SENZA CENSURA N.33

novembre 2010

 

La più lunga guerra persa

Afghanistan: un articolo di James Petras*

 

Nonostante gli oltre dieci anni di conflitto, con tanto di invasione e occupazione, l’esercito statunitense e le forze armate dei suoi alleati stanno perdendo la guerra in Afghanistan.

Al di fuori dei distretti centrali di poche città e delle fortezze militari, le forze della resistenza nazionale afgana, in tutta la loro complessità locale, regionale e nazionale di alleanze, controllano il territorio, la gente e l’amministrazione.

La prolungata guerra infinita è diventata un salasso importante per il morale delle forze armate e per il sostegno civile indeterminato negli Stati Uniti, che limita la capacità della Casa Bianca di lanciare nuove guerre. Le annuali spese militari multi-miliardarie stanno esacerbando il deficit fuori controllo nel budget e stanno costringendo a tagli severi e impopolari ai programmi sociali, a tutti i livelli di governo. Non c’è fine in vista: mentre il regime Obama continua ad incrementare il numero di truppe di decine di migliaia e le spese militari di dozzine di miliardi, la resistenza avanza, sia militarmente sia politicamente.

Dinanzi al crescente scontento popolare e alle richieste di contenimento fiscale da parte di gruppi bancari e di cittadini, Obama e il comando generale hanno tentato un’”uscita parziale” attraverso il reclutamento e l’addestramento di lungo termine e su vasta scala di un esercito mercenario e di forze di polizia afgani sotto la direzione degli USA e degli ufficiali Nato.

 

La strategia USA: la costruzione di una Neocolonia afgana

Tra il 2001 e il 2010 la spesa militare USA ammonta a 428 miliardi di dollari; l’occupazione coloniale ha portato ad oltre 7.228 morti e feriti al giugno 2010. Mentre la situazione militare USA deteriora, la Casa Bianca aumenta il numero di truppe, con il risultato di un numero crescente di morti e feriti. Durante gli ultimi 18 mesi di regime Obama sono stati uccisi o feriti più soldati che nei precedenti otto anni.

La strategia di Casa Bianca e Pentagono si basa sulla premessa di afflussi massicci di soldi, armi e l’aumento del numero di sostituti, principalmente signori della guerra ed ex-“patrioti” fantocci degli occidentali. L’”aiuto allo sviluppo” della Casa Bianca include, letteralmente, l’acquisto delle lealtà transitorie dei leader tribali. La Casa Bianca tenta di dare un’apparenza di legittimità facendo svolgere le elezioni, che aumentano l’immagine corrotta del regime fantoccio in carica a Kabul e dei suoi associati regionali.

Sul fronte militare, il pentagono lancia un’”offensiva” dopo l’altra, annunciando un successo dopo l’altro, seguito da una ritirata e dal ritorno dei combattenti della Resistenza. Le campagne USA disturbano il commercio, i raccolti agricoli e i mercati, mentre gli attacchi aerei che prendono di mira i “Talebani”, finiscono per uccidere tanto più di frequente civili che festeggiano matrimoni o festività religiose e gente che fa la spesa nei mercati che combattenti. La ragione dell’alta percentuale di morti civili è chiara a tutti eccetto ai Generali USA: non c’è distinzione tra i “militanti” e i milioni di civili afgani, dato che i primi sono parte integrante delle loro comunità.

La chiave, e il problema in definitiva decisivo con cui si confronta l’occupazione USA, è che si tratta di un enclave coloniale nel mezzo di un popolo colonizzato. Gli Stati Uniti, i suoi fantocci locali e i suoi alleati Nato sono un esercito straniero coloniale e le reclute del suo esercito afgano e della sua polizia sono visti come meri strumenti di perpetuazione di un ruolo illegittimo. Ogni azione, sia violenta sia benigna, è percepita e interpretata come trasgressiva delle norme e del lascito storico di un popolo indipendente. Nella vita di tutti i giorni ogni mossa degli occupanti è perturbante; niente si muove se non su comando dell’esercito e della polizia diretti dagli stranieri. Sotto la minaccia della forza, la gente offre finta cooperazione e poi fornisce assistenza ai propri padri, fratelli e figli nella Resistenza. Le reclute ritirano i soldi e girano le loro armi alla Resistenza. Gli informatori pagati nei villaggi sono agenti doppiogiochisti o identificati dai loro vicini e presi di mira dagli insorgenti.

I collaboratori afgani, alleati più vicini a Washington, sono visti come traditori corrotti, dominatori passeggeri che hanno le valige fatte e i passaporti statunitensi in mano, pronti a filarsela quando gli usa saranno forzati ad andar via. Tutti i programmi, i fondi per la “ricostruzione”, le missioni di addestramento e i programmi “civici” hanno fallito nel guadagnarsi la devozione del popolo afgano, ora come nel passato e nel futuro, perché sono visti come parte dell’occupazione militare USA, in definitiva basata sulla violenza.

Dieci ragioni per cui

la Resistenza afgana vincerà

1. La resistenza ha radici profonde nella popolazione – legami di comunità familiare, linguistica e culturale che gli USA non possiedono né possono inventare, né questi legami possono essere comprati, commerciati o replicati dai loro “collaboratori” afgani o imposti con la propaganda.

2. La Resistenza ha confini fluidi e supporto internazionale diffuso specialmente dal Pakistan, ma anche da altri gruppi anti-imperialisti e islamici che forniscono armi e volontari e che si impegnano nell’attaccare attivamente il trasporto logistico delle linee di rifornimento dell’esercito USA-Nato in Pakistan. Fanno anche pressioni su regimi clienti degli USA oltremare, come il Pakistan e l’Arabia Saudita, lo Yemen e la Somalia, aprendo fronti multipli.

3. Infiltrazioni diffuse, supporto volontario attivo e passivo alla Resistenza tra l’esercito afgano e la polizia reclutati dagli USA, forniscono informazioni cruciali sui movimenti delle truppe. Diserzioni e assenteismo minano la “competenza militare”.

4. Finalità ed estensione dell’attività della Resistenza fanno dispiegare gli eserciti imperiali fino al limite del loro potenziale e li portano ad affidarsi alle inaffidabili forze di sicurezza afgana, che non hanno il coraggio di uccidere i propri fratelli, specialmente quando vengono diretti contro comunità con parenti o persone della stessa etnia.

5. Gli alleati della Resistenza sono più leali, meno corrotti e affidabili, per via dei profondi valori condivisi. Gli alleati USA sono leali solo grazie ad effimere gratificazioni finanziarie e alla temporanea presenza delle forze militari USA.

6. La Resistenza fa appello alla gente in nome del ritorno alla legalità e all’ordine nella vita di tutti i giorni che precedevano l’invasione. La promessa USA di esiti positivi in seguito al successo del conflitto non ha risonanza popolare dopo un’occupazione lunga un decennio.

7. Gli USA non hanno un sistema di credenze che possa competere con il richiamo religioso-nazionalista-tradizionalista della Resistenza per la vasta maggioranza dei villaggi, delle piccole città e della popolazione rurale dislocata.

8. Il sostegno alla Resistenza di Iraq, Palestina e di altre forze anti-imperialiste ha un richiamo positivo sul popolo afgano, che ha visto i risultati distruttivi della guerra USA in Iraq e delle guerre per procura in Pakistan, Somalia e Yemen. Gli assalti israeliani al Libano, spalleggiati dagli USA, la nave con gli aiuti umanitari destinati alla Palestina e la presenza molto visibile di sionisti militanti nel governo USA, sono motivo di rifiuto per gli opinionisti più politicamente consapevoli in Afghanistan.

9. Gli afgani hanno, per la forza delle circostanze, più potere di reggere la resistenza all’occupazione dell’esercito USA di quanto ne abbiano il popolo americano, con bisogni molto più pressanti, e l’esercito americano, con impegni crescenti nell’area del Golfo.

10. La Resistenza afgana normalmente non uccide civili in combattimento, dato che le truppe USA e NATO sono chiaramente identificabili. Non è vero il contrario, invece. Gli afgani che appartengono ai villaggi di comunità occupate sono soggetti a uccisioni da parte delle “Forze Speciali” e dei bombardamenti dei droni. In queste circostanze la gente comune subisce gli stessi attacchi militari dei combattenti della Resistenza.

 

Una missione fallita: l’incapacità di costruire un esercito afgano mercenario affidabile ed efficace

Una verifica del governo USA pubblicata verso la fine di giugno di quest’anno ha demolito le pretese di successo del regime Obama nel costruire un esercito afgano e una polizia efficaci, capaci di far da contrafforte all’attuale regime di Kabul. Il Rapporto, basato su un’analisi dettagliata e su osservazioni sul campo, sostiene che il Pentagono di Obama si affida a “standard [che sono] tristemente inadeguati e gonfiano le abilità delle unità afgane”, che Obama ha definito “centrali per la nostra missione”. Inviando 30.000 soldati in più e portando la spesa militare e di polizia a 325.5 miliardi di dollari, ha aumentato i costi approssimativamente del 132% rispetto all’ultimo anno dell’amministrazione Bush.

I falsi progressi del regime Obama erano basati su criteri burocratici e tecnici che si “auto-confermano”, piuttosto che sull’effettiva performance e sul comportamento dell’esercito mercenario afgano. I rapporti del comando dell’esercito e i rapporti sui progressi si basavano sul numero di corsi svolti, sulla lunghezza ed estensione dell’addestramento e sulla quantità e qualità di armi ed equipaggiamento forniti alle truppe afgane. Dato che il numero di unità afgane passate attraverso le “missioni di addestramento” è salito da zero a 22 tra il 2008 e il 2009, il Pentagono vanta progressi straordinari. Per correggere, gli errori, il Pentagono ha iniziato a svolgere “valutazioni sul campo da parte di comandanti”, che stanno pure fallendo, dal momento che gli ufficiali hanno un interesse legittimo nel gonfiare la performance dei mercenari afgani sotto il loro comando, così da assicurarsi promozioni e medaglie al valore. Il regime Obama pianifica di aumentare i militari afgani da 9.700 nel novembre 2009 a 13.000 nell’ottobre 2010, a 171.000 nell’ottobre 2011, un aumento del 75% in due anni. Lo stesso incremento interessa la polizia: da 93.800 nel novembre 2009 a 134.000 nell’ottobre 2011, una crescita del 43%.

L’affermazione che la guerra sta gradualmente passando nelle mani dell’esercito afgano “addestrato” dagli USA è saldamente ancorata ad altri due fatti basilari: la Casa Bianca ha richiesto 1.9 miliardi di dollari – il doppio del livello del 2009 sotto Bush – per la costruzione militare di nuove basi e installazioni per la “presenza di lungo termine” (che Obama afferma non significare “presenza permanente”). Secondariamente, usando il solito modo ambiguo di parlare del regime Obama, il Segretario alla Difesa Gates e l’Ammiraglio Mullen, presidente dei Joint Chiefs of Staff, ora argomentano che la promessa di Obama durante la campagna elettorale di cominciare il ritiro delle truppe nel giugno 2010 significa in effetti “un giorno cominciamo la transizione” e non “la data in cui partiamo”, che sarebbe dovuta alle condizioni sul terreno, un processo di diversi anni. In inglese comune “transitare” non è “partire”. Significa restare, combattere e occupare l’Afghanistan per decenni. Significa portare più truppe, costruire più basi. Significa spendere altri 400 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni. E significa raddoppiare il numero di soldati americani morti e feriti nei prossimi tre anni, da più di 7.000 a quattordicimila.

Il criterio di “successo” nella guerra in Afghanistan è legato alla progressiva americanizzazione delle basi, truppe e spese. La ragione è che l’esercito afgano risulta tanto falso quanto le promesse di Obama. Il numero di personale statunitense sta crescendo perché i politici fantoccio sono così corrotti, inefficaci e disprezzati dalla propria gente che Washington deve circondarli di “monitori”, “consiglieri”, “operativi”, che a loro volta sono incapaci di relazionarsi con le esigenze e le pratiche delle comunità. Gli accresciuti aiuti americani hanno portato ad un aumento della corruzione, a più promesse non mantenute e a maggior animosità da parte dei supposti beneficiari popolari.

Il problema fondamentale è che questa è una guerra americana ed è per questa ragione che le unità afgane soffrono di un 50% di riduzione della forza a causa di un tasso di diserzione del 20%, ammettono gli ufficiali dell’esercito. In altre parole, le reclute prendono soldi e le armi e tornano ai loro villaggi, vicinati, famiglie, e forse non pochi usano l’addestramento militare ricevuto unendosi alla Resistenza Nazionale.

Con livelli tanto alti di disaffezione tra i reclutati ed anche gli ufficiali, non è sorprendente che la Resistenza abbia informazioni di qualità così alta sui movimenti delle truppe americane. Dato quest’alto tasso di disaffezione, non è sorprendente che alcuni dei collaboratori dei servizi di intelligence americani siano agenti “vulnerabili”. Dinanzi ai milioni di dollari spesi per i programmi di reclutamento con un tasso così alto di diserzione, la Casa Bianca, il Pentagono e il Congresso si rifiutano di riconoscere la realtà che l’occupazione imperiale è la fonte della resistenza di quasi tutto il popolo. Invece fanno richiesta di più persone da addestrare, più fondi per gli addestramenti e agenti per il reclutamento dei mercenari più “trasparenti”.

La realtà è che con un’occupazione americana più estesa, con un aumento ulteriore di spese militari, la Resistenza sta crescendo, circondando le città principali, prendendo di mira meeting nel centro di Kabul e lanciando missili sulle più grosse basi USA in tutto il Paese. E’ chiaro che gli Stati Uniti hanno perso la guerra politicamente e sono sulla strada per perderla militarmente.

Nonostante la più avanzata tecnologia militare, i droni, le Forze Speciali, l’aumento del numero di reclute, consiglieri, operatori di ONG e la costruzione di più basi militari, la Resistenza sta vincendo. La Casa Bianca, facendo crescere i milioni di persone afgane sfollate e uccise e mutilate, sta facendo crescere l’ostilità della vasta maggioranza degli afgani. Le uccisioni di civili trasformano sempre più reclute militari in disertori e soldati “inaffidabili”, alcuni dei quali si sono “trasformati” in combattenti impegnati per la parte avversa. Come in Indocina, Algeria e altrove, un esercito resistente, di guerriglia, molto motivato, profondamente radicato nella cultura nazionale e religiosa di una popolazione oppressa, si sta provando più resistente, capace di tener duro e vittorioso di un esercito imperiale alieno e ad alta tecnologia. La guerra “rule or ruin” di Obama in Afghanistan, prima di quanto non si pensi, rovinerà l’America e porrà fine alla sua vergognosa presidenza.

 

Questo articolo è la traduzione integrale in italiano dell’articolo di James Petras, apparso in numerose lingue in diversi web-site. L’articolo di James Petras, “The longest lost war” del 6/16/2010 è consultabile sul suo web site ufficiale alla pagina: http://petras.lahaine.org/articulo.php?p=1812&more=1&c=1

 

* James Petras, professore emerito di Sociologia all’università Binghamton di New York, è un’intellettuale antimperialista della sinistra radicale americana e autore di numerose opere.



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