Senza Censura n. 3/2000 [ ] USA: complesso industriale carcerario e dintorni "E' come un hotel con una occupazione garantita" (Ron Garzini, sostenitore delle prigioni private) Nella prima parte (1) di quello che diventerà uno spazio fisso all'interno della Rivista, dopo aver brevemente impostato nella premessa iniziale lo studio generale e l'obbiettivo primario di tutto questo lavoro (analisi e prospettive rispetto al rapporto/intercambiabilità tra istituzioni sociali ed istituzioni totali: dalle Unità di Controllo alle Prigioni Industriali fino ai ghetti-in-guerra), ci siamo occupati di analizzare, sotto il profilo storico, la relazione intercorsa, nell'arco di tempo che va dai primi anni sessanta ai giorni nostri, tra il sistema di controllo e di salvaguardia della preesistenza della borghesia imperialista statunitense (attraverso tutte le sue istituzioni preposte: leggi, agenzie di polizia, strumenti di controllo e repressione) e i risultati da essa prodotta (contraddizioni) attraverso il movimento di crisi. E nello specifico, abbiamo fatto questo limitatamente: volgendo lo sguardo alla trasformazione del proletariato e sottoproletariato carcerario nel corso delle varie Amministrazione governative. Abbiamo, per così dire, lavorato sui numeri. Dando valore sociale e politico ai dati e alle percentuali. Contestualizzando macroscopicamente la "fenomenologia delle incarcerazioni" (così come riportato nella premessa poc'anzi citata) quale corrispondente in tutto e per tutto della società imperialista. Dal Carcere Feudale al Carcere Monopolistico Tentando di riprendere immediatamente il filo del discorso, cercheremo in questa seconda parte del nostro lavoro, di impostare un'analisi offrendo, in questo modo, elementi di riflessione e spunti di dibattito che vadano a prendere in considerazione l'odierno ruolo/funzione del proletariato e sottoproletariato prigioniero.per quanto concerne la situazione statunitense. Grazie anche all'aiuto di alcuni saggi pubblicati nel corso degli ultimi venti anni ed a interventi di alcuni Prigionieri Rivoluzionari segregati negli USA. Secondo la "Genealogia storica della forma/carcere", introduzione al saggio "Il carcere Imperialista" (2), l'allora Redazione della Rivista "Controinformazione" andava ottimamente ad individuare, stiamo parlando di fine anni '70, primi anni '80, le determinanti tappe storiche che hanno segnato l'evoluzione e la funzione del sistema penitenziario all'interno del modo di produzione dominante: - Carcere Feudale (funzioni di custodia, esemplarità, modello di autoconsumo) all'interno di un sistema sociale di scambio elementare basato sul rapporto Merce/Merce; - Carcere Mercantile (funzione economico/sociale, addestramento, modello mercantile), che introduce la prima Casa di Lavoro (1557), all'interno di un sistema sociale mercantile basato sul rapporto Merce/Denaro/Merce, esalta la funzione economica/produttiva della reclusione e riduce la funzione disciplinare del lavoro "rieducativi" a puro pretesto per la sua riproduzione. - Carcere Capitalistico/Industriale (funzione disciplinare e regolamentativi, selezione, modello concorrenziale) che accentuando il significato istituzionale e gli aspetti disciplinari del Carcere Mercantile (rendendo prioritaria, di fatto, la funzione disciplinare, riprodotta come lavoro, quale principio assoluto della pena) va a determinare due nuove impostazioni, tra loro interagenti, ma storicamente distinte: il Carcere Concorrenziale e il Carcere Monopolistico. - Carcere Capitalistico Concorrenziale. Basato sulla nuova formula Denaro/Merce/Denaro, scopo della prigione non è più la produzione di merci tramite la riproduzione istituzionale dei reclusi, bensì la produzione/riproduzione illimitata di forza lavoro disciplinata, flessibile, docile nella sua disponibilità ad essere venduta e comprata nel "libero mercato capitalistico". Allo sfruttamento del lavoro non-libero viene preferito il controllo e la regolamentazione della forza-lavoro libera, attraverso la deterrenza costituita dalla condanna a (comunque) un lavoro duro e non pagato. Il principio è semplice: anche il lavoro "libero" peggio pagato deve essere preferibile (economicamente) alla reclusione (concorrenza tra lavoro carcerario e lavoro "libero"). - Carcere Monopolistico. Situato tra la crisi del Carcere Concorrenziale e l'assetto contemporaneo, il Carcere Monopolistico accentua gli aspetti disciplinari e l'applicazione sociale del carcerario, affidandone però le valenze istituzionali estranee al lavoro e anche al mercato del lavoro. L'ideologia del recupero (prima limitata al lavoro) si libera in più direzioni: istruzione, educazione, prevenzione, controllo. Il rapporto col mercato di lavoro viene sospeso, e si adegua alla formula Denaro/Denaro. Il Carcere Imperialista Gli autori del Saggio, nel corso della loro esposizione e fino al periodo storico relativo al Carcere Concorrenziale, individuano due modelli, il primo maggiormente diffuso in Europa, il secondo negli Stati Uniti: - il modello Filadelfia, legato alla nascita del carcere di Walnuth (1790), e figlio del carcere di Great Law (1628), costruito per opera di William Penn, nella regione che successivamente prenderà il nome di Pennsylvania. Il modello di Filadelfia basa i presupposti della riabilitazione su una separazione e una classificazione dei detenuti, l'isolamento giorno e notte, il lavoro non produttivo svolto in cella, meditazione e preghiera. - il modello di Auburn, comparso nel 1820, consiste nell'isolamento notturno e nel lavoro diurno, collettivo, industriale, svolto dai detenuti in assoluto silenzio. E sarà il modello di Filadelfia a rappresentare al meglio la funzione di cerniera, congelando momentaneamente il modello di Auburn. "La valorizzazione sempre più astratta e frenetica necessita di una tecnostruttura, di una ortopedia, di una pedagogia sganciate dalla produzione immediata, capaci di plasmare la socialità del corpo e la corporeità del sociale secondo criteri di polivalenza e indifferenza. Si tratta, cioè, di formare una disponibilità illimitata, non solo lavorativa ma umana - esigibile in ogni momento - alle regole del capitale monopolistico, al suo comando. (...) Non solo la formula della valorizzazione, ma anche la provenienza, formazione e composizione di classe sono mutate, in rapporto al ciclo capitalistico complessivo. Di queste trasformazioni il carcere è uno specchio: non superficie levigata dai riflessi anodini; no di certo, ma sempre e comunque apparato e sistema che riflette e interagisce col modo di produzione dominante, i suoi rapporti sociali, la sua forma di dominio. Le distinzioni, le discriminazioni, i primi tentativi di stratificazione e classificazione della classe hanno nel nuovo assetto carcerario equivalenti più sfacciati e scientifici. Recupero significa re-istradare sulla retta via dalla quale il crimine ha fatto deviare il criminale. Si crea perciò un sistema complesso di classificazione, una tassonomia di comportamenti esterni e interni, la cui unità di misura è formalmente "la gravità del reato". Ma la cura disciplinare non si applicherà tanto al reato, alle sue cause, quanto alle manifestazioni asociali, criminali, "disgregatrici", che esso induce nel soggetto che delinque. Ecco la scoperta, il fulcro della razionalizzazione che traccia una demarcazione nettissima tra il carcere arcaico e quello moderno. Non si recupera il reo affrontando le cause del crimine (sociali, individuali o patologiche poco importa: queste definizioni sono puramente ideologiche), bensì raddrizzando (con la forza, il ricatto, la repressione chimica, ecc...) gli effetti sociali e comportamentali che fanno del soggetto un criminale." (3) Il bacino stratificato carcerario, subisce, e negli Stati Uniti ancora prima che in qualsiasi altra parte del mondo, una netta razionalizzazione già a partire dal 1919, con l'introduzione di un seconda ramificazione consistente nel modello uni-plan, cioè delle carceri aperte (a partire dal carcere di Lorton, in Virginia), arrivando, nel 1926, e con la costruzione del Michigan State Prison e del nuovo istituto correzionale del Connecticut a concepire "il modello differenziato su tre livelli di sicurezza e conseguentemente di controllo: minimo (uni-plan), media (Connecticut), massima (Sing Sing, ecc...)." (4) Vi è in questo preciso contesto la coesistenza "di tre tipi di trattamenti che vanno dalla libertà vigilata, alla semilibertà, fino alla detenzione più dura (5)". Ma il definitivo momento di rottura, con gli Stati Uniti sempre primi sperimentatori, lo si ha nel 1949, con l'introduzione da parte del Federal Bureau of Prisons di un nuovo concetto progettuale le cui caratteristiche saranno funzionali alle modalità di trattamento. Trattamento che verrà individualizzato al massimo, grazie a penitenziari costruiti per contenere non più di 300 detenuti, grazie ad una sicurezza interna esasperata gestita da un numero esiguo di personale, grazie, infine, ad una locazione dei detenuti in celle singole. "Il 1949, volendo evidenziare una data, è l'anno della grande riforma carceraria internazionale. Il sistema monopolistico si è esaurito. Il sistema imperialista si afferma in tutto il mondo" (6) I tempi di introduzione e di applicazione del carcere imperialista differiscono da paese a paese. Vi è tuttavia una legge comune che regge questo nuovo e definitivo passaggio storico: il carcere imperialista ratifica un mostro a due teste nelle modalità del trattamento penitenziario: il carcere aperto con tutte le sue infrastrutture, teso a "reintegrare" (sempre e comunque sotto forma di controllo sociale) il materiale umano scartato dai cicli di produzione, da una parte ; il carcere di massima sicurezza, in tutte le sue forme (e il carcere speciale è una di queste), atto a annientare definitivamente il "nemico", l'"irrecuperabile" attraverso la compartimentazione, l'isolamento dei singoli, la manipolazione, la neutralizzazione psicofisica, dall'altra. Le due facce della stessa medaglia. I due polmoni su cui si reggerà il respiro, da qui in avanti, del sistema carcerario imperialista nella società imperialista: o l'assoluta sottomissione al sistema oppure l'annientamento. Non è ovviamente concepito un livello intermedio. Il capitale non lo richiede. Ruolo e funzione del prigioniero Ritornando allo schema relativo alla genealogia storica della forma-carcere, possiamo notare nello specifico interno dei rapporti sociali, le relative trasformazioni del ruolo e della funzione incarnata via via dal prigioniero-tipo: - Merce/Merce (carcere feudale); - Merce/Denaro/Merce (carcere mercantile); - Denaro/Merce/Denaro (carcere capitalistico concorrenziale); per arrivare a concludersi con il rapporto Denaro/Denaro del carcere imperialista, dove Denaro "è più un presupposto teorico che entità concreta", poiché "il carcere imperialista, proprio per questo, sa e deve applicarsi al ciclo delle merci, alle esigenze del capitale e del profitto individuale."(7) Tuttavia al rapporto Denaro/Denaro si è affiancato, dopo un rapido scongelamento del detenuto produttivo, il rapporto Denaro/Merce/Denaro, tipico del carcere capitalistico industriale, anche se rispetto al carcere capitalistico industriale, il bacino d'acquisizione non è più rappresentato dall'operaio del ciclo principale o dal disoccupato del mercato del lavoro ufficiale. Il nuovo materiale umano proviene dalle soggettività appetenti allo stratificato "esercito industriale di riserva fluttuante". Il mostro a due teste riprende, ristruttura, specializza secondo le necessità, il modello di Filadelfia (carcere di massima sicurezza e unità speciali) e il modello di Auburn (carcere aperto e controllo sociale), garantendosi una coesistenza di entrambi i modelli, non soltanto nel medesimo tessuto sociale ma anche nella stessa istituzione che il governo statunitense, eufemisticamente, continua a chiamare "correzionale". Nascono, si instaurano e si sviluppano istituti di pena sempre più identici alle istituzioni sociali esterne, costituiti su multipli livelli di controllo (comunque inseriti in pianta stabile nella produzione industriale) e unità di massima sicurezza (dove l'isolamento individuale avviene per 23 ore al giorno, molto spesso in unità costruite tra le fondamenta del carcere), destinate agli individui antagonisti al sistema e a fungere da deterrente per i detenuti impiegati. Ma attorno alla sempre più frenetica richiesta di costruzione di nuove prigioni (secondo la logica per cui "Se la criminalità aumenta, allora dobbiamo costruire più carceri; e se la criminalità diminuisce è perché abbiamo costruito più carceri - e costruendo ancora più carceri ridurremo ulteriormente la criminalità", Steven R. Donziger, avvocato che ha diretto la Commissione nazionale per la giustizia penale nel 1996) nasce, si instaura e si sviluppa una nuova economia, formata dai molteplici tipi di intervento inerenti la costruzione e la gestione delle nuove carceri: dall'industria del cemento a quella delle alte tecnologie, dalle polizie private alle agenzie specializzate nelle bonifiche dei territori rurali fino alla privatizzazione degli stessi istituti di pena. Si tratta certamente di una evoluzione tanto drammatica quanto oramai pratica assunta. Il Complesso Industriale Carcerario è l'ultima tappa della trasformazione (continua) della forma-carcere che non limita il proprio raggio d'azione entro le mura di cinta ma che irrimediabilmente va a interagire sempre più con le riurbanizzazione dei rapporti sociali e del territorio. Piccoli centri, grandi prigioni. Un esempio su tutti: Pelican Bay Per entrare un po' più nel merito del Complesso Industriale Carcerario ricorreremo spesso all'ultimo saggio scritto dal professore californiano Christian Parenti (8) il cui titolo è "Lockdown America", uno sguardo a tutto campo su carcere e repressione negli Stati Uniti. Proprio l'ultimo capitolo del saggio è dedicato al Complesso Industriale Carcerario. "Piccoli centri e grandi prigioni: sembrerebbe essere lo sposalizio ideale che ha caratterizzato gli ultimi anni. Dai tappeti verdi del Missouri alle campagne della Florida (9), nuove aree sono state destinate per la costruzione di nuove carceri. A livello nazionale, la tabella relativa agli investimenti per le nuove costruzioni ha avuto, nell'ultima decade, una media pari a 7 mila miliardi di dollari annui; solo nel 1996 sono stati strappati contratti per 26 nuovi penitenziari federali e 96 nuovi penitenziari statali. 523 mila sono le persone impiegate a tempo pieno negli istituti di correzione, molte di più di quelle impiegate dalle 500 più grandi società secondo la rivista Fortune (10), fatta eccezione per la General Motors. La punizione è una grande industria che, stando alle cifre rilasciate dalla National Criminal Justice Commission, ha portato ad una crescita del 5% la popolazione delle zone rurali tra il 1980 e il 1990, grazie ad un arrivo massiccio di prigionieri, catturati nelle metropoli e esiliati nella nuova Arcadia. La Prigione di Stato di Pelican Bay rappresenta sicuramente un esempio lampante di quanto enunciato nel precedente capoverso. Terminata nel 1990, al costo di 277.5 miliardi di dollari, Pelican Bay è stato il modello standard di esportazione. Costruita, secondo le rigide modalità "speciali" (11) tipiche do ogni carcere imperialista (completa automatizzazione, isolamento individuale, unità di internamento), è diventata ben presto la più grande "datrice di lavoro" di tutta la Contea di Del Norte, in netta controtendenza con la povertà diffusa e ristagnante di Crescent City, centro della regione. Solo 4 delle diciassette segherie sono tuttora funzionanti, la pesca del salmone si può dire definitivamente morta e sepolta e, limitatamente ai primi anni '80, gli esercizi chiusi sono stati 164. Pelican Bay come unica speranza di sopravvivenza, che in un batter d'occhio ha rialzato l'attività commerciale del 20%, ha dato impiego a mille e cinquecento persone, con un libro-paga annuo di 50 miliardi di dollari e un budget di oltre 90 miliardi di dollari, più di 130 mila contratti. "Indirettamente, la prigione ha creato lavoro in ogni settore, dalle costruzioni ai metanodotti ai consulenti per le violenze domestiche (12)". La popolazione generale della Contea di Del Norte è cresciuta di 6 mila unità. Oggi i residenti (tenendo conto dei 4 mila detenuti, che non dovrebbero comunque superare quota 2.280) sono 28 mila, praticamente il doppio rispetto ad un decennio fa. Ed è raddoppiata anche la raccolta delle tasse, che è passata da 73 a 142 miliardi di dollari, grazie anche a infrastrutture quali l'ospedale privato di Ace Hardware e un immenso centro commerciale di novanta mila metri quadri, molte delle quali (scuole ed edifici pubblici) sono state costruite impiegando come forza-lavoro i prigionieri di primo livello (per circa 150 mila ore tra il 1990 e il 1996), ovvero i prigionieri "a bassa pericolosità". Serafico l'Assessore della Contea Jerry Cochran: "Senza la prigione noi non esisteremmo". UNICOR: ovvero, quando i prigionieri costruiscono armi per l'esercito Spostiamo adesso lo sguardo sul Complesso Industriale Carcerario relativo alle Prigioni Federali. Un comunicato commerciale della direzione dell'UNICOR (o Federal Prison Industries), nel pubblicizzare il Market Service Program, enuncia quanto segue: "Il Federal Prison Industries (FPI) sta cercando partners commerciali interessati ad usufruire del lavoro carcerario all'interno degli Stati Uniti, piuttosto che oltreoceano. I nostri soci troveranno giovamento grazie a ottimi salari, costi efficienti e facile accesso geografico ai luoghi ove si trovano gli stabilimenti. Il FPI troverà beneficio dalle specializzazioni e dalle opportunità di lavoro che investiranno i nostri detenuti. Il FPI, conosciuto con il marchio UNICOR, opera in oltre 100 fabbriche all'interno delle prigioni Federali di questo paese. Al momento, ben oltre 100 diversi tipi tra prodotti e servizi vengono forniti dal FPI. Ora, il FPI ha l' autorità di offrire servizi anche al settore commerciale. Che cosa significa il vostro supporto? Per legge, il FPI non può ricevere fondi per le sue operazioni e deve essere in grado di auto-sostenersi. Questo è uno dei programmi più importanti stilati dal Federal Bureau of Prisons, e i prodotti e i servizi che esso produce devono generare un ritorno in termini di sussistenza. Senza il FPI, i contribuenti si troverebbero a dover pagare un conto ben più alto al Federal Bureau of Prisons. Studi e ricerche dettagliate hanno mostrato come l'impiego dei detenuti in programmi di lavoro abbia permesso una loro reintegrazione all'interno della società come cittadini produttivi ed osservanti della legge. Oltre a generare specializzazioni, il lavoro dei prigionieri produce in loro l'autovalorizzazione e il senso etico contribuendo in questo modo a salvaguardare, una volta scarcerati, la pubblica sicurezza. Perché è un'ottima idea? Il Market Service Program è una vincente opportunità di collaborazione che: Detiene entro i confini degli Stati Uniti gli affari commerciali. Verranno focalizzati i servizi che attualmente provengono da oltreoceano, gli impieghi generati non andranno a intaccare la forza lavoro americana. Le aziende che hanno spostato i loro affari fuori degli Stati Uniti non si accollano la spesa connessa con il managment dei loro commerci oltremare. Le aziende inoltre realizzano ottimi salari. Contribuisce a incrementare la sicurezza pubblica e la rieducazione. Il programma del FPI crea lavoro specializzato e incrementa le prospettive di successo dei detenuti, nell'ottica di una vita produttiva immediatamente successiva al rilascio che contribuirà a mantenere più sicuro il paese. Perché allearsi con il FPI? Ci sono numerosi vantaggi riservati al settore privato che intende allearsi con il FPI: Logistici. Le aziende, interne ai confini degli Stati Uniti, consentono di eliminare le spese, i controlli e i ritardi doganali e offrire rapida interazione tra l'azienda e l'amministrazione. I risultati sono: costi di trasporto più bassi e riduzione dei tempi. Culturali e linguistici. Non vi sono barriere di alcun tipo perché il lavoro rimarrebbe completamente all'interno degli Usa. Legali. Vi sarebbe una completa compatibilità delle vigenti leggi. Non vi sarebbero problemi di scambi monetari. La stabilità sociale e politica rappresenta certamente una maggiore protezione dei propri investimenti. Lo staff del FPI è altamente qualificato. La mano d'opera dei detenuti è stabile ed abbondante, e desiderosa di lavorare ogni giorno. La mano d'opera dei detenuti è a basso costo. Sicurezza sul luogo di lavoro, grazie anche all'utilizzo di metal detectors, test casuali e test anti-droga. La perizia tecnica del FPI in una vasta gamma di prodotti e di servizi, controllata dal relativo Product Support Center, può essere chiamata a supportare tutta l'impresa commerciale. Il controllo della qualità, non solo è seguita in tutto e per tutto dal FPI, ma può essere tranquillamente co-gestita dai partners per un perenne mantenimento dei livelli standars e dell'affidabilità dei servizi e dei prodotti. La capienza attuale delle fabbriche è pronta a soddisfare le esigenze di ogni azienda interessata. Vi sono sostanziali agevolazioni dal punto di vista del pagamento delle tasse rispetto ad attività svolte in paesi stranieri. Il FPI non solo rappresenta un'ottima compagnia, ma è anche una componente del governo degli Stati Uniti. Allearsi con il FPI significa avere un buon senso degli affari, ma significa altresì contribuire socialmente alla reintegrazione dei detenuti (13)." Buon senso degli affari, reintegrazione dei detenuti. Ma sicuramente l'elemento determinante inserito nel suddetto comunicato riguarda il controllo totale della direzione penitenziaria preposta sul lavoratore detenuto ("lavoratori ben disposti", "lavorano tutti i giorni", metal detector e test anti-droga, e ecc...), a garanzia di un eventuale rapporto commerciale con una eventuale società. A questo elemento, tuttavia, va sempre aggiunto la funzionalità del controllo non soltanto interno le mura del carcere/fabbrica, ma anche in tutti "gli istituti differenziati di trattamento" (14). Omettere questa valenza significherebbe perdere la definizione di carcere imperialista come "mostro a due teste". "(...) Alcuni teorici progressisti, partendo da questa constatazione, sono arrivati al punto di sostenere che il carcere chiuso diverrà esclusivamente luogo di annientamento (...) poiché il controllo sociale (la funzione terapeutica) è ormai prerogativa di altre istituzioni extracarcerarie. Niente di più falso. Nel postulare il bivio, nel ratificarlo, il carcere imperialista si ricompone. Altro che dimidiamento, separazione della branchia sociale, non violenta che viene assimilata al controllo extracarcerario ! Questa famosa branchia, tormento della riforma impossibile, seme utopistico dai frutti chimerici, è oggi la metà esatta del carcerario. Quella metà che permette al carcere imperialista interventi eliminativi in quanto è terapeutico, curativo; e di essere risocializzante in quanto è distruttivo." (15) Abbiamo fatto poc'anzi l'esempio eclatante del carcere statale di Pelican Bay. Rimanendo invece ai penitenziari federali, andiamo adesso a introdurre brevemente un altro carcere, "figlio" dell'inferno di Marion (altro modello di esportazione, non soltanto negli Usa, ma anche ad esempio in Europa, venne aperto nel 1963, lo stesso anno in cui un altro carcere storico, Alcatraz, terminava la propria attività, nel 1973 divenne il primo carcere speciale americano, grazie all'introduzione delle prime unità di controllo): costruito e avviato nel 1995, il carcere di Florence (in Colorado) ha raccolto in pieno lo schema, avanzando da un punto di vista del controllo per mezzo della tecnologia, delle Control Units: isolamento totale in celle singole o a piccoli gruppi; nessun contatto con chicchessia se non con dipendenti della direzione penitenziaria. Ma non è sulla sua funzione di annientamento psicofisico che vorremmo soffermarci; vorremo rimanere nel "campo del lavoro" e offrire uno sguardo più ampio sulla "funzione commerciale" dell'UNICOR e del lavoro nelle carceri federali. Grazie anche ad una lettera del prigioniero politico antimperialista Ray Luc Lavasseur (trasferito come molti prigionieri politici antimperialisti e prigionieri di guerra nell'ADX di Florence in coincidenza con la sua apertura), scritta nel '95 e intitolata "Armato e pericoloso", che introduce una verità che ai più (ovvio il riferimento ai classici riformisti della "riforma impossibile") potrebbe risultare sconcertante ma che di fatto rappresenta un elemento ormai dato nonché datato: i prigionieri vengono occupati nell'industria carceraria federale, l'industria carceraria federale produce prodotti e servizi che devono rimanere all'interno del sistema federale, l'esercito degli Stati Uniti (istituzione del sistema federale) è il soggetto che maggiormente usufruisce dei prodotti e dei servizi prodotti dai prigionieri. Ma leggiamo: "Quando sono stato trasferito nel penitenziario federale di Marion, Illinois era il Dicembre del 1989, esattamente nel periodo in cui Panama veniva invasa dalle truppe d'assalto americane. Tra distruzione, fosse comuni e bugie di politici e leaders militari, gli Stati Uniti hanno dato un'ottima dimostrazione della loro potenza di fuoco intesa esclusivamente ad imporre il proprio volere su un altro stato del Centro America. Armi ed equipaggiamento aereo, da mare e da terra, vennero utilizzate insieme agli M16, strumento essenziale per eliminare chiunque si fosse trovato nella linea di fuoco. Sia gli armamentari più tecnologici che quelli più semplice, come una granata, sono tutti strumenti di guerra, strumenti di morte costruiti negli Stati Uniti, alcuni di questi proprio nei penitenziari federali. L'industria delle prigioni federali (UNICOR) è uno dei maggiori produttori di equipaggiamento militare per la macchina da guerra statunitense. Il gruppo UNICOR ha svolto questa funzione sin dal 1934 lavorando per il Ministero della Guerra, oggi eufemisticamente conosciuto come il Dipartimento della Difesa. Il Bureau delle Prigioni afferma che il lavoro dei detenuti in carcere - spesso in condizioni estreme e con un compenso di 23 cents l'ora ( al cambio attuale equivalgono a circa 500 lire, N.d.T.) - ha e continua a dare enormi contributi al mantenimento dell'esercito. Afferma anche che il progetto UNICOR sia un'ottima forma di controllo e contenimento dei prigionieri, specialmente in istituti con problemi di sovraffollamento. La produzione militare del progetto UNICOR varia dai componenti di missili, alle munizioni, da specifiche parti di bombe a equipaggiamento per le comunicazioni alle uniformi, ecc. Nei suoi volantini informativi il BOP (Bureau of Prisons) mostra orgoglioso foto di prigionieri che lavorano su questi componenti. Come veterano della guerra in Vietnam, fui particolarmente colpito nel vedere una foto raffigurante dei detenuti federali che costruivano armamenti da spedire proprio nel sud-est asiatico. A differenza di altri prigionieri, ho avuto la possibilità di constatare l'effetto letale del prodotto finito. E' sempre stata una priorità di UNICOR provvedere alle necessità dell'esercito, sia che fosse durante la guerra di Korea - dove l'80% delle vendite UNICOR erano destinate all'esercito - sia durante la guerra del Golfo - durante la quale ai detenuti fu imposto di svolgere straordinari. Il comitato direttivo di UNICOR comprende anche dei rappresentanti dell'esercito il cui unico compito è quello di dare consigli affinché il lavoro nelle carceri diventi veramente importante per le finalità militari. Avere un contratto con il Dipartimento della Guerra non significa soltanto rifornire l'esercito americano, molti equipaggiamenti militari vengono venduti dall'esercito ad altri stati - da Israele all'Indonesia - fino ad arrivare anche nelle mani dei regimi più degenerati e dittatoriali. Il penitenziario federale di Marion ha ormai una lunga storia di abusi di prigionieri ben documentati da Amnesty International, da udienze congressuali e da gruppi in difesa dei diritti civili. In questo luogo di isolamento prolungato, non vi è nulla con cui distrarre la mente, alcuno stimolo intellettuale, ricreazione né alcun lavoro. L'amministrazione penitenziaria ha creato uno schema secondo cui ogni prigioniero considerato pronto per un trasferimento deve lavorare per un periodo prima di venir portato in una prigione meno punitiva. E' una cosa questa che i funzionari carcerari sfruttano al massimo poiché conoscono la disperazione dei detenuti che pur di lasciare quelle celle punitive e l'isolamento indefinito farebbero di tutto. Mentre quasi tutti i detenuti federali sono costretti a lavorare, non tutti sono costretti a lavorare per UNICOR. Solo il 26% lo fa; la maggior parte dei detenuti preferisce lavorare in altre aree quali il mantenimento e l'assistenza, oppure seguire i limitati corsi rieducativi e di riabilitazione a loro disposizione. Il penitenziario di Marion - e ora anche quello di Florence - sono gli unici che impongono, come condizione per il trasferimento, un periodo di lavoro per la UNICOR. L'unico lavoro UNICOR a Marion ha come scopo la produzione di equipaggiamento militare. Il Bureau delle prigioni ha eluso le richieste di rivelare informazioni dettagliate riguardo la produzione militare in questo carcere, per altro garantite dal Freedom Of Information Act (17). Nonostante ciò, è noto che la UNICOR di Marion produce cavi per comunicazioni elettroniche che vende al Dipartimento della guerra. Questi cavi sono usati in numerosi veicoli di terra, come ad esempio carri armati e mezzi blindati; in più i supervisori di linea si vantano che questi cavi siano usati anche per gli elicotteri. Durante la Guerra nel Golfo, i detenuti che lavoravano per la UNICOR a Marion furono forzati a fare numerosi straordinari. Qualsiasi sia il loro uso potenziale, questi cavi elettronici sono sicuramente essenziali per il funzionamento di numerose armi e piattaforme. L'operazione di Marion è l'estensione di un progetto più vasto e direttamente collegato al penitenziario federale Lexington, Kentucky, di conseguenza non abbiamo i dati per calcolare né produzione né profitto. Mediamente, in un anno, il penitenziario di Lexington completa tra gli 800/1200 ordini per l'esercito, totalizzando circa dodici milioni di dollari. Ciò che viene chiamato "materiale militare" , negli scontri bellici contemporanei, comprende anche avanzati sistemi di guerra dove il materiale elettronico assolve una funzione molto più distruttiva che quella rappresentata dai semplici fucili dei soldati. Durante la guerra contro l'Iraq, per esempio, molti bombardamenti guidati elettronicamente ai danni di impianti per l'approvvigionamento d'acqua provocarono la morte di tutti coloro la cui vita dipendeva da quell'acqua poiché i proiettili diffondevano un vero e proprio attacco batteriologico. Circa 46.900 bambini iracheni morirono durante i primi sette mesi del '91 a causa degli attacchi statunitensi alle infrastrutture del paese. A parte il pilota ed il cecchino che non hanno mai visto le vittime, la distruzione di massa viene coordinata dai cavi elettronici e per le comunicazioni, veri componenti essenziali delle armi. Questo equipaggiamento non è certo prodotto dal nulla; quei detenuti che lavorarono in questi impianti durante la guerra in Vietnam immaginavano che quei componenti potessero avere quell'utilizzo. Le conquiste militari statunitensi, passate e recenti, sono ben documentate. Probabilmente ciò che è meno noto, anche se egualmente significativa e ben documentata, è la pratica del governo statunitense di rifornire di armi ed equipaggiamento militare veri e propri serial killer mascherati da capi di stato. La produzione militare UNICOR è parte di un'operazione che rifornisce di armi il più grande esportatore di armi al mondo. Gli Stati Uniti hanno fatto un gran casino per la vendita nei mercati americani di merce prodotta nei penitenziari cinesi. Questo fu denunciato come un abuso dei diritti umani (ovvero che ostacola il mercato ed i conseguenti profitti delle società statunitensi). Una delle controversie riguardava degli addobbi natalizi, mentre i detenuti negli Stati Uniti producono tonnellate di equipaggiamenti militari che serviranno per uccidere e terrorizzare. Per me essere un rivoluzionario è il modo migliore per vivere. Cattura e condanna implicano la carcerazione ma ciò non mi farà pentire di una vita di lotta all'imperialismo. Sono stato mandato a Marion per la mia ideologia politica e vi rimarrò finché non ripudierò tutto ciò, cosa che non succederà mai. Per me produrre materiale militare come condizione per il mio trasferimento significherebbe ripudiare le mie scelte politiche ed i miei principi. Non lo farò mai. Rifiutarsi di essere complice del militarismo statunitense è un atto di coscienza e di solidarietà nei confronti di tutti coloro che combattono contro questo stato imperialista e cercano di sopravvivere. E' un atto simbolico però importante perché sfida la natura di questo sistema che conduce ad una incosciente collaborazione con esso. Durante un recente attacco delle forze israeliane - istruite, addestrate e finanziate dal governo americano - contro il Libano, tutti i giornali, le riviste ed i documentari che davano testimonianza delle atrocità compiute - centinaia di morti e feriti, centinaia di rifugiati - allo stesso tempo mostravano un numero incredibile di armi ed equipaggiamenti prodotti negli Stati Uniti. Per i Prigionieri Politici, essere fermi nelle proprie convinzioni può sembrare un atto puramente simbolico, in realtà, protestare e manifestare per far sapere chi siamo e in che cosa crediamo, è molto più difficile di accettare passivamente le decisioni governative. La gravità dei crimini perpetuati dal governo statunitense deve essere denunciata, tutto ciò non può essere fatto senza correre dei rischi o doversi sottomettere ad enormi sacrifici. La mancanza di una forte opposizione di massa non implica necessariamente rinunciare a forme di protesta individuali o di piccoli gruppi. La storia è piena di esempi di queste forme di resistenza: dagli attivisti della Rosa Bianca che durante la Guerra Mondiale si opposero al nazismo ai guerriglieri del Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista; da John Brown agli Industrial Workers of the World; da Malcolm X all'indomito George Jackson. Per ognuno di questi ve ne sono migliaia senza nome. L'unica soddisfazione, a parte la vittoria, sta nel sostegno ottenuto dallo spirito di resistenza del popolo. Queste non sono certe scelte senza conseguenze: il pugno di ferro del governo e del Bureau delle prigioni non lasciano alcuno spazio di protesta a rivoluzionari, ribelli o dissidenti. Uno dei propositi del penitenziario di Marion è appunto quello di distruggere gli individui attraverso la totale esclusione. Una guardia carceraria, Ralph Aaron, ha affermato: "L'unico scopo di Marion è quello di controllare e reprimere qualsiasi tipo di attitudine rivoluzionaria all'interno del sistema penitenziario e conseguentemente nella società stessa". Marion rappresenta la personificazione della repressione attraverso esperimenti psicologici: qualsiasi indizio provi che un detenuto non si conformi alla politica del penitenziario lo condanna all'isolamento a tempo indefinito. Per i trasgressori no vi sarà alcuna pietà - nessun passo avanti verso la libertà, nessun contatto umano con famiglia né con amici; nessun tipo di programma lavorativo, educativo o ricreativo; nessuna possibilità di libertà condizionata. All'amarezza derivante da queste pratiche bisogna aggiungere la totale indifferenza del grande pubblico e della sinistra liberal, che giudica con preoccupazione la situazione dei detenuti sociali, con ostilità quella dei prigionieri politici. C'è un detto a Marion: " Tutti quelli che entrano in questo penitenziario mangeranno tantissima merda prima di riuscire ad uscirne", ciò fa parte del compito di Marion. Mangiare merda però è totalmente differente dal produrre equipaggiamento militare che verrà usato per ammazzare migliaia di persone, persone che hanno sofferto le stesse forme di oppressione, individui che non mi hanno mai fatto alcun male. Sono passati 29 anni da quando sono stato mandato in Vietnam, fucile in mano, dissacrando quella terra e potendomi render conto delle ingiustizie, dei feriti, delle migliaia di morti provocati da chi avrebbe dovuto liberare ed educare sulle virtù dell'imperialismo. Quando terminai il mio periodo, entrai nei Vietnam Veterans Against the War, un gruppo di reduci che contribuì a ridare vigore al movimento contro la guerra del Vietnam, proprio nel momento in cui i bombardamenti erano all'apice della loro intensità e distruzione. In quegli anni, ci fu una vera e propria guerra nelle strade statunitensi, una guerra combattuta tra Newark, Detroit, Pine Ridge, Attica, Humbolt Park e East LA. (...) A parte il sud est asiatico, gli Stati Uniti hanno lasciato il loro marchio di sangue in Cile, nel Salvador, in Argentina, in Nicaragua, in Angola, in Sud Africa, a Cuba, a Portorico, solo per nominare alcuni paesi. Come in Vietnam, la maggior parte delle vittime provocate dall'intervento statunitense sono state civili. Sempre in guerra, questa polizia mondiale, questa nazione che sembra essere onnipotente, si è auto assunta il compito di difendere il sistema economico capitalista in tutto il mondo. Le truppe sono state mobilitate dopo gli scontri di Los Angeles; le truppe sono state mobilitate in Somalia. Il Vietnam mi ha cambiato, ha cambiato il mio concetto di liberazione fino al punto di trasformarlo in una lotta continua contro tutte quelle forze che impongono il loro volere sugli altri alla ricerca di profitto e potere. La libertà è l'espressione più alta della condizione di un popolo capace di controllare il proprio destino. In passato il governo è riuscito ad usarmi per i propri interessi militari; la mia giovane età e la mia ingenuità non sono una scusa valida per la mia complicità: non ci riusciranno mai più." (18) Carceri private: la nuova Babilonia tra gestione, controllo e profitti miliardari. "Le ditte carcerarie private fanno a meno dei ranghi e delle uniformi paramilitari; il vocabolario e il regime marziale, che hanno caratterizzato la professione penale sin dall'istituzione del penitenziario, non vengono più utilizzati. Le ditte carcerarie desiderano ancora creare l'illusione dell'autorità legittima, ma invece di un'immagine pseudo-ufficiale viene proiettata un'immagine più commerciale. Negli istituti gestiti dalla CCA (19), per esempio, ai detenuti non ci si riferisce come a "carcerati", vengono chiamati "residenti", mentre alle guardie carcerarie ci si riferisce come ai "residenti super visori".. Vestiti con maglioni color cammello che portano insegne discrete della ditta, le guardie private vengono rappresentate come dipendenti che possono essere chiamati "tecnici della sicurezza aziendale." (20) Le prigioni private rappresentano oggigiorno e all'interno del Complesso Industriale Carcerario, il segmento più attivo e con le più alte potenzialità espansive. La nascita delle prime società legate alla gestione dei penitenziari privati risale alla fine del 1800, tuttavia gli impulsi maggiori sono molto recenti. L'idea di carceri gestite autonomamente da ditte esterne alle istituzioni dello stato venne accolta al volo dalle Amministrazioni Reagan e Bush, occupate per oltre un decennio a privatizzare i servizi pubblici . Ma ad aver dato sicuramente un netto innalzamento agli investimenti in senso privatistico, sono state le due Amministrazioni Clinton (1992/2000), che "nell'ambito delle iniziative per ridurre la forza lavoro federale, ha incoraggiato il Dipartimento della Giustizia a spedire gli immigrati illegali e i detenuti di minima sicurezza in strutture carcerarie private. (21)" E se oggi "negli Stati Uniti perfino la pena capitale è a volte amministrata da appaltatori privati" (22), questo è dovuto al fatto che "tutto quello che fa lo Stato, l'impresa privata lo può fare meglio, o altrettanto bene" (23). Del resto "Gli argomenti contro le prigioni private variano in solidità e plausibilità, ma in nessun'area ho scoperto un qualsiasi potenziale problema nelle prigioni private che non sia almeno uguagliato da un problema identico o molto simile nelle prigioni gestite dal governo. (...) Dato che non sollevano alcun problema che sia allo stesso tempo unico e insormontabile, le prigioni private dovrebbero essere autorizzate a competere e cooperare con le agenzie governative in modo da poter scoprire il modo migliore per gestire le prigioni che siano sane, sicure, umane, efficienti e giuste." (24) La giustificazione di fondo rimane, e non potrebbe essere altrimenti, la logica concorrenziale: il settore privato, attraverso la concorrenza per gli appalti, può fornire un servizio migliore ad un costo più basso. Ed è su questa giustificazione che già a partire dalla metà degli anni ottanta si è iniziato a imbottire di detenuti i penitenziari a scopo di lucro, che arrivano a coprire, alle soglie del nuovo millennio, ventisette stati, per un totale di circa cento mila detenuti (25). Una cifra contenuta se rapportata alla popolazione carceraria generale, che toccato quota 2 milioni nel Febbraio di quest'anno. Tuttavia, bisogna ricordare che l'esplosione delle "Carceri S.p.A." è molto recente. La più grande società di prigioni private è la Corrections Corporation of America. Per la maggior parte degli anni '80 e nei primi anni '90, la CCA, come del resto hanno fatto i suoi competitori, si è accaparrata un considerevole numero di contratti commerciale per la costruzione e la gestione di prigioni con un basso livello di sicurezza. La CCA gestisce approssimativamente il 52% delle "Carceri S.p.A.", con 78 prigioni e più di 63 mila detenuti sparsi per 25 Stati, tra cui District of Columbia, Puerto Rico e Gran Bretagna. Il punto forte continua comunque a rimanere lo stato del Tennessee, verso cui vengono fatti confluire i detenuti provenienti dal Wisconsin, Hawaii, Montana, District of Columbia e Puerto Rico. Le performance finanziare della CCA sono considerevoli. Il capitale della compagnia, 3,5 mila miliardi di dollari, garantisce investimenti sicuri e la posizione più alta nel mercato del privato. Posizione saldamente mantenuta grazie anche agli intrallazzi che dirigenti della CCA hanno instaurato con membri delle istituzioni governative, sia nella capitale che negli stati ove è presente. Il ruolo di seconda società leader nel mercato dei penitenziari privati è occupato dalla Wackenut Corrections (26), che gestisce all'incirca 17 mila "posti letto", in 24 stati. La WCC è una sussidiaria della Wackenut's Private Security Service, una multinazionale, attiva da oltre 40 anni, che prende il nome dal proprio fondatore, l'ex agente del FBI George Wackenut. La WPSS si è sempre "distinta" per le attività di difesa degli impianti nucleari e nelle operazioni di controllo sociale dei cosiddetti "potenziali sovversivi" (27). Tra il 1970 e il 1980, la WPSS si è occupata della sorveglianza delle varie ambasciate statunitensi sparse per il mondo. Dal 1994 le sue azioni sono andate alle stelle, aumentando vertiginosamente dell'800%. La Direzione della WPSS è composta (come del resto la CCA) da personaggi noti e meno noti da sempre difensori del "sogno borghese americano", come ad esempio Frank Carlucci, ex agente della National Secutiry Agenzie (NSA) durante l'Amministrazione Regan; Bobby Iman, ex agente e deputato a direttore della CIA; mentre lo è stato per molto tempo Jorge Mas Canosa, personaggio di spicco degli anti-castristi di Miami, dove per altro rimane il quartier generale della WPSS. Leggendo tra le news della WCC, troviamo questa interessante notizia, datata 3 Agosto 2000: "La Wackenhut Corrections Corporation (WCC) ha annunciato oggi di aver siglato con il suo partner sudafricano, il South African Custodial Services (SACS), una contratto con il Governo del Sud Africa per lo sviluppa e la gestione per i prossimi 25 anni, di un carcere di massima sicurezza composto da 3.024 posti letto, e situato a Louis Trichardt, nella Provincia a nord del paese. Il Dr. George C. Zoley, vice presidente e capo dell'ufficio esecutivo del WCC, ha affermato: "Questa collaborazione tra pubblico e privato con il Governo del Sud Africa è un importante passo in avanti per la nostra compagnia per quanto riguarda l'espansione e la leadership del WCC nel mercato internazionale delle carceri. Guardiamo con ottimismo ai rapporti con il Governo del Sud Africa verso cui ci siamo impegnati a sostenere progetti ed obbiettivi." Nel prosieguo del comunicato scopriamo poi che i costi di realizzazione del nuovo penitenziario si aggireranno sui 44.6 miliardi di dollari, cifra che verrà finanziata da un consorzio di banche sud africane. Ma non solo, a conclusione del comunicato, ci fanno sapere che il "Wackenhut Corrections è l'industria leader nel mercato internazionale delle prigioni private, con concessioni e contratti pari al 58% del mercato dei penitenziari privati fuori dagli Stati Uniti. La compagnia ha in questo momento concessioni/contratti per 56 prigioni tra il Nord America, l'Europa, l'Africa, l'Australia e la Nuova Zelanda, con un totale di 40.732 posti letto, e ulteriori contratti per istituti di igiene mentale, unità mediche carcerarie, trasporti dei prigionieri, e monitoraggio elettronico per i detenuti a casa." In mezzo tra la CCA e la WCC vi sono almeno altre 16 società che operano in questo settore. Rimanendo sul piano delle "notizie" e degli "annunci" citiamo per l'occasione l'American Corpiration Association (ACA), nata nel 1870, la quale pubblica una interessante rivista: "Correction Today" ("Pene Oggi"). Su questa rivista, che viene curata in tutto e per tutto da quadri dirigenziali della stessa ACA e soci vari, è possibile prendere visione delle offerte e delle richieste del momento (con la stessa disinvoltura con cui potremmo avere a che fare con un "trova/cerca affari" nostrano), oltre che di contributi analitici dell'andamento generale del mercato. Per esempio, la Bell Construction, compagnia nel campo delle costruzioni, "E' da più di vent'anni che costruiamo. Ci siamo costruiti una reputazione. Ci siamo costruiti una clientela, e abbiamo costruito istituti penitenziari. E' il nostro lavoro. Noi costruiamo. E lo facciamo bene. Venticinque istituti penitenziari del valore di 300 milioni di dollari ci hanno dato una esperienza e ora i nostri clienti ci chiamano professionisti. State costruendo o restaurando un istituto penitenziario? Siete interessati ad un edificio costruito con un progetto personalizzato a prezzo garantito? Se desiderate saperne di più sulla nostra esperienza, chiamate Don Estes, il nostro vicepresidente".. Ma questo tipo di inserzioni coinvolgono tutti i settori produttivi che vanno ad operare nella costruzione, nel controllo e nella gestione delle carceri. Ce ne sono per tutti i gusti. Dal telefono che controlla della USWET Communication che "fa soltanto quello che vuoi che faccia. Controlla quanto tempo parlano gli interlocutori. Impedisce loro di raggiungere certi numeri. Può monitorare e registrare tutta l'attività telefonica secondo gli ordini...Tenere i diritti telefonici dei detenuti sotto il tuo stretto controllo.", al bracciale del carcerato della SECUR-BAND: "Identificate i detenuti con un bracciale da polso solido e impermeabile. Due fibbie di metallo che si chiudono a scatto assicurano un sistema di identificazione solido e indeformabile. Non c'è necessità di alcun attrezzo speciale per chiudere le nostre fibbie di metallo. Sono disponibili entrambi i sistemi a scrittura e a inserimento tessera".. E ancora, dai gas lacrimogeni alle armature (sic!) per le aggressioni corpo a corpo, dai sistemi di controllo degli accessi alle celle portatili fino a strumenti di verifica e sicurezza ai raggi X. Manco a dirlo, un ruolo importante tra le pubblicità e ricoperto nello specifico dalla gestione penitenziaria, che per garantire il quieto vivere tra le sbarre, necessita dei pasti caldi e sempre pronti della Service America, oppure delle armi letali e non tipo La Cap-Stun II "usata dal FBI e da mille agenzie di polizia. Mai una causa legale per l'uso di Cap-Stun in 14 anni di utilizzo. Provata efficacia contro tossicodipendenti e psicotici. Disponibili modelli per il pubblico, da regalare ad amici e parenti". (28) Il mercato delle prigioni private ha fatto la sua entrata nei Campus universitari con l'obbiettivo di dare vita ad una scuola gestionale che dovrà fornire futuri quadri dirigenziali ed addetti specializzati. Molto importante è il Private Prison Project dell'Università della Florida di Gainesville, il quale riceve da parte delle società interessate sovvenzioni pari a 60 mila dollari all'anno. Lo staff PPP è composto da ricercatori impegnati nel mettere a fuoco continuamente il mercato dei penitenziari privati, con un occhio di riguardo per quanto riguarda il settore dei mass-media e delle comunicazioni. Il direttore del PPP, Charles W. Thomas, ha scritto centinaia di articoli e saggi cercando di passare come un esperto disinteressato, tentativo per altro tortuoso se consideriamo il suo essere proprietario di azioni della CCA, della WCC e altre società. Come del resto non è difficile vedere in giro giornalisti viaggiare con limousine gentilmente offerte dalle società di cui sopra. Ma non tutto fila liscio come potrebbe sembrare. "L'industria delle prigioni private di regola addebita ai clienti una cifra giornaliera per ogni detenuto; il successo o il fallimento di una prigione privata dipendono dal numero di "uomo-giornate" che riesce a procurarsi. Nel sistema delle celle in affitto, uno Stato con un numero eccessivo di detenuti si rivolge ad un affermato broker di letti, come la Dominion Managment di Edmond, Oklahoma. Il broker cercherà una struttura con letti disponibili al prezzo giusto. Il costo per uomo-giornata oscilla dai 25 ai 60 dollari, secondo il tipo di struttura e i posti letto occupati. Più una prigione privata è affollata, minore è la tariffa per ogni nuovo detenuto. Gli istituti con celle singole sono più costosi di quelli con i dormitori. I broker di letti incassano una commissione fra i 2.50 e i 5.50 dollari per uomo-giornata, secondo le celle disponibili in quel momento. La contea - che non gestisce la prigione ma si limita a riconoscerle uno status legale - a volte riceve un compenso che può raggiungere il dollaro e mezzo per ogni detenuto. Quando tutti i letti sono pieni, la prigione privata, il broker di letti e la contea se la passano benone." (29) La gestione delle prigioni private, che parrebbe simile al modello dell'industria alberghiera, determina che ogni penitenziario abbia un forte incentivo economico a occupare ogni stanza disponibile; si sviluppi un flusso in costante movimento di trasferimenti/deportazioni di prigionieri, specialmente verso le zone meridionali degli Stati Uniti, dove si trovano per lo più le prigioni private. Si crea in definitiva un nuovo processo concorrenziale tra istituti privati, con le conseguenze che si possono ben immaginare. "Nel 1997 un video che documentava le violenze in una struttura penitenziaria privata del Texas ha suscitato grande scalpore in tutto il paese. Il video mostrava gli agenti di custodia del centro di detenzione della Contea di Brazoria che prendevano a calci i detenuti sdraiati sul pavimento, sparavano ai reclusi con un fucile per stordire gli animali selvatici e ordinavano ad un cane poliziotto di attaccarli. I detenuti erano stati condannati nel Missouri, ma occupavano celle prese in affitto nel Texas". (30) Il video in questione ha fatto il giro del mondo, scatenando reazioni di sdegno e denunce. Il video mostrava per la prima volta quella che era ed è tuttora una consuetudine. Allora, quello che seguì le violenze del carcere texano, fu la rottura del contratto tra lo stato del Missouri e la Capital Correctional Resources, la compagnia privata che gestiva la struttura. Ecco, appunto: non tutto fila liscio così come potrebbe sembrare. Tracce in movimento Dopo aver fatto questa veloce quanto parziale comparsata all'interno del Complesso Industriale Carcerario, proveremo non tanto a tirare delle conclusioni quanto, viceversa, a fare alcune considerazioni che possano diventare da qui in avanti tracce di ricerca, analisi e dibattito. Per una attività, quella legata alla questione carceraria, che va sicuramente ripresa, non soltanto a fronte della situazione nordamericana (sicuramente all'avanguardia se rapportata al piano internazionale), ma anche rispetto alle ipotesi di trasformazione proposte da esponenti istituzionali italiani che si andranno a verificare nei prossimi anni sul piano nazionale. Verrebbe quasi da dire che prevenire è meglio che curare...ma non lo diciamo. Nel corso del presente contributo, abbiamo via via cercato di qualificare a grandi linee il ruolo e la funzione del prigioniero odierno sulla base - limitata - di una analisi rispetto agli sviluppi del sistema carcerario statunitense. Abbiamo visto che il "mostro a due teste" determina due prigionieri-tipo relativamente al "carcere aperto" e al carcere di massima sicurezza. Dopodiché abbiamo preso in considerazione come la stratificazione imposta rispetto a queste branchie, abbia prodotto un susseguirsi di livelli di controllo/gestione (addirittura 8) con associate nuove funzioni e nuovi ruoli preposti. Abbiamo quindi posto l'accento sul lavoro in carcere in tutte le sue tipologie, non soltanto come ulteriore sviluppo del carcere cosiddetto "aperto" (e in diversi casi interno ad una forma/carcere che contempli entrambe le branchie), ma per la sua capacità di sprigionare il proprio campo d'azione ben oltre i limiti fisici di un penitenziario, per andare, infine, ad interagire totalmente con il tessuto sociale esterno e con le riurbanizzazioni che la regolano, e che sono i risultati delle politiche economiche che investono non soltanto gli Stati Uniti ma tutto il mondo. E a più riprese abbiamo avuto modo di chiarire come il complesso industriale carcerario non sia una cospirazione che agisce nell'ombra e che regola la "giustizia" penale americana, ma bensì sia parte integrante di un sistema che attraverso la gestione e il controllo delle classi sociali produce ricchezza. E che ricchezza. La necessità cui ci troviamo di fronte è complessa: da una parte abbiamo la necessità di migliorare il livello di analisi per cercare di qualificare con più precisione ruolo e funzionalità del prigioniero detenuto negli Usa alle soglie del nuovo millennio. Ma per fare questo abbiamo la necessità di decifrare quello che tra virgolette abbiamo definito "esercito industriale di riserva fluttuante", in quanto bacino dal quale la borghesia imperialista made in Usa trarrà e formerà i futuri prigionieri; abbiamo la necessità di capire - infine - quali siano i flussi che regolano "l'esercito industriale di riserva fluttuante" sia con l'esterno che con il sistema carcerario. Non resta che rimboccarci le maniche. Note: 1. Cfr. "Senza Censura" n.2/2000 2. "Il carcere imperialista", CONTROinformazione, Bertani editore, 1979 3. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XIX 4. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XIX 5. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XX 6. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XX 7. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XXIV 8. Christian Parenti insegna al New Colege of California di San Francisco. Ha lavorato come radiocronista in America Centrale, a New York e in California, e i suoi scritti sono stati pubblicati da "The Nation, "The Progressive", "In These Times" e "The Christian Monitor". 9. Un caso esemplificativo riguarda la prigione di Florence, in Colorado, per la quale sono stati utilizzati 600 acri di terra prima adibiti al pascolo del bestiame. 10. Per prendere visione della classifica pubblicata dalla rivista Fortune: www.fortune.com/fortune/fortune500/ 11. "Tutto il carcere imperialista è speciale: fin nelle celle fatiscenti, nei bracci anacronistici, si insinua la specialità. Basta una parola, una affermazione, un gesto, una rivendicazione per attivare nei confronti del reo di "non collaborazione" un nuovo trattamento, un nuovo livello di cura. Questa è la vera specialità". Cfr "Il carcere imperialista", pag. XXVI 12. Cfr. "The Lockdown America", di Christian Parenti, New Left Books, pag. 212. 13. E' possibile accedere a tutto un parco-informazioni riguardanti l'UNICOR, collegandosi al sito ufficiale: www.unicor.gov 14. Nella prima parte di questo scritto pubblicata su "Senza Censura" n.2/2000, nel capitolo intitolato "Una cartolina dagli Stati Uniti", nel capoverso relativo alle misure alternative, abbiamo scritto: "Le misure alternative alla detenzione sono semplici palliativi. E molto spesso la libertà vigilata diventa una trappola: le condizioni che vengono dettate per la condotta all'esterno equivalgono a una nuova carcerazione. (...) Non deve conseguentemente sorprendere il dato che 1 persona su 3 fa velocemente rientro in cella (...)." 15. Cfr. "Il carcere imperialista", pag. XXIII 16. Sul carcere di Marion sono stati scritti diversi interventi. Ne segnaliamo due in particolare, entrambi pubblicati sul saggio "Cages of Steels", edito da Ward Churchill e J.J. Vander Wall, Maisonneuve Press (1992): "The U.S. Prison at Marion, Illinois: An Instriment of repression", a cura del prigioniero politico antimperialista Bill Dunne; "From Alcatraz to Marion to Florence: Control Unit Prisons in the United States", a cura di Fay Dowker e Glenn Good (disponibile su internet al seguente indirizzo : http://www-unix.oit.umass.edu/~kastor/ceml_articles/cu_in_us.html). 17. Il Freedom of Information Act è stato concesso dal governo statunitense a metà anni '80, e a seguito di una vasta campagna popolare. Grazie a questo Atto, è stato possibile prendere visione di buona parte della documentazione della CIA e del FBI, anche se limitatamente a periodi storici che non vanno oltre i primi anni '70. In teoria però ogni cittadino americano, tramite il FOIA, potrebbe conoscere se esiste al momento un file sulla sua persona. Presentare domanda in questo senso comunque significa che verrà immediatamente attivato un profilo sulla propria persona. E' possibile visionare materiali storici riguardanti fatti e personaggi (dalla Baia dei Porci a Malcolm X, dai Coniugi Rosenmberg al Partito delle Pantere Nere), collegandosi al seguente indirizzo: www.foia.fbi.gov (attenzione: il sito, come si può ben vedere dall'indirizzo, è ospitato dal FBI) 18. Ray Luc Lavasseur, prigioniero politico antimperialista di origine franco-canadese, ha iniziato la sua attività politica nel 1968 (dopo il ritorno dal Vietnam) col Southern Student Organizing Comittee (SSOC), nello stato del Tennesse. Con il suddetto Comitato, Lavasseur si è attivato contro la guerra in Vietnam e a sostegno delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni rivoluzionarie afro-americane. Ha trascorso quasi tutto il biennio 1969/1971 in carcere. Dopo la sua collaborazione (dal '71 al '73) col Vietnam Veterans Against the War (V VAW), inizia a lavorare assiduamente a sostegno dei prigionieri, degli ex-prigionieri e delle loro famiglie. Dal '74 entra in clandestinità. Arrestato nel 1984 da agenti del FBI, è stato condannato a 45 anni di reclusione, in base alla legge RICO, con altri compagni e compagne (Ohio 7 e Kazi Toure). Indicato come membro del Sam Melville-Jonathan Jackson Unit and the United Freedon Front (organizzazioni che condussero tra il 1976 e il 1984 una serie di azioni a sostegno dell'indipendenza di Puerto Rico, per la lotta antimperialista in Sud Africa e America Centrale). Recentemente è stato trasferito dall'Unità di Massima Sicurezza (ADX) di Florence, Colorado, all'UPS Atlanta di Atlanta, Georgia (Ray Luc Levasseur, 10376-016, USP Atlanta, Atlanta, GA 30315) 19. Per prendere visione delle attività della Corrections Corporation of America, collegarsi al sito ufficiale del CCA: www.correctionscorp.com/ 20. Così si esprime nel 1989 Robert P. Weiss. La citazione viene ripresa dal noto criminologo norvegese Nils Christie, nel suo saggio intitolato "Il Business Penitenziario", Elèuthera, 1996 21. "The Prison-Industrial Complex", di Eric Schlosser, Atlantic Monthly, Dicembre 1998. 22. "Private Prisons. Cons and Pros", di Logan C., pag. 59, USA e UK, 1990 23. Private Prisons. Cons and Pros", di Logan C., pag. 5, USA e UK, 1990 24. Private Prisons. Cons and Pros", di Logan C., pag. 5, USA e UK, 1990 25. "The Prison-Industrial Complex", di Eric Schlosser, Atlantic Monthly, Dicembre 1998. 26. Per prendere visione delle attività della Wackenut Corrections, collegarsi al sito ufficiale della WC: www.wackenhut.com 27. Secondo quanto riportato dal saggio di Christian Parenti "Locdown America", pag. 219, la WPSS avrebbe provveduto a schedare più di 3 milioni di persone. 28. Tutte le inserzioni elencate sono state riportate nel saggio di Nils Christie "Il Business Penitenziario", e tratte dalla rivista dell'ACA "Correction Today". 29. "The Prison-Industrial Complex", di Eric Schlosser, Atlantic Monthly, Dicembre 1998. 30. "The Prison-Industrial Complex", di Eric Schlosser, Atlantic Monthly, Dicembre 1998. [ ] Close |