SENZA CENSURA N.22

marzo 2007

 

Intervista al Movimento Pro-Amnistia

Euskal Herria è un laboratorio repressivo a livello europeo

 

Riportiamo di seguito l'intervista che Prensa de Frente ha realizzato con l'avvocato basco Joseba Agudo, del Movimento Pro-Amnistia, riguardo alla situazione attuale del processo di pace, al ruolo dei movimenti sociali, alle modifiche repressive del codice penale e alla situazione dei prigionieri politici baschi.
Prensa de Frente è un bollettino quindicinale argentino realizzato da giornalisti, studenti di giornalismo, e militanti sociali; si occupa di lotte e movimenti nel proprio paese e in tutto il mondo, con un'attenzione particolare per l'America Latina; si pone come mezzo di informazione popolare, con l'obbiettivo, scrivono, di occuparsi di "fenomeni che determinano la realtà ma che abitualmente sono assenti dal riflesso che i media offrono di questa realtà".

 

Qual’è la situazione politica oggi in Euskal Herria dopo l’azione dell’ETA del 30 dicembre?
In questo momento la questione principale sta nel fatto che il processo di pace in corso nei Paesi Baschi, soprattutto a livello internazionale e in particolare dopo l’azione armata dell’ETA del 30 dicembre, si è bloccato. Il mancato compimento degli accordi da parte del PSOE si era già mostrato da tempo. È proprio in tale mancanza di compromessi da parte del governo spagnolo che si inserisce l’azione armata dell’ETA, e in qualche modo trova una continuazione il processo verso una sinistra indipendente basca. Potremmo parlare di un processo generale, continua, ma è vero che il processo di negoziazione, così come era stato presentato, ha subito seri danni a causa degli inadempimenti dello stato spagnolo e la mancanza di volontà dello stesso.
In questo momento ciò che si deve fare è riprendere il processo nello stesso punto in cui era arrivato, ai due nodi che sono il nucleo centrale del conflitto politico in Euskal Herria, e cioè l’autodeterminazione e la territorialità. Dobbiamo recuperare questi due nodi e scioglierli. Per far questo, e vero però che il processo necessita di nuove condizioni, che in Pro Amnistía chiamiamo democratiche. Abbiamo bisogno di condizioni democratiche reali, basi solide che rendano questo processo più resistente rispetto a come lo è stato negli ultimi anni o negli ultimi mesi.

Quali sono questi inadempimenti dello stato spagnolo nelle basi di negoziazione di cui parli?
Ciò che analizziamo e possiamo capire, attraverso diversi filtri nei mezzi di comunicazione, è che ci sono stati dei compromessi che hanno portato l’ETA a dichiarare il cessate il fuoco il 22 di marzo. In questi compromessi sembrava che il governo spagnolo accettasse ciò che il popolo basco chiedeva democraticamente peri l suo futuro. Dall’altra parte, in cambio di questo, ETA accetta di deporre le armi. Si ponevano delle garanzie, delle basi per le quali una parte poteva vedere come imparare a fidarsi dell’altra. Questi accordi prevedevano la non detenzione di militanti indipendentisti in Euskal Herria, la legalizzazione delle strutture della sinistra indipendentista basca, il ritiro dei controlli e dei fermi della polizia che soffocano il normale transito nel nostro paese. Perfino l’ETA si sarebbe compromessa smettendo di compiere azioni “necessarie”. È in tale combinazione di circostanze che vengono proposti gli accordi.
Noi vediamo che dopo il cessate il fuoco, la prima cosa che fa il Partido Socialista Obrero Español, è quella di incarcerare al fronte negoziatore della sinistra indipendentista basca, persone di notevole importanza, come ad esempio il portavoce di Batasuna, Arnaldo Otegi, il responsabile delle comunicazioni, Juan José Petrikorena, e perfino il coordinatore nazionale del Movimento Pro Amnistia, Juan María Olano. Ed iniziamo a vedere come iniziano a retrocedere o a scomparire gli accordi. Vengono proibite le manifestazioni, gli atti pubblici, i processi polizieschi terminano con detenzioni. Fondamentalmente, proveniamo da un lavoro di due anni su uno schema di negoziazione, che include una tavola tra ETA e il governo spagnolo e un’altra tavola di partiti politici baschi, in cui si faccia un nuovo schema di convivenza per il País Vasco. Ma anche questa seconda tavola non avanza, perché? Perché il governo spagnolo si rifiuta di mettere su questa un accordo che sfoci nella futura possibilità della libera autodeterminazione del popolo basco. Quindi, nella misura in cui questo sia così, non si va avanti e il movimento indipendentista inizia a dire che il processo non va bene, la propria organizzazione armata, l’ETA. In due azioni di notevole agitazione, in un atto pubblico del 27 settembre dove appaiono 3 incappucciati dell’ETA, parlano della situazione del processo e a novembre sembra che un commando dell’ETA abbia commesso un’azione di rifornimento di armi in un’armeria francese.
A tutto questo il governo spagnolo risponde in maniera irresponsabile, dicendo che il processo va bene e a dicembre notizie di giornali si intrecciano tra un governo che dice va bene e una sinistra indipendentista che dice che non va bene. L’esempio più chiaro dell’inganno in cui voleva portarci il governo spagnolo, che nel modo più irresponsabile stava prendendo in giro tutto il suo popolo, sono i giorni 29 e 30 di dicembre quando Zapatero dice “il processo va bene, stiamo meglio di un anno fa, e posso aggiungere che staremo anche meglio tra un anno”, e il giorno seguente si alza con la notizia dell’azione all’aeroporto di Barajas. È questa la reale situazione. Ciò che ha voluto fare il governo spagnolo per guadagnare tempo, è giocare alla rottura del movimento indipendentista basco... sì, è così, sono stati fatti calcoli strategici e operativi che affermano che la sinistra indipendentista basca è disposta ad abbandonare l’autodeterminazione e la territorialità, ma si sono completamente sbagliati. Da parte della sinistra indipendentista, l'autodeterminazione e la territorialità sono i due nodi che dobbiamo sciogliere per una risoluzione del conflitto, è questo ciò in cui dobbiamo lavorare e qualunque altra soluzione sarebbe sbagliata e allargherebbe il conflitto.

Quando ti riferisci alla continuazione della detenzione di militanti… sembrerebbe che la discussione stia girando sull’ETA, come organizzazione armata, come megafono di un arco di organizzazioni politiche e sociali, territoriali, giovanili, ecc. Qual’è il ruolo nella negoziazione e nella quotidianità di tutti questi movimenti che continuano ad essere repressi dallo stato spagnolo?
Come ti stavo dicendo lo schema di negoziazione ha due aspetti, da una parte vi è ciò che l’organizzazione armata dovrà negoziare con il governo spagnolo. Il resto appartiene al secondo tavolo di discussione, quello dei partiti, dove si sta per tessere una cosa di cui anche tu parli ed è il tema dei movimenti sociali, in che modo partecipano a questo processo? Lo stato spagnolo dall’anno 95-96 quando il movimento indipendentista basco cambia la sua strategia politica e passa dall’Alternativa KAS all’Alternativa Democratica, dunque i movimenti sociali e gli organismi popolari nel nostro paese acquistano un protagonismo che prima non avevano.

Ed è qui che inizia la criminalizzazione centrandoli come l’intorno dell’ETA, no?
È così. E quando la sinistra indipendentista si volge, poco a poco, in quello che è un maggior protagonismo, la lotta delle masse, la lotta istituzionale, i fronti paludosi, ecc., quando si muove in tutto questo, il Partito Popolare cambia le lenti con le quali vedeva il conflitto basco ed inizia a dire che l’ETA non sono due, tre, quattro commandos o 18 persone che si trovano nello stato francese, che era la linea stabilita durante gli anni precedenti, e iniziano a dire che non sono soltanto questi commandos ma che ci sono migliaia di persone, che vi possono essere 300 mila o 400 mila persone che appoggiano l’ETA. Nella misura in cui si apre un sillogismo molto semplice: uno appoggia gli obiettivi dell’ETA, per esempio, mi immagino che uno degli obiettivi dell’ETA è quello di difendere la lingua euskera, quindi, chi è a favore di ciò, chi condivide gli stessi obiettivi, diventa automaticamente un membro dell'organizzazione armata. Con tale equazione così semplice quanto disprezzabile, criminalizzano tutti quei movimenti sociali più importanti, il movimento giovanile, le amministratrici pro amnistia, la prima istituzione nell’era moderna basca, che portava un avvicinamento dei comuni, di identità locali del nostro paese, per lavorare con prospettiva di paese, si illegalizza il partito politico.
Credo di rispondere alla tua domanda se dico che uno schema riguarda l’ETA e i governi, mentre l’altro schema è più vicino al popolo, alla partecipazione di questo nel processo, indipendentemente dal fatto che queste organizzazioni siano state illegalizzate o meno. Dunque l’illegalizzazione obbedisce ad un cambio strategico della sinistra indipendentista, il nemico risponde.
Noi diciamo, anche se a volte può dare l’impressione contraria, che ciò che fa continuamente il nemico è rispondere e tentare di farlo, e cercare strategie repressive che rispondano alle stesse che mette in atto la sinistra indipendentista. La linea politica viene determinata dalla sinistra indipendentista, evidentemente non vuole dire che l’iniziativa politica sia sempre dalla nostra parte. A volte uno lo raggiunge e altre volte invece ne resta fuori, no?
Nelle strategie repressive si possono individuare tre grandi passi: fino alla cosiddetta transizione alla democrazia, la fase anteriore a Argel e il periodo che segue. Qui vi sono tre fasi chiare: nella prima si utilizza tutto contro l’indipendentismo e il nazionalismo basco, le esecuzioni, le illegalizzazioni di tutti i movimenti, di tutti i sindacati, tutto; qui si cambia tutto e si va a combinare una strategia dell’uso della legge con l’uso dell’illegalità: esecuzioni extragiudiziali via G.A.L. (*),ecc, ecc, e quando arriva il Partido Popular si utilizza il cosiddetto impero della legge. La strategia è quella di utilizzare la legge approfittando della maggioranza parlamentare del P.P. tra il 2000 e il 2004, si utilizza la legge per combattere l’indipendentismo basco, cercando unanimità nell’obiettivo da colpire. Ma è anche vero che queste strategie repressive si sono sempre mosse in funzione dei movimenti…

Sul lavoro più puntuale del movimento Pro-Amnistia, qual’è la situazione attuale dei prigionieri?
Osserviamo negli ultimi anni, tutto… da una corrente mondiale, dopo la rivoluzione francese, ci troviamo di fronte alla prima generazione, la prima volta in 200 anni che gli obiettivi che caratterizzavano l’illuminismo dalla necessita di risocializzare, di riadattare i prigionieri, parlo dei prigionieri in generale non di quelli politici, chi commetteva il delitto, o in qualche modo metteva in atto una certa delinquenza, veniva messo in quarantena, con il fine però di riadattare tale persona nella società. Oggi giorno c’è un movimento a livello mondiale che non appartiene a questa tesi, ma a quella contraria: chi commette un delitto dovrà essere incarcerato. Mi ricordo dell’editoriale di un giornale argentino di circa tre anni fa, che diceva “i piqueteros devono scomparire”. Non diceva “dobbiamo combattere i problemi sociali”, neppure che si sarebbe dovuto provare a rieducare queste persone alla democrazia, no, no. Diceva direttamente che devono scomparire…
Quindi, tenendo di conto questo atteggiamento mondiale, il governo di Aznar in questa congiuntura internazionale, che fa? Approfitta di questa congiuntura, la quale rinforza con le azioni dell’11 settembre 2001, una politica che cerca la condanna per la condanna, si inizia a dire che 22, 20, 18 anni di carcere non sono sufficienti, cioè che viviamo in un tempo in cui la nostra generazione inizia a vedere come escono di prigione negli anni ’90 coloro i quali vi sono entrati negli ’80. Stiamo vedendo una generazione che ha compiuto 27 anni di carcere. E il nemico che fa? Legge: non li abbiamo distrutti. Molti di questi compagni escono e tornano nelle organizzazioni politiche, sociali ecc., o, se si fanno una famiglia, non smettono di rivendicare e partecipare alle manifestazioni, quindi il governo davanti a questo, che cosa progetta? Progetta la pena massima di carcerazione. Già nel codice del ’96 si parla di ergastolo per la nostra generazione, per tutti gli uomini e le donne che a partire dalla metà della decade del ’90, militino nell’ETA o commettano azioni armate in nome di questa, la cui pena sarà di 30 anni. Nel 2002, a questo nuovo codice penale, vi si aggiungono nuovi articoli in funzione dei quali i militanti dell’ETA dovranno scontare una pena di 40 anni di reclusione. Sulla stessa linea, all’inizio del 2006, si presenta un cambio giuridico con cui si afferma che se fino ad oggi, le riduzioni della pene potevano esser applicate a partire da una condanna di 30 anni e ciò permetteva che compagni condannati a 100 anni di carcere potessero uscire dopo 18 o 20 anni. A questo dice no: si deve fare un conteggio dal totale, si devono scontare riduzioni di pena a partire da condanne superiori ai 100 anni. Questo cambiamento giuridico è giustificato dal fatto che per trenta anni si è cercato di combattere il terrorismo.
Gli stati democratici affrontano nuovi reati per i quali l’attuale giurisprudenza non è sufficiente. Devono così progettarne una nuova. Ciò rappresenta quindi una sfida al regime penale. Dall’altro lato, in materia penitenziaria si stringe ancora di più. Fino a poco tempo fa uno poteva comprare dischi in Euskal Herria in euskara e portarli a un familiare prigioniero. Oggi è proibito importare dischi nello stato spagnolo, e l’unica cosa che può fare un prigioniero nello stato spagnolo è comprare un disco nel Corte Inglés del centro penitenziario in cui si trova, sempre che ce ne sia la possibilità, poiché non in tutte le carceri è presente una simile attività.
Inoltre si riduce a 10 la quantità di visite ai prigionieri per ragioni politiche, visto che esiste una sentenza testuale spagnola che dice che nessuna persona ha più di 10 amici nella vita e meno che mai un militante dell’ETA. Una persona che militi nell’ETA può avere intorno a sé i familiari e al massimo uno o due amici così che si arriva a dieci visite. Vengono mantenute anche molte misure, come l’ispezione, l’isolamento penitenziario, l’ispezione nella propria cella, e questa politica negli ultimi 3 anni ha messo 4 morti sul tavolo. Uno nello stato francese e 3 nello stato spagnolo. Sono morti anche familiari in visita alle carceri… un panorama terrificante…

 

Da qui ha sempre richiamato l’attenzione che ragazzi di 20 o 30 anni avevano scontato una pena di 1 anno, 2 anni e non per azioni armate ma per scontri con la polizia… la durezza con la quale si castigavano i movimenti nasce a partire dal cambiamento di strategia della militanza indipendentista?
Uno dei cambiamenti più gravi è stato per noi il rendersi conto che qualunque giurista conoscitore del diritto potrà intendere la barbarie che suppone… ad esempio, la molotov è un simbolo in tutto il mondo… è, per vari motivi, simbolo di resistenza e di lotta. Il Codice Penale del 2006 impone una condanna da 10 a 15 anni per danno da incendio. Se qualcuno tira una molotov che causa un incendio, viene condannato da 10 a 15… questo nei paesi baschi, mentre ad esempio, se c’è una protesta di armatori a Cádiz, di quelli che lavorano nei cantieri navali, se i lavoratori vanno in sciopero e bruciano gomme nella strada o tirano alcune molotov alla polizia, avranno una condanna tra 1, 2, 3 anni. In Euskal Herria succede che se qualcuno fa questo, gli viene applicato un aggravante, poiché considerato parte di una strategia dell’ETA, quindi tacciato di terrorista e con un aumento della pena di 10 anni. Quindi anche se non si dice che dipende dalla zona, è comunque così. Perché soltanto ad un basco viene applicato l’aggravante di terrorismo.
Euskal Herria è un laboratorio repressivo a livello europeo. Non si tratta di una frase propagandistica, è la mera verità. Si inizia con tali questioni in Euskal Herria e poi che succede? Quando gruppi anarchici e di sinistra catalani attaccano banche ecc. vengono portati all’Udienza Nazionale. Vorrei inoltre ricordare due buoni amici galiziani che lo scorso 24 di luglio furono detenuti per aver posizionato una carica esplosiva in una banca di Santiago de Compostela, furono portati all’Udienza Nazionale, gli venne applicata la legge antiterrorista e oggi si trovano nelle carceri di Brida e Badajoz. Anche questi due compagni galiziani che lottano per l’indipendenza della Galizia si trovano in prigione e sottoposti a tale regime.
Quello che succede a livello europeo, lo abbiamo visto quando il consiglio europeo del 27 dicembre 2001, creò le cosiddette liste di organizzazioni terroriste e coniò anche la definizione di terrorismo. Una definizione di terrorismo così ampia che permette di contenere tutto. Questa conversazione può essere interpretata come atto di terrorismo. Durante il vertice di Genova, dove fu ucciso Carlo Giuliani, furono detenute molte persone che avevano organizzato il contro vertice. Ciò vuol dire che tutte le misure repressive che prima vengono usate in Euskal Herria si estendono poi anche a Genova, alla Grecia, contro i compagni turchi comunisti. Tutta la batteria repressiva si amplia ai movimenti popolari, movimenti sociali di tutta Europa.
 


Note

1- E.T.A.: Euskadi Ta Askatasuna, Patria Basca e Libertà. Organizzazione politico-militare costituitasi come tale il 31 luglio del 1959. Di forte formazione marxista-leninista fu una delle principali organizzazioni che combattè il franchismo. Verso la metà degli anni 70 e in seguito a varie scissioni, dà priorità al metodo della lotta armata orientato alla liberazione nazionale. Attualmente in diverse prigioni spagnole vi sono circa 600 prigionieri politici baschi, tra i quali militanti dell’organizzazione, collaboratori e soprattutto militanti sociali accusati di terrorismo.
2- G.A.L.: Grupos Antiterroristas de Liberación, Gruppi Antiterroristici di Liberazione. Sorti simultaneamente con il ritorno della “democrazia” spagnola con il fine di eliminare combattenti baschi. Finanziati direttamente dai fondi riservati della Presidenza Spagnola del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE), a carico di Felipe González, commisero 23 assassini per i quali furono condannati tra gli altri José Barrionuevo Peña, Ministro dell’Interno, Rafael Vera, Segretario di Stato per la Sicurezza e Ricardo García Damborenea, Segretario generale del Partito Socialista Operaio Spagnolo in Vizcaya.

29/01/2007
[http://www.prensadefrente.org]

 

PASO A PASO, BOLLETTINO SU EUSKAL HERRIA

Riproduciamo l’introduzione arrivataci con l’ultimo numero del bollettino elettronico settimanale del Servizio informativo di ASKAPENA sul Paese Basco, “EUSKAL HERRIA, PASO A PASO, Independentzia eta Sozialismorantz”, che da questo numero viene edito anche in italiano.

Saluti rivoluzionari a tutti/e gli/le amici/che italiani. Chi vi scrive è Askapena, organizzazione della sinistra indipendentista basca per la solidarietà internazionalista fra i popoli. Questo è il primo bollettino “Passo a Passo” che vi mandiamo, sperando di riuscire a farlo per molto tempo ancora, giacché conosciamo la speciale solidarietà che molti di voi esprimono ad Euskal Herria, ed è da tempo che vogliamo mantenere per lo meno questo piccolo canale di comunicazione.
Il bollettino “Passo a Passo” esce settimanalmente ed è composto da due pagine sull’attualità sociale e politica in Euskal Herria: vi preghiamo di distribuirlo anche voi o che ci passiate tutti quegli indirizzi di coloro che ne possano essere interessati.
Potete visitare la nostra pagina web: www.askapena.org.
Ci sono varie informazioni in italiano, come sulla Campagna di solidarietà “EUSKAL HERRIAREN LAGUNAK” (Amici dei Paesi Baschi) affinché firmiate l’appello di solidarietà.

Un abbraccio rivoluzionario.

Hamaika herri, borroka bakarra: “Una moltitudine di popoli,una stessa lotta”

Il bollettino telematico settimanale “Passo a Passo” si può richiedere a: info@askapena.org
specificando che si desidera l’edizione italiana.



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