Belgio: INTERVISTA AI QUATTRO MILITANTI PRIGIONIERI DELLE CELLULE COMUNISTE COMBATTENTI DEL GIORNALE "LE PEUPLE"Al centro delle accuse ci sarà probabilmente l'attentato del 1° maggio 1985 a Bruxelles contro la sede della Federazione delle Imprese Belghe (FEB). La responsabilità diretta della morte di due pompieri vi sarà senz'altro addebitata, praticamente e teoricamente. Praticamente, perché la ricostruzione dei fatti mostrerà che la vostra organizzazione ha causato l'arrivo delle vittime sul luogo dell'attentato. Teorica-mente, perché in un comunicato di rivendicazione, l'organizzazione ha soste-nuto che «la vita umana non costituisce un valore in sé». Potete rispondere su questi due piani? Effettivamente, ci troviamo ora tutti e quattro accusati di omicidio volontario per l'azione del 1° maggio contro il quartier generale del padronato. E dimostreremo come questa accusa si basi su di una completa manipolazione dei fatti É e sulla volontà di manipolarli ancora di più. Prima di affrontare gli aspetti teorici e pratici di questo problema, pensiamo che convenga soprattutto esaminarlo alla luce del semplice buon senso politico. La nostra organizzazione, le Cellule Comuniste Combattenti (CCC), è un'organiz-zazione rivoluzionaria marxista-leninista. Tutta la sua attività politica e militare tende a far emergere e sviluppare un potente movimento proletario organizzato per la liquidazione del sistema capitalista e per la costruzione del socialismo. Ogni parola, ogni azione della nostra organizzazione non può che conformarsi a questo contesto e a questo obiettivo. Come è possibile allora che le CCC abbiano potuto progettare un'azione politico-militare destinata a ferire od uccidere dei lavoratori? Perché avrebbero dovuto? Con quale scopo? A quale fine? Una follia simile sarebbe stata assolutamente contraria ai loro princìpi e alla loro stessa ragion d'essere. Nella tragedia del 1° maggio 1985 ci sono due sconfitti e due vincitori. Gli sconfitti sono da un lato le vittime e i loro familiari, dall'altro il movimento rivoluzionario, che ha risentito di questo scacco subìto dalle CCC. I vincitori sono la borghesia e i mass media, che hanno tratto spunto per un'offensiva mistificatoria in piena regola contro il lato più debole dell'iniziativa comunista: il suo legame con il popolo. Vediamo ora l'aspetto concreto dei fatti. Lo stesso dossier istruttorio della polizia, anziché seminare dubbi quanto alle intenzioni della nostra organizzazione nel corso dell'azione, dimostra irrefutabilmente come l'attacco contro la FEB sia stato preparato con la massima prudenza e vigilanza, al giusto fine di limitare le conseguenze alla distruzione dell'immobile. Questo dossier dimostra fin nei dettagli la condotta responsabile dei militanti che hanno portato a termine l'azione: collo-cazione di segnali di avvertimento in due lingue tutt'attorno all'auto-bomba, allarme trasmesso chiaramente (e con un margine di tempo più che sufficiente) alla gendarmeria. L'istruttoria rivela che numerosi posti di guardia e di polizia erano perfettamente al corrente dell'attacco in corso ben prima del momento dell'esplosione. E indica soprat-tutto che, se malgrado tutte le precauzioni adottate dai rivoluzionari, due pompieri hanno perduto la vita in quella notte, ciò è imputabile ad una "sbavatura", ad un cattivo funzionamento (imprevedibile) nei colle-gamenti fra quegli stessi servizi. Di questo l'accusa è perfettamente consapevole. Ma non le interessa affatto. L'accusa è politica e solo politica. Ciò che interessa al potere è la calunnia contenuta nell'accusa: «Accusiamo, diffamiamo, qualcosa alla fine resterà sempre». E poi, vorrete credere che dal processo giunga il riconoscimento di come, all'indomani dei fatti, il ministro Gol e i suoi complici hanno mentito sfrontatamente all'opinione pubblica, hanno sfruttato in modo odioso l'ondata di emozio-ne, mettendo in scena dei funerali di Stato "alle vittime del terrorismo", ecc., quando disponevano già di rapporti dettagliati che indicavano come si erano svolti i fatti? Passiamo al piano teorico e allo stravolgimento (in malafede) della citazione sul senso della vita. Precisiamo anzitutto che quella riflessione non era in alcun modo legata all'azione contro la FEB, ma che è tratta da un comunicato che rivendica l'attacco contro lo SHAPE [Quartier Generale delle forze NATO, ndt] del gennaio 1985, attacco in cui era prevista l'eventualità di attentare alla MP [Polizia Militare, ndt] yankee. Ogni cosa al suo posto! Se si vuole agire correttamente, è necessario smettere di far circolare quella riflessione estrapolando qualche parola da un periodo più ampio. La frase falsificata dall'accusa è in effetti la seguente: «Le azioni della guerriglia rivoluzionaria non sono mai dirette contro il popolo, ma contro i nemici del popolo, gli sfruttatori borghesi ed i loro alleati (É). La "vita umana" non è qualcosa di assoluto in sé, un valore mistico, essa non riveste per noi alcun carattere sacro. Coloro che fanno della loro esistenza biologica l'ingranaggio di un sistema di morte sono destinati a scomparire nella lotta per la vita (É). Alla morte quotidiana, alla miseria dei popoli sottomessi da una cricca di benestanti, noi opporremo, per trionfare, l'umanità della più radicale violenza rossa, senza compromessi, senza esitazioni». Lo sfondo di questa problematica è quello della liberazione o dell'oppressione dell'uma-nità. E' quello del sapere se la vita è legata ad un senso filosofico storico emancipativo oppure alla macchinazione ideologica giudaico-cristiana. La riflessione della nostra organizzazione in proposito è perfettamente chiara. Noi viviamo in un mondo in cui il crimine regna, in cui l'umanità è negata, alienata, schiacciata e minacciata come non mai da parte di un ordine tanto assurdo quanto folle: l'imperialismo, portatore di miseria e guerra. In questo mondo, il vero rispetto per la vita consiste nel prendere le armi per eliminare quest'ordine e la classe che lo difende. Si comprende quindi tutta l'inerzia, tutta la corruzione (in realtà, l'appartenenza alla classe citata sopra!) del procuratore, che si permette di unire con un tratto di penna questo pensiero - per lui intollerabile - e le vittime dei suoi stessi servizi, il 1° maggio 1985. Per concludere, ci si può evidentemente chiedere perché l'accusa si sia invischiata in una manovra così vacillante, che si regge scopertamente sulla menzogna. D'altra parte, che volete che faccia? Che dica la verità? Sarebbe come pretendere che il procuratore diventi un propagandista della rivoluzione! Se la giustizia procede in modo così grottesco, è semplicemente perché non le resta nient'altro per inquinare la coscienza sociale, per oscurare le manifestazioni di simpatia nei confronti della lotta delle CCC di cui abbiamo testimonianza, per sfruttare ignobilmente il dolore dei familiari delle vittime e sviare la rabbia dei loro colleghi di lavoro, ecc. La lezione principale da trarre da queste menzogne e dalle manipolazioni dell'accusa è la confessione di paura della borghesia davanti alla verità della lotta delle CCC. Siete dunque in grado di affermare che le azioni della vostra organizzazione erano condotte in modo pienamente cosciente? Non è necessario affermarlo, i fatti lo dimostrano nel modo più chiaro. E il futuro lo dimostrerà ancora di più. Avete l'impressione che, prima del vostro arresto, il vostro gruppo o qualcuno di voi sia stato fatto oggetto di strumentaliz-zazione? Non credete che sarebbe ora di interrogarsi a proposito della vostra strumentalizzazione? Guardate voi stessi quante delle vostre domande, nel corso dell'intervista, riprodu-cono le calunnie vergognose diffuse contro di noi dai cantori dell'intossicazione controrivoluzionaria! E per mostrarvi fino a qual punto questo è vero, lo sapete che i vostri colleghi spagnoli, greci, italiani, tedeschi, ecc. mettono in circolazione gli stessi scenari prefabbricati contro il movimento comunista rivoluzionario dei rispettivi paesi? Le CCC hanno fatto la loro comparsa nell'ottobre 1984, e subito sono state oggetto di ogni genere di campagna diffamatoria. Questi attacchi disonesti si sono diffusi l'uno dopo l'altro, smascherando i veri interessi di coloro che li orchestravano: rifiutare la verità storica e rifuggire il confronto politico. Perché il problema, in fondo, resta quello: qualcuno sa bene che, finché si discute in termini di cattivo romanzo di spionaggio ("manipolazione", "infiltrazione", "complot-to", "destabilizzazione", "provocazione" e altre sozzure), non si discute in termini politici. Qualcuno è ben contento che non venga messa in tavola la questione centrale che interessa realmente il mondo del lavoro: la questione di una strategia proletaria offensiva nella lotta di classe. E gli stessi sono felicissimi di vedere occultata questa verità, peraltro decisiva: la lotta armata è - qui e d'ora in avanti - un elemento ineliminabile della ripresa del processo rivoluzionario. Questa ininterrotta diffusione di mistificazioni contro la lotta delle CCC in particolare, e contro il marxismo-leninismo in generale, pone in evidenza un fatto essenziale: il regime, i suoi servi reazionari ed i suoi alleati riformisti sono incapaci di affrontare pubblicamente l'una e l'altro sul terreno concreto. I governi di Martens e soci potrebbero accettare di mettere a confronto la loro politica economica capitalista (supersfrutta-mento, debito, disoccupazione, austerità, ecc.) con la pianificazione socialista (nazionalizzazione senza indennizzo, «lavo-rare tutti, lavorare meno», benessere per tutti, gratuità dei servizi pubblici, ecc.)? I partiti riformisti potrebbero acconsentire a confrontare la loro politica - che lega mani e piedi il mondo del lavoro ai diktat del padronato e delle banche - alla strategia rivoluzionaria che traccia con chiarezza il cammino della conquista del potere da parte del proletariato? Naturalmente no, poiché le classi lavoratrici ne hanno abbastanza di trovarsi impotenti di fronte ad una borghesia sempre più stupida e feroce, e poiché esse sono alla ricerca di un vero mutamento e quindi necessariamente del mezzo adeguato per realizzarlo. Allora, per impedire che il mondo del lavoro si riconosca nel socialismo, per impedire che esso abbracci la strategia di lotta che al socialismo conduce, tutte le forze controrivoluzionarie (di destra o di sinistra, senza distinzione) non hanno altra soluzione che quella di imbrogliare le carte, di soffocare, sotto le più inverosimili porcherie e con la diffamazione, la minima iniziativa che operi correttamente - concretamente - per la rivoluzione socialista. Ecco la vera ragione per cui la lotta della nostra organizzazione viene sistematica-mente falsificata in senso negativo dai nemici del proletariato. Ed ecco soprattutto la ragione per cui quest'ultimo deve studiare la lotta delle CCC così come essa è realmente. Potete spiegare i fatti o gli incontri che, prima del 1984, vi hanno condotto verso la lotta armata rivoluzionaria? Come si diventa militanti rivoluzionari? Attraverso la coscienza di classe, l'educa-zione politica, e in base alla realtà oggettiva. Diffidiamo dal considerare tale questione con l'ottica del romanticismo o dell'indivi-dualismo. Impegnarsi al servizio della causa rivoluzionaria del proletariato non è un'avventura basata sul tale evento occasionale o sul talaltro incontro persona-le. L'impegno rivoluzionario deriva natural-mente dall'ambito e dal movimento della lotta di classe: ne è un prodotto. A rigore, la questione verrebbe d'altra parte posta in modo più costruttivo se venisse rovesciata: come è possibile non essere rivoluzionari oggi, quando si constata la realtà del mondo, del paese; quando, sia pur poco, si studia la storia e si è sinceramente attaccati agli interessi dei lavoratori? Come è possibile che oggi tante forze vive della classe possano ancora venire ingannate e fuorviate dai politici riformisti e capitolardi della sinistra? Certo, noi neppure negheremo che ognuno ha il suo vissuto, e che pertanto la tale esperienza personale, il tale incontro militante possa accelerare una presa di coscienza, decidere di un impegno, ecc., ma queste piccole cose, piuttosto personali, non hanno un significato reale per l'insieme. Un rapido sguardo sui nostri percorsi o su quelli di altri militanti dell'organizzazione dimostra bene ciò. Certi compagni erano marxisti-leninisti prima di prendere coscienza dell'importanza strategica della lotta armata nel processo rivoluzionario qui ed oggi; altri erano convinti della necessità della pratica armata rivoluzionaria ma su delle basi politiche parziali (antifascismo, antimilitarismo, antimperialismo, ecc.) prima di comprendere il valore del marxismo-leninismo nella condotta della lotta anticapitalista. Alcuni hanno raggiunto le CCC dopo un lungo cammino politico e militante nei limiti del riformismo, altri si sono aperti alla lotta comunista a partire dalla battaglia stessa delle CCC. E si potrebbero ancora citare molti altri percorsi. Allora, per dare una risposta diretta alla vostra domanda, diremo che il dato che conduce alla lotta armata rivoluzionaria è il rifiuto intransigente dello sfruttamento e dell'oppressione del capitalismo, e che a condurre a questa lotta è l'incontro con la via maestra del marxismo-leninismo in quanto guida di questo rifiuto. Questa è una realtà che tutti i proletari possono condividere. Ribadite di non avere alcun legame con gli "assassini del Brabante" [così la stampa belga ha etichettato i presunti autori di una serie di sanguinose rapine avvenute nella regione omonima, ndt]? Non accettiamo più questo tipo di domande insensate e offensive. E lasciateci dire che sembrate avere una ben misera considera-zione della chiarezza di vedute dei vostri lettori! Che sistema di difesa pensate di adottare dinanzi alla Corte d'Assise? Nessun sistema di difesa. Perché non ci si può mai difendere dal procedere con la storia, dall'operare per il comunismo. Perché ci si dovrebbe difendere dal lottare per una società più giusta, equa e felice? Perché coloro che si nutrono delle disgrazie dell'umanità non ci perdonerebbero una tale lotta? A quelli noi non abbiamo niente da dire, il rapporto che ci lega è la guerra di classe e da parte nostra non siamo disposti a rinnegare alcunché. Il nostro intervento nell'ambito delle udienze sarà dunque fedele alla causa del popolo e al dovere dei comunisti: l'inizia-tiva, sempre l'iniziativa. Sì, è giusto battersi per il socialismo. E' giusto dire che la democrazia (borghese) ha fatto il suo tempo, che essa oggi è solo decadente e reazionaria e che è ora necessario raggiungere la fase superiore del nostro cammino di liberazione: la dittatura del proletariato. E' giusto infrangere le leggi quando esse proteggono la borghesia; è giusto esercitare la violenza rivoluzionaria, il solo metodo in grado di cacciare definitivamente gli sfrutta-tori dal potere. E' giusto condurre la propaganda armata. E' giusto costruire delle Cellule di lotta, sviluppare delle reti combattenti ovunque sia possibile. E' giusto prendere sin d'ora le armi e sferrare attacchi guerriglieri contro la macchina imperialista e il nemico borghese. E' giusto consacrare tutte le proprie forze alla costruzione dell'Organizzazione Combat-tente dei Proletari e, in seguito, a quella del Partito Comunista Combattente. E' giusto rifiutare, al prezzo della propria libertà o della propria vita se necessario, il crimine della barbarie imperialista. Questo è un dovere per tutti i proletari e tutti i comunisti ovunque nel mondo. E' giusto operare per la rivoluzione. No, questa non può più aspettare. Ecco la nostra giustizia. Fino a che un solo uomo, una sola donna, un solo bambino sarà sfruttato, oppresso od umiliato sulla terra, sarà giusto battersi, sarà vietato abbandonare le armi. E' pensabile che lo schiavo debba difendersi dalla sua rivolta contro il padrone? Il comunardo dalla sua rivolta contro il potere di Versailles? Il partigiano dalla sua rivolta contro i nazisti? L'africano dalla sua rivolta contro i colonialisti? Il palestinese dalla sua rivolta contro i sionisti? Il compagno Fidel Castro diceva al tribunale che credeva di poterlo giudicare: «Condannatemi, poco importa. La storia mi assolverà». La storia assolve sempre i rivoluzionari, la vittoria è già dalla nostra parte: il comunismo è la giovinezza del mondo. L'inchiesta ha mostrato una collusione tra le CCC e il Fronte Rivoluzionario di Azione Proletaria i cui membri si ritrovano con voi sul banco degli imputati? L'inchiesta ha confermato ciò che le CCC dichiaravano senza esitazione sin dall'ap-parizione di questo "FRAP": non c'è - e non potrebbe esserci mai - la minima collusione tra questo arnese e la nostra organizzazione. Di fatto, ed è una cosa nota da tempo, questo strano "FRAP" non è nient'altro che un'organizzazioncella anarchicheggiante sviluppatasi ai margini di Action Directe ed essenzialmente poco benevola nei confronti delle CCC e della loro giusta linea marxista-leninista. L'istruttoria dimostra ampiamente tutto ciò. Ma, come avevamo già sottolineato sin dall'inizio di questa intervista, l'unica cosa di cui, in occasione del processo, alla giustizia non importi nulla, è la coerenza. Quello che preme alla giustizia è l'attacco politico... e da ciò deriva necessariamente la manipolazione. Così, piuttosto che rinviare il dossier "FRAP" nell'ambito di Action Directe, come ogni pagina di questo dossier suggerisce, l'accusa ci getta tra i piedi due burattini disillusi. Che senso ha tutto ciò concre-tamente? Questo amalgama si inserisce tra le numerose macchinazioni necessarie per presentare alle udienze un'immagine falsificata della nostra lotta. Confonderci così con dei nemici politici, dà l'ultimo tocco a 32 mesi di isolamento carcerario rafforzato mirante ad impedirci ogni preparazione collettiva del processo. La più grande paura della borghesia è che noi si appaia pubblicamente per quello che siamo: dei militanti delle CCC imprigionati ma sempre fedeli alla causa del proletariato e al progetto rivoluzionario. Quindi, l'iso-lamento ha il compito di atomizzare il nostro collettivo e l'amalgama di snaturarne ogni elemento. La giustizia sa molto bene che senza l'aiuto di queste manovre non disporrebbe della minima forza politica ed ideologica contro di noi. Poiché la battaglia delle CCC fa parte indiscutibilmente della lotta di classe e dell'iniziativa dei comunisti organizzati, l'amalgama con questo "FRAP" deve sostituire alla natura politica di tale battaglia - natura evidente agli occhi di tutti - il comune denominatore del reato penale. Così espunta in modo abusivo dal suo vero contesto, svuotata dei suoi contenuti, la lotta delle CCC può allora essere recuperata dai criteri giudiziari borghesi. Questa confusione organizzata tra noi e due miserabili libertari permette dunque alla borghesia di mettere in scena il suo grande spettacolo oscurantista e controrivoluzionario: «La società contro il terrorismo». L'amalgama deve in tal modo permettere all'apparato giudiziario borghese di conser-vare la sua ipocrita facciata di apoliticità, di "equità", di serenità e di indipendenza, così che esso possa adempiere largamente gli sporchi compiti contro-rivoluzionari che gli sono assegnati. Con la presenza di due libertari messi al nostro fianco per autorizzare un funzionamento repressivo "differen-ziato", condanne simboliche ricompense-ranno i collaboratori, mentre altre, molto pesanti, saranno richieste contro di noi che rifiuteremo di abiurare la nostra dignità di rivoluzionari. Questo aspetto dell'amalgama non è d'altra parte nuovo: le liberazioni provvisorie rapi-damente accordate alla signora Paternostre e al signor Van Acker li hanno già ricompensati per la loro buona volontà e fanno da contraltare alla nostra prigionia nelle condizioni note. Reclamando egoisticamente con gran baccano l'esercizio di una giustizia "democratica" nell'ambito di uno Stato imperialista, essi adempiono il compito che ha loro tacitamente assegnato il potere: legittimare la criminalizzazione della lotta rivoluzionaria. In questo ruolo, per di più, essi costituiranno anche il braccio teso dalla borghesia alla sinistra riformista per realizzare l'unione sacra controrivolu-zionaria, la crociata "antiterrorismo". Attirando l'attenzione su tutti questi problemi secondari, perfino su questioni di procedura ("rispetto dei diritti della difesa", "pubblicità data all'istruttoria ed ai dibattiti", "difesa dello Stato di diritto", ecc...), i democratici borghesi, dai più conservatori ai più "progressisti", tenteranno come sempre di nascondere l'essenziale: il carattere di classe di una giustizia la cui funzione globale è la costrizione-regolazione dei rapporti sociali del sistema capitalista, di un sistema di sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ecco lo spirito generale di questo amalgama abusivo: depoliticizzare la battaglia delle CCC, depoliticizzare la situazione e la lotta dei militanti prigionieri, permettere l'azione manipolatoria svolta da quel circo che è la giustizia borghese, ottenere concretamente e giustificare ideologicamente la nostra reclusione, realizzare l'unione sacrée della sinistra democratica e della borghesia imperialista nella pratica della controrivoluzione, preparare e legittimare la repressione domani contro ogni movimento di classe. Beninteso, noi denunceremo questa detestabile macchinazione e lotteremo contro di essa. Ma in attesa, questa presenta il vantaggio di dimostrare, senza dubbio più apertamente di quanto potranno fare le nostre parole, quanto gli apparati polizieschi e giudiziari abbiano un approccio esclusi-vamente politico al processo, quanto essi siano del tutto completamente in funzione degli interessi della borghesia. Tanto i borghesi e i loro servi vantano ovunque l'"indipendenza" della loro giustizia, tanto i fatti si incaricano di dimostrare rigorosa-mente il contrario. Si dice che voi avreste condiviso, a un certo punto, un appartamento con dei membri di Action Directe e del FRAP. Si dice anche che nel corso di perquisizioni effettuate in Francia durante l'arresto di militanti di Action Directe, dei documenti ed altri elementi ritrovati colà stabilirebbero dei legami con perquisizioni effettuate nell'inchiesta relativa alle CCC in Belgio... Non c'è nessun mistero. La nostra organizzazione non ha mai nascosto di avere avuto contatti con Action Directe nel 1983 e nel 1984. E' dunque del tutto naturale che degli elementi che testimoniano questi passati rapporti possano apparire in Francia o in Belgio. Per ciò che riguarda questo "FRAP", apparso molto più tardi, non pensiamo sia necessario ripeterci. E per quanto riguarda questa corrispondenza che uno di voi avrebbe scambiato con dei membri di Action Directe come J.M. Rouillan o con il «militante rivoluzionario internazionalista» Frédéric Oriach? Per quanto riguarda i militanti di AD, è la prima volta che sentiamo parlare di corrispondenza tra loro e noi. In compenso, è più interessante ricordare gli scambi con il compagno Oriach poiché uno di questi spiega una delle grossolane macchinazioni dell'accusa. Nella primavera del 1985, Frédéric si trovava in prigione per i suoi scritti in solidarietà con la lotta del popolo palestinese, e all'epoca intratteneva una corrispondenza con Pascale, allora militante in un collettivo di propaganda del tutto pubblico e legale. Questa corrispondenza era assolutamente ufficiale, circolava tramite la posta, passava attraverso la censura del carcere e altri servizi specializzati... e trattava di questioni teoriche, della pubblicazione di documenti politici, ecc... Ora il procuratore sembra voler presentare questo scambio di corrispondenza come altamente cospirativo! (Ben consigliati, alcuni giornalisti non hanno d'altra parte esitato a dichiarare che Frédéric Oriach redigeva i comunicati della nostra organizzazione dalla prigione de «La Santé». Ma certo!). Che volete, bisogna pure che il procuratore trovi non importa cosa per giustificare l'incriminazione di militanti che semplicemente non appartenevano all'orga-nizzazione all'epoca dei fatti. Questa farsa apparirà in tutta la sua vacuità quando i campioni delle lettere incriminate saranno resi pubblici. Ci si interroga sul finanziamento delle strutture clandestine e delle campagne di "guerriglia"... Ricredetevi, non ci si deve interrogare sulla questione del finanziamento delle CCC. Esse stesse, nella primavera del 1985, facevano già luce spontaneamente su questo argomento: il denaro necessario alla lotta dell'organizzazione proviene dai contributi dei militanti e dei simpatizzanti, come dagli espropri proletari realizzati nelle banche. Le banche rapinano il popolo tramite il debito pubblico e mille altre forme di rapina, i rivoluzionari espropriano le banche e restituiscono al popolo, attraverso la lotta per il socialismo, il denaro sottratto. Una cosa molto onorevole. Tuttavia, è vero che i servizi di polizia, con in mano una lista di attacchi alle banche non rivendicati, ignorano quali attribuire alla nostra organizzazione. Ma dato che non ci sono altri all'infuori di loro interessati a questo argomento, è inutile continuare - se mai ne fossimo in grado - a discuterne; ne potrebbero fare solo un uso deplorevole. Un personaggio "X" sarebbe apparso nel corso dell'istruttoria. Sembra che sia sparito. Ne sapete di più voi a questo proposito? Non ci sono personaggi misteriosi chiamati X. Questo X, in effetti, è un marchingegno giuridico che può designare tanto una persona quanto cinquanta. Quando gli inquirenti sono incapaci di attribuire il tale o il talatro atto alla tale o alla talaltra persona identificata, l'attribuiscono automaticamente a X. Poiché l'inchiesta contro di noi si doveva concludere perché fosse possibile svolgere un processo, l'inchiesta contro X riempie le lacune e permette la prosecuzione delle indagini di polizia contro la nostra organizzazione. E' un procedimento del tutto abituale. In compenso, ciò che è assolutamente meno abituale è il fatto che le autorità giudiziarie da una parte continuino ad inviare torme di poliziotti alle calcagna di X, dall'altra, tramite le parole del procuratore, pretendano che l'insieme della lotta delle CCC nel 1984 e nel 1985 sia stata opera esclusiva di noi quattro. Poiché delle due cose l'una: o noi siamo i soli artefici di ogni attività della nostra organizzazione (e in questo caso X è di troppo) o noi non ne siamo gli artefici esclusivi, e in questo caso non c'è motivo perché il procuratore affermi ciò con superiorità. Si tratta di elementare buon senso. Ma noi abbiamo già potuto constatare come non sia proprio la coerenza a guidare l'apparato giudiziario nella lotta contro-rivoluzionaria. Allora, tirata a destra e a sinistra, la tanto indipendente giustizia borghese si ritrova piena di contraddizioni. Vediamo la cosa un po' più da vicino, ne vale la pena. Da una parte la borghesia intende far credere ai più che tutto il lavoro delle CCC è stato realizzato da noi quattro. A livello ideologico, questa frottola le permette di ridurre la lotta di un'organizzazione comunista all'attività febbrile di quattro militanti e di rafforzare così l'opera di intossicazione secondo la quale la nostra lotta sarebbe isolata... per tentare di isolarla realmente. A livello giudiziario, questa tesi serve magnificamente gli scopi dell'accusa, poiché permette di condannarci "globalmente" dato che la "prova" (anche la più insignificante e specifica) deriva dalla nostra appartenenza all'organizzazione. E' così, per esempio, che si possono ritrovare Pascale e Didier imputati di un anno di lotta nelle CCC... mentre all'epoca erano l'una e l'altro all'esterno di queste. Ma d'altra parte la borghesia sa molto bene che fra ciò che essa ha bisogno di far credere alla gente, ciò che deve inventare per le sue accuse, e la realtà, vive la contraddizione tra menzogna e verità. E la verità è questa: dei quattro militanti prigionieri, due hanno raggiunto l'orga-nizzazione solo nell'autunno del 1985 (e i poliziotti, che sono stati loro sempre alle calcagna durante i precedenti dodici mesi quando i due compagni militavano in un collettivo pubblico di propaganda, lo sanno meglio di chiunque); quanto agli altri due, se non si vogliono loro attibuire virtù piuttosto eccezionali, è difficile credere che essi abbiano potuto svolgere da soli l'intensa attività dell'organizzazione prima dell'ottobre 1985. Da ciò deriva il grande imbarazzo dell'accusa. Concretamente, essa non è capace di provare la partecipazione di nessuno di noi ad alcuna attività precisa, nell'insieme è evidente che non può pretendere l'arresto di tutti i militanti dell'organizzazione. Allora fa una fuga in avanti con un'enorme provocazione: i militanti arrestati sono per principio colpevoli di tutto e tocca ad essi dimostrare eventualmente il contrario! Con i vostri arresti, le CCC sono state decapitate? No di certo! E questo semplicemente perché esse non avrebbero potuto esserlo. Spieghiamoci. Al momento del nostro arresto, le CCC erano ancora troppo ristrette per dover necessariamente dotarsi di una direzione collegiale permanente. Le decisioni politiche potevano essere prese attraverso un processo di dibattiti "aperti" che implicavano progressivamente tutti i poli dell'organizzazione, mentre le decisioni riguardanti le modalità militari si prendevano al livello di competenza. Oggi, in quanto prigionieri, noi non sappiamo (e d'altra parte non dobbiamo saperlo) come progrediscono le Cellule e come si organizzano i nostri compagni. Ma questo è poca cosa: abbiamo fiducia nella nostra organizzazione e nei suoi militanti. Abbiamo fiducia nel movimento rivolu-zionario del proletariato, sappiamo che l'organizzazione, i suoi militanti e il movimento rivoluzionario non possono che nutrirsi reciprocamente. Pazienza. (E auguriamo un buon lavoro ai rivoluzionari!). La «mobilitazione delle masse» non è avvenuta in nessun momento delle vostre azioni o del vostro arresto. E' un fallimento politico? Parlate seriamente? Sapete che cos'è una «mobilitazione di massa» nel processo rivoluzionario? E' un periodo insurrezionale o almeno preinsurrezionale. Pensate che sia una questione attuale per la realtà sociale e politica del paese oggi? La risposta completa alla vostra domanda, cioè lo sviluppo della strategia marxista-leninista applicata alla realtà oggettiva del nostro paese oggi, è sicuramente troppo vasta e complessa per essere data in poche parole. Invitiamo pertanto i lavoratori e i militanti interessati a procurarsi, studiare e discutere gli scritti politici che guidano la lotta della nostra organizzazione o di altre formazioni comuniste come le BR/PCC e l'UCC italiane, il PCE(r) e i GRAPO spagnoli, ecc. Ma vogliamo tuttavia dare un inizio di risposta alla vostra domanda. Il nome intero della nostra organizzazione è questo: Cellule Comuniste Combattenti per la Costruzione dell'Organizzazione Combattente dei Proletari; questo dimostra già da sé come le Cellule non abbiano mai commesso la sciocchezza di pretendere di mobilitare le masse (cosa che è compito del Partito, esso stesso tappa qualitativamente superiore all'Organizzazione). No, le CCC si sono poste come primo obiettivo strategico quello più modesto: la fondazione dell'Organiz-zazione Comunista Combattente. E inoltre, più prudenti e sincere ancora, esse hanno definito il loro contributo a questa costru-zione come necessariamente parziale. Che cos'è l'Organizzazione Comunista? E' la prima unificazione politica e strutturale delle avanguardie oggettive del proletariato, unificazione che si realizza nella pratica rivoluzionaria e sulla base della teoria marxista-leninista. Allora, la comparsa delle CCC nel1984 non è un innegabile passo in avanti in questi due ambiti? L'eredità politica delle prime tre campagne non è la più grande ricchezza cui attingere per guidare il presente? Chi potrebbe negare la vitalità, l'impronta feconda che gli anni 1984 e 1985 hanno lasciato nella memoria collettiva della classe? Chi potrebbe pretendere che questi anni non ne annuncino altri, in cui si sarà sempre più forti, sempre più all'offensiva? Chi potrebbe ancora accordare oggi il minimo credito ai piccoli gruppi riformisti e opportunisti dell'estrema sinistra? E' ancora permesso discutere seriamente della questione rivoluzionaria in questo paese senza che s'imponga in modo ineludibile la questione della lotta armata, della violenza rivolu-zionaria, della strategia della «Guerra Popolare Prolungata»? Tutto questo è acquisizione indistruttibile degli anni 1984 e 1985. Tutto questo matura. Tutto questo è il futuro in movimento. Poi c'era una seconda parte nella vostra domanda: la mobilitazione intorno al nostro arresto. La nostra risposta sarà molto breve. Abbiamo sempre rifiutato che si sviluppi un'agitazione a nostro personale favore. L'attività dell'Associazione dei Parenti ed Amici dei Prigionieri Comunisti riunitasi intorno a noi lotta per garantire buone condizioni di lavoro politico in carcere e per sostituire l'espressione di questo. Noi siamo dei militanti al servizio della classe proletaria e non intendiamo distogliere verso il nostro interesse personale la minima forza di classe. Quanto alle vostre condizioni di detenzione? Lo sciopero della fame che abbiamo ripreso all'inizio di questo mese è la risposta più esplicita a tale riguardo. Dopo tre anni di isolamento carcerario degradante e dopo la liquidazione completa di quanto ottenuto con la nostra lotta del 1986, non intendiamo più tergiversare con il potere politico e giudiziario di questo Stato. Di fatto, ci sono due lezioni molto semplici da trarre dagli attacchi condotti contro i militanti comunisti prigionieri. La prima, è fino a qual punto la borghesia ha paura di ciò che noi siamo, ha paura se non altro delle nostre idee. Se il potere borghese godesse ancora della minima legittimità, della minima base storica, non si inquieterebbe troppo dinanzi al nostro discorso rivoluzionario. Ora, dimostra di temerlo al di sopra di tutto. In questo modo rivela tutta la sua vulnerabilità e tutta la correttezza delle nostre scelte. Il potere stesso indica come sia possibile vincerlo, e come la linea e la strategia delle CCC costituiscano la strada per giungere alla vittoria. La seconda è sino a qual punto sarebbe irrazionale per il proletariato accordare il minimo credito all'ideologia democratica della borghesia. Se, di fronte ad un pugno di militanti disarmati e rinchiusi nel più profondo delle sue galere, il potere dello Stato si mostra già a tal punto brutale e terroristico, è facile intuire ciò di cui sarà capace quando il movimento di massa si leverà in armi per il socialismo. Quindi tutti possono comprendere che la questione dei prigionieri comunisti non è un affare personale di noi quattro contro una banda di politici borghesi e alcuni agenti dei servizi speciali dello Stato. E' piuttosto una questione concreta che riguarda direttamente l'insieme del movimento proletario: la borghesia, qui ed oggi, ha o no le mani libere per soffocare i rivoluzionari nel fondo delle sue galere? Al di là della nostra stessa situazione, è una posta in gioco densa di significato per l'avvenire della lotta di classe. Settembre 1988 |