SENZA CENSURA N.12

NOVEMBRE 2003 

 

Brigate Autonome Livornesi

Ospitiamo un’intervista fatta alle B.A.L. dalla Redazione di Senza Censura.

 

1) Nascita e storia delle B.A.L.

Le B.A.L. (Brigate Autonome Livornesi) nascono ufficialmente nei primi mesi del 1999 in seguito alla travagliata decisione di sciogliere tutti i gruppi esistenti per unire le forze e centralizzare il potere decisionale per organizzarsi meglio; in realtà i componenti dei gruppi che le generarono (Magenta, Fedayn, Sbandati, Gruppo Autonomo) si conoscevano molto bene, e l’unica cosa che li differenziava era la scelta dovuta al quartiere di nascita o le amicizie che i singoli frequentavano .

Questa “illogica” differenziazione generava “scazzi” inutili: i Livornesi sono dei “testoni” per natura, se ne metti 100 in 5 gruppi otterrai 5 posizioni differenti e nessuna decisione “collettiva”; se li metti tutti nella solita barca otterrai, magari dopo giorni di discussioni ,una decisione unitaria e un grande senso di appartenenza.

Quando la nostra generazione è entrata in curva (‘90- ‘91) era il caos totale, l’anarchia assoluta; 30 anni di C e 3 fallimenti avevano generato una situazione grottesca e priva di punti di riferimento, i “vecchi” erano stufi, chi aveva mollato, chi si era “bruciato”, altri (pochi) continuavano a tenere banco per tornaconti personali; alcuni dei primi sono rientrati in pista tra le nostre fila e questo ci ha sorpreso e inorgoglito; gli ultimi hanno rifiutato “ovviamente” la nostra idea di unirsi (ultras 76) e ne hanno rimediato una bella pedata nel culo, sono finiti in sud fino a che non sono stati cacciati pure da li.

L’unico gruppo che per anni ci ha affiancato è stato il North Kaos: la mitologia curvaiola vuole che questi fosse un gruppo di destra, ma l’unica infiltrazione fascista debellata negli ultimi anni è stato un gruppo chiamato LEGIONE nel ‘93-’94, scoperti vicini al M.S.F.T andato in fiamme insieme alla sua sede (M.S.F.T. Livorno) poco dopo la sua nascita; in realtà i NK erano totalmente differenti da noi nel modo di concepire il tifo e il rapporto politica/stadio, nonostante diversi di loro venissero alle manifestazioni con noi; noi partimmo con un idea politica ben marcata, e concedere un’ alternativa priva di contenuti politici (più abbordabile) è servita anche a misurarsi con noi stessi e con la città.

All’inizio tutti ci dicevano “tutti insieme nello stesso gruppo? Noi non ci staremo mai...”: eccoci qui,qualcuno si è ricreduto, qualcuno non è ancora convinto (per presa di posizione), altri testimoniano il nostro progresso con tanta invidia;credi, per la mentalità di questa gente,nel nostro piccolo è stata una rivoluzione.

 

2) Nell’ambito di un attacco generalizzato nei confronti di chi si pone in termini di scontro con la classe al potere la repressione assume le forme che di volta in volta ritiene più adeguate. Negli utlimi mesi sono sempre più frequenti episodi in cui alla tifoseria di sinistra engono applicati gli stessi articoli che colpiscono chi si mmobilita nelle piazze. Potresti fare una panoramica di questa analogia?

Questo è il fulcro principale della nostra teoria sul rapporto politica/stadio in resistenza ultras, per uno stato che incentra il suo attacco repressivo in seguito ad una campagna di criminalizzazione degli stereotipi; non c’è niente di meglio che avere di fronte un mucchio di persone unite “solo dalla voglia di fare casino” anziché combattere dei ribelli sempre pronti a rivendicare le proprie azioni con un carattere politico cosciente, iniziare a concepire la curva ed il calcio come espressioni popolari della “domenica”del proletario e quindi anche come luogo di sviluppo di idee anticapitaliste e antifasciste; significa anche cominciare a combattere quella logica che ha voluto generare il business capitalistico che purtroppo lo gestisce.

Il fatto poi che in questi ambiti si sollevino lotte proletarie e si generino nemici della classe dominante fa si che in entrambi i campi (manifestazioni politiche e sportive) rendano interscambiabili le azioni repressive di uno stato dedito alla lotta al comunismo e al contropotere in generale, facendo sì che gli uni servano da “palestre” per gli altri.

 

3) Quali sono gli episodi repressivi più significativi che vi hanno riguardato?

Tanti, e a dire il vero abbiamo perso il conto, anche perché la repressione in una città di 180 000 abitanti si respira giorno per giorno. Livorno non è Roma ne’ Milano ma a paragone di queste ci sono un numero di diffide emanate (circa 200) che dimostrano quanto l’attenzione della città sia incentrata sull’agire di un gruppo di ragazzi auto organizzati come noi anziché pensare ai molti, troppi, omicidi irrisolti (una decina).

In questi anni abbiamo notato come la nostra onnipresenza nella vita politica e non della città,abbia preoccupato gli apparati della repressione borghese fino al punto di portare ogni “militante” del nostro gruppo ad essere accompagnato ad ogni processo da una “relazione” dei G.I.P. che certifica l’appartenenza al gruppo “estremistico” delle B. A. L., anche in processi che non riguardassero lo stadio, facendo sì che un pugno in una rissa per viabilità ti porti a 30 giorni di isolamento, o questa o quella scazzottata da bar a 4 mesi di carcere.

Una volta all’indomani del g8 (dove eravamo in tanti) scoppiarono degli scontri con degli pseudo napoletani giunti sotto la Nord, in realtà sbirri in borghese, in quella occasione denunciammo il fatto che lo sbirro in questione aveva (prima di essere inseguito da mezza curva) estratto una pistola “gratuitamente” in faccia a dei ragazzini; nonostante avesse lui ovviamente dichiarato di non averlo mai fatto, trovammo (una manna dal cielo) una foto casuale che ritraeva l’episodio, marciammo per il centro della città dove obbligammo il questore a venirla a ritirare di fronte a tutti i media.

Prima accusarono un fotomontaggio, poi il deposito del negativo da un noto “avvocato” ne certificò la genuinità, ottenemmo la tacita scarcerazione di un compagno indagato per rissa da mesi in carcere come dire «state buoni», del resto non abbiamo mai avuto risposta.

Con la triestina esponemmo uno striscione a favore delle Foibe mentre quelli che poi sono diventati «vittime» esponevano e cantavano «me ne frego» durante il minuto di silenzio che ricordava il giocatore di colore Majele: il risultato è stato un putiferio incredibile, dopo decine di anni in cui negli stadi italiani non si inneggia all’olocausto e al terzo reich, il presidente della repubblica e tutta la sinistra istituzionale si schierarono verso la nostra condanna, pagine e pagine di giornali, a Livorno addirittura un morto sul lavoro passò in secondo piano.

Il risultato è stato decine di denunce a chi era ritratto sopra lo striscione (esposto 90 minuti) visto che leggi in merito non ce n’erano; ai malcapitati hanno appioppato una legge generata ma mai sfruttata per i nazi, cosi quei compagni si sono ritrovati una denuncia e diffida per esposizione di uno striscione Xenofobo (?). In seguito come logico sono state annullate, ma il fatto assurdo è che è stato fatto per fare «patta e pari» con le denuncie di tentata ricostituzione del partito fascista annullate ai triestini… A Trieste da 2 anni non riusciamo, senza motivo, ad assistere alla partita, quest’anno hanno fermato 2 pullman (110 ragazzi), li hanno identificati e perquisiti (con esito negativo) per furto; il risultato, 110 denunce e diffide per furti e danneggiamenti mai appurati.

Questa finirà come molte altre volte, i procedimenti penali verranno magari archiviati perché le indagini rivelano l’assurdità dei fatti, la diffida (atto amministrativo) rimarrà comunque per 2 o 3 anni nei quali ogni volta che gioca il Livorno (amichevoli comprese) bisogna recarsi 2 volte in questura a firmare .

 

4) A livello di controllo telefonico, telematico e non solo, cosa avete potuto riscontrare nei vostri confronti?

Abbiamo come tutti una “squadra tifosi” che ci segue, senza il benestare della quale spesso non si riesce ad organizzare niente; come avviene in ogni città “calda”, questo rapporto di forza è a volte aggirabile e a volte meno. In questa o quella trasferta devi mangiare la foglia e chiedere i permessi per i treni speciali, in altre siamo irreperibili fino alla domenica mattina dove partiamo alla spicciolata e fuori dai controlli ma non sempre è possibile.

I telefoni friggono come quelli di molti altri compagni del movimento, il sito è continuamente monitorato ma come abbiamo detto nell’ultimo comunicato se la repressione borghese porge tanta attenzione nei nostri confronti significa che qualcosa di buono l’abbiamo fatto...

Riscontri? In alcuni processi, che tutto riguardavano meno che lo stadio, ci siamo visti tirare fuori filmati, articoli di giornali, e registrazioni di manifestazioni o partite, il P.M. chiedeva agli indagati (come se ci combinasse qualcosa) se eravamo militanti del gruppo o meno...

D’altronde con tutto il tempo che perdono qualcosa faranno pure loro.

 

5) E’ emersa la volontà di creare un “Fronte di Resistenza Ultras” contro la repressione, cercando di superare le divergenze di natura strettamente calcistica. Credete che questo movimento si potrà estendere ulteriormente, comprendendo tutte le tifoserie con affinità politica?

Si, o almeno questa era la nostra idea.

Poi abbiamo fatto i conti con l’ipocrisia di alcune tifoserie con le quali non siamo riusciti a “sfondare” i termini dell’antirazzismo, che per noi è sinonimo di antifascismo militante, ma intraprendere questa scelta in curva significa anche ridurre le forze, non a caso per molte tifoserie reputate di sinistra è più importante il colore sociale dell’ideologia politica magari perché proprio quegli abili picchiatori che difendono il gruppo, tutto sono tranne che compagni, ma vanno in curva assiduamente e fanno molto comodo o addirittura sono più importanti dei compagni stessi.

Pensa, molte di queste curve ci hanno accusato di rovinare il movimento, solo perché le scelte che abbiamo intrapreso ed invitato ad intraprendere non erano alla loro portata.

Non a caso abbiamo avuto molti consensi nei piccoli gruppi di compagni che stanno nelle curve storicamente a destra, che sono e devono restare «anonimi sostenitori», mentre in quelle rosse che col tempo si sono «scolorite» non abbiamo ottenuto neanche il confronto, questo testimonia la pericolosità della tattica dei fasci che quando sono i minoranza inneggiano all’unità dei colori sociali, al campanilismo sfrenato, ma una volta che prendono il sopravvento non concedono spazi e come noto si aiutano l’uno con l’altro viaggiando spesso in trasferta insieme (vedi scontri Roma - Brescia, tra i romanisti molti laziali per scopi politici).

Questo progetto era volutamente «out out» perché non voleva essere il solito progetto cometa che proponeva ma non concludeva, parlava chiaramente di eliminazione collettiva dei fasci dalle nostre curve; quando abbiamo parlato di non belligeranza tra compagni qualcuno ha arricciolato il naso; adesso tra noi Ternani e Anconetani, nonostante un tempo non corresse buon sangue, è nato un bellissimo rapporto di reciproco rispetto e di intesa politica; quando abbiamo sfilato insieme in manifestazione i più hanno detto «guarda quelli…». Ora, a distanza di poco, questi elementi per combattere la repressione hanno sfilato insieme ai fasci di mezza Italia.

Pensa te un compagno che trova dei campi in comune ad un fascio per combattere la repressione… Ci sono curve che si accontentano di collezionare iniziative a sfondo politico di bella facciata, , dirette e interpretate dai centri sociali del posto, il tutto per tentare di rimanere ancorate a quello che non sono più, o forse non sono mai state, e magari la domenica attaccano i «compagni» assieme ai fasci con cui sono cresciuti.

 

6) Cosa significa per voi fare politica allo stadio?

Significa tutto, significa dare un carattere cosciente al gruppo, nei limiti che il confuso ambiente curvaiolo ti permette e nei vantaggi che l’attenzione che l’Italia pone nei confronti del calcio ti concede.

Da quando in città sono sbucati fuori miriadi di «bimbetti» che indossano maglie con stemmi e immagini che neanche i vecchi comunisti stessi pensavano di rivedere, immagini della rivoluzione russa, cubana, del P.C. clandestino degli anni 20, che scrivono sui muri «viva Stalin» e «non un passo indietro», qualcuno ci ha accusato di plagio; e pensare che magari uno di questi è il figlio di uno sbirro, o di un assessore che da anni ci da la caccia ci ha fatto pensare alla disgrazia che possiamo rappresentare per questi personaggi abituati sempre a vincere.

Abbiamo risvegliato una città in letargo, corrosa e immobilizzata dallo strapotere della borghesia di sinistra che tutto vuole tranne che ricordare che cos’è il comunismo; per noi la valutazione di 150 di storia del movimento comunista è e deve essere positiva, questi signoroni del popolo amano sventolare i simboli di una storia che non gli appartiene.

Tante volte ci hanno bollato come gli «stalinisti», in curva nord, nelle B.A..L. ci sono ragazzi provenienti da varie aree antagoniste, non si mangia nessuno, e si rispetta tutti, molti di noi, quasi tutti, rifiutano il «revisionismo» che oltre che infangare la memoria di numerosi compagni come Lenin, Stalin, Mao, Castro e tra un po’ Guevara, distorce la storia ingoiando passo dopo passo anche il ricordo della resistenza antifascista.

Tanti di noi sentono l’esigenza di un vero partito comunista, privo di tabù e dei legami parlamentaristi che nel corso degli anni hanno fatto stabilire alla borghesia e non ai comunisti stessi cosa per essi era legittimo o meno; altri neanche si pongono il problema e guardano al lato sociale delle iniziative realizzate (fondi terremotati, emergency…). Noi cerchiamo sempre di rendere accessibile anche la lettura a tutti, tramite i banchetti di testi e giornali in curva, poi se questo è il plagio ben venga: in altre curve si insegna a picchiare i negri… Hanno monopolizzato l’istruzione, i media e ogni passo che muove questa società si muove verso l’assimilazione del concetto in/out, dentro i canoni sei civile, al di fuori sei un «estremista». Ma lo stadio devono ancora conquistarselo, da anni ci provano ma non ci riescono: almeno fino a che uno solo di noi sarà ancora in libertà i «padroni» di Livorno dovranno fare i conti con i nostri ideali.

Molti compagni snobbano le curve e il calcio come molti Ultras fanno con gli ambienti politici di movimento, questa è una grossa limitazione con la quale purtroppo abbiamo spesso fatto i conti, nessuno deve precludersi nessun campo di sviluppo di idee di lotta; se il calcio è in mano al capitalismo è l’ora di combatterlo non di abbandonarlo, se la politica e il movimento sono pieni di arrivisti è il momento di combattere per cambiarlo.

Dopo i fatti dei «disobbedienti» di Livorno abbiamo attirato simpatie quante antipatie, qualche rapporto con le aree politiche locali (P.r.C. in primis) si è interrotto ma noi non dobbiamo rendere conto a nessuno, tanto meno a chi si sente costretto a prendere le distanze per scopi elettorali imperati dalle esigenze opportuniste delle segreterie nazionali. Queste non sono logiche «comuniste» ma di marketing parlamentarista; tanti, molti compagni ci hanno testimoniato la propria solidarietà, dalle aree più inimmaginabili, stufi anch’essi dell’egemonia che questi figliotti di papà hanno instaurato; a Genova sembrava avessero comprato i diritti televisivi della manifestazione.

In ogni manifestazione a cui abbiamo partecipato da quel momento, arrivavano voci che avevamo aggredito questo o quel compagno dei loro, che eravamo responsabili di questi o quei danneggiamenti, anche quando non centravamo niente o addirittura non c’eravamo nemmeno.

Chissà da chi provenivano e a cosa servivano queste fughe di notizie… Hanno provato a cacciarci da una assemblea pubblica che riguardava iniziative che si sarebbero svolte nella nostra città (blocchi portuali) alle quali poi tra l’altro non hanno neanche partecipato, ci hanno accusato di averli aggrediti in 100 con caschi mazze e spranghe di ferro nonostante l’unico refertato avesse una sbucciatura alla gamba, sfruttando l’attenzione degli sbirri e dei media che dicono di combattere. Poi parlano di repressione e criminalizzazione....

Dicono spesso di sentirsi vicini agli studenti di piazza Tien a Men, e il comunismo eretico di Trotsky, (da una loro intervista), vorrà dire che noi faremo i carri armati e gli agenti dell’NKVD….

 

Livorno 10/10/2003

Direttivo

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