SENZA CENSURA N.23

luglio 2007

 

Zapatero ha affossato il negoziato

La situazione in Euskal Herria fra coerenza indipendentista e terrorismo di stato

 

Abbiamo deciso di riportare su questo numero ampi stralci di una intervista a ETA (Euskadi Ta Askatasuna), sulla situazione del processo di negoziazione, condotto da parte delle organizzazioni della sinistra indipendentista basca e non solo, per trovare una soluzione politica alla lotta del Popolo basco per la sua indipendenza.
Questa intervista è precedente alla dichiarazione di fine delle tregua di ETA, come alle elezioni politiche nel Paese Basco che hanno confermato la forza di un popolo e la sua tenacia, nonostante la costante repressione e illegalizzazione.
Questo fuori dalla sponsorizzazione del processo di negoziazione politica, in quanto dall’esperienza che si può trarre da quanto avvenuto in altri luoghi, i cosiddetti processi di pace hanno determinato il prevalere di forze riformiste/opportuniste e affievolito le istanze di cambiamento sociale e politico che affiancavano la lotta di liberazione, o nella migliore delle ipotesi hanno solo rimandato il problema a una nuova fase di scontro aperto.
Ma riteniamo anche che le decisioni debbano essere prese da chi la lotta la porta avanti, e la nostra solidarietà di classe va a quei compagni e quelle compagne che per la liberazione del popolo basco, per un Paese Basco libero e socialista sono prigioniere nelle prigioni dello stato spagnolo e francese.
E’ quindi nostro obiettivo comprendere al meglio ciò che sta avvenendo nel Paese Basco dalla voce di chi si è assunto storicamente e pienamente la responsabilità di uno scontro diretto contro gli stati occupanti e le sue strutture.
Anche alla luce degli ultimi eventi poi, ci pare che la situazione non abbia riservato particolari sorprese.
Nei materiali pubblicati nello scorso n° 22, abbiamo dato ampiamente conto dello stallo del processo di pace rilanciato dalla tregua unilaterale di ETA, a causa della mancanza di volontà del governo Zapatero.
In questi ultimi mesi hanno continuato a succedersi le rappresaglie dello stato contro la sinistra abertzale (1), a conferma del boicottaggio dell’esecutivo spagnolo di qualsiasi possibilità di mediazione politica nel conflitto.

La repressione continua invariata
Sul fronte poliziesco e giudiziario abbiamo visto ancora arresti, torture e accanimento contro i prigionieri politici, trattati come ostaggi.
Abbiamo assistito al processo costruito dal giudice Baltasar Garzón contro 36 militanti indipendentisti per “appartenenza a ETA”; e a quello contro Joseba Permach e Joseba Alvarez, esponenti di Batasuna - la maggiore organizzazione della sinistra basca -, sempre per “appartenenza a banda armata”.
In un atto di 267 pagine il Garzón sostiene che, “HB-Ehi-Batasuna (2) non fa solo parte” di ETA “come braccio politico, bensì come una struttura in più del complesso politico-violento progettato per ottenere una finalità concreta quale è l’autodeterminazione della cosiddetta “Euskal Herria”, attraverso la sovversione e l’alterazione della pace pubblica”. Il PM sosteneva che i processati “hanno sviluppato la loro attività mediante l’utilizzo di una rete di società culturali che mantiene diretto vincolo” con ETA, “alla quale servono e per i cui fini lavorano.” La tesi finale di Garzón si basa sull’affermazione che una parte dei proventi delle Herriko Tabernas (3) “gestite da HB-Ehi-Batasuna attraverso la Commissione Nazionale di Herrikos andavano a finire a KAS o Ekin (4)”. Di lì il Garzón conclude che “Batasuna fa parte della struttura ETA - KAS - Ekin”.
Ancora una volta ci siamo ritrovati dunque di fronte alla pretestuosa negazione che possa esistere qualsiasi entità politica per l’autodeterminazione e la territorialità di Euskal Herria non coincidente con ETA, il che va chiaramente di pari passo alla chiusura di qualsiasi spazio politico per la sinistra abertzale. E determina, se mai vi fossero delle possibilità di sblocco da questo punto di vista, la permanenza in situazione di illegalità dei rappresentanti politici abertzali, in particolare di Batasuna, assieme alla mancata “sospensione de facto” dell’applicazione della Ley de Partidos (5).

Il potere politico dà il disco rosso
Sul fronte politico abbiamo quindi assistito al blocco del processo di pace, nonostante Batasuna, per tentare uno sblocco della situazione, abbia messo in tavola un’ulteriore proposta politica ampia ed estremamente mediata da parte sua: uno statuto di autonomia per le sole quattro regioni basche sotto occupazione spagnola, che contemplasse il diritto del paese a decidere e non escludesse l’opzione indipendentista a fronte di una decisione in tal senso della cittadinanza. Una proposta che, come scrivono i compagni del bollettino telematico Askapena “si avvicina al discorso del PNV (6) e coincide con progetti che ebbe il PSOE (7) non molti anni fa”. Ma PSOE e PNV non hanno nemmeno preso in considerazione la proposta. Davanti a ciò, continua Askapena, “Batasuna ribassò la sua esigenza e propose loro una linea di azione condivisa che avvicinasse gradualmente la situazione allo scenario di un’autonomia che non escludesse l’indipendenza. Neanche questo riadeguamento della proposta fu preso in considerazione. Il PSOE e il PNV risposero con un secondo rifiuto che lasciava bloccato il processo. Batasuna continuava ad aspettare i contributi promessi (8) che non sono mai arrivati. I suoi interlocutori avevano abbandonato il tavolo al quale non sono ritornati.”
Complessivamente insomma registriamo che più le proposte della sinistra abertzale si sono avvicinate alle richieste dello stato spagnolo, più i suoi rappresentanti sono rimasti senza argomentazioni per rifiutarle, costretti a rifuggire il tavolo delle trattative fra gli attori politici per evitare il progresso del processo di pace, data la sussistenza formale dell’accordo minimo necessario a farlo progredire.

La sinistra illegalizzata perenne
Venendo ai fatti più recenti, abbiamo una piena conferma di questa linea da parte dei tribunali e dell’esecutivo spagnoli.
Nel mese di maggio il Tribunale Costituzionale conferma la sentenza del Tribunale Supremo che, su richiesta della Procura e mandato del Governo, aveva illegalizzato 380 candidature abertzali per le elezioni amministrative del 27 maggio, impedendo alla rappresentanza abertzale la partecipazione; con l’utilizzo di quella “Ley de Partidos” che doveva essere “derogata de facto” per consentire a questa rappresentanza il ruolo che le compete nel progresso del Processo.
Nonostante questo, riprendendo le valutazioni di Askapena, mentre il PSOE non ha ottenuto i risultati che gli avrebbero permesso di affrontare rafforzato le elezioni generali dell’anno prossimo in cui Zapatero si gioca la propria rielezione, i voti conferiti alla sinistra abertzale mostrano quanto stia crescendo il consenso nei suoi confronti; anche se in quanto illegale non potrà riscuotere i posti dei propri rappresentanti, né, questa volta, appoggiarsi ad altre formazioni, come era risultato possibile nelle scorse elezioni grazie al Partito Comunista delle Terre Basche (EHAK).
Comunque sia, ci si è venuti a trovare in una situazione in cui l’ambito politico che doveva rappresentare una delle parti sul tavolo del negoziato fra attori politici baschi è stato riconfermato fuorilegge. Rimanendo l’altro tavolo del negoziato, quello fra stato spagnolo e ETA, sede di una trattativa senza senso in mancanza della possibilità di un compromesso fra gli attori politici.

La sospensione della tregua
Tutto ciò è risultato ben evidente a tutte le parti in causa. La situazione che si configurava, anzi che era stata determinata ad hoc dall’esecutivo spagnolo, era quella del blocco completo della trattativa. E in questo senso ha prontamente agito lo stato spagnolo.
Alla vigilia della consultazione elettorale è stato arrestato Arnaldo Otegi, leader di Batasuna, con l’accusa di appartenenza ad ETA
Per dirlo con le parole del quotidiano basco Gara, l’arresto di Otegi su richiesta della Procura “… può essere solo interpretato come un colpo del presidente del Governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, alle aspettative di un processo di pace per Euskal Herria.” La decisione del Tribunale Speciale spagnolo, l’Audiencia Nacional, “implica un fallimento assoluto nella catena di fiducia e collaborazione che deve accompagnare qualunque processo di pace. In altre circostanze sarebbe stato possibile pensare che settori reazionari, ancorati alla dottrina di Rajoy, Mayor Oreja e Aznar (9), avessero manovrato dentro un apparato dello Stato tanto sensibile come il tribunale speciale per silurare un movimento strategico che non era di loro gusto. Ma l’intervento della Procura, gerarchicamente dipendente dal Pubblico Ministero Generale, Conde-Pumpido, nominato direttamente da Rodríguez Zapatero, porta a segnalare direttamente La Moncloa (10) come responsabile di tanto pericolosa decisione.”
E’ in questo contesto che il 5 giugno ETA dichiara la sospensione del cessate il fuoco unilaterale su tutti i fronti (11). E lo stato spagnolo inizia la rappresaglia.

Si preparano tempi duri
La prima ritorsione è contro i prigionieri politici, ostaggi baschi in mano allo stato.
La sera del 5 giugno il ministro dell’interno Alfredo Pérez Rubalcaba dichiara che “Iñaki de Juana in nessun caso sarà trasferito al suo domicilio. Questo lo posso garantire” (12). Iñaki, prigioniero politico in ospedale in conseguenza dello sciopero della fame che aveva condotto per essere trasferito all’interno del Paese Basco, doveva essere messo agli arresti domiciliari per rimettersi dopo il periodo ospedaliero, e finché non fosse stato completamente in salute. Questa era stata la decisione di un tribunale, adottata il 1° marzo a un pelo dalla morte del militante basco, per convincerlo a interrompere lo sciopero.
Il 6 giugno Iñaki de Juana è stato trasferito prontamente in una prigione all’esterno del Paese Basco. Mentre il presidente del Partido Popular, alla “opposizione”, ha assicurato che non porrà condizioni al governo per stringere un patto contro ETA, rispondendo in anticipo all’invito del primo ministro a ritrovare l’unità di maggioranza e opposizione contro il “terrorismo”.
Eccoli quindi di nuovo tutti a riesumare il Patto Antiterrorista (13), che già negli anni passati si è dimostrato uno strumento non in grado di annichilire la sinistra abertzale. Una sinistra che si troverà ad affrontare quindi una situazione repressiva drastica, ma che incassa dalla popolazione basca il consenso della coerenza politica dimostrata in questi 14 mesi di tregua unilaterale, che tale è rimasta (14).

Note:

(1) La sinistra indipendentista basca.
(2) Herri Batasuna (HB), Euskal Herritarrok (Ehi) e Batasuna sono strutture politiche della sinistra abertzale, create in successione ognuna alla precedente per far fronte all’illegalizzazione di ogni nuova rappresentanza politica abertzale. Batasuna, che rappresenta attualmente la sinistra abertzale, è stata l’ultima a essere illegalizzata, nel marzo ’03. Per Garzón le tre strutture formano un’unica entità, a sua volta appartenente a ETA.
(3) Le Herriko Tabernas sono le osterie dell’ambiente della sinistra indipendentista, che hanno acquisito una funzione analoga a quella dei centri sociali.
(4) Il Coordinamento Abertzale Socialista (KAS) ed Ekin sono organizzazioni politiche del Movimento di Liberazione Nazionale Basco (MLNV). Anch’esse sono state illegalizzate nel corso dei processi istruiti da Garzón contro la sinistra abertzale, che hanno sentenziato l’esistenza di una entità unica denominata ETA.-KAS-Ekin.
(5) La “Ley de Partidos”, alias “Legge dei Partiti”, varata nel 2003, è stata fabbricata su misura per consentire la messa fuori legge di qualsiasi rappresentanza politica della sinistra abertzale. Nel tavolo negoziale fra Stato ed ETA ne era stata concordata la deroga de facto.
(6) Il Partito Nazionale Basco (PNV), al governo nei territori baschi occupati dallo stato spagnolo, fedele ai governi di Madrid
(7) Il Partito “Socialista Operaio” Spagnolo (PSOE), attualmente al governo nello stato spagnolo.
(8) Da PSOE e PNV.
(9) Rajoy, Mayor Oreja e Aznar sono fra i massimi dirigenti del Partido Popular (PP), la destra spagnola.
(10) Leggi l’attuale governo spagnolo.
(11) Si veda il materiale “ETA sospende la tregua” pubblicato nelle prossime pagine, che riporta il testo integrale del comunicato del 5 giugno.
(12) Si veda al riguardo il materiale “Il ministro dell’interno contro Iñaki de Juana ”, due pezzi del quotidiano Gara pubblicati nelle prossime pagine.
(13) Lo “Accordo Per le Libertà e Contro il Terrorismo”, conosciuto anche come “Patto Antiterrorista”, fu firmato da PP e PSOE nel dicembre 2000. Non dal PNV, in completo accordo col contenuto del Patto, solo perché il testo della sua premessa conteneva un pesante attacco nei confronti del PNV stesso. Lo scorso gennaio il ministro dell’interno aveva riavviato la discussione per modificare tale premessa e rendere praticabile per il PNV l’adesione al Patto.
(14) Sulla posizione attuale della sinistra abertzale si veda il materiale “Appunti abertzali”, pubblicato nelle prossime pagine.

[Fonti: www.askapena.org - www.gara.net]



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