SENZA CENSURA N.27
novembre 2008
Nessuna Pace con la NATO
Un appello di “Inziative Libertad!” in vista del 60° anniversario della NATO
Evidentemente la
politica imperialista ha bisogno delle proprie messinscene di potere. In
primavera 2009 avrà luogo il prossimo evento. La NATO ha deciso di festeggiare
il suo sessantesimo anniversario con un vertice a Kehl e a Strassburgo
Accanto alla festa dell’anniversario (un’ulteriore occasione per proclamare
ancora una volta la propria interpretazioni di libertà e democrazia), la NATO
darà il via a una nuova strategia sotto lo slogan “Towards a Grand Strategy for
an Uncertain World” che deve diventare la nuova dottrina NATO. I militari mirano
a tradurre definitivamente il vecchio slogan nel quale la NATO definisce “cosa
nostra” tutto il mondo in una base per interventi, inclusi gli interventi
militari a livello globale e gli attacchi nucleari preventivi contro “stati
canaglia”.
60 anni NATO: l’occasione per sfruttare il palcoscenico dei guerrafondai con una
forte mobilitazione internazionale. Presentandosi con Glamour i “Master of War”
si rendono vulnerabili dandoci la possibilità di contrastare i responsabili di
guerre e azioni in tutto il mondo. Le giornate di Heiligendamm nel 2007 hanno
evidenziato quanto la collaborazione di tutte le forze sia stata capace di
creare una interferenza organizzata in grado di riavviare sia i processi
emancipatori che la critica collettiva.
Fronte Globale
La guerra non è un modello in esaurimento, anzi; il nuovo ordine globale non
conosce più la pace senza guerra. Nella lingua di Orwell: Guerra è Pace. Il
“modello classico”, che prevedeva che la guerra dovesse essere dichiarata
ufficialmente, è terminata. Con gli accordi di pace, invece, le guerre
imperialiste non terminano mai. Queste guerre non si affermano semplicemente con
spari e bombe. “Politica di sicurezza” e “Gestione delle crisi” vengono attuate
da strutture come FMI, Banca Mondiale, G8 o, appunto, dalla NATO. Si chiama
“Global Governance”, che significa, più che altro assicurarsi il mercato
mondiale, accesso illimitato alle risorse, difesa dei privilegi e del modo di
vivere dell’occidente e contemporaneamente selezione e marginalizzazione di una
stragrande maggioranza della popolazione dell’“altro mondo”, vale a dire i paesi
ridotti alla fame, le periferie di cemento, le Favelas o i centri per gli
immigrati.
Le analisi imperialiste sono: “L’invisibile mano del mercato non funziona senza
il pugno visibile. McDonalds non puo crescere senza McDonnel Douglas, produttore
degli F15. E questo pugno visibile che fa da garante per le tecnologie di
Silicon Valley si chiama US-army, US-airforce, US-navy e US-marines.”
Riflessioni del consigliere speciale del ex-US ministro degli esteri Madeleine
Albreight in occasione dei bombardamenti della NATO in Yugoslavia. E quel che
vale per McDonalds e McDonnel vale nello stesso modo per Volkswagen e EADS
[grande azienda europea nel settore aerospaziale - ndt]. Nel frattempo la
Germania non fa più da osservatore delle nuove guerre, ci sta in mezzo; questa
ormai è diventata realtà quotidiana nella politica tedesca.
Dobbiamo accennare un altro aspetto: “Rent a War” perché nelle nuove guerre
operano accanto agli eserciti regolari un crescente numero di mercenari moderni.
Deregolamentazione e privatizzazione cambiano anche la politica di sicurezza
transnazionale. Oltre alla produzione di armamenti, la sicurezza è diventata un
settore economico al quale partecipano molti fornitori di prodotti e servizi
militari e di sicurezza. La loro gamma di prodotti è vasta: logistica, security,
operazioni segrete, tortura, costruzione di campi, progettazione strategica e
operativa delle guerre fino a missioni speciali in tasca la licenza di uccidere.
Attualmente questo settore si rallegra di un fatturato di più di 100 miliardi di
dollari l’anno. In tutte le fasi della storia i militari hanno dovuto affrontare
il fatto che la disponibilità ad accettare le guerre, e particolarmente quando
il numero dei morti nelle truppe “proprie” è alto, scende molto velocemente; ne
fa testimonianza storica la guerra in Vietnam e stiamo assistendo a un simile
sviluppo anche in Iraq e in Afghanistan. Perciò diventa sempre più necessario
che gli attori privati sostituiscano quelli statali.
All’interno lo stato totale, all’esterno
potere globale
L’Europa non è un’alternativa alla politica di guerra americana. I progetti
strategici che sono stati avviati negli anni 80 – mercato europeo interno,
cooperazione tecnologica e di armamenti - dovrebbero giungere a conclusione nel
2010 – data orientativa nella scaletta decisa dai capi di stato e di governo
durante il vertice straordinario del 2000 a Lissabon per portare a termine il
progetto di fare dell’Europa lo spazio economico più dinamico e competitivo del
mondo.
Tradotto in pratica questo progetto ha portato all’interno degli stati UE
privatizzazione, deregolamentazione, riforme dei sistemi tributari e sociali e
ristrutturazione del mercato del lavoro, Agenda 2010... l’antifona che ormai
conosciamo tutti. E il passaggio dal welfare al warfare, dallo stato sociale
allo stato di polizia e di repressione. E la dottrina della “tolleranza zero”
per disoccupati, micro-criminalità e immigrati senza documenti.
All’esterno per l’UE significa imporre gli interessi politici e economici a
livello globale, un progetto che necessita una politica militare autonoma.
L’esperienza della guerra contro la Yugoslavia ha contribuito non poco allo
sviluppo di questo progetto: allora l’UE non era ancora in grado di condurre una
guerra autonomamente. Per questo oggi si parla di affiancarsi agli USA ma come
potenza autonoma lungo l’asse Parigi/Berlino. La NATO è lo spazio centrale, non
è dunque una coincidenza che l’anniversario abbia luogo in Germania e in
Francia. La Francia sarà reintegrata completamente nella NATO, con tutto il suo
armamento nucleare. Old Europe è storia, anche se l’anti-americanismo di stanza
socialdemocratica ancora si rifiuta di realizzare questo sviluppo.
Ma la guerra non si svolge solo al di là delle frontiere. Nella architettura di
sicurezza globale i concetti di interno ed esterno hanno tendenzialmente cessato
di esistere. Sono due le cause principali di questo fenomeno. Da un lato il
processo capitalista di trasformazione nei paesi del centro non è né stabile né
privo d’attrito e necessita di un massiccio controllo sociale da parte dello
stato. Sorveglianza video capillare, manette elettroniche, impronte genetiche,
raccolta e accumulazione di qualsiasi informazione: tali misure sono destinate
in modo preventivo all’antagonismo, alle contraddizioni sociali, agli scioperi e
alle rivolte.
Inoltre, la “guerra al terrorismo” si svolge all’interno degli stati occidentali
stessi e serve a disciplinare la società e ad imporne una struttura autoritaria.
“Sovrano è chi decide sullo stato d’emergenza” ha scritto allora il pubblicista
nazista Carl Schmitt. Percorrendo la strada verso lo stato totalitario vengono
cancellate le basi democratiche più essenziali, come per esempio la divisione
tra l’utilizzo delle forze di polizia e quello dei militari; come a Heiligendamm,
dove i Tornado della Bundeswehr servivano da ricognitori o i soldati della
Bundeswehr presidiavano i campi di prodotti genetici. O la divisione tra i
compiti della polizia, del militare e dei servizi segreti. Fa parte di questo
cambiamento la banca dati anti terrorismo che viene gestita e usata da 38
strutture investigative in Germania oppure il dibattito su un consiglio di
sicurezza che sia in grado di agire al di là del Parlamento.
Vengono creati nuovi parametri, parametri che stanno caratterizzando tutte le
dinamiche sociali e politiche nel mondo. Uno sviluppo particolarmente evidente
quando si parla della tortura, visto che non solo è nuova la dimensione globale
dei sequestri, delle torture e dei Lager ma è soprattutto da notare la massima
naturalezza con cui chiunque discuta sul diritto di torturare, ovviamente solo
come eccezione e per buoni motivi. Qualche anno fa una tale discussione sarebbe
stata decisamente respinta suscitando proteste. Nella situazione attuale coloro
che approvano la tortura non trovano grandi contraddizioni; il problema non
sono, dunque, solo i torturatori ma anche i loro sostenitori colti nelle
università a nei talkshow.
Il nuovo nemico
Sicurezza è uno slogan centrale nella “guerra contro il terrorismo”. Ma gli
stati occidentali richiedono una sicurezza per i loro progetti che a livello
mondiale non esiste e che ai popoli del sud viene addirittura negata. Una storia
che è vecchia quanto il colonialismo stesso. Le benedizioni della civiltà
capitalista è sempre stata progettata solamente per la classe privilegiata nelle
metropoli. Il resto del mondo deve affrontare gli impatti distruggenti e
disgreganti di questa “civiltà”.
La globalizzazione capitalista e le nuove guerre imperialiste sono due lati
della stessa medaglia. E’ il tentativo di controllare militarmente la crisi
creata dalla accumulazione di capitale senza essere mai in grado di risolverla.
Dal Kosovo alla Palestina, da Bagdad a Kabul, dalle Favelas delle Megalopoli del
sud alle Banlieues e ai ghetti delle metropoli: stiamo assistendo ad una
espansione del militare in tutte le sfere delle società sotto il dominio
occidentale. Uno sviluppo che diventa particolarmente chiaro nella
militarizzazione delle politiche sull’immigrazione dell’UE che è strettamente
legata alla politica di sicurezza e di guerra imposta dagli stessi stati. La
cooperazione nell’ambito di FRONTEX [l’agenzia europea per la sicurezza delle
frontiere – ndt] e l’internamento di profughi nei campi fuori della fortezza
Europa sono entrambi elementi centrali di questa politica.
Cellula “dormiente”, combattente illegale oppure immigrato illegale: il
ventaglio delle minacce è svariato e definisce un individuo pericoloso per le
isole del benessere metropolitane che viene dichiarato fuorilegge, vale a dire
fuori del diritto e della società, che può essere eliminato in caso di
emergenza. Si punta alla guerriglia, ai ribelli, ai processi sociali di
resistenza, ai flussi di migrazione e contemporaneamente ai signori della
guerra, ai “guerrieri di Dio” islamici e alle reti come Al Qaida.
Tra gli attivisti colpiti ci sono le vittime del processo di decadimento sociale
e delle guerre di ripartizione e i protagonisti di antagonismi sociali e
ribellioni che costituiscono la base di futuri movimenti rivoluzionari. Ben
sapendo che va affrontato negli anni a venire non è per caso che il nuovo Field
Manual dell’esercito americano è titolato “Counter Insurgency”.
Analizzando le lotte di classe a livello internazionale dobbiamo costatare che
stiamo in effetti vivendo una svolta reazionaria all’interno delle rivolte, una
tendenza che non va minimizzata. Un elemento che caratterizza meglio questo
processo è lo sviluppo dell’Islam politico che ormai è diventato un fattore
indipendente all’interno dei confronti sociali. La sua forza attuale è
strettamente legata ai cambiamenti nel rapporto di forza e alla debolezza della
politica emancipatrice.
E’ tuttavia anche vero che dietro le “nostre” percezioni e interpretazioni del
mondo islamico sta un problema di dominio. Il colonialismo europeo è sempre
stato caratterizzato dall’insieme di illuminismo e razzismo. L’espansione
imperialista e la conquista delle colonie fu ideologicamente trasfigurata come
civilizzazione dei “selvaggi” e liberazione dalla tenebra spirituale. Faceva
anche parte della retorica missionaria il “carattere orientale” che faceva da
simbolo per irrazionalità e arretratezza e trasportava l’immagine della donna
muslima oppressa forzata a portare il velo. L’islam e la percezione di esso nel
mondo occidentale non coincidono. Nella fase attuale è “moderno” partecipare
alla creazione di una tale stigmatizzazione e essere di sinistra non è una
protezione contro la mancanza della coscienza storica.
Collegare e radicalizzare le iniziative
Una parte del movimento in Germania è incline ad un dilagante bellicismo, emerso
per la prima volta durante la Seconda Guerra del Golfo nel 1991. Quasi ogni
frazione della sinistra in Germania ha trovato un buon motivo antifascista per
giustificare una delle guerre in corso. Il tradimento ha due facce: la difesa
delle condizioni nel mondo occidentale e la solidarietà con il potere. Meglio la
Fanta che la Fatwa!
Uno sviluppo che sembra ancora più amaro visto che le mobilitazioni contro la
guerra e l’Internazionalismo furono il momento decisivo, anzi, costituente per
la radicalizzazione del movimento degli anni 80 in Germania. La manifestazione
militante contro il primo pubblico giuramento dei coscritti in uno stadio di
calcio è diventata parte della storia tedesca e allora ha dato il via a tutta
una serie di scontri e iniziative contro la NATO e l’esercito tedesco.
L’antimilitarismo fu parte integrale della sinistra del dopo guerra, e aveva
collegamenti perfino nelle sfere della chiesa. Fu il filo rosso nei movimenti
contro il riarmo nucleare, nella solidarietà con il Vietnam e nella campagna
anti NATO che culminò nelle manifestazioni globali alla vigilia della Terza
Guerra del Golfo il 15 febbraio 2003.
Dobbiamo utilizzare il vertice a Kehl/Strasburgo per mettere in piedi una forte
mobilitazione antimilitarista tentando di rompere l’imbarazzante esitazione
quando si parla del concetto di “Guerra”. Portando avanti questo progetto
possiamo allacciarci direttamente alle esperienze di Heiligendamm. Il momento
decisivo lì è stato la determinazione nell’agire e l’esperienza collettiva di
contro-potere e inoltre il fatto che da un processo di azione e comunicazione è
emerso un concetto dell’“insieme”.
Heiligendamm sicuramente non è stata un’azione rivoluzionaria, tuttavia per
molti è stata una esperienza rivoluzionaria. Sfruttiamo i prossimi mesi per
organizzare una prassi antimilitarista, social-rivoluzionaria e antiimperialista
che sia variegata per quanto riguarda i mezzi ma collettiva per quanto riguarda
gli obiettivi. Che sia in grado di impedire ai signori di festeggiare senza
disagi e che sia contemporaneamente capace di aprire lo spazio per ulteriori
discussioni e attività. Il tentativo, in ogni caso, vale la pena!
Una campagna contro la Nato non può essere che internazionale, non inizia con
l’evento stesso e non termina con esso. Imboccando la strada verso Strasburgo
incrociamo diverse attività che sono strettamente legate alle proteste contro
l’anniversario NATO, come per esempio l’annuale mobilitazione contro la
cosiddetta Conferenza di Sicurezza a Monaco oppure a livello internazionale le
mobilitazioni e le iniziative contro basi militari, missioni all’estero o
progetti missilistici.
Delegittimare la NATO e la Bundeswehr, schierarsi senza compromessi contro
guerra e tortura, nessuna solidarietà con i progetti bellici degli USA, nessuna
complicità con il potere: questi sono i punti centrali per una mobilitazione
radicale che superi l’evento stesso.
Un movimento contro “il pugno visibile” della globalizzazione dipende
profondamente dalla vasta gamma di movimenti che lo spingono avanti. La lotta
contro la globalizzazione capitalista non va divisa dalla questione esistenziale
di guerra e pace perché si tratta in fondo dell’autocontrollo della propria vita
e della vita sociale.
“Il diritto di rivoluzione” ha scritto Friedrich Engels “innanzitutto è l’unico
‘diritto storico’, l’unico diritto sulla quale sono basati, senza eccezioni,
tutti gli stati moderni.”
Luglio 2008
Initiative Libertad!
Info & Appuntamenti delle attività contro l’anniversario NATO si possono trovare
su:
-
www.info.libertad.de/no-nato-09
- www.interventionistische-linke.de/no-nato-2009
-
natogipfel2009.blogsport.de
- www.natofeier.angreifen.org
- www.gipfelsoli.org/Home/Strasbourg_Kehl_2009