SENZA CENSURA N.39

ottobre 2013

 

Sulle lotte della logistica

Una testimonianza sulle recenti mobilitazioni nell’area di Bologna

 

Nei numeri precedenti della rivista abbiamo dato ampio risalto al processo di lotte che ha visto coinvolti, a più riprese, tra alti e bassi, i facchini che operano nel settore della logistica. Attraverso diverse interviste abbiamo cercato di ricostruire i diversi momenti conflittuali fin dalle origini, con i primi scioperi all’Ortomercato di Milano, seguendone man mano gli sviluppi attraverso le mobilitazioni, i picchetti, le vertenze che hanno toccato i più importanti magazzini della logistica nell’area lombardo-emiliana: GLS, TNT, IKEA, BENNET...

Abbiamo evidenziato, da una parte, gli interessi che sottintendono a significative porzioni di borghesia nazionale e internazionale, gli intrecci con gli ambiti politici locali e nazionali, la complicità con i sindacati confederali (in molti casi a capo delle cooperative della logistica), la collusione con organizzazioni mafiose e dall’altra, la peculiare composizione di classe che contraddistingue i lavoratori della logistica: per la quasi totalità immigrati, prevalentemente nord-africani, per lo più molto giovani e in alcuni casi già presenti in Italia da più di dieci anni, con famiglie, spesso con precedenti esperienze frustranti di militanza nei sindacati confederali. O in altri casi, giunti di recente dal paese d’origine, dopo aver vissuto in prima persona le esperienze di lotta legate alle rivolte che hanno caratterizzato l’altra sponda del Mediterraneo.

Abbiamo ritenuto opportuno aggiornare un quadro in continua evoluzione, vista l’estensione che nel frattempo si è determinata con scioperi e picchetti che di recente hanno interessato anche il Veneto e soprattutto la zona di Bologna. Inoltre, come si evince dall’intervista, altri depositi sono in stato di agitazione nelle Marche, in Toscana, a Roma, come a rispondere ad un tam-tam che si dispiega per la penisola, lungo le principali arterie della movimentazione merci.

Proponiamo in questo numero alcuni interessanti aggiornamenti tramite un’intervista ad un compagno di una cooperativa di facchinaggio di Bologna e delegato SI COBAS.

 

Dalla Lombardia al Piacentino, le lotte dei facchini ora interessano anche l’Emilia e la zona di Bologna. Puoi dire qualcosa in proposito e spiegare la dinamica di questa estensione?

La lotta sulla logistica è iniziata all’Ortomercato di Milano, poi si è spostata nell’hinterland milanese, come ad esempio Basiano. In seguito, si è allargata al polo logistico di Piacenza interessando la GLS, la TNT, IKEA. Ora il fronte si è esteso ulteriormente e riguarda l’area di Bologna dove sono coinvolti 80 magazzini con le rispettive cooperative.

 

Da sei mesi ci sono conflitti anche a Parma, Reggio Emilia, Modena; ma abbiamo notizie di agitazioni anche a Firenze, Roma, Napoli...

Il meccanismo è semplice: molti lavoratori della logistica, anche di diverse città, comunque si conoscono l’uno con l’altro. Io lavoro nella logistica da otto anni e sono passato da una cooperativa all’altra; in tutti questi passaggi ho girato diversi magazzini, quindi stringi amicizia con altri lavoratori, poi incontri il cugino di un lavoratore che sta in un’altra cooperativa. Quando si organizza una lotta che porta risultati, cambiamenti dignitosi rispetto all’appalto, attraverso questo scambio di conoscenze scatta un processo di "imitazione"... Si tratta di un passaparola favorito dal fatto che il 90% dei lavoratori sono immigrati, spesso paesani tra di loro, un po’ come è avvenuto per l’immigrazione dal sud al nord Italia tra gli anni ‘60 e ‘70: i calabresi conoscono i calabresi a Milano, così come i siciliani tra di loro a Torino.

Come allora, anche adesso ti incontri al bar a bere un caffè e parli della lotta recente che hai fatto, di come è andata, dei risultati ottenuti...in questo modo si gettano le basi per una solidarietà tra lavoratori. All’ultimo picchetto alla Granarolo c’erano 500 facchini, e alla Granarolo sono in 41: molti provenivano, oltre che da Bologna, anche da Milano o da Piacenza, addirittura è stato organizzato un pullman da Trieste e Padova, macchine da Firenze, una delegazione degli operai della FIAT di Pomigliano…importante, quest’ultima, perché rappresenta l’avvio di un possibile percorso unitario tra i metalmeccanici cassaintegrati e i lavoratori della logistica: in comune c’è la stessa dinamica di sfruttamento.

Loro hanno Marchionne, ma esistono analogie: come i lavoratori della logistica imparano dalle lotte dell’altro collega, dell’altro paesano, dell’altro amico che stanno in un magazzino vicino, anche i padroni stanno imparando, alla TNT, alla DHL, alla Granarolo, per cui succede che alla trattativa per il rinnovo del contratto nazionale, la Lega delle Cooperative esce e fa la trattativa per conto suo, sull’esempio di Marchionne.

C’è la tendenza a fare accordi separati: 4 grosse filiali ci hanno contattato come sindacato per fare una trattativa ma noi abbiamo rifiutato; è successo, ad esempio, che ai lavoratori di un consorzio legato alla COOP di Bologna è stato proposto un accordo separato che garantiva l’applicazione al 100% degli standard contrattuali, un bonus mensile di 150 euro, ma i lavoratori hanno rifiutato la trattativa, hanno detto: "facciamo la lotta con gli altri magazzini così vinciamo tutti insieme". E non sono parole dei delegati, ma proprio parole dei lavoratori.

 

Com’è nata l’idea di fare un’assemblea nazionale dei lavoratori della logistica in video-conferenza, attraverso internet?

Per questa assemblea, organizzata prima dello sciopero del 15, erano coinvolte otto città: Piacenza, Bologna, Roma, Milano, Padova, Trieste, Verona. Reperire una sala comune, il costo degli spostamenti dei lavoratori, l’organizzazione dei pullman, ecc…rappresentano una difficoltà in relazione alla prospettiva di avere una discussione o un punto di vista comune a tutti. Quindi, una volta deciso l’ordine del giorno, lo discutiamo assemblea per assemblea in ogni città, votiamo i singoli punti in discussione, poi grazie alla tecnologia, c’è la possibilità di valutare quei punti tutti insieme.

E si parla di oltre 500 lavoratori, quindi è uno strumento che dà coraggio a ogni lavoratore che può prendere direttamente le sue decisioni, discutere del processo di lotta; discutiamo e decidiamo insieme, i delegati si limitano a spiegare i punti, poi la discussione e le decisioni devono essere collettive.

 

La reazione della controparte, anche a Bologna, è stata particolarmente dura...qual è lo stato attuale della trattativa?

Gli ultimi due picchetti sono stati alla COOP Adriatica e alla Granarolo - i rispettivi presidenti hanno un ruolo importante all’interno della Lega delle Cooperative. Quando si vanno a toccare certi interessi, automaticamente sono coinvolti il Comune, la Regione, e tutte le alte cariche istituzionali.

È stata avviata una trattativa da parte del SI COBAS con prefettura, sindacati confederali, Lega delle Cooperative, e i presidenti delle cooperative di facchinaggio interessate. La proposta fatta con la mediazione del Prefetto è completamente inaccettabile: dal primo luglio, i lavoratori entrano in cassa integrazione in deroga a zero ore e la rinuncia a ogni vertenza sul pregresso a causa del danno d’immagine arrecato alla Granarolo.

La cassa integrazione la prendiamo, perché nonostante la riduzione consistente dello stipendio la lotta costa e ci sono famiglie da mantenere e affitti da pagare. In più, c’è stato un incontro successivo ma senza che venissero convocati i lavoratori e il SI COBAS…ma che trattativa è? La trattativa per noi prosegue davanti ai cancelli con il reintegro dei lavoratori licenziati, anche accettando i 6 mesi di cassa integrazione, purchè ci sia l’impegno sottoscritto circa il reintegro.

 

Piazza Verdi a Bologna, prima sgomberata, poi rioccupata dagli studenti in solidarietà coi lavoratori della logistica: qual è la tua opinione sul rapporto con la componente studentesca?

Come premessa dico che le piazze dovrebbero tornare come negli anni ‘70, con i compagni che fanno iniziative e assemblee proprio nella piazza. C’era stato precedentemente un corteo studentesco e in 50 lavoratori della logistica abbiamo deciso di partecipare al corteo, senza striscione, in mezzo agli studenti.

Ogni studente ha un padre che è un lavoratore; lo studente stesso è un futuro lavoratore. Se oggi diamo un sostegno a loro come studenti, un domani loro daranno o riceveranno sostegno come lavoratori. D’altra parte, diversi studenti intervengono alle assemblee pubbliche organizzate da noi, dove invitiamo tutte le realtà presenti sul territorio, prendono la parola, partecipano alle decisioni sul percorso di lotta, sono sempre presenti ai picchetti: a testimonianza che la lotta non è solo dei lavoratori, la lotta è di tutti.

 

E rispetto alle fabbriche, c’è stata solidarietà concreta?

Oltre alla FIAT di Pomigliano, come ho detto prima, noi siamo andati qualche settimana fa davanti ad una fabbrica metalmeccanica di Reggio Emilia che ha licenziato un lavoratore iscritto alla CUB; lo avevamo conosciuto in occasione di un’assemblea precedente, così quando c’è stato il suo licenziamento, abbiamo organizzato due macchine e siamo andati al picchetto davanti alla sua fabbrica. Però i rapporti con le fabbriche sono più difficili, ci sono altri sindacati, altre organizzazioni e manca la comunicazione: molte notizie non vengono pubblicate, quindi è difficile creare collegamenti, avere occasioni reali di sostegno.

 

Le lotte nei depositi della logistica si sviluppano quasi seguendo la traiettoria della movimentazione delle merci, si sta muovendo qualcosa dopo gli scioperi in Emilia?

A Roma ci sono stati primi picchetti e siamo presenti in 4 magazzini della SDA, 3 magazzini di Bartolini, in dieci punti di vendita Risparmio Casa e stiamo per entrare anche nei magazzini della DHL. È chiaro che la realtà di lotta rispetto alle cooperative dei facchini si sta allargando: è stato necessario creare un coordinamento.

All’interno di questo coordinamento siamo 11 compagni, ognuno ha alle spalle esperienze politiche differenti ma esiste l’obbiettivo comune di riuscire a dare le basi per permettere ai tanti lavoratori sparsi nelle cooperative di poter portare avanti con continuità e tenuta lotte che possono durare 2 mesi, 6 mesi, un anno. Ci sono persone, tra i facchini, che non hanno alcuna consapevolezza politica, per cui si cerca anche di far circolare materiali che oltre ad illustrare le informazioni necessarie per la lotta rispetto al proprio lavoro vadano oltre, diano un minimo d’impostazione marxista, spieghino com’è nato e come si è sviluppato storicamente il sindacato, la storia del movimento sindacale, la nascita del sindacato di base.

Se trovi qualcuno interessato a questi materiali, cominci a discutere con loro, ma non è detto al momento che si sviluppi automaticamente dibattito. Chiaro è che, in generale, il fatto che queste lotte si stanno estendendo comporta problemi che vanno oltre la repressione poliziesca o la rappresaglia dei padroni: quando si parla di logistica, si parla anche di organizzazioni criminali, legate alla mafia, alla camorra, alla ‘ndragheta, che sono organiche nel sistema di sfruttamento portato avanti attraverso le cooperative.

Si parla di delegati a cui hanno bruciato la macchina tre mesi fa, altri a cui hanno tagliato le gomme dell’auto 3 o 4 volte, altri che si trovano 5 o 6 persone sotto casa, minacce telefoniche, bombe carta buttate dentro la macchina, hanno anche rischiato di uccidere la compagna di un delegato svitandole le ruote e per miracolo si è fermata prima che la ruota si sfilasse, altrimenti sarebbe potuta finire in un canale...

 



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