SENZA CENSURA N.15
NOVEMBRE 2004
Illustre Signor Pubblico Ministero
Lettera di Ben Attia Nabil, processato e condannato a Milano, al Pubblico Minister Dambruoso
Si è concluso venerdì il processo d’appello contro
Ben Attia Nabil e i suoi coimputati.
QUATTRO MESI IN PIU' DI PENA PER TUTTI... questo il risultato.
La corte d’appello di Milano ha inteso confermare e confermare così la
“giustezza” della repressione e della condanna inflitta da Dambruoso.
Come non leggere anche, tra le righe della sentenza, la conferma del legame tra
la repressione interna e il proseguire dell’occupazione militare in Iraq?
Negli stessi giorni a Como venivano effettuate perquisizioni ai danni di altri
immigrati arabi tutti provenienti da paesi non filo-americani....
Ulteriore accanimento repressivo anche nei confronti degli altri tunisini a
rischio espulsione.
Sono stati quasi tutti trasferiti di carcere. In più sia Essid Sami Ben Khemais
che Kammoun Mehdi sono stati sottoposti a regime d’isolamento stretto.
Per Essid Sami si tratterà di sei mesi di isolamento rigido con visto di censura
sulla posta. Dicono di averlo trasferito da Palmi a Carinola per tentata
evasione.
Dicono di avergli trovato nella pianta della scarpa un seghetto di 14 centimetri
e un microfono per registrare tolto dal walkman. I verbali scrivono che il suo
compagno di cella avrebbe reso dichiarazione spontanea su tutto ciò.
Per Kammoun non si sa invece per quale motivo sia in isolamento e per quanto
debba rimanerci.
Si sa invece che i secondini hanno affermato chiaramente che non gli piace che
loro abbiano amici chiedendo: “Come hanno fatto a finire in questo pozzo di
fango? Digli che andiamo a chiederglielo a casa una mattina come si sta in mezzo
al fango.”
Per nulla intimoriti da qualsivoglia tipo di minaccia di secondini, sbirri di
ogni genere e\o apparati vari, rinnoviamo il nostro impegno in solidarietà con
questi ragazzi così pesantemente attaccati dalla repressione e a rischio
espulsione e invitiamo tutti a rompere il silenzio e l’isolamento in cui si
intende relegare la loro condanna a morte.
Invitiamo tutti a non lasciarli soli e a scrivergli almeno una cartolina.
Riescono tutti (più o meno bene) a rispondere in italiano.
Riteniamo che le informazioni su questa drammatica situazione vadano diffuse in
modo ampio e diffuso al di là delle affinità e differenze e invitiamo tutte le
realtà e individualità del mondo antagonista ad attivarsi contro una così
ignobile repressione ognuno nei modi che più gli appartengono.
Questi gli indirizzi:
- ESSID SAMI BEN KHEMAIS - C.C.R. Via San Biagio, 6 - 81030 Carinola (CE)
- KAMMOUN MEHDI - C.C. Via Lamaccio, 2 - 67039 Sulmona (AQ)
- AOUADI MOHAMED AOUADI MOHAMED - dovrebbe essere nel carcere dell’Ucciardone a
Palermo (cap 90100) ma non abbiamo più sue lettere da oltre un mese e siccome
attendeva la risposta x la liberazione anticipata temiamo sia scomparso pure lui
- BOUCHOUCHA MOKTAR - C.C. Via Trodio, 8 - 89014 Palmi (RC)
- BEN ATTIA NABIL - Casa di reclusione Opera - 20090 Opera (MI)
Assemblea per la solidarietà di classe - Milano
- o - o - o - o - o -
Illustre Signor Pubblico Ministero, scrivo questa lettera per comunicarLe quanto
non ho avuto tempo o modo di dire in aula chiedendoLe di leggerla come una
lettera privata tra due uomini e comincio dallo sguardo soddisfatto, da
vincitore, che mi ha rivolto il giorno della sentenza al mio ingresso in aula.
Avevo già avuto modo di capire che Lei è potente, ma quel giorno mi sono
convinto che lei è potentissimo: conoscere l’esito di un processo in anticipo è
lusso concesso a pochi. Così come ho notato che, quando i giudici entravano in
aula, Lei non si è mai alzato in piedi per rispetto alla corte, cosa che noi
abbiamo sempre fatto, pur essendo sconsigliato dalla nostra Religione; mentre
Lei lo ha fatto solo il giorno della sentenza… forse per rispetto delle tante
telecamere presenti per la prima volta in aula.
Signor P.M., ogni volta che ha fatto opposizione, durante il dibattimento, essa
è stata accolta, mentre quelle presentate dai nostri difensori sono state
sistematicamente respinte.
Mi permetto di ricordarLe, come Lei abbia avuto a ridire per una udienza
rinviata causa di un serio e doloroso impedimento del mio Avvocato: un aborto
naturale, ed io ho visto la Signora lacrimare in aula per la sua insensibilità!
E non posso dimenticare come Lei ci ha trascinati, per ben trenta udienze con
atti e traduzioni di intercettazioni telefoniche, risultati poi fasulli, e per
questo si è dovuto riprendere quasi daccapo il processo, mentre in aula vedevo
Lei trascorrere il tempo continuando ricevere telefonate!
Ma quello che è più sconcertante è di conoscere in anticipo l’esito della
sentenza; posso anche pensare che lei abbia avuto una grande influenza sulla
formazione della stessa.
Signor P.M., è disgustoso il fatto che lei fosse contento e soddisfatto sapendo
di aver fatto condannare un innocente, dove è l’interesse per la verità? Secondo
il codice penale il suo ruolo sarebbe quello di fare emergere la verità, non
quello di perseguire sempre e comunque una condanna!
Signor P.M. , le ricordo che la mia storia inizia a metà del 2001 quando la
comunità islamica di Milano e Lombardia mi incarica di formare un comitato a
sostegno di alcuni fratelli musulmani arrestati all’inizio dell’anno, per
gestire i rapporti con avvocati e stampa e, cosa non meno importante, sostenere
moralmente, religiosamente ed economicamente i ragazzi arrestati. Come lei ben
sa ho svolto un incarico ufficiale di traduttore per conto degli avvocati Maris
e Nebbuloni , come le ha confermato un documento dello stesso avv. Maris.
Signor P.M. , posso solo presumere di aver svolto efficacemente il mio compito,
ho sicuramente infastidito Lei ed i suoi collaboratori: numerosi comunicati
stampa del comitato denunciavano ingiustizie, violenze, pressioni, minacce e
falsificazioni a danno dei Musulmani arrestati e per tali comunicati sono stato
a mia volta importunato e minacciato.
Sig P.M., Lei è ben consapevole che quella mia azione non era in violazione ad
alcuna legge, ma rientrava semplicemente nel gioco democratico svolgendosi in un
paese liberale, o così almeno mi illudevo… nel quale nessuno dovrebbe essere
arrestato tentando così di metterlo a tacere: ho sempre agito nel totale
rispetto delle regole di questo paese che ha la presunzione di garantire la
libertà di pensiero e di parola, di un paese che ha nel suo DNA la solidarietà,
nel quale sono attive molte associazioni per il sostegno e la difesa dei
detenuti! Però quando determinati diritti debbono essere tutelati nei confronti
dei Musulmani le regole scompaiono o quantomeno sono applicate con concetti
diversi.
Signor P.M., il mio arresto nel novembre 2001 è una forzatura, la convalida
dell’arresto una leggerezza e quanto subito sino ad oggi, compresa la sentenza,
è un’autentica, vergognosa persecuzione unicamente per il mio credo religioso,
perché di questi tempi essere Musulmano o appartenere ad una Comunità Islamica è
una colpa.
Signor P.M., in base all’art. 358 CPP le indagini da lei svolte dovevano
comprendere anche gli elementi a mio favore, e sono veramente parecchi ed in suo
possesso. Non mi aspettavo che Lei li portasse in aula, ma mai avrei creduto che
Lei arrivasse al punto di modificare il senso delle prove a sostegno della mia
tesi difensiva o che utilizzasse intercettazioni telefoniche di altri che
parlavano di documenti falsi per introdurvi il mio nome o che mi attribuisse
discorsi inesistenti o intercettazioni non mie… su questo punto ricordo la sua
testuale ammissione in aula: “abbiamo avuto un po’ di fantasia’.
Signor P.M., proprio questa ammissione è stata eclatante nonché gravissima,
indice di un’intera costruzione di accuse basate su menzogne e ipotesi non
riscontrabili nei fatti. Ricucendomi un piccolo spazio personale, ribadisco che
nei miei confronti è stato ordito un feroce ed inammissibile “complotto”, questa
falsa accusa di “Associazione a delinquere” è motivatamente sterile, indegna di
un Paese che si atteggia a “civile”.
“Se” sopravviverò a questa gratuita condanna, appena mi sarà possibile,
riserverò ai miei legali il compito di ripristinare e di far evidenziare tutte
le falsità e le contraffazioni emerse durante il processo, così come Lei sa
altrettanto bene che ho le carte in regola per agire in tal senso, poiché questo
sta diventando per me una ragione in più di vita. Ho atteso per precauzione il
giudizio, su consiglio dei miei Avvocati, senza trovare riscontro nei giudici,
se la prudenza e la convenienza mi inviterebbero a desistere, il disgusto per
l’ingiustizia subita è tale che mi induce a ribellarmi, ad esternare, oltre alla
mia riprovazione, quanto realmente accaduto.
Signor P.M., più di un anno è stato necessario per avere in aula la perizia
relativa alle intercettazioni telefoniche, perché tutti i periti nominati dai
giudici rinunciavano al mandato e non portano a termine l’incarico avvalendosi
delle scuse più banali, senza mai dichiararne la vera causa. Alla fine, l’ultimo
dei periti, blindato in tribunale, ci riuscì. Ora, analizzando questo punto: chi
poteva trarre vantaggio dalla mancanza della perizia? Certamente non noi, perché
proprio questa perizia smentisce gli inquirenti, evidenzia forzature ed
illogicità, quando non addirittura falsificazioni della documentazione da Lei
presentata! Questa perizia conferma quanto abbiamo sempre dichiarato ed invece…
si è sostenuto che avremmo minacciato noi i periti incaricati!!
Signor P.M., uno dei periti che allora rinunciò, la Dottoressa Saliha Ould
Abdessalam, tramite il proprio legale Avv. Massimo Fabio De Pascali, scrive al
tribunale dichiarando di essere una cittadina straniera che viene a trovarsi in
un procedimento penale istruito da una procura dello stato che la vede ospite.
Mi chiedo: “cosa spinge un perito a parlarci del suo stato civile e sociale, a
specificare di essere una cittadina straniera ospitata in questo Paese?” (è il
terrore di svolgere un incarico in altri tempi o contesti normalissimo), e
prosegue il perito: “per quanto sopra esposto, con espressa richiesta
all’intestato Tribunale di acquisizione e valutazione degli elaborati dalla
scrivente nel procedimento n 4854/ 02, da confrontarsi eventualmente con quelli
eseguiti dal consulente che è intervenuto nell’adempimento dopo la mia rinuncia,
al fine di accertare la fedeltà dell’opera svolta” . Parole che mostrano
inequivocabilmente come la Dottoressa Saliha Ould Abdessalem senta la necessità
di cautelarsi nei confronti dell’autorità giudiziaria.
Signor P.M., mi permetto di ricordarLe che il lavoro non concluso di questa
consulente era identico a quello che il tribunale ebbe da un altro perito e che
contrastava le sue affermazioni!
È chiaro, senza ombra di dubbio che non erano certo gli imputati di questo
processo ad aver interesse a che queste traduzioni non arrivassero in aula.
Traduzioni per le quali lei ha testualmente così recitato: “ abbiamo avuto un
po’ di fantasia”.
Signor P.M., non ci sono prove di un mio coinvolgimento nelle accuse che mi
vedono imputato e condannato, e Lei lo sa. In caso contrario come spiegherebbe
le ripetute offerte di patteggiamento fattemi pervenire tramite i miei legali?
Se avessi voluto essere scarcerato in fretta avrei accettato da tempo il
patteggiamento propostomi.
Signor P.M., come ho più volte affermato, non intendo essere in alcun modo
coinvolto in vicende che non mi appartengono. Ho famiglia, dei figli, tutti
abbiamo subito e subiamo discriminazione e discredito a causa del processo ed io
non voglio rientrare in famiglia con una condanna, anche se minima, per accuse
alle quali sono assolutamente estraneo. Il mio processo ha sicuramente risentito
del generale clima di sospetto e tensione originato dagli attentati dell’11
settembre: sono Musulmano, mi sforzo di rispettare rigorosamente i dettami del
Santo Corano, ma questo non fa di me un terrorista, né un viceterrorista! Non lo
sono e non mi sento tale, mai ho intrapreso le tipiche azioni del terrorista:
tutta questa vicenda ha gravemente compromesso la tranquillità della mia
famiglia e questo per agitare ulteriormente lo spauracchio del “pericolo
Islamico”
Signor P.M., in ogni ambiente esiste il buono ed il cattivo, chi si fa
interprete di ideologie con secondi fini, non tutti siamo uguali, non tutti
assumiamo comportamenti aggressivi. Se esistono colpe di alcuni perché
scaricarle su un’intera Comunità?
Signor P.M., la Corte Europea di Strasburgo, recentemente e a tutela delle varie
etnie, minoranze ed appartenenze religiose in tema di atti terroristici ha
affermato il principio che l’essere di religione islamica o l’appartenere ad una
Comunità Islamica non significa a priori essere un probabile terrorista e ciò
non va preso a fondamento come unico e verosimile motivo di appartenenza a
un’entità con finalità terroristica: le colpe, semmai ve ne fossero, vanno
cercate a livello personale.
Signor P.M., la Comunità Islamica di Milano e Lombardia è stata ripetutamente
importunata, infastidita ed aggredita: lei ha violato i diritti di famiglie
musulmane residenti nel Nord Italia con continui assalti, perquisizioni dure con
mostra di muscoli ed agenti incappucciati che entrano nelle case, armi in pugno,
buttando a terra gli uomini, ci sino donne e bambini finiti in ospedale… gli
stessi miei bambini se bussano in maniera insolita, si buttano sotto il letto
per nascondersi, altri non sorridono più per lo shock subito nel vedere le
“teste di cuoio” che maltrattano i genitori, ho saputo di donne che hanno
interrotto la gravidanza prematuramente per lo spavento! Un’intera Comunità
terrorizzata, che non può presentare denuncia per paura di ritorsioni, e non
solo qui in Italia, ma anche nei paesi d’origine… e tutto questo viene da lei
giustificato con le informazioni di una fonte confidenziale che indicherebbe la
presenza di armi, esplosivi ed aggressivi chimici che poi non sono mai stati
rinvenuti!
Signor P.M., con molto orgoglio lei ha dichiarato dopo la sentenza: “è stato
riconosciuto, provato, un reato associativo difficile da dimostrare”. E ci
credo, perché apparteniamo tutti alla stessa comunità religiosa, ci conosciamo
tutti per precisi e specifici motivi di culto, e preghiera e di fratellanza
nell’Islam. La risposta della comunità europea è chiara e questa sentenza è
stata definita “suicida” perché svelerebbe nella motivazione la debolezza di un
argomento, o peggio, un errore di diritto che potrebbe portare ad un
annullamento in appello od in cassazione.
Signor P.M., non rientra nelle torture arrestare e tenere segregate, con la
scusa della prevenzione, delle persone straniere con l’aggravante di essere
musulmani, nelle carceri per tempi lunghissimi? Presentare delle cosiddette
“prove” confezionate ad arte, se non inventate e manipolate, senza alcun
riscontro, non vuole essere considerato “abuso di potere” o meglio “
calpestazione di ogni diritto umano” con preoccupanti analogie con il passato
“nazismo”? (La storia proprio non insegna nulla?) e l’altro “becero pensiero” (
che potrebbe diventare presto un triste realtà) non è quello di voler
“consegnare” tutti i detenuti musulmani violando tutti gli accordi
internazionali e , aggiungo io “leggi umane”, alle autorità politiche dei loro
Paesi d’origine, ( spesso a regime dittatoriale) con la “puerile scusa”
dell’allarme sociale ( preghiere nelle varie moschee?)
Signor P.M., Vergogna e Anatema! Quale disegno politico si “cela” dietro questa
persecuzione? Chi trae o… trarrà vantaggi economici e politici da questa immonda
“guerra non dichiarata”? ma Amnesty international, la croce rossa
internazionale, e tutte le altre associazioni Umanitarie, secondo voi, sono
associazioni legali o sono dei clubs di “annoiati” che si dedicano a fornire
“dati falsi” alle agenzie di informazione internazionale? “ Se” hanno fatto
dichiarazioni nelle quali veniva evidenziata l’inopportunità di rimandare nei
Paesi d’origine i perseguitati politici o i dissidenti, in quanto il
“trattamento” previsto al loro rientro era il “patibolo” o in alternativa
(umanitaria) una bella serie di torture fisiche che al confronto quelle
recentemente effettuate dagli imperialisti americani nelle prigioni irachene
sono manifestazioni d’affetto.
Signor P.M., so del libro che Lei ha scritto insieme al suo amico, il grande
farneticatore Guido Olimpio, “Bagdad Milano”: non dimentichi di scrivere anche
un libro sulle vicende processuali milanesi ed a tal proposito le suggerirei un
titolo appropriato “le fantasie di un magistrato”. Il tutto estratto, per sua
stessa ammissione, dal suo discorso in aula, dove per l’appunto così lei stesso
ha recitato “abbiamo avuto un po’ di fantasia”! Le auguro un grande successo
editoriale nella sua nuova veste di scrittore di successo!
Signor P.M., grazie ad Allah (SWT) so che carriera e fama si ottengono e si
perdono in un battito di ciglio specialmente quando sono ottenuti con imbroglio
e manipolazioni e questo vale per tutti, credenti e non, e tanto mi basta. Non
cesserò comunque di battermi per avere giustizia! Dio dice nel Sublime Corano:
“Allah non ama che venga conclamato il male, eccetto da parte di colui che l’ha
subito. Allah tutto ascolta e conosce” (Corano 4,148).
Signor P.M., innanzitutto confido nell’onnipotente e nel suo aiuto. E spero in
una corte d’appello veramente non di parte, con potere decisionale autonomo che
vada a fondo di tutte le “stranezze” e irregolarità del mio processo e che
sovverta un verdetto ingiusto che ha visto comminare pene eccessivamente severe
per me ed i miei coimputati.
Benattia Nabil
una vittima della sua sporca guerra
preventiva contro i musulmani