dell’Ecuador.
D’altra parte, ci riaffermiamo davanti ai baschi negli obiettivi che presentammo nel comunicato del giorno 22 di marzo. Per quella strada e mediante passi fermi saranno aperte nuove porte al futuro di Euskal Herria.
Infine, ETA vuole dire che rimane ancora vigente il cessate il fuoco permanente che cominciò il 24 di marzo alle ore zero.

Gora Euskal Herria Askatasuna! Gora Euskal Herria Socialista!
Jotake (senza tregua) fino ad ottenere l’indipendenza ed il socialismo!

Euskal Herria, 10 gennaio 2007
Euskadi Ta Askatasuna

[Da una traduzione realizzata dall’agenzia Vasco Press, tratta dal sito www.inventati.org/irrintzi]



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