SENZA CENSURA N.22

marzo 2007

 

Comunicato dei Prigionieri baschi

Il Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi, EPPK, inizia una nuova lotta per l’autodeterminazione e l’amnistia

 

Il Collettivo dei Prigionieri si trova da ieri (12 febbraio, ndt) impegnato in una nuova dinamica di lotta che si muove sulla rivendicazione dell’autodeterminazione e dell’amnistia, che, insieme alla territorialità costituiscono a suo modo di vedere, il pilastro su cui si deve costruire il processo teso a risolvere il conflitto. Con tale iniziativa, che durerà fino al 25, i prigionieri si prefiggono di “riunire gli sforzi” con il resto della società basca per il superamento del blocco.
Il Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi (EPPK) ha dato inizio ad una protesta con l’obiettivo di rivendicare il diritto di autodeterminazione e l’amnistia. L’iniziativa, già annunciata dai prigionieri nella dichiarazione pubblica dell’iniziativa del movimento ProAmnistia del 6 gennaio nel Velodromo di Anoeta e che, conseguentemente alla proibizione dettata dalla Udienza Nazionale, ha visto finalmente la luce due giorni dopo, vuole rispondere alla necessità di “riunire gli sforzi” su queste due rivendicazioni. Domande che, insieme alla territorialità, costituiscono il pilastro di un vero processo di risoluzione del conflitto, come evidenzia l’EPPK in un comunicato inviato a Gara (Quotidiano basco ndt).
In questo comunicato, i prigionieri dichiarano di aver adottato ieri questa nuova dinamica di lotta, attraverso uno sciopero generale, e che tra oggi e giovedì si renderanno protagonisti di un’occupazione. Quella tra il 12 e il 18 di febbraio sarà la “settimana della propaganda” e nella successiva, quella dal 19 al 25 realizzeranno uno sciopero delle comunicazioni. La vigilia della fine di quest’ultima protesta, il 24, “coincidendo con la manifestazione proposta dall’EPPK”, porteranno a termine uno sciopero della fame.

Il Collettivo dei Prigionieri inizia il suo comunicato mettendo in risalto la decisione di rinforzare la sua azione a partire da una maggior coscienza sul fatto che la semplice sopravvivenza nelle carceri spagnole e francesi diventa una “lotta costante”. E lo fa principalmente dopo aver preso in considerazione che “hanno bloccato il processo che si fonda sull’autodeterminazione di Euskal Herria, sulla territorialità e l’amnistia”.

La scommessa “per il conflitto”
Ostinati nella negazione del nostro popolo, tanto i governi francesi e spagnoli come gli agenti regionali che si muovono subordinati a tale strategia, hanno scommesso chiaramente sul conflitto”, denuncia il comunicato, e al tempo stesso mette in risalto che “il fattore principale” che ha generato questo blocco è “la mancanza di un accordo politico che riconosca Euskal Herria”.
I prigionieri insistono sul fatto che per garantire ”una traiettoria democratica” del processo sono “imprescindibili” due passi: il primo, ratificare la capacità di decisione di Euskal Herria; il secondo, concretizzare il carattere democratico che dia la possibilità al popolo basco di esercitare tale diritto.
Questa seconda premessa, continua il comunicato, deve compiersi “su entrambi i lati dei Pirenei. Partendo dalle due realtà politico-istituzionali che ci impongono gli stati, dobbiamo compiere passi sicuri nel lungo cammino verso una Euskal Herria libera, unita, di lingua basca (euskaldun) e socialista”. È per questo che saluta la proposta lanciata il 27 di gennaio a Uztaritze “da un grande gruppo di indipendentisti onesti e impegnati” con l’obiettivo che Lapurdi, Nafarroa Beherea e Zuberoa “ottengano un proprio carattere democratico rispetto alla Francia”. E, in tale proposta di istituzionalizzazione, EPPK osserva “un meccanismo di lotta effettivo. Non abbiamo nessun dubbio su quale sarà il cammino di lotta che ci condurrà all’ottenimento” di questa istituzione propria per le tre regioni del nord del paese.

“Alzarsi e ribellarsi”
Nonostante tutto, avverte che la costruzione di tale scenario democratico per l’unione di Euskal Herria richiede la disattivazione di tutto l’apparato repressivo. Tra queste misure torna a distinguersi “la crudeltà” con la quale le autorità spagnole stanno portando avanti il caso Iñaki de Juana Chaos, che oggi compie 92 giorni del suo secondo sciopero della fame. “Il nostro Collettivo non accetterà questa cruda e crudele espressione repressiva”, continua il testo, in cui i compagni di San Sebastian insistono nel convincere il popolo basco ad “alzarsi e ribellarsi contro tale immensa ingiustizia”.
A giudizio del Collettivo di Prigionieri Politici Baschi, dietro questa strategia repressiva si nasconde “la volontà maliziosa e subdola” degli esecutivi di José Luis Rodríguez Zapatero e Dominique de Villepin. “Vale a dire, la loro volontà di negare e stravolgere l’accordo politico che permetterebbe l’avanzamento del processo”, sottolinea il comunicato. Infatti, i prigionieri sono convinti del fatto che “soltanto unendo gli sforzi per l’autodeterminazione e l’amnistia, si possa superare” la situazione in cui è stato condotto Iñaki de Juana e quella che soffrono molti altri perseguitati politici.
A suo intendere, “è più che evidente” che il processo di risoluzione necessita “dell’impulso di tutti nella direzione prima citata (in riferimento alla consecuzione di un accordo sostenuto nel rispetto alla decisione dei baschi, nella territorialità e nell’amnistia). Il nostro Collettivo, in questo momento e grazie a questa nuova lotta, mette tutta la sua forza in un lavoro collettivo che ci porterà “fino alla consecuzione di tale scenario. E lo fa con la convinzione che scommettendo su questa tre premesse “si fortifichino la viabilità e l’irreversibilità del processo”.

“Tutti insieme”
I membri dell’EPPK si riaffermano nell’appello che realizzarono nel comunicato diffuso lo scorso mese di gennaio “a Euskal Herria e a tutti quelli che lavorano per i prigionieri, per rivendicare con una maggiore forza, tutti insieme, l’autodeterminazione e l’amnistia” mentre loro portano avanti questa nuova dinamica di lotta. “Euskal Herria deve vivere e la lotta è il suo cammino!”, conclude.
In quella dichiarazione, che aveva per titolo “Euskal Herriaren geroaldia jokoan!” e che voleva essere un’integrazione all’iniziativa del Velodromo per reclamare le condizioni democratiche, i prigionieri esprimevano la loro “totale determinazione nell’investire tutto in questa lotta”, e assicuravano che “il processo che rispetti e metta in atto i diritti di Euskal Herria potrà essere solo un processo di lotta”.
L’EPPK è formato attualmente da circa 600 cittadini baschi dislocati in 81 prigioni: 32 dello Stato francese, 45 di quello spagnolo e 4 ubicate nell’Euskal Herria peninsulare. A tutte queste giungerà la nuova iniziativa che hanno messo a punto i prigionieri, che si uniranno così ad “ampi settori del nostro popolo a favore di queste richieste”, così come segnalavano negli scritti di gennaio in riferimento al diritto di decidere e all’amnistia.
Quel comunicato non potè essere presentato nel contesto desiderato, poiché, l’Udienza Nazionale spagnola prima, con le sue legge proibitive, e l’Ertzaintza poi, con un impressionane spiegamento di forze, impedirono la celebrazione dell’iniziativa nel Velodromo di Donostia.

[Tratto da www.gara.net]



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