SENZA CENSURA N. 32

giugno 2010

 

editoriale

 

Come spesso succede, per riuscire a riflettere in maniera concreta sul senso da dare al proprio lavoro non sempre è sufficiente impegnarsi unicamente sul piano (assai complesso) della prospettiva: ogni tanto è utile anche riflettere sul proprio passato, sulla propria storia.

In questi tempi certamente difficili, è arrivato il momento anche per noi di ripercorrere i passaggi che ci hanno portato fino all’oggi e di condividerli, sperando che queste brevi note possano essere in qualche modo spunto di riflessione anche per chi ci legge.

 

Partiamo dall’inizio.

Dobbiamo tornare alla metà degli anni novanta, quando dalle mura lontane di diverse carceri statunitensi, molti prigionieri politici hanno cominciato a mobilitarsi contro l’imminente esecuzione di un loro compagno, un altro prigioniero politico, fino ad allora sconosciuto ai più dalle nostre parti: Mumia Abu-Jamal.

Mumia è stato un ex militante del Black Panther Party, poi divenuto un impegnato giornalista vicino all’organizzazione Move (duramente repressa dal governo in quegli anni), ormai da molti anni detenuto nel braccio della morte a seguito di una condanna per l’omicidio di un poliziotto di Philadelphia, di cui Mumia si è sempre dichiarato innocente e maturata in un clima di evidente razzismo e di vendetta politica.

La particolarità della campagna internazionale che si stava sviluppando era proprio quella di essere promossa innanzitutto dagli stessi prigionieri politici e, dunque, caratterizzata da un taglio politico che metteva al centro dell’attenzione internazionale sia la storia di militante rivoluzionario di Mumia, sia il carattere politico e persecutorio della determinazione omicida del governo nordamericano.

Il discorso “umanitario” contro la pena di morte era appena accennato, messo decisamente in secondo piano dall’appello ad una solidarietà politica e militante in difesa del militante rivoluzionario Mumia, della sua vita e della sua storia.

 

In Italia, come in gran parte dell’Europa, il clima politico era pesante.

Il movimento rivoluzionario e antagonista era uscito con le ossa rotte dalla grande repressione degli anni ottanta e la maggior parte delle realtà erano da tempo impegnate a “serrare” le proprie fila alimentando di buon grado logiche settarie e gruppettare, chi per tentare di “resistere” al riflusso dilagante, chi per provare ad “affermarsi” come forza politica trainante di quel che restava del movimento di classe.

I prigionieri politici erano diventati da tempo un tabù. La stagione dei grandi processi era finita e le politiche di differenziazione iniziate a metà degli anni 80 con le leggi sulla dissociazione e il pentimento avevano ormai lasciato in carcere in pratica solo i militanti delle organizzazioni combattenti che rivendicavano con determinazione la propria identità rivoluzionaria.

Le logiche repressive dello stato traducevano la solidarietà con i prigionieri in “complicità”, avviando campagne di criminalizzazione che aprivano il più delle volte la strada alle azioni penali. Le ultime inchieste giudiziarie di “movimento” degli anni 80 puntavano proprio a colpire quelle realtà che fuori dal carcere si sforzavano di mantere vivo un canale di comunicazione e di solidarietà con questi prigionieri rivoluzionari.

Dall’altra parte, alcuni settori del movimento, nascondendosi dietro opportunistici tatticismi, isolavano politicamente chi parlava di prigionia politica per creare funesti “paletti a sinistra”.

Si era così creato un mix micidiale e di fatto complementare, che sbarrava la strada ad ogni forma di solidarietà e, peggio ancora, che ha “oscurato” in un’intera generazione politica (quella dei cosiddetti “centri sociali”) la riflessione e il dibattito sulla repressione e sul carcere.

Quindi di prigionia se ne parlava di fatto solo quando qualche militante di movimento restava occasionalmente impigliato nelle maglie della repressione.

Per il resto, le mura di quelle galere restavano per lo più ignorate.

 

La campagna per Mumia arrivò in Italia come un grimaldello.

Per la prima volta dopo molti anni si riuscì nuovamente a parlare diffusamente di prigionieri rivoluzionari e di solidarietà, per la prima volta dopo molti anni si riuscì a farlo superando, almeno in parte, la logica dei gruppi.

La campagna in Italia fu intensa e, soprattutto, si diffuse su tutto il territorio nazionale.

Nacquero molti comitati locali sostenuti da un Coordinamento Nazionale che si riuniva regolarmente (per un piccolo estratto dei materiali di quel tempo vedi: http://www.senzacensura.org/sc/Elenco.asp?ParOpz=3&IndiceMateriale=30) e, cosa assolutamente nuova, anche diversi prigionieri rivoluzionari dalle carceri italiane contribuirono alla campagna internazionale con propri interventi scritti.

La campagna ebbe il suo culmine nel 1995, quando la grande mobilitazione internazionale contribuì in maniera determinante a far sospendere l’esecuzione di Mumia, prevista per l’agosto di quell’anno.

Come sempre in questi casi, superata l’emergenza la campagna andò scemando, anche perché non era facile reggere a lungo una mobilitazione nazionale promossa “dal basso”, senza l’ausilio di strutture organizzate o di partiti politici.

Il coordinamento continuò però la sua attività, cercando di mantenere aperti quegli spazi di dibattito e di riflessione politica che la campagna era riuscita ad imporre. In quel contesto venne deciso di realizzare anche un bollettino nazionale che raccogliesse e promuovesse i contributi delle varie realtà locali e del coordinamento stesso: così nacque la prima edizione di Senza Censura, che produsse quattro o cinque numeri (vedi: http://utenti.multimania.it/mumia/scr/index.htm).

La campagna aveva consentito anche il consolidamento di diversi contatti a livello internazionale e quando nel 1997 emerse dalla Germania la proposta di un convegno internazionale dal titolo “Pacificazione o liberazione” (Berlino, 1-5 aprile 1999) che si proponeva di sviluppare un confronto sulle tematiche della prigionia e della repressione e di consolidare a livello internazionale degli strumenti di lavoro su questi temi, le realtà ancora impegnate nel Coordinamento raccolsero l’invito e promossero con determinazione l’iniziativa (vedi: http://utenti.multimania.it/mumia/rete.htm).

Lo sforzo fu enorme. I risultati, anche se il convegno andò piuttosto bene, furono poco concreti e il coordinamento italiano, prima che rischiasse di trasformarsi nell’ennesimo “gruppetto” si sciolse definitivamente.

 

Ma quell’esperienza aveva segnato profondamente molti dei militanti che l’avevano attraversata e per alcuni fu un vero e proprio spartiacque nel modo di approcciarsi alle tematiche della repressione, dei prigionieri e della militanza politica in generale.

Ed è proprio da questo dibattito, continuato nei mesi successivi al convegno di Berlino, che nacque la proposta di far ripartire il progetto di Senza Censura.

Non più un bollettino, ma una rivista. Non più voce di un coordinamento (che non esisteva più) ma frutto del lavoro di un collettivo redazionale.

E ancora: non “organo” o “megafono” di un gruppo politico ma oggetto stesso del lavoro politico di un collettivo redazionale “nazionale” che attorno a questo progetto, al suo sviluppo e ai suoi obiettivi fondava il proprio livello di confronto e di coesione politica.

Nel febbraio 2000 esce il numero 1 della nuova serie, che conclude il suo editoriale dicendo: “Se informazione va fatta (e su questo non ci sono dubbi) il nostro obiettivo sarà quello di farla evidenziando il più possibile il nesso tra repressione e lotte sociali nella convinzione che l’analisi dei processi repressivi può servire all’avanzamento della capacità di individuare percorsi e strategie efficaci di lotta e di liberazione.“

Da allora siamo riusciti a tenere vivo quel progetto e da dieci anni, con una certa puntualità, produciamo 3 numeri all’anno della rivista.

In questi dieci anni, però, nulla si è “fermato”. Nessuno di noi o di chi ci ha “attraversato” ha trovato nella rivista il proprio “angolino”, magari al riparo dalle intemperie, dove dilettarsi nell’arte della parola. Del resto, se si continua a vivere nella realtà, non ci si può non confrontare costantemente con la pesantezza di questi tempi, con il disorientamento che la sproporzione dei rapporti di forza spesso impone e che la disgregazione all’interno della classe certo non aiuta a superare.

E anche se la struttura editoriale della rivista è rimasta praticamente invariata, negli ultimi anni ci siamo sforzati di “ammorbidire” un po’ il piano dell’analisi più generale, frutto del lavoro di ricerca tutto interno alla redazione, e che a nostro avviso stava rischiando di risultare un po’ troppo astratto.

Attraverso l’aumento di interviste ed interventi diretti, abbiamo cercato di dare più voce ad esperienze e realtà, italiane e non, protagoniste di episodi di resistenza secondo noi significativi dal punto di vista politico.

La “linea politica” che ci ha guidati in questi ultimi anni è ben sintetizza nella conclusione dell’editoriale del numero 22, del marzo 2007, che qui riproponiamo: “Il dibattito sviluppato dal collettivo redazionale negli ultimi mesi ha cercato di evidenziare proprio questi due nodi strategici, queste due «linee-guida» divenute centrali per la prospettiva del nostro lavoro: valorizzare la «tensione all’autonomia» e sviluppare la «critica al riformismo». Consideriamo questi due obiettivi come la griglia di riferimento che struttura e allo stesso tempo identifica il nostro lavoro, sia per quanto riguarda il dibattito redazionale (e lo sviluppo dei singoli numeri di Senza Censura), sia per quanto riguarda il nostro impegno politico e militante rivolto all’esterno.

I nostri sforzi sono sempre stati indirizzati a indagare e valorizzare quei comportamenti, quelle dinamiche, quelle realtà che tendono (e a volte riescono) a sviluppare percorsi autonomi, sia sul piano interno che su quello internazionale.

Questi percorsi, come abbiamo visto, si rivelano spesso parziali, non complessivi, destinati il più delle volte proprio ad essere ricompresi e riassorbiti. Ma «...nel lungo processo dello sviluppo delle contraddizioni di classe nulla è completamente inutile o completamente dannoso. Soprattutto nei momenti di scontro con lo stato, vi sono salti da cui non si può tornare del tutto indietro e che quindi costituiscono oggettivamente un avanzamento di tutto il fronte di classe indipendentemente dagli specifici risultati politici raggiunti.» [editoriale Senza Censura n. 19/06]

Allo stesso tempo siamo da sempre impegnati a denunciare e contrastare ogni tentativo, politico o repressivo, di chiudere ogni forma di opposizione all’interno delle soglie di compatibilità definite dal sistema, quel «...tumore, che cresce da molti anni, e che si propaga, si diffonde sempre più vicino a noi, come una metastasi. Un tumore che toglie energia alla nostra rabbia, che limita la nostra prospettiva e che diventa uno strumento sempre più importante ed efficace nelle mani del nemico.» [editoriale Senza Censura n. 20/06].

Autonomia e riformismo sono elementi oggi più che mai legati tra loro da un rapporto dialettico chiaro e preciso: dove si sviluppa riformismo non si può sviluppare autonomia, dove si sviluppa autonomia il riformismo va in crisi.”

 

Questo è l’oggi.

Come abbiamo spesso scritto sui numeri passati, non abbiamo risposte certe, e come molti con i quali capita di confrontarci nel lavoro politico, ci domandiamo frequentemente se ne vale la pena e quali sono realmente i risultati del nostro impegno.

­ difficile valutare l’utilità del nostro lavoro, anche perché non essendo un’organizzazione non possiamo contare la crescita dei nostri militanti, e non essendo una struttura sindacale o di “massa” non possiamo misurare concretamente l’efficacia della nostra azione politica nel territorio o dovunque essa si sviluppi.

Siamo uno strumento di informazione, soprattutto finalizzato alla riflessione e al dibattito politico per chi si ostina ad essere fuori da ogni compatibilità istituzionale, a chi continua ad esprimere inimicizia totale nei confronti di questo sistema e di questo stato di cose, qui come in ogni angolo del mondo.

Riuscire a restare questo è già stata una gara molto dura.

Una gara che, per adesso, crediamo possa ancora essere utile continuare a fare.



http://www.senzacensura.org/