SENZA CENSURA N.24

novembre 2007

 

America Latina: il piano inclinato delle strategie imperialiste

 

Uno dei documenti che anticipa periodicamente le linee giuda delle strategie dell’imperialismo nordamericano per l'America del sud è quello prodotto dal “gruppo Santa Fe”. Sul finire degli anni ‘90 gli USA spostano e ristrutturano la Scuola delle Americhe e alcuni centri di comando da una zona di interesse strategico, come quella attorno all’istmo di Panamá, al proprio territorio, dovendo progressivamente ‘depennare’ diversi paesi dalla lista di quanti per decenni in questi luoghi avevano incubato i cadetti dei propri reparti repressivi.
Il “Documento Santa Fe” [1], che nella sua quarta edizione ha il titolo “Latinoamérica hoy”, è stato prodotto alla fine dell’anno 2000 e il suo estensore, James P. Lucier, dice che “i diplomatici e gli esperti che hanno creato l’immagine politica di Reagan per l'America Latina negli anni ’80 hanno elaborato i temi che la politica statunitense dovrà affrontare per i prossimi quattro anni.”
Essi hanno ricoperto ruoli in America Latina (AL) “nel campo degli affari, del giornalismo e nei più alti ranghi della carriera militare statunitense, dei servizi segreti e del personale diplomatico”.
Parlando in termini di difesa viene ricordato come questa vada intesa in senso ampio, non semplicemente come una partita di ‘risiko’ ma “ogni singolo e apparentemente insignificante aspetto va inquadrato dal punto di vista intellettuale, politico e militare”.
E oltre alle ovvie considerazioni di vicinanza territoriale con i paesi dell’America Centrale, della parte settentrionale dell’America del Sud e del Caribe, il documento sottolinea che dopo anni di vuoto è necessario ripartire da quanto rimasto in piedi come il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca TIAR (valido anche se ampiamente delegittimato dalla posizione USA nella questione delle Malvinas), la giunta di difesa interamericana IADB ma soprattutto dal SOUTHCOM che è rimasto attivo e operante.
Uno dei punti centrali dell’analisi contenuta nel documento riguarda i capitali cinesi che “hanno fatto un’apparizione significativa a Panamá e hanno rimpiazzato i sovietici nei Caraibi. Anche se non è compito di questo documento analizzare in profondità gli aspetti legati all’intelligence circa la penetrazione cinese nell’emisfero, si deve segnalare questo nuovo elemento rispetto al passato.”
Ma anche se dichiarano non sia compito del documento vogliono precisare che “In particolare la penetrazione economica è piuttosto preoccupante. Prima di tutto la cosa più evidente è la situazione del Canale di Panamá, dove gli Stati Uniti hanno dovuto pagare per disfarsi del premio strategico più importante dell’emisfero, se non del mondo. Nel farlo gli Stati Uniti hanno posto il proprio futuro economico alla mercè di una situazione politica instabile e incerta. I fatti sono preoccupanti. I due porti all’estremo Atlantico e Pacifico del Canale, sono nelle mani dell’impresa Hutchinson Whampoa, che è molto legata a Beijing (ndt Pechino). Al medesimo tempo, le imprese della Cina continentale stanno entrando in profondità nei diversi porti dei Caraibi, che sono fondamentali per i porti degli Stati Uniti come Freeport nelle Bahamas.”
Più avanti viene messo a fuoco un altro punto centrale della politica USA in AL e che ci interessa mettere in rilievo anche per quanto in parte detto in “Casi di insubordinazione in America Latina” di Senza Censura numero 11 del 2003.
“Le relazioni civico-militari sono un altro tema politico importante. La realtà è che i militari dell’America Latina, inclusa la Cuba comunista, giocano un ruolo importante nella vita politica e culturale di molti se non di tutti i paesi. Il ruolo dei militari negli Stati Uniti nel secolo scorso è consistito nell’esercitare un’influenza modellatrice nell’educazione e nella formazione dei militari dei nostri vicini dell’emisfero. Nonostante tutto la sinistra estrema statunitense ha fatto una campagna per distruggere questo elemento di sicurezza emisferica. Si tratta delle stesse persone che, lavorando insieme con i mezzi di comunicazione e il dipartimento di Stato, sono riusciti a ottenere che gli Stati Uniti non abbiano presenza militare a Panamá in aperta violazione dei trattati. Inoltre hanno ottenuto che i nostri programmi di vigilanza nella regione Andina e Caraibica si siano significativamente ridotti e che tutti gli sforzi per combattere la sovversione e il terrorismo siano stati resi vani. La nascita di un militarismo di sinistra nei paesi andini sembra ottenere finalmente un poco di attenzione da parte dei media, nella misura in cui il ‘bolivarismo’ si converte nel grido di attacco dei comunisti e i socialisti”.
Ci interessa riportare un altro estratto del medesimo documento dal capitolo: “Democrazia populista dopo la guerra fredda” perché sono individuabili alcune chiavi di lettura dell’iniziativa imperialista in AL degli scorsi anni.
…“Argentina, Venezuela e Messico sono esempi significativi di cosa voglia dire democrazia populista dopo la guerra fredda, il Brasile è oggetto delle occupazioni di fattorie produttive da parte del movimento contadino Sin Tierra. Gli sforzi della Bolivia di privatizzare l’acqua a Cochabamba si sono scontrati con una resistenza di massa..” “..Gli indios ecuadoriani hanno rovesciato un presidente globalista e il caudillo cubano Fidel Castro ha chiuso la conferenza del Gruppo del Sud (G-77) all’Avana nell’Aprile del 2000, dichiarando che il Terzo Mondo deve prendere la leadership internazionale perché le nazioni ricche sono incapaci di governare il mondo, il quale dovrebbe essere democratico e solidale e non ‘crudele, ingiusto, disumano e contrario al corso della storia.’ Di conseguenza la democrazia populista dopo la guerra fredda domina l'America Latina da Capo Horn al Río Grande e sta cominciando a introdursi a Seattle, Washington, Toronto e Millau, Francia”. (ndt luogo di altro vertice con contromanifestazioni nel 2000)
Nel secolo scorso la necessità di intraprendere una lotta senza quartiere al movimento comunista era la tattica per legittimare internamente le iniziative imperialiste USA all’estero e la linea di demarcazione diplomatico/politica a livello internazionale. Ora nel documento Santa Fe IV la questione tattica viene affrontata nel quadro strategico del 2000 come la naturale conseguenza di quanto abbiamo riportato fino ad ora. “Ma la questione chiave quando si discute di difesa dell’emisfero è: Qual è la minaccia?. Come si è discusso nel Santa Fe I, II e III prima gli Stati Uniti affrontavano una minaccia relativamente definita, che era comprensibile per l’americano medio. Ora questa minaccia è diventata infinitamente più complicata e difficile da definire. Fortunatamente alcuni vecchi demoni continuano a sputare fuoco e possono facilmente essere identificati. Fidel Castro non ha cambiato abitudini. Chi lo alimenta sono altri: i sovietici sono stati rimpiazzati dai narcoterroristi.”
Esce dal laboratorio politico/strategico USA la necessità di usare lo strumento tattico propagandistico della minaccia terrorista da giocarsi sul piano interno/internazionale già prima dell’11 Settembre 2001. In particolare gli USA, conosciuti come i terroristi e trafficanti di droga, decidono di iniziare a definire la minaccia a partire dalla proiezione dell’ombra di se stessi in AL e questo ancora nel periodo dell’amministrazione di Clinton.
Nel documento mandano un messaggio al Presidente della Colombia Pastrana in vista dei negoziati di pace con le FARC invitandolo chiaramente a rettificare la sua posizione sulla questione droga/guerriglie: “…è sorprendente che il presidente colombiano Andrés Pastrana appoggi le loro dichiarazioni affermando che ‘non ci sono prove che le FARC siano narcoterroristi’ in un intervista dell’anno scorso al quotidiano argentino Clarín. Al contrario afferma Pastrana: ’Le FARC sono sempre state interessate all’idea di sradicare le piantagioni illegali’.”
Di li a poco, nell’Agosto del 2001 il “Plan Cabañas 2001” era stato presentato dal governo dell’argentino Fernando de la Rua come “campo di battaglia composto da civili, organizzazioni non governative e aggressori potenziali”. In realtà è stata una prova di intervento attraverso un comando di forze unificato, con la mobilitazione di qualche centinaio di uomini delle truppe speciali/paramilitari di diversi paesi dell’America del Sud ma soprattutto di gringos, a guida SOUTHCOM, che facevano prove di combattimento contro fantasmagorici fuochi guerriglieri delle FARC all’estero nella zona nord dell’Argentina dove invece si stavano svolgendo le lotte dei piqueteros. Il generale del Comando Sud Peter Pace dichiara che “la costruzione di forza militare sotto il proprio controllo richiede una molteplicità di attività; il nostro obiettivo primario si concentra in operazioni combinate di esercito, training ed educazione militare, aiuti per quanto riguarda i temi della sicurezza e dell’assistenza umanitaria”. E di seguito chiarisce meglio che “i quadri superiori e le forze speciali del Comando Sud partecipano attivamente nei campi di battaglia dirigendo operazioni di combattimento e coordinando la collaborazione militare con gli squadroni della morte in Brasile, cosi come si è visto in Salvador, Guatemala e prima in Vietnam. Le esercitazioni militari sono il preludio dei programmi di formazione della dottrina militare”. L’obiettivo strategico poi non riuscito (come non sono riusciti il Plan Colombia, il golpe e i tentativi di destabilizzazione in Venezuela, Ecuador, Bolivia…) è stato quello di dirigere esercitazioni militari che fossero in grado sperimentare tecniche efficaci di contro-guerriglia urbana, continuando il processo di formazione dei reparti repressivi in AL. Questo per insediarsi progressivamente nel territorio argentino con la successiva costruzione di un triangolo di basi militari (Antartide nel sud del paese, Delta nel centro e Salta luogo delle esercitazioni a nord) che sarebbe dovuta cominciare prima del crack che poi si è verificato nel 2001 per poi gestirne la situazione economica ai danni del proletariato argentino, del Mercosur e della ‘penetrazione cinese’ in questa zona di continente. Le organizzazioni popolari argentine hanno risposto a tutto questo e nel sito da cui abbiamo tratto i materiali di Cabañas 2001 dichiarano “Davanti alla ferocia repressiva per l’assoggettamento del pianeta, solo i popoli uniti e in piedi, faranno poltiglia della volontà sterminatrice dell’imperialismo”. (materiali tradotti da http://www.piketes.com.ar)
L’intervista a Camille Chalmers della Piattaforma Haitiana per l’Articolazione di Movimenti Sociali[2] mette in evidenza come anche la missione MINUSTAH ad Haiti, al di là della foglia di fico delle Nazioni Unite, serva a determinare un arco di forze emisferico, con una composizione che coinvolge anche paesi promotori del Mercosur come il Brasile e l’Argentina, in un comando unificato di forze leggere e mobili, sponsorizzate e sotto il comando USA, (ma in questo caso anche dalla Francia) che sappiano contrastare le rivolte popolari principalmente in scenari di territorio urbano.
Allo scoppiare del conflitto in Iraq il proletariato urbano e rurale in AL, molte organizzazioni popolari, sindacali, partiti della sinistra e non solo, (le dichiarazioni di Chavez agli incontri Mercosur/Lega Araba che abbiamo riportato in Senza Censura17 del 2005 ne sono un esempio) vedono nella resistenza irachena la punta avanzata della lotta all’imperialismo. Rigettano il piano riformista che vorrebbe collocare le loro lotte nel particolarismo nazionale o continentale, magari dipinto come una lotta residua e governabile tra indios/globalizzazione post guerra fredda, si collocano nel campo della lotta mondiale contro il capitalismo e si sentono inseriti, al di là dei piani fasulli del prima o dopo Seattle, 11/9.., nella piena continuità storica delle lotte contro la dominazione coloniale e imperialista avvenute nei secoli scorsi dell’America del Sud.

Di seguito riportiamo due articoli più specifici sulla situazione venezuelana. Il primo (Piano di destabilizzazione made in USA – Giugno 2007) è scritto da una avvocata giornalista venezuelano-statunitense che spiega come i recenti fatti avvenuti a partire da Giugno 2007 in Venezuela siano da ricondurre al fatto che gli USA stanno da qualche tempo anche sulla tattica di quello che viene chiamato ‘golpe soft’ (o golpe arancione).
Il secondo è la traduzione di un comunicato di alcune organizzazioni popolari venezuelane che chiamano alla mobilitazione antigolpista nel Giugno 2007.
 

Note


[1] Santa Fé IV: "LatinoAmerica Hoy"
[2] Camille Chalmers: l'invasione militare ad Haiti


N.B. - Questi materiali sono scaricabili sul sito di Senza Censura [www.senzacensura.org] nella sezione “Materiali di approfondimento”.



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