SENZA CENSURA N.13

FEBBRAIO 2004

 

L’associazione dei rivoluzionari

Appunti sulle recenti campagne repressive in Italia.

 

In questi ultimi mesi si sono susseguite centinaia di perquisizioni e decine di arresti. Non ci interessa in questo articolo analizzare i differenti gradi di attenzione a cui le diverse componenti dell’estrema sinistra sono sottoposte, ma provare ad avere uno sguardo d’insieme.
Vi sono centinaia di compagni indagati con il 270/bis (banda armata e associazione sovversiva), a cui è stato sequestrato materiale cartaceo e informatico. I motivi sono i più svariati, pubblicazioni ritenute pericolose, un corteo, la partecipazione militante ad organizzazioni della sinistra rivoluzionaria. Vi sono state vere e proprie campagne internazionali coordinate dalla diverse polizie come nel caso dell’arresto dei militanti italiani imprigionati a Parigi, o come la deportazione di due compagni dall’Algeria verso le galere italiane.

Le inchieste solo in alcuni casi riguardano fatti specifici contestati, il più delle volte sono basate su reati d’opinione.. In un volantino diffuso dai compagni della Panetteria Occupata di Milano si poteva leggere giustamente: SI ACCUSANO I COMUNISTI DI ESSERE COMUNISTI. Si va a rintracciare la pubblicazione di un dato gruppo, si “scova” che tra le sue pubblicazioni vi sono materiali della sinistra rivoluzionaria e “udite, udite”, si trovano lettere e corrispondenze con i comunisti in prigione…basta questo per scatenare la smania di carriera e protagonismo dei giudici. Cambiando il termine comunista con anarchico otteniamo lo stesso tipo di inchiesta.
Non pensiamo che il controllo repressivo sia un fattore in se, ma risponda a determinate esigenze ed è diretto dalla classe dominante. L’anticomunismo, che si respira in questi anni e il suo dilatarsi, non si limita più solo a una battaglia culturale ma arriva a una guerra, e questo è un passaggio che la borghesia imperialista attua in fase di crisi. La forza di classe e delle sue espressioni più avanzate, la sinistra rivoluzionaria, è poca cosa, ma in prospettiva rappresenta una minaccia per la stabilità dentro la metropoli imperialista. La polarizzazione sociale derivata dai processi di crisi in corso, la presenza anche di un piccolo nucleo di compagni attestati su una teoria e prassi rivoluzionaria, sono segnali che minacciano il potere della borghesia. La contro rivoluzione è più attenta e prende paradossalmente in maggiore considerazione alcuni dati che il movimento stesso trascura.
Siamo in una fase, se si analizza la metropoli imperialista, dove la salute del movimento comunista può essere efficacemente riassunta in una frase di Lenin inerente alla salute della sinistra russa nel 1902: “Non ci sono uomini e c’è un infinita di uomini”. Con queste parole faceva notare come un gran numero di rivoluzionari potenziali venisse fornito dalla crisi della società russa e come, per contro, mancassero quadri e militanti dediti al lavoro rivoluzionario organizzato, capaci di utilizzare tutte le forze espresse dalla classe, anche le più apparentemente insignificanti. Si sottovaluta la capacità di rottura che porzioni di classe in lotta possono realizzare, e la loro dimensione oggettivamente anticapitalista. Questa potenzialità fa paura al padronato, nostro dovere è non scambiare però la potenzialità dell’esercizio della forza di classe con il pensare che possiamo avere qui e ora il potere di esercitare questa forza, lo sbagliare si traduce in un vuoto verbalismo anni luce distante dai reali passaggi che la classe sta facendo. Se l’attendismo è in molti casi pompieraggio, il suo contrario, la smania per la radicalizzazione, è un fuoco che si spegne presto perché si ferma solo ad analizzare i momenti alti di una lotta.1
Le lotte operaie dentro la metropoli stanno oggettivamente acquisendo un nuovo carattere. Ora non è più tanto una lotta per ottenere miglioramenti quanto una lotta difensiva e disperata per la sopravvivenza, per il posto di lavoro, per porre un freno alla precarietà sociale diffusa. E questa lotta, ogni volta sempre più radicale, diviene ogni volta più politica poiché è lo Stato, con i suoi poliziotti e tutto l’apparato democratico (politici, giudici, sindacalisti) che deve sostenere le direttive padronali schiacciate dalla voracità di un capitalismo sempre più in crisi.
Accanto alle inchieste legate ai compagni, vi è un inasprimento repressivo della polizia per tutto quello che riguarda le manifestazioni pubbliche e gli scioperi. Si hanno sempre più spesso denuncie e inviti da parte del Ministero degli Interni a dotarsi di leggi più restrittive riguardanti la garanzia di sciopero. La battuta di un magistrato che parlava di “fascistizzazione” della società si materializza in modo sempre più evidente dentro i conflitti di lavoro.
La rivista “Senza Censura” ha spesso cercato di mettere in relazione questo fronte interno con quello esterno: la guerra contro il terrorismo mondiale. L’imperialismo non bombarda e vampirizza solamente altri paesi, ma deve fermare ogni possibile polarizzazione di forze nel suo fronte interno. L’attenzione a cui è sottoposta la sinistra rivoluzionaria va di pari passo con la spirale repressiva contro le esperienze arabo-rivoluzionarie. L’imperialismo colpisce quindi imprigionando e uccidendo questi militanti in Europa e in Italia.
Vi è una martellante compagna contro il possibile coagulo di forze tra queste esperienze e la sinistra rivoluzionaria, anche in questo caso sottostimata dalla maggioranza dei compagni, ma presa in seria considerazione dalla borghesia imperialista, che inizia ad avere gravi perdite in Iraq, Palestina, Colombia, Nepal.
Per prevenire questo gli strumenti utilizzati dall’imperialismo nella metropoli possono essere definiti da guerra di bassa intensità (botte, microfoni, continui accertamenti, fermi, carcere), anche se il più comodo e indolore in termini politici per la borghesia è il creare barriere e meccanismi di desolidarizzazione tra i compagni della sinistra rivoluzionaria e tra loro e la classe. Non è un meccanismo nuovo, la desolidarizzazione come fenomeno pianificato da parte dell’imperialismo è uno strumento che agisce attraverso gli opportunisti. In Italia fenomeni quali il pentitismo, la dissociazione, la soluzione politica (resa), non sono nuovi, e rivivono ora dentro le patetiche diatribe del “movimento”, nella gara per isolare i comportamenti e le prassi politiche scomode (quelle rivoluzionarie), portano interi settori a trovarsi un giorno accusatori e il secondo accusati. La borghesia non si accontenta mai e chiede continue verifiche di affidabilità.. Chi accetta questo gioco perde sempre perché non vi è mai una fine. La caccia al criminale al sovversivo istericamente lanciata da alcuni settori di sinistra, affiancati da tutto l’arco parlamentare combacia perfettamente con la repressione poliziesca. Ora anche il solo fare delle scritte ad un corteo rappresenta un atto di forza… Lo stesso sbandierato pacifismo della sinistra nasconde una sottomissione alle regole dell’imperialismo e favorisce l’isolamento delle situazioni più avanzate antimperialiste.

Le inchieste dove sono coinvolti i compagni di Senza Censura radunano diverse componenti politiche. Lo stato ci ricompone più facilmente che noi stessi. Il cosiddetto rifarsi l’archivio (mappando gli spostamenti, il numero dei partecipanti ai gruppi) tattica normale per una forza dello Stato adibita al controllo, si affianca alla tattica dell’isolamento. Isolamento che si traduce in molte situazioni nello spaventare amici, e compagni di lavoro dei militanti indagati. E’ forse la forma più lieve di repressione se paragonata ad altri strumenti che può esercitare la polizia, ma assolve a un compito ben preciso in modo efficace. Negli ultimi anni è evidente che vi è stato in tutte le componenti dell’estrema sinistra un maggiore contatto che in passato con fasce giovanili o con porzioni di classe non politicizzate. L’onda dopo Genova, la guerra, la precarietà sociale diffusa, un governo smaccatamente autoritario e di destra, tutti questi elementi confusamente hanno indirizzato numerose persone verso circoli, centri sociali, collettivi di lavoratori ed altre strutture dell’estrema sinistra. Non è certo una massa omogenea, ma è un numero sufficientemente alto tale da poter smuovere il dibattito politico. Spesso questo rapporto con l’attività politica, sociale o sindacale non si traduce in una militanza organica, i gruppi e le aree sono rimasti abbastanza invariati, con oscillazioni tipiche dovute all’instabilità umorale dell’estrema sinistra. L’aver promosso una serie di inchieste a tappeto tra le diverse componenti rende ancor più difficile la crescita politica. Può far ridere ma il solo essere fermati in macchina dopo una riunione, il saper che il telefono è sotto controllo, non rientra nella normalità della maggioranza dei lavoratori in Italia oggi…

Il panorama che abbiamo davanti vede un movimento di classe che si confronta con una fase di crisi, utilizzando strumenti per lo più spuntati e inadeguati, ma al tempo stesso lotta. Il movimento comunista è diviso ed è incapace di darsi prospettive d’azione che rompano con l’opportunismo e il settarismo. L’utilizzo forsennato da parte statale dei reati associativi deve farci riflettere e portarci ad una verifica degli spazi politici per i comunisti e rivoluzionari tutti ora.
Non vogliamo ingigantire alcuni meccanismi repressivi, ma neppure ignorarli e non saperli collocare in una prospettiva che vada oltre al limite emergenziale
1 Nella recente mobilitazione degli autoferrotranvieri spesso si è partecipato e solidarizzato a questa lotta presi dalla “novità” della forma dura di sciopero che i lavoratori si sono dati, ma si è offerto uno scarso punto di vista, non si è riusciti a portare questa vertenza su un piano politico, pur essendoci tutti gli elementi: la situazione di guerra internazionale, l’utilizzo vistoso della repressione poliziesca, la campagna mass-mediatica degli organi borghesi, la personalizzazione dello scontro.



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