CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.11

LA 'NUOVA' RAF: DALLA CONFUSIONE POLITICA...

Lettera di Helmut Pohl, prigioniero della RAF

Questa è un'altra occasione di dire la nostra. Ad ogni modo noi, una gran parte dei prigionieri della RAF, vogliamo fare chiarezza.
Nessuno di noi, e neppure qualche nostro parente, ha mai presentato la richiesta di un raggruppamento per qualche settimana, come hanno scritto i giornali.
Non abbiamo fatto questa richiesta, lo neghiamo. Le nostre richieste sono quelle di sempre: libertà ora, raggruppamento fino ad allora.

Se anche ci raggruppassero per alcuni mesi o per alcune settimane, il nostro tema di discussione non sarebbe la "lotta armata", ma la nostra libertà. In altre parole: non la pace con lo Stato, non la liquidazione finale della nostra storia dopo i due catastrofici ultimi anni, bensì come possiamo raggiungere, contro lo Stato, quelle forze sociali che ci dovrebbero finalmente fare uscire dalla galera - perché capiscono la situazione, la propria situazione, capiscono la prospettiva e il significato di togliere la leva di comando dalle mani della classe politica inebriata dal potere.

La storia adesso è una nuova messa in scena di quella cosiddetta "iniziativa Kinkel", nella quale più nulla è reale, a meno che non la si accetti subito come paravento per inganni e disorientamenti e di queste formule come "soluzione" o "rappacificazione" come sinonimo delle istituzioni per il carcere infinito per una parte ben definita dei prigionieri.

La campagna sull'"iniziativa-Kinkel" si poteva appoggiare ancora sui pochi prigionieri che vi avevano aderito, e fuori sulla "nuova" politica della RAF collegata con gli "Steinmetz" [il nome dell'infame; ndt], intanto ne possono fare a meno. E' una pura invenzione del Verfassungsschutz [servizi segreti], dei media e dei politici. Non hanno più bisogno di nessuno per le nostre "richieste". Messa così è lo sviluppo conseguente dell'assunzione del progetto su di noi prigionieri da parte dello Stato per mezzo dell' "iniziativa -Kinkel" e dei suoi simili.

Adesso veniamo a sapere, fenomenale per noi, che questa invenzione (perché tanto questo "incontro" non si realizzerebbe mai) ha scatenato discussioni persino all'interno dei settori sociali istituzionali, che già da anni non si occupavano più dei prigionieri, perché per loro la questione dei prigionieri era da tempo ormai sistemata.
Vi preoccupate di una possibile "nuova violenza di sinistra"?
Preoccupatevi piuttosto del vostro Stato.
Tanto il portafoglio pieno ci sarà per sempre meno persone.

Non ci sarà per noi una riedizione dell' "iniziativa-Kinkel", non importa in quale variante riproposta. E se anche ci sarà, allora sarà sicuramente contro di noi.
Questo lo posso dire con il consenso di Brigitte (Mohnhaupt), Christian (Klar), Rolf (Heißler), Eva (Haule), Heidi (Schulz), Rolf (Wagner). Non sono certo tutti i prigionieri che la pensano così, noi però siamo i prigionieri della RAF per i quali, in conseguenza degli sviluppi dal 1992, la "soluzione" dovrebbe consistere nel farci marcire a vita in carcere.
Di Ingrid (Jackobsmeier) e di Sieglinde (Hofmann) in questo contesto non voglio affatto parlare.

Se riflettete un po' capirete facilmente che questa volta non ci caschiamo.
Dovrebbe farvelo capire il fatto che noi, nella nostra situazione, abbiamo superato di molto il confine in cui lo Stato ci poteva ulteriormente nuocere, dato che tutto quello che potevano fare ad ognuna/o di noi, ormai l'hanno fatto.
A quelli che ricominceranno con la solita storia degli "irriducibili" voglio ricordare ancora una volta che siamo stati noi a volere, e già da anni, una cesura; e dato che ne ho piene le tasche di tutte le falsificazioni e di tutte le speculazioni che continuano a saltare fuori adesso voglio ancora dire che anche l'iniziativa di sospendere le "azioni mortali contro i rappresentanti dello Stato e dell'economia" ha preso le mosse da noi.

In ogni caso, un buon anno prima di quando è saltata fuori e che ci siamo scontrati con incomprensioni. Poi c'è stato Kinkel, e poi la "cesura" è partita, ma all'indietro.
Quando noi prigionieri, alla fine degli anni '80, abbiamo impostato in nostro percorso di "discussione" e di "cesura" di pari passo con la descalation del nostro scontro con lo Stato, non partivamo affatto dalla "rinuncia alla lotta". L'abbiamo fatto nella convinzione che, davanti ai risultati della marcia del capitalismo, molti più che nel passato avrebbero dovuto vedere che adesso era diventata realtà quella situazione, per evitare la quale noi avevamo combattuto in anticipo per 20 anni.

Lo volevamo come nostro specifico contributo di prigionieri al processo di chiarificazione per una nuova ricomposizione di una politica di sovvertimento che oggi potrebbe coinvolgere non solo la sinistra radicale e la vecchia sinistra. Sapevamo di avere uno spazio temporale molto ristretto nel passaggio verso il sovvertimento, con le conseguenze che ne sarebbero derivate: avrebbero preso il via tante nuove lotte di sopravvivenza, scontri nei rapporti sociali distruttivi, distruzione nella realtà politica globale, che avrebbero soffocato le possibilità politiche e che allora sarebbe stato troppo tardi anche per una soluzione del problema di noi prigionieri, perché poi lo Stato, nella sua crisi, ci avrebbe presi come oggetto dimostrativo per l'affermazione e per l'imposizione di pretese di potere e di esecuzione di potere, piuttosto che liberarci.

Era il tentativo - su un tema di certo non trascurabile, dopo tutto lo scontro RAF-Stato ha interessato la società per più di 20 anni - dell'iniziale radicamento di un percorso fondamentale nei processi politici, contro la prevedibile caoticizzazione e brutalizzazione dell'esplosione delle contraddizioni in ogni ambito con la tendenza tutti contro tutti.

Tutto questo non era immaginabile 3 o 4 anni fa. Non la fascistizzazione, non il razzismo, non la rottura sociale, niente. Tutti erano così contenti che si affacciasse il "nuovo ordine mondiale".
Oggi non ci si può più passare davanti senza vedere questo tentativo come superato.

Se oggi siamo arrivati al punto (come con questa invenzione dello Staatsschutz di un breve raggruppamento) che credono di poter intascare i frutti degli ultimi due anni e di puntare addosso ad ognuno la pistola e chiedergli una dichiarazione sulla "lotta armata", allora posso anche rispondere subito: quella dichiarazione politica, che ho portato avanti negli ultimi anni, oggi non la faccio più.

Oggi non è neppure più una dichiarazione politica. La possibilità che era insita nella cesura, oggi dovrebbe essere passata. L'azione armata e la militanza avrà luogo nei diversi scontri politici e sociali, indipendentemente da quanto dice la RAF o i prigionieri. E questo lo potrò dimostrare in seguito. Per questo: al diavolo che "abiuro" la lotta armata.

[da un dossier sull'assassinio di Wolfgang Grams]

Agosto '93

Helmut Pohl

[torna all'inizio della pagina]