SENZA CENSURA N.34

marzo 2011

 

Voci dalla prateria in fiamme

Intervista* ad un compagno della sinistra tunisina

 

* L'intervista è stata realizzata nel mese di febbraio e quindi alcuni fatti, anche importanti come le dimissioni del capo del governo Mohamad El Ghannouchi per le pressioni popolari, le dimissioni dei due ministri dei partiti di opposizione, sono avvenuti successivamente a quella data.

 

Bene iniziamo questa chiaccherata, illustraci la tua attività politica

Mi sono laureato in diritto internazionale. La mia attività politica era svolta principalmente all’interno dell’università perché in Tunisia è molto pericoloso appartenere ad un partito politico; quando ti arrestano non paghi solo tu ma tutta la tua famiglia. Tra le attività organizzavamo cineforum attraverso i quali cercavamo di far passare messaggi politici.

 

Esistono strutture organizzate all’interno dell’università?

La principale si chiama Unione Generale degli Studenti Tunisini (UGET) che ha una grande presenza all’interno dell’università. E’ l’unico organismo che rappresenta gli studenti; è un sindacato indipendente dal governo; molti suoi militanti sono stati arrestati, torturati oppure espulsi dall’università e impossibilitati a trovare lavoro, sempre controllati sia dai servizi segreti, sia dalla polizia politica.

 

Che tipo di attività svolgono all’interno dell’università?

Attività politica-sindacale. In Tunisia quando si parla di diritto allo studio, diritto al lavoro, automaticamente si parla di politica; non possiamo affrontare il problema della disoccupazione senza parlare della strategia politica capitalista del governo.

 

In Tunisia che tipo di organizzazioni politiche sono presenti sia partiti comunisti, sia movimenti di sinistra?

In Tunisia esistono, per quanto riguarda la sinistra, il Partito Comunista degli Operai Tunisini (PCOT), il suo leader è Hamma Hammani. Hanno una sezione giovani che lavora in clandestinità e pubblicano una rivista che si chiama “L’alternativa”. Sono presenti anche nell’università.

 

Esistono organizzazioni a livello operaio?

Esiste il Sindacato dei Lavoratori Tunisini (UGTT), ma su questo esistono molte critiche in particolare a causa della frattura tra una base indipendente e una direzione corrotta nominata dal governo.

 

Esistono altre organizzazioni oltre UGTT?

No è l’unica organizzazione legalizzata, anche l’ultimo sciopero generale è stato organizzato da loro.

 

Ci sono state precedentemente in Tunisia dei momenti di che possono aver fatto da “humus” per lo sviluppo della situazione odierna?

Nell’estate del 2oo8 ci fu una ribellione degli operai delle miniere di fosfato nella regione di Gafsa (1), una provincia del sud della Tunisia. Fu una grande rivolta davanti ad una realtà fatta di manodopera precaria, marginalizzata e soggetta a malattie professionali non riconosciute, la corruzione della direzione della Compagnia dei fosfati di Gafsa (Cpg) che fa lavorare soltanto “per conoscenze” personali, marginalizzando gli abitanti della zona, e nello stesso tempo ottenendo enormi profitti. Da qui sono partite le ribellioni con l’apporto determinante di due militanti del partito comunista degli operai; sono stati ambedue arrestati perché erano la locomotiva di questa rivolta e solo grazie alla mobilitazione del movimento e internazionale tramite i sindacati francesi sono state liberati.

 

Questa vicenda ha segnato un punto importante?

Importante perché hanno liberato 2 persone ma ne hanno arrestate altre migliaia fra cui molti studenti, poi non dobbiamo dimenticarci che ci sono stati anche almeno due morti. Fu occupata la centrale elettrica della regione. Nonostante la presenza degli occupanti all’interno delle cabine della centrale il presidente della provincia ha imposto la ripresa dell’erogazione elettrica provocando la morte di due di questi. Il tutto è documentato anche da numerosi video.

C’è anche la vicenda di un giornalista che è stato di recente liberato Fahim Boukaddous, soprannominato il “Gramsci della Tunisia” (2) perché mentre era detenuto scriveva e parlava della situazione con i detenuti.

 

Hai citato un collegamento con gli studenti…

Si gli studenti hanno molto discusso di questa vicenda anche se i media nel 2008 non ne hanno parlato molto e a tutt’oggi solo la tv Arco Iris che dedica alla Tunisia una trasmissione settimanale di due ore. Il programma si chiama El Hiwar, ed è diffuso su un canale satellitare visibile in tutta la Tunisia, trasmette i video della rivolta in uno spazio di circa un’ora. Fino al 17 Dicembre quando la morte di Mohamud Bazizi, studente e lavoratore, ha dato inizio alla rivolta. Umiliato dalle forze dell’ordine mentre stava vendendo la sua merce al mercato quando una poliziotta della municipale gli ha chiesto la sua autorizzazione, lui ha fatto presente che non l’aveva a causa della mancata risposta da parte del comune. E’ bene ricordare che in Tunisia se non hai una risposta entro 21 giorni puoi iniziare la tua attività, quindi dal punto di vista legale era a posto. E’ andato a protestare prima in comune dove la poliziotta lo ha schiaffeggiato e poi alla centrale di polizia dove lo hanno praticamente mandato a quel paese e come gesto di protesta si è dato fuoco.

Da lì è iniziata la rivolta. Perché collegata ai fatti delle miniere del 2008? Perché gli slogan non erano più o solo per la dignità e i diritti, ma per la liberazione dei prigionieri del 2008 e così è iniziato un percorso alternativo per la fine del regime di Ben Alì, del suo imperialismo, della corruzione e della mafia della sua famiglia che controlla tutti i settori dell’economia e della finanza, un monopolio familiare, una mafia appunto.

Questo sistema ha provocato una catastrofe sociale: in Tunisia c’è il 34% di giovani disoccupati, il 17% sono consumatori di droga, mentre l’altro 17% è in prigione o nell’esercito. Quelli in prigione sono vittime della legislazione antiterrorismo fatta più che altro per darsi un’immagine all’estero. Ma come si sa con queste leggi finiscono in carcere persone innocenti e diventano strumenti utilizzabili a proprio piacimento. Ad esempio se intentassi una causa o un processo contro un parente del presidente loro inventerebbero prove per farmi passare come un militante di Al Queida. Oppure potrebbe succedere che blocchino i miei crediti, come è successo a molti giovani studenti, e così finirei in prigione. E’ stata attuata una grande repressione sui giovani e lui dichiara che il 2011 è l’anno del dialogo con loro!!

Il dialogo lo abbiamo visto quando i giovani tunisini sono scesi in piazza per reclamare i propri diritti: gli hanno sparato in testa, al cuore, il “risultato” del dialogo sono i 237 morti e 511 feriti, più centinaia di di prigionieri politici morti o torturati. Riguardo la continuità dell’arte della tortura con il precedente regime di Habib Bourguiba, esiste un libro che si chiama “Cristal” di un esponente del partito comunista tunisino Gilbert Naccache, uno dei fondatori del partito comunista tunisino nel 1920 assieme ad altri ebrei scappati dall’Europa.

 

Si è parlato di una rivolta spontanea. Nello stesso tempo ci è sembrato che alcune organizzazioni abbiano avuto un ruolo importante nelle rivolte.

Si ci sono state alcune forze come il Partito Comunista degli Operai Tunisini (PCOT), Unione Generale degli Studenti Tunisini (UGET), Sindacato dei Lavoratori Tunisini (UGTT), o partiti tipo il Partito Democratico Progressista (PDP) che nonostante faccia parte del governo ha partecipato alle rivolte, almeno fino al famoso discorso di Ben Alì del 13 Gennaio quando ha affermato che non sapeva nulla della situazione sociale che si era creata. Come poteva qualcuno credere che non sapeva nulla della repressione, dei morti e che aveva compreso le richieste di cambiamento, che non si sarebbe ricandidato per le elezioni del 2014. Non era a conoscenza di niente… mah, come dopo 23 anni di potere lui non sa nulla! Ha fatto il suo discorso attraverso il suo canale tv Tunisia 7. Il numero 7 per noi è un numero nefasto: il 7 novembre 1987 è iniziato il regime grazie anche all’appoggio dell’Italia di Craxi, Andreotti e del presidente ENI dell’epoca… grazie del regalo! Nonostante continuasse a dire attraverso il suo canale televisivo che ci sarebbe stato un cambiamento, il popolo non gli ha creduto più vedendo attraverso i social network che le milizie continuavano a sparare. Si sono dati appuntamento per il 14 Gennaio, il giorno successivo, per la grande manifestazione per obbligare il presidente ad andarsene, e anche li hanno continuato a sparare contro i manifestanti. Mentre le manifestazioni e la rabbia aumentavano nonostante la repressione, alle 18 lui era già scappato, prima in Francia ma lo hanno cacciato, poi ha provato in Italia a Cagliari, ma alla fine è dovuto andare in Arabia Saudita.

 

Tornando alle organizzazioni politiche, al loro ruolo dentro la rivolta, hanno avuto un coordinamento o hanno partecipato ognuna singolarmente?

Prima del 14 è stato un movimento spontaneo e di conseguenza anche le organizzazioni non avevano un coordinamento:tutto il popolo ha partecipato alle manifestazioni soprattutto dopo che aveva visto i morti, gente sparata, gettata nel fiume, questo è stato un trauma. Tutti sono scesi nelle strade senza bandiere, senza differenze religiose, il movimento popolare ha scavalcato le organizzazioni politiche e sindacali. Esisteva un timore diffuso nel movimento popolare che si instaurasse una specie di trattativa, anche perché la sera prima alcune organizzazioni tipo la Lega Tunisina per la Difesa dei Diritti Umani (LTDH) (3) che per 22 anni è stata marginalizzata o altre organizzazioni politiche a cui erano state chiuse le sedi e i giornali, non avevano ancora chiesto che Ben Alì se andasse, ma il popolo ha detto no, ha fatto si che non fosse possibile nessun compromesso.

 

Il protagonismo popolare ha nella pratica evitato un Ben Alì 2…

Si c’era il rischio che si ripetesse oggi nel 2011 quello che era successo nel 1987, data della salita al potere di Ben Ali, la sua legittimazione e la concessione di una fiducia da parte delle opposizioni sulla base delle sue promesse. Il popolo non lo ha accettato, in piazza sono morti i figli degli operai, io ho visto immagini scioccanti, sono rimasto 2 giorni senza dormire non mi sarei mai immaginato tanta violenza tipo pezzi di cervello sparsi per la strada: non potevamo continuare con tutto questo. Il popolo è sceso in piazza senza paura di morire, a petto nudo…

 

E dopo il 14 Gennaio…?

Mentre ci sono partiti dell’opposizione che stanno trattando con il governo di transizione, dopo la cacciata si è formato il Fronte 14 Gennaio di cui fanno parte movimenti e organizzazioni di sinistra fra cui il PTPD (Partito del Lavoro Patriottico Democratico), Partito Comunista degli Operai Tunisini (PCOT), nazionalisti, sindacalisti radicali, tutte quelle forze che hanno boicottato il governo transitorio e che hanno un progetto alternativo

 

Quali sono gli obbiettivi del movimento “14 Gennaio”?

Gli obbiettivi del movimento sono di sciogliere il governo transitorio, sciogliere il parlamento e fare una assemblea costituente per dare possibilità ai partiti messi fuori legge di partecipare alle elezioni del 15 Marzo; si spera che anche dall’estero ci sia una presenza in quella data per vedere “che aria tira”

 

Pensi che la proposta politica “autonoma” trovi consenso tra le masse popolari tunisine?

Si perché i tunisini vogliono un’altra vita, si sono stufati del capitalismo e dell’influenza estera nel paese: ormai tutti i tunisini lavorano nelle multinazionali francesi, italiane, tedesche, spagnole, dove vengono pagati con 200 euro mentre queste multinazionali usufruiscono di agevolazioni fiscali, non pagano le tasse, non pagano l’assicurazione ai lavoratori. Quando ho fatto una ricerca per il sindacato sui diritti dei lavoratori mi hanno riferito molti miei compagni militanti che operano nel sindacato, che hanno avuto spesso problemi con le aziende italiane perché non rispettano i diritti dei lavoratori, che sono le uniche che non vogliono che i lavoratori si organizzino. Con quelle francesi non abbiamo avuto questi problemi e neanche con quelle tedesche che addirittura agevolano con una fondazione il lavoro sindacale.

Nelle ditte italiane se un operaio si iscrive o tenta di organizzare un sindacato viene subito licenziato. Mia zia ha lavorato per 23 anni in una ditta italiana, quando la ditta ha chiuso non ha avuto niente, niente di simile alla cassa integrazione o indennità di disoccupazione; dopo 23 anni di lavoro non ha nessun reddito! Siamo noi della famiglia a mantenerla. Ogni famiglia tunisina ha un parente che ha subito le condizioni lavorative imposte dalle multinazionali straniere, favorite da questa manodopera a basso costo, che lavora molto e viene pagata poco, non organizzata sindacalmente e marginalizzata. Impongono contratti di lavoro che fanno schifo, che non danno alcuna garanzia per il futuro perché spesso sono a tre mesi, o dove l’azienda paga una parte del salario mentre lo stato ne paga anche lui una parte: per esempio io che sono laureato in commercio estero ho lavorato per Tele 2 venivo pagato con 200 dinari (100 €) dalla ditta e con 100 dinari (75 €) dallo stato… con 2 lauree ho lavorato per 175 €!!

 

Call center Tele2 per l’Italia o per la Tunisia?

Si, call-center per i clienti italiani, rispondevamo in italiano alle chiamate dal’ Italia, un nuovo colonialismo. Ti fanno il lavaggio del cervello, non devi parlare, devi lavorare 12 ore.

 

Consenso popolare, fase costituente, però in questo momento al governo rimangono forze che sono state complici del precedente regime. Nell’attuale fase della rivolta ritieni che possano costituire un pericolo?

Si è un pericolo: da quando abbiamo iniziato questa intervista io non ho mai parlato di rivoluzione ma di rivolta… perché la rivoluzione ancora non è avvenuta. Rivoluzione è cambiare il regime, è costruire un’idea politica nuova, un sistema economico nuovo, insomma dare respiro al cambiamento. Questo governo di “transizione” è un governo cosi detto tecnico: questa è la formula magica. Ci hanno fatto vedere questi ministri con 2-3 lauree, alcuni sono collaboratori del FMI, una buona parte del popolo tunisino ne è rimasta addirittura affascinata!

Questi però sono gli stessi, i complici con i quali Ben Alì gestiva il potere, mai in primo piano, ma gestivano il potere sulle provincie, sono i sindaci delle città, dei quartieri, tutti nominati dalla famiglia del presidente. C’è solo il suo partito a gestire il tutto!

 

Cosa è cambiato nel governo?

Il primo governo era composto da 23 ministri, tutti ex del regime. Dopo il 14 gennaio il popolo ne ha chiesto le dimissioni inscenando un sit-in di protesta davanti al palazzo del governo durato una settimana; C’è stato un rimpasto nell’esecutivo facendo entrare 2 esponenti dei partiti di opposizione: uno del Partito Democratico Progressista, Najib Chebbi leader storico di questa formazione, l’altro Ahmid Ibrahimi esponente dell’ex partito comunista che ora si chiama Partito per il Rinnovamento, uno è stato nominato ministro per lo sviluppo regionale e l’altro per l’insegnamento superiore, due dicasteri che non contano molto in Tunisia.

 

Ma con questa situazione non c’è il rischio da qui alle elezioni di marzo venga fatto di tutto per fermare la rivolta?

Si il rischio esiste, ma ci sono alcune iniziative dei giovani per evitare questo rischio: nei quartieri hanno formato dei comitati per la salvaguardia della rivoluzione. Sono nati principalmente per controllare l’ordine nei quartieri popolari perché ci sono ancora dei colpi di coda sia dei miliziani del partito di Ben Alì, sia della polizia ancora fedele al regime: si sono verificati dei saccheggi, sparano ancora sulla gente… ma i comitati hanno soprattutto lo scopo di continuare il processo politico, il progetto rivoluzionario, contro il regime ci sono manifestazioni ogni giorno anche se non c’è la copertura mediatica nazionale e internazionale dell’inizio a causa anche per quello che sta succedendo in Egitto e in altri paesi.

 

Il pericolo dei militari dentro questo quadro?

I militari non sono un pericolo, perché quando Ben Alì è scappato loro si sono fatti garanti della costituzione; il popolo ha chiesto ai militari di prendere il potere ma i vertici hanno rifiutato… questo anche perché l’esercito tunisino non è politicizzato, sono sempre stati tenuti lontani dalla politica. Ben Alì è stato furbo, era un generale, viene da quel mondo, sa i pericoli che si possono creare con i militari: per prima cosa ha allontanato i militari dalla vita politica e ha puntato tutto sulla polizia. Come dice Gramsci la polizia è il cane da guardia del regime; questi sono sempre stati il suo pugno di ferro per mantenere il potere in Tunisia. I militari si sono rifiutati di sparare sui cittadini, sono sempre stati a fianco dei manifestanti sia nella tristezza sia nella gioia.

 

Spesso viene sbandierato, in particolare di chi vuole indebolire la rivolta di “pericolo islamista”?

Il pericolo islamista in Tunisia c’è sempre stato fino al 1990, ma dopo il popolo ha capito cosa è questo movimento troppo estremista, troppo fanatico. Ben Alì ha giocato un grosso ruolo nella repressione di questi movimenti; io sono d’accordo e non sono d‘accordo nell’eliminare un movimento fanatico, ma eliminarlo intendo in senso politico, con il confronto, deve essere la piazza a decidere, dobbiamo creare una prospettiva che consenta al popolo di decidere. In Tunisia ha deciso lui sterminando persone e imprigionandone tantissime con la legge antiterrorismo e così ha eliminato il problema. Il movimento islamico ad oggi non ha la forza per risollevarsi ne tanto meno di governare una società come quella tunisina dove esiste una cultura troppo eterogenea, praticanti, non praticanti, e una voglia di vedere applicata la legge islamica la vedo molto improbabile. Non so come sia ad oggi il loro progetto, si definiscono moderati ma sicuramente non ci sono le condizioni per una loro radicalizzazione all’interno del movimento di protesta.

 

Prima hai parlato di prigionieri, parlavi degli slogan per la loro liberazione, due cose: la prima se esistono tradizionalmente in Tunisia organizzazioni, associazioni che si occupano di solidarietà ai prigionieri che ci immaginiamo essere un grande problema, l’altra, in questa fase successiva alla fuga di Ben Ali se è cambiato qualcosa, se sono stati liberati i prigionieri della fase repressiva precedente.

Esiste l’Associazione Tunisina per la Lotta Contro la Tortura, c’è anche Amnesty International ma con cui ho delle riserve perché hanno questo approccio diplomatico con dei regimi, tipo quello tunisino, con i quali non c’è nulla di cui discutere diplomaticamente: posso essere diplomatico con una persona non con un regime. Ha fatto qualcosa si ma… Ci sono altre associazioni come la Lega Tunisina per la Difesa dei Diritti Umani (LTDH) che ha come progetto principale l’amnistia per tutti i prigionieri politici.

Durante la rivolta alcuni prigionieri comuni sono stati fatti evadere apposta per creare disordini in città, alcuni di loro hanno dichiarato ad alcuni social-network che non volevano essere strumentalizzati da nessuno e che sarebbero ritornati in prigione con la garanzia di avere processi “corretti”

 

In questo momento i prigionieri politici sono stati liberati?

Ancora l’amnistia generale non c’è, un mio compagno di università, un attivista è ancora in prigione…

 

Note

(1) http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/tunisia-la-dittatura-sud-di-lampedusa.html

http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Luglio-2008/pagina.php?cosa=0807lm06.01.html

(2) http://fortresseurope.blogspot.com/2011/01/fahim-boukaddous-un-gramsciano-tunisi.html

(3) http://www.che-fare.org/news%202009/medio%20oriente/2009_7_5_associazione_tunisina_c.htm



http://www.senzacensura.org/