Senza
Censura n. 2/2000
[
] 'Nuove' tecniche di controllo
Tecniche di controllo alla giapponese a Bologna:
il Kaizen alla Ducati-Motor di Borgo Panigale
"Di tutti gli strumenti di produzione, la più grande forza
produttiva è la classe rivoluzionaria stessa"
Karl Marx
Molto si è scritto sulle nuove forme di organizzazione del lavoro,
che si possono trovare nelle fabbriche e nelle aziende. Tuttavia poco
spazio si è lasciato al giudizio dei lavoratori. Le loro forme
di difesa, la percezione operaia dei nuovi modelli di controllo che presuppongono
le nuove organizzazioni del lavoro, è lasciata nel dimenticatoio.
Nulla si è fatto per mettere in rilievo la nuova classe operaia
di fronte a queste nuove forme di sfruttamento e inquadramento al lavoro.
Una nuova classe operaia che sta radicalmente cambiando il volto delle
aziende. Operai con contratti precari, Cfl, stagionali, interinali, dequalificati
e, altro dato da tener in considerazione, una forte presenza di operai
extracomunitari.
E' importante ripartire dall'esperienza diretta degli operai, utilizzare
la percezione diretta che provoca l'inquadramento al lavoro, il rapporto
con un caporeparto, le "piccole" peripezie per avere una casa
e muoversi, visto l'abbassamento del potere di aquisto dei salari. Un'inchiesta
fatta in questo modo oltre a descrivere lo sfruttamento capitalistico
porta ad un duplice effetto:
1) Si assume un punto di vista interno alla vita aziendale, si riesce
a percepire quello che i sociologi non riescono a descrivere: la vita,
le sofferenze dei lavoratori contro il lavoro, le forme di organizzazione
di base nella resistenza contro i padroni. E' in questo modo che si arriva
a comprendere che in alcuni casi sono i muri dei cessi della fabbrica
ad essere la memoria storica...
2) E' un ottimo modello di propaganda diretta, che riesce a coinvolgere
e far sentire partecipi altri lavoratori, visto che è fatta da
lavoratori per lavoratori. Il prendere in considerazione la propria posizione
nell'organizzazione sociale capitalistica, e in special modo nella fabbrica,
arriva ad essere il primo passo per capire la divisione in classi e il
rapporto di lotta che esiste tra queste.
Queste considerazioni assumono un'importanza fondamentale in un momento
in cui la classe operaia non ha più vincoli con le organizzazioni
ufficiali che la rappresentavano un tempo. E' quindi indispensabile trovare
e descrivere le forme di autoidentificazione e di capacità di forza
collettiva.
La classe è al tempo stesso produttrice di capitale, ma ne è
anche negatrice, vive dialetticamente l'essere parte del capitale e suo
unico possibile elemento di negazione. Si ha quindi nel suo sviluppo storico
un elemento derivante dalla composizione del capitale, che rende la classe,
vincolata dai livelli di accumulazione capitalista ma al tempo stesso
possiede una vita propria, fondata sulla negazione di questo sistema,
che fa sì che si possa determinare una storia di classe fatta dalla
classe stessa. Va in questo senso l'estremo interesse all'esperienza proletaria
rivoluzionaria antagonista al capitale1.
Non è la riedizione di un tardo operaismo, ribasato su un soggettivismo
che non prende in considerazione il livello di accumulazione del capitale,
ma è il prendere in considerazione, in un momento di crisi per
il capitale, le forze sociali che possono intervenire in senso rivoluzionario
in questo dato momento. E' per questo motivo che l'interesse si sposta
ancora una volta sull'eterna contraddizione capitale-lavoro, con le masse
che porta con se e nell'organizzazione spontanea che si dà la classe
in lotta (scioperi, comitati di lotta, assemblee) contro il capitale.
In una fase di recessione le classi lavoratrici meno qualificate, più
precarie, subiranno l'urto maggiore, ed è in questo processo che
vediamo una nuova possibile dimensione rivoluzionaria di classe. Per partecipare
attivamente a questo processo bisogna codificare, immergersi all'interno
della classe, capire l'organizzazione del lavoro capitalista e l'attacco
che porta con sé contro gli operai. Questo è forse l'unico
compito affidato alle realtà operaie che si battono per l'organizzazione
diretta di classe.
Il Kaizen
"Il movimento non è sinonimo di lavoro. Solo il lavoro aggiunge
effettivamente valore al prodotto. Uno dei compiti principali dei dirigenti
è controllare che ogni movimento dei lavoratori sia proficuo ai
fini produttivi e non si disperda in un inutile agitarsi"
Ohno, Lo spirito Toyota
Il Kaizen non è un sistema nuovo, visto che ormai è da almeno
una decina di anni che in molte ditte in Italia si è sperimentato
questo modello, vedi in questo caso il modello della FIAT di Melfi2.
Il Kaizen è un modello-filosofia aziendale della Toyota, che ha
visto nella figura di Ohno3 il suo padre fondatore.
Tale modello si basa sulla diminuzione del personale e su una diversificazione
nella produzione adeguata al mercato. Il risparmio della forza lavoro
è uno dei paradigmi portanti di questo modello.
L'azienda segue l'orientamento del mercato, non produce quantità
massicce ma si calibra alla domanda sul breve periodo (alla Ducati-motor
vi sono alcuni modelli che prima di essere prodotti devono essere ordinati
via internet). Si azzerano i magazzini e si concepisce una fabbrica snella
e flessibile, quella stessa flessibilità che viene successivamente
utilizzata a livello contrattuale e di orari per sopperire agli sbalzi
di produzione.
Ma il sistema Toyota non è solo questo, è l'affidamento
delle mansioni burocratiche ai singoli operai. Si chiede non solo di svolgere
una mansione, ma anche di contribuire alla programmazione delle mansioni
altrui. E' un primordiale processo di estrazione di intelligenza operaia
ai fini del profitto capitalistico. Questa metodologia viene definita
Kan-Ban, in italiano la si può tradurre "cartellino",
infatti gli operai non fanno altro che compilare un cartellino che riporta
la qualità ed il tipo di pezzi prelevati. I rimpiazzi vengono riordinati
ai reparti a monte o ai fornitori esterni dopo la raccolta dei predetti
cartellini, cioè dopo che se ne manifesta la reale esigenza. Tutto
questo diminuendo la cosiddetta burocrazia di magazzino.
Vi è quindi un doppio livello che si può osservare in questo
modello:
1) adeguamento alle esigenze di mercato, e alla crisi in cui versa il
sistema di produzione capitalista. Arrivando a dover ammettere che non
esiste un modello infinito di espansione del capitale (vedi in proposito
i continui accenni di Ohno alla crisi)
2) coinvolgimento operaio nella produzione, nel momento in cui l'atomizzazione
del processo produttivo ha svuotato ogni conoscenza operaia sul macchinario.
Si arriva quindi a creare una forma virtuale di conoscenza, da dare agli
operai, per farli sentire meno disumanizzati. Ovviamente le proposte che
azienda e operai possono contrattare sono a sistema chiuso, e sempre predefinite
dalla ditta.
Nell'analizzare questo tuttavia non bisogna cadere nel modernismo (ricerca
di novità, in mancanza di chiare analisi rispetto ai processi sociali
in atto), visto che le forme di coinvolgimento operaio al lavoro erano
sviluppate quanto ora.4
Cosi come bisogna tenere presente che il modello Toyotista riguarda la
produzione di veicoli, cosi come nel modello fordista. Che come il secondo
(nel maggior sviluppo del sistema fordista, la popolazione lavoratrice
mondiale che lavorava con questa organizzazione toccava a malapena il
3%, per lo più bianca e maschile), il toyotismo è prima
di tutto una filosofia e metodologia aziendale applicabile solo in determinate
produzioni.
Il controllo che provoca questo modello è sicuramente più
sottile e "democratico" del rigido burocratismo della fabbrica
"fordista", tuttavia nel suo rendere partecipi i lavoratori
dimostra la sua debolezza. I lavoratori sono ancora una volta al centro
del loro modello, si invitano i capi reparto e i dirigenti a mangiare
con loro, si devono abbassare a parlare con gli ultimi, per far sì
che i lavoratori producano in un sistema sempre più alienato. Appare
quindi prepotentemente un sistema che si basa interamente sulla produzione
reale, questo in barba a tutti i produttori di immaterialità....
Ogni singolo elemento organizzativo, dalle macchine al personale per la
manutenzione e la logistica è rivolto ancora una volta verso all'operaio
che produce e che deve produrre sempre meglio e più velocemente...
Disvelare il livello ideologico che sta dietro a questo modello è
compito di tutti i lavoratori che vogliono lottare per gli interessi della
propria classe.
Nelle fabbriche dove è passato si è visto un aumento dei
ritmi, e della concentrazione che i padroni chiedono ai lavoratori, e
in termini di qualità della vita ai lavoratori poco è venuto
in tasca da questa "autogestione operaia" imposta dall'alto.
In questi ultimi mesi anche a Bologna sta prendendo piede questo modello
in alcune ditte. E' sperimentato in due delle più importanti fabbriche
del bolognese: la Ducati Motor e la Fini Compressori. Il modello che verrà
impiantato in queste due fabbriche deriva dal Kaizen ed è stato
copiato dallo stabilimento della Porsche di Stoccarda. Non è un
caso che nei due stabilimenti italiani siano arrivati ingegneri tedeschi
della Porsche, che hanno preparato i gruppi guida per l'introduzione di
questo nuovo modello di organizzazione del lavoro.
Come Precari Nati, abbiamo editato un foglio operaio territoriale (ZONA
INDUSTRIALE, foglio operaio territoriale di Zola Predosa e Casalecchio)
che cerca di mappare questa situazione, portando il contributo di operai
dello stabilimento della Porsche di Stoccarda sul loro modello di produzione
interno. Abbiamo cercato di precedere la direzione di queste aziende,
riportando le lamentele di questi operai tedeschi, per rendere più
eloquenti le critiche che hanno formulato i compagni che lavorano in queste
fabbriche.
Riportiamo ora una scheda scritta da un operaio della Ducati-Motor sull'introduzione
di questo modello in fabbrica:
La puzza di benzina mi fa girar la testa,
quando sto su di lei è proprio la mia festa,
mi guardo quando passo sui vetri dei negozi,
mi accorgo che con lei mi sembro proprio Fonzie...
Coro
E sai che hai una bella moto sta sera voglio uscire con te (due volte)
Ritornello
Sei come la mia moto, sei proprio come lei
Su vieni farci un giro, fossi in te io ci starei
Lorenzo Cherubini alias Jovanotti da La Mia Moto
Lezioni per giovani operai-samurai
Immaginate che una mattina, magari di Lunedì, veniate accompagnati
come se foste visitatori appassionati di motociclismo o più verosimilmente
una vociante scolaresca, all'interno del Museo della Ducati-Motor in un
sala molto simile a quella di un cinema d'essai : poltrone comode, ambiente
familiare, aria di svago. Allontanarsi da i reparti in gruppo accompagnati
dal direttore di produzione, invidiati dai compagni che restano a lavorare,
produce un senso di liberazione istantaneo, si sale ai piani alti. Le
luci soffuse della sala conciliano il sonno cullati dalle timide chiacchiere
dell'audience, ma la presenza di loschi figuri della direzione e la soffocante
atmosfera di partecipata conciliazione tra lavoratori e management che
si instaura, stomaca da subito, sta per iniziare un singolare lavaggio
del cervello: una lezione di Kaizen/basics. Lo schermo mobile su cui proiettare
velocemente lucidi su lucidi scende, entrano altre facce poco raccomandabili
insieme ad altri lavoratori della Ducati (vestiti da vallette) che montano
la scenografia: sono dei collaboratori del DIP, ovvero Ducati Improvement
Process. Alla fine ci sarà pure uno dei partecipanti ai workshops
che ripeterà pedissequamente le bagianate in salsa New Age già
esposte durante la lezione dai vari quadri aziendali, così come
nel Multi-level marketing per convincere i malcapitati c'è chi
in presentazioni ad effetto, tra cubiste e tartine al finto caviale, espone
la sua rapida ed inarrestabile ascesa grazie alla vendita dei prodotti
della ditta che ha organizzato l'happening, o come chi nella pubblicità,
facendo sfoggio di una linea invidiabile, sfila in costume da bagno mentre
appaiono in sovra-impressione le foto della vita precedente che dovrebbero
documentare l'esito prodigioso di una dieta all'avanguardia5.
Comunque ci vengono chiesti i nomi ad uno ad uno, da quant'è che
siamo in azienda (e non per quanto ci resteremo...), come ci troviamo
e se abbiamo qualcosa da chiedere. Inizia un interrogatorio mascherato
da un amichevole scambio di vedute, si fanno domande stupide il pubblico
risponde. Si passano in rassegna i vari argomenti, si susseguono i lucidi,
le uniche lamentele che escono sono uno sfogo momentaneo da "si lavora
male, cioè bisognerebbe lavorare meglio" - ci si lamenta di
tutto tranne che dell'essenziale - , Il nostro salame in piedi con l'abilità
di un conduttore di quiz televisivi annuisce soddisfatto quando si danno
le risposte corrette sugli argomenti trattati, qualcuno viene chiamato
a rispondere, altri fanno sfogo della loro intelligenza da settimana enigmistica.
La soddisfazione del cliente, l'incremento dell'immagine - cioè
la 'creazione di valore' secondo gli addetti ai lavori - , la sottrazione
alle altre case motociclistiche di quote di mercato ed il consolidamento
della propria performance di vendita - l'obbiettivo di produzione si aggira
sulle 40.000 unità quest'anno - sono gli scopi che l'azienda, in
totale e imbarazzante accordo con i sindacati, si è preposta, la
riduzione dei costi per unità di prodotto è il tramite per
migliorare la performance.
Quindi flessibilità oraria: sabato lavorativi, precarietà
della forza lavoro: interinali, contratti a tempo determinato, cfl, aumento
dei ritmi e dei carichi di lavoro, peggioramento delle condizioni di lavoro
da punto di vista della sicurezza, sono il lato oscuro della competività,
naturalmente tralasciati dall'azienda durante questa esilarante lezione.
Tutto funziona, se hai le allucinazioni.
John Lennon
Le espressioni 'valorizzazione delle risorse umane' e 'radicale cambiamento
di mentalità' ricorrono ossessivamente durante la lezione. Le risorse
umane dovrebbero contribuire ad individuare gli sprechi, evidenziare i
problemi, eliminare gradualmente le operazioni che non concorrono alla
'creazione di valore aggiunto': si dovrebbe contribuire a ridurre i 'tempi
morti', cioè ogni movimento non direttamente funzionale alla produzione,
azzerare le scorte (zero stock) in magazzino e riduzione dei polmoni all'interno
del ciclo produttivo, segnalare le disfunzioni ed allo stesso tempo risalire
alla fonte del problema (i cosiddetti '5 perché'), spremendosi
le meningi, per risolverli attivamente.
In Ducati non ci sono pause collettive se non per mangiare, chi lavora
in catena di montaggio o nei sottogruppi che l'alimentano, lavora dalle
8 del mattino alle 5 del pomeriggio con un ora di pausa, mentre chi è
in officina lavora su tre turni e chi è al collaudo lavora su due.
In catena il tempo che guadagni nell'operazione che svolgi ti permette
di bere un caffè al volo, mentre se si è amanti delle sieste
prolungate in bagno è meglio aspettare gli ultimi 5 minuti in cui
la linea si ferma per espletare i propri bisogni fisiologici. Ai sottogruppi
il ritmo è più blando, anche se alcune operazioni ti inchiodano
al banco di lavoro pressato dalla logica del 'just in time' che non ti
permette di avvantaggiarti più di tanto con le richieste della
linea. I jolli di linea ( che lavorano sempre e comunque più di
8 ore), dovrebbero sostituirti in caso di necessità, in realtà
svolgono la funzione di tappa-buchi per le persone che mancano in quel
dato giorno o aiutano il magazziniere, recuperano le moto non complete
prima del collaudo o si prodigano in veloci recuperi nel caso in cui un
pezzo precedentemente non reperibile dal magazziniere arrivi, montandolo
prima che la moto scenda dalla linea, quando non lo fa l'operatore stesso.
Il sabato poi si lavora sei ore filate, l'unica speranza in una pausa
sta nel mancato arrivo di alcune componenti essenziali come motori, telai
e forcelle( Fedeli alla linea ferma è lo slogan lanciato da un
operaio interinale). Chi schiaccia il fungo dell'emergenza, che ferma
la linea, viene subito identificato... gli viene chiesto per quale motivo
l'ha pigiato. I compagni di lavoro sono sempre solerti nell'avvertirti
mentre la moto è ancora sulla linea se vi è un componente
- che avresti dovuto montare - mancante, o se il suo montaggio non è
conforme e magari impedisce ad un altro operatore di assemblare correttamente
un altro pezzo, oppure segnalano all'operatore al banco di lavoro la non
conformità di un pezzo che ha assemblato: L'auto controllo è
evidente, ma la sua percezione non è tale, è più
un aiuto che fa si di non ricevere un rimprovero, tralasciando i casi
di servilismo di bassa lega, e gli spioni di turno che applicano alla
perfezione il postulato: mors tua, vita mea. Vi è una scheda in
cui si segnalano i difetti al motore ed al motociclo ed in cui inoltre
si scrive il pezzo mancante, il tutto corredato da firma. Per le componenti
difettose - anche per delle viti non filettate, dei dadi con dei trucioli
metallici non rimovibili - si compila una scheda di non conformità,
e si poggia tale componente su di un apposito carrello.
Se il collaudatore trova un difetto lo segnala su di una scheda che il
responsabile del collaudo alla fine della giornata raccoglie. Il giorno
successivo, tranne i casi di grave errore a cui è applicata la
legge coranica per i ladri recidivi, o passa uno del controllo qualità
facendoti presente l'errore, o osservando come compi la sequenza di operazione
e prendendo in mano la scheda del ciclo di produzione6, ti dà i
consigli del caso. Oppure il capo-collaudo con tanto di capo-reparto marca
visita talvolta con il direttore della produzione, vieni cazziato a dovere,
invitato 'cordialmente' a fare più attenzione, pena la non conferma
a fine contratto se sei precario, un soggiorno prolungato nella postazione
in cui ti trovi se sei fisso, o un posto sempre prenotato sulla pedana
della linea...L'assunzione in Ducati per i precari interinali e non, l'ascesi
a Jolly-aiuto magazziniere, a collaudatore, al controllo qualità,
al - urlo di tromba, rullata di tamburi - reparto esperienze o reparto
corse (come il nostro amico citato all'inizio che guarda caso da Jolly
sponsor del Kaizen è entrato al reparto corse) è l'ambizione
comune quanto meno per uscire dalla trincea della linea. Vestire una tutina
di colore diverso: rosso fuoco in caso di un collaudatore, grigio chiaro
in caso del controllo qualità, o anche le vesti tra il tirato ed
il casual dell'impiegato, non è certo il destino degli operai meno
accondiscendenti ai voleri dell'azienda e invisi al sindacato.
La fabbrica dei sogni è l'incubo di tutti i giorni
Il Kaizen, svestito dei suoi aspetti più pacchiani, fa presa sul
feticismo per il prodotto che si fa e per l'immagine che se ne ha all'esterno:
il mito Ducati. La direzione sfrutta le conoscenze tecniche e la sensibilità
estetica degli operatori generalmente appassionati neofiti, aspiranti
raiders, o consolidati motociclisti, rimuove i problemi essenziali o li
canalizza verso l'amore per l'azienda ed un surplus di auto-controllo
o di controllo reciproco che si integra su un controllo diretto ed un
ricatto costante. Inoltre su dei cartelloni verticali grafici e statistiche
informano della quantità degli errori commessi operazione per operazione,
cioè postazione per postazione, le imperfezioni riscontrate anche
in caso di un pedissequa esecuzione del ciclo di produzione e come sono
state migliorate (ci manca solo il 'moviolone' da Domenica Sportiva per
completare il quadro). Sapremo come classe operaia rompere questo incubo?
PRECARI NATI Bologna
e-mail: ti14264@iperbole.bologna.it
1) Su questi argomenti si può leggere: Luci e ombre, potenzialità
e limiti della classe, Precari nati n.7 maggio 2000
2) Laura Fiocco, La cellularizzazione della forza lavoro e le forme di
resistenza alla FIAT di Melfi, Collegamenti Wobbly n.6-7 1998-99
3) Ohno, Lo spirito Toyota, il modello giapponese della qualità
totale. E il suo prezzo, Einaudi, 1993
4) "In molti casi gli operai trasgrediscono ai regolamenti e oltrepassano
i compartimenti stagni delle reciproche funzioni: come nel caso del reparto
che fa gli utensili al widiam, cioè gli utensili da tornio o fresa.
Quando un fresatore di questo reparto riceve un'ordinazione, deve innanzitutto
andare lui stesso a procurarsi il disegno, consultare gli schedari, e
fare perciò un lavoro per il quale non viene pagato perchè
questo spreco di tempo non è previsto dal marcatempo. Come un automa
potrebbe accontentarsi d'eseguire il pezzo conforme al disegno, ma l'operaio
sa per esperienza che non deve farlo, se non vuole avere delle grane.
Infatti, se gli utensili che |