SENZA CENSURA N.27
novembre 2008
La lotta degli operai INNSE
Opposizione operaia a speculazione e licenziamenti
Si arriva ai licenziamenti
L’area dove sorge la fabbrica Innse Iniziative, azienda metalmeccanica, era un
grande sito di insediamenti produttivi. Tutto intorno alla Innse gli scheletri
di alcuni capannoni sono ancora in piedi. A fare da contrasto tutto intorno sono
sorti centri commerciali e un nuovo quartiere di edilizia residenziale. La
vastità dell’area e la sua ubicazione vicino alle uscite autostradali e alla
linea metropolitana ne hanno fatto un luogo idoneo alle speculazioni edilizie e
nel breve futuro ai grandi interessi legati all’Expo che avrà luogo nella città
di Milano nel 2015.
Questa era l’area dell’Innocenti, una fabbrica con una lunga storia e valori da
tramandare che fu tra i simboli della resistenza, pagandone un alto prezzo in
termine di vite umane. Nei primi anni del dopoguerra alla Innocenti nacque e si
produsse la mitica “Lambretta”, che prese il nome dalla zona Lambrate. Poi dal
1960 e fino al 1993, anche diversi modelli di auto tra cui, Mini, Austin,
Chrysler, Maserati, fino ad alcuni derivati di modelli Fiat, come la Innocenti
Elba. Oltre 6 mila operai con le loro lotte resero punto di riferimento
l’Innocenti, insieme alle grandi fabbriche milanesi. Nel 1975 la prima ondata di
licenziamenti collettivi, iniziava la desertificazione dell’area Rubattino, una
dopo l’altra cessavano le produzioni a cominciare dalla “Lambretta”, che finì in
Spagna e poi in India. Un processo continuo di dismissione sia per spostare la
produzione in altri paesi dove il costo del lavoro è più basso sia animato da
forti interessi per riconvertire l’area da industriale in edificabile.
La risposta operai, gli scioperi i presidi le occupazioni, non riuscirono a
bloccare queste operazioni. Rimane attiva la Innse dove i 50 dipendenti ricevono
dalla direzione aziendale in data 31 maggio 2008 le raccomandate che sanciscono
l’apertura della procedura di mobilità. Il padrone Silvano Genta acquistò la
fabbrica due anni orsono dall’amministrazione controllata ottenendo sgravi e
prezzi stracciati dichiarando nelle sedi istituzionali della provincia di
volerla rilanciare. Oggi la realtà dei fatti è che in collusione con AIDES, la
proprietà del terreno, vuole sbattere fuori i lavoratori, e vogliono farsi beffa
del piano regolatore che sancisce l’area come “industriale” e non edificabile
fintanto ci sia un insediamento produttivo. L’intenzione del padrone Genta, di
area leghista, è quella di vendere i macchinari, di “rottamare”, e favorire la
speculazione edilizia nonostante questa officina sia produttiva e abbia numerose
commesse per il futuro.
I lavoratori immediatamente si sono radunati davanti ai cancelli chiusi della
fabbrica e dopo aver eluso la sorveglianza di polizia, vigilantes privati e
tirapiedi del padrone hanno occupato lo stabilimento e proclamato assemblea
permanente. L’assemblea decide come forma di lotta di continuare il lavoro
autogestendo la fabbrica. Nel frattempo iniziano i contatti e il confronto nelle
diverse sedi istituzionali.
Schematizzando i vari passaggi dal ricevimento delle lettere di messa in
mobilità della fine maggio (lettere inviate in concomitanza del ponte festivo
del due giugno):
Il 18 luglio il tribunale di Milano ha emesso la sentenza sull’art. 28 per
attività antisindacale, il ricorso presentato dalla Fiom, è stato respinto dal
Giudice.
I lavoratori vengono licenziati con lettera del 22 agosto spedita da Torino. Il
licenziamento diviene immediatamente operativo per il padrone che ha deciso di
pagare il preavviso.
Il 17 settembre la fabbrica viene messa sotto sequestro. Alle ore 5.00 la
polizia ha sgomberato gli operai e posto i sigilli alla fabbrica. Malgrado ci
fosse un nuovo acquirente, stato, regione, provincia non hanno costretto Genta a
vendere.
Il 24 settembre c’è la convocazione dal Prefetto, si era impegnato a dare
notizie sull’andamento della trattativa per la cessione da parte del padrone
Genta della Innse e sulla questione del pagamento degli arretrati. Nulla di
fatto.
In ottobre diversi incontri al Ministero non smuovono la situazione. La fabbrica
rimane oggi ancora sotto sequestro ma nonostante i giudizi dei giudici od il
ruolo accondiscendente verso il padrone da parte delle diverse istituzioni la
lotta contro i licenziamenti continua.
La risposta operai
Le Rsu Innse nel loro comunicato del 31 luglio 2008, dichiarano: “ La prepotenza
del padrone Genta, la sua decisione di chiudere Innse e licenziare tutti si è
scontrata contro una nuova determinazione degli operai: la Innse non ha bisogno
di Genta per funzionare e gli operai lo hanno dimostrato...”
I lavoratori riprendono immediatamente possesso della fabbrica, da subito
l’assemblea decide di iniziare la lotta e continuare il lavoro. Primo e secondo
turno e giornata; si autogestiscono la mensa e poi di notte ed i sabati e le
festività presidiano la fabbrica. Tutto questo per più di tre mesi fino alla
messa sotto sequestro della fabbrica. Gli operai della Innse con le loro Rsu non
hanno voluto nessun accordo che accettasse la chiusura della fabbrica e i
licenziamenti. Viene posto in evidenza che si vuole chiudere un officina che è
produttiva e che è l’unica risorsa per i lavoratori e le loro famiglie e per
questo gli operai sono determinati a difenderla fino alle estreme conseguenze.
Proseguono le lavorazioni in corso, incontrano i clienti autogestendo così la
produzione e i servizi, si autofinanziano la mensa, presidiandola giorno, notte
e festivi.
Dopo lo sgombero i lavoratori predispongono un presidio, che tuttora continua,
davanti ai cancelli della fabbrica. Col passare dei giorni l’accampamento del
presidio, si struttura sempre più come un vero e proprio campo base. Dal grande
anfratto della vecchia portineria confinante con l’area sotto sequestro, gli
operai hanno ricavato uno stanzone di circa 35 metri quadri, chiuso dietro con
un telo di plastica trasparente, che fa angolo formando un’altra parete in
plastica. Davanti è aperto e da sul marciapiede, poi c’è il camper per il
supporto logistico in strada. Lo stanzone attrezzato di tavoli e sedie, funziona
anche per riunioni, assemblee e all’ora di pranzo e cena unendo i tavoli davanti
ad un pasto caldo, si ricrea la socialità della mensa. I lavoratori sono stati
licenziati, lasciati senza il salario di agosto, senza il mancato preavviso ed
altre spettanze salariali, ma continuano uniti a presidiare la fabbrica. Sono
stati ripristinati i pasti caldi ed è stato possibile ricavando una seconda
stanza, comunicante con la prima, attrezzata a cucina. Sull’unica parete in
mattoni dello stanzone, la bacheca è quotidianamente aggiornata con attestati di
solidarietà, che dalle fabbriche arrivano insieme a sottoscrizioni, a comunicati
e a mozioni con le firme degli operai.
Inizia la solidarietà
“Siamo licenziati!! Ma non per questo ci scoraggiamo. Il fatto che la fabbrica
funzioni regolarmente, che nessuno abbia abbandonato il proprio posto di lavoro
resta un punto di forza ed è un messaggio chiaro circa le nostre intenzioni. Non
un passo indietro....” da un intervista ad un lavoratore Innse.
La determinazione degli operai ad evitare la chiusura e la perdita del posto di
lavoro, a continuare l’attività ad autogestire la mensa, a spezzare quella
catena che attraverso la concertazione accetta di fatto i licenziamenti senza
combatterli in tutti i modi con una lotta decisa ed appropriata ha rappresentato
di fatto un patrimonio per tutti i lavoratori e numerosi sono stati gli
attestati concreti di solidarietà che sia il mondo del lavoro che numerose
realtà sociali hanno espresso nei confronti di questa lotta di resistenza. Una
sensibilità sociale che si è espressa in aiuti economici e di denaro che sono
stati necessari a far fronte alle spese per l’acquisto di viveri e di generi
alimentari, necessari alla preparazione dei pasti che gli operai consumano e
devono provvedere a cucinare all’interno della fabbrica. Come dichiarano gli
stessi lavoratori Innse dopo la 50ma notte di presidio “..alle Rsu arrivano le
telefonate per li indicazioni su come versare il contributo economico a sostegno
della lotta.... chiamano per lo più operai, ma anche militanti che non accettano
il silenzio e l’indifferenza del proprio Partito riguardo questa lotta, altri
che fanno riferimento alla rete 28 aprile, fino ai giovani dei centri sociali
che stanno pensando a proprie iniziative per contribuire alla raccolta
fondi...... da più parti arriva la disponibilità ad una diretta partecipazione
alla lotta, qualora gli operai della Innse con le loro Rsu decidessero di
passare all’occupazione della fabbrica o altre iniziative...”
I lavoratori del Centro di Ricerca & Sviluppo della Nokia Siemens Networks di
Cinisello (MI) esprimono con queste parole la loro vicinanza ai lavoratori in
lotta: “Abbiamo saputo della vostra resistenza contro la chiusura della vostra
fabbrica, la Innse Presse di Lambrate a Milano. Sappiamo che da più di tre mesi
avete continuato il lavoro in fabbrica, avete lavorato per le commesse che
arrivavano, e vi siete organizzati la vita e il lavoro in fabbrica, nonostante
il padrone il 31 maggio vi abbia comunicato il licenziamento e la chiusura dello
stabilimento. Non avete mai ceduto nella vostra lotta per la difesa del lavoro e
dei vostri diritti, e in questo siete un esempio per tutti. Avete deciso di
continuare il presidio davanti ai cancelli dopo che il 17 settembre è arrivato
lo sgombero. Vi facciamo i nostri complimenti perché state dimostrando quanto è
fondamentale l'unità dei lavoratori nelle lotte di difesa del lavoro e per i
diritti. Vi incoraggiamo a non cedere e a continuare sulla vostra strada. Vi
sosteniamo nelle vostre richieste per la salvaguardia dei posti di lavoro, per
la riapertura della fabbrica e per il recupero degli arretrati.” (comunicato del
18 settembre).
Si sviluppano contatti
La determinazione che ha assunto questa lotta e la sua estensione in un lasso di
tempo molto lungo ha saputo rompere quel muro di silenzio che troppo spesso
viene messo attorno alle lotte operaie sviluppando quelle relazioni e quei
confronti fra quelle realtà che vivono e subiscono condizioni simili ed aspetto
fondamentale vedono nella resistenza un piano di lotta per miglioramenti futuri
della propria condizione e più in generale delle condizioni complessive della
classe operaia.
In questa dinamica ad esempio è nato un rapporto con gli operai delle Officine
Cargo di Bellinzona, protagonisti di una grande lotta che ha impedito la
chiusura della storica fabbrica svizzera del Canton Ticino, ed il licenziamento
di 430 operai. Una lotta grandiosa che ha avuto la solidarietà concreta fra la
gente, un grosso sostegno economico che è sfociato in una grande manifestazione
a Bellinzona con 12 mila persone. Il Comitato di sciopero delle Officine di
Bellinzona ha organizzato un iniziativa pubblica con alcuni rappresentanti della
Innse. Gli operai delle Officine di Bellinzona e della Innse, si sono ritrovati
uguali nella determinazione di combattere contro i licenziamenti. Lo hanno
potuto fare perché, in prima persona hanno deciso e guidato la lotta, dando un
chiaro esempio di sindacalismo operaio. All’iniziativa sono intervenuti anche
dei ferrovieri tedeschi del sindacato macchinisti. Anche loro hanno esposto
sulla base dell’esperienza dello sciopero dei ferrovieri in Germania, come sia
indispensabile una diretta azione dei ferrovieri, per togliere l’iniziativa ad
un apparato sindacale sempre più impegnato a fare scioperi ininfluenti e
raggiungere compromessi.
Altro esempio è il confronto che si è aperto fra sei realtà di fabbrica
dell’area milanese che si è svolto ai primi di ottobre nello stanzone del campo
base del presidio. Un primo incontro con delegazioni Rsu combattive di alcune
fabbriche del milanese, colpite da ristrutturazioni, licenziamenti e serrate. Da
tutti gli interventi è emerso come sia difficoltoso per ogni singola fabbrica
difendersi, collegarsi con altre fabbriche dopo che per anni un sindacalismo
compiacente, ha dato un colpo di spugna alla lotta e alla solidarietà operaia,
firmando uno dopo l’altro accordi che con la mobilità chiudono le fabbriche
licenziando gli operai. Ma la difficoltà non deve essere un deterrente, bensì un
motivo che dia maggior slancio alla volontà di rompere l’isolamento e saldare i
legami tra le fabbriche. Tutte queste realtà hanno detto come “La lotta della
Innse viene portata come esempio nella nostra fabbrica”.
Alcune riflessioni dei lavoratori
La lotta di questi lavoratori non solo ha posto all’ordine del giorno la
necessità della solidarietà come tratto di unione e di riconoscimento fra chi è
legato da una condizione ed un destino comune ma offre spunti concreti per
aprire una riflessione su come “insieme” le realtà lavorative e sociali debbano
affrontare questa attuale situazione di crisi che si esprime con la chiusura
delle fabbriche, la delocalizzazione dei siti produttivi, l’aumento della
precarietà e dello sfruttamento. Una fabbrica in lotta con la possibilità di
incontro fuori dai cancelli apre la discussione e la riflessione sul “che
fare?”. Riportiamo alcune riflessioni dei lavoratori Nokia di Cinisello frutto
del loro confronto con i lavoratori Innse: “Cosa passiamo fare noi? Il
concentrato di questi punti si può riassumere così:
Innanzitutto: i lavoratori dell’Innse sembrano uniti, e hanno tutta la volontà
di continuare in maniera decisa e visibile la lotta per le loro richieste.
Possono essere solo i lavoratori stessi la principale forza motrice per
raggiungere un risultato positivo.
Abbiamo sottolineato che questa lotta, anche se riguarda “solo” 49 operai (ndr.
i 50 lavoratori sono divenuti 49 in seguito alla scomparsa del compagno Giuseppe
stroncato da un infarto causato probabilmente dalla stressante situazione degli
ultimi periodi), rappresenta una lotta esemplare per tutti. Lo sviluppo di un
fronte di sostegno su scala più vasta sembra una condizione indispensabile.
Il fatto che questi lavoratori sono ormai da due mesi senza stipendio, potrebbe
fra qualche tempo rendere più onerose le condizioni di questa compattezza. Si è
consapevoli che il padrone cercherà di fare leva su questo. Abbiamo discusso
della Cassa di resistenza, già creata dai sindacati di categoria in altre
occasioni.
Ogni visita al presidio in via Rubattino è un atto concreto di sostegno alla
lotta di questi
lavoratori.”
Concludiamo con una sintesi della relazione dei lavoratori Innse in seguito alla
visita fuori dalla fabbrica del segretario generale della Fiom avvenuta “solo”
al quinto mese di lotta. “Gli operai hanno riassunto la lotta soffermandosi sui
punti nevralgici e soprattutto sulla novità che questo tipo di lotta ha
introdotto: continuare la produzione dal momento in cui il padrone ti dice di
startene a casa, (perché ha deciso di licenziarti) e contemporaneamente
presidiare la fabbrica nelle ore di non lavoro, notturno e festivi compresi.
Un’esperienza in aperto contrasto con le “concertate” soluzioni con cui padroni
e sindacati chiudono le fabbriche licenziando gli operai. Se è vero che ogni
forma di lotta non può prescindere dalle specificità di ciascuna fabbrica, è
anche vero che è la determinazione degli operai a cercare ogni volta in ogni
fabbrica, il tallone d’Achille del padrone, il modo e la forma di colpirlo. E’
questo che rende la lotta della Innse ed ogni lotta vera, “sponsorizzabile” ed
“esportabile”. Deve far riflettere anche lo sgombero della fabbrica da parte
della Polizia eseguito con gli operai che stavano lavorando, è un fatto
inaudito, di antica memoria, che ha fatto ricordare a Rinaldini, l’esperienza
delle Officine Reggiane nel dopoguerra...valorizzando l’esperienza della Innse,
la Fiom può indire scioperi e iniziative di solidarietà, a sostegno delle
fabbriche in lotta, prima di tutto collegando queste fra di loro. Un percorso
che partendo dall’esempio della Innse come volano, potrebbe culminare anche in
uno sciopero generale....”
Nel frattempo i lavoratori continuano nella lotta fino alla ripresa produttiva
ed al rientro in fabbrica di tutti gli operai al proprio posto di lavoro.
[Si trova cronaca della lotta Innse in:
www.operaicontro.it,
www.officine.unia.ch, www.pane-rose.it]