SENZA CENSURA N.18
NOVEMBRE 2005
Privatizzazioni a fin di guerra
Fincantieri tra giungle di appalti e mari militarizzati…
La ristrutturazione dei cantieri navali ha visto 
negli ultimi anni una forte accelerazione in Europa: il conseguente 
ridimensionamento, l’esternalizzazione sfrenata, una decisa virata della 
produzione e dell’organizzazione della logistica a fini militari sembrano 
avvalorare quanto affermato a proposito del trasporto via mare in un articolo 
del numero 11 di SC ( “Alla deriva…”). Alla luce delle recenti lotte dei 
marittimi Corsi e Marsigliesi, in questo numero facciamo il punto sugli effetti 
della privatizzazione alla Fincantieri e, attraverso una breve cronistoria, 
sulla ristrutturazione dei cantieri navali in Spagna.
LA SITUAZIONE DELLA CANTIERISTICA EUROPEA 
La cantieristica europea ha conosciuto grandi cambiamenti a partire dalla metà 
degli anni ‘70.
Due cantieri su tre sono scomparsi e l’occupazione è scesa dai circa 400.000 
lavoratori del 1975 ai circa 85.000 di oggi, per quanto la produzione in realtà 
sia rimasta stabile, a riprova degli enormi aumenti di produttività raggiunti 
dall’industria europea. 
Sul mercato internazionale si sono confermati come protagonisti i cantieri della 
Corea del Sud, del Giappone e della Cina, mettendo in evidente difficoltà 
numerosi cantieri europei che, nonostante gli effetti positivi della ripresa 
internazionale con conseguente valore record della domanda di nuove navi, sono 
riusciti ad acquisire commesse per nuove navi con sempre maggiori difficoltà a 
causa della concorrenza messa in atto dai cantieri coreani. 
L’incremento della domanda che ha caratterizzato il mercato delle costruzioni 
mercantili, ha confermato lo stato di precarietà o situazioni di crisi aziendale 
in cui si trovano numerosi operatori europei che hanno denunciato situazioni 
finanziarie compromesse o sono entrati in fallimento, facendo registrare un 
ulteriore forte ridimensionamento della cantieristica europea (chiusura per 
fallimento del cantiere tedesco Flender Werft, chiusura del cantiere svedese 
Bruces Shipyard, del cantiere olandese Van der Giessen, del cantiere inglese 
Appledore Shipbuilders) e evidente riduzione dell’occupazione complessiva del 
settore, a seguito di chiusure e interventi di 
ristrutturazione/ridimensionamento della capacità produttiva. 
In Germania, il cantiere HDW ha programmato una riduzione dell’occupazione da 
febbraio da 3210 a 2470 unità, e il cantiere Meyer Werft ha programmato un 
taglio della forza lavoro di circa il 30%, da 2600 a 2000 unità. Il cantiere 
Flender Werft – come si è detto - è fallito, con una perdita occupazionale di 
800 unità lavorative. 
In Finlandia, il Cantiere Kvaerner Masa Yards, ha annunciato la concentrazione 
delle proprie attività relative alle lavorazioni di scafo nel solo cantiere di 
Turku, prevedendo un taglio della manodopera di 986 unità.
In Italia, il Cantiere Navale Fratelli Orlando di Livorno, in amministrazione 
controllata, è uscito dal comparto delle costruzioni navali mercantili, 
prevedendo un notevole ridimensionamento dell’organico di circa 215 unità su un 
totale di 390. Il Cantiere è stato acquistato dal gruppo Azimut-Benetti che 
opera nel comparto della costruzione di imbarcazioni da diporto; il Cantiere 
Navale Mario Morini di Ancona, acquistato dal gruppo Ferretti, è uscito dal 
comparto delle costruzioni mercantili, riconvertendosi alla costruzione di unità 
da diporto (maxi yachts). 
I Nuovi Cantieri Apuania, con un’occupazione di circa 260 addetti ed un indotto 
intorno alle 1000 unità, stanno attraversando un periodo di grave crisi, che 
potrebbe portare ad un ulteriore ridimensionamento occupazionale.
In conclusione, circa 8300 posti sono andati persi in Europa a seguito di 
interventi di ristrutturazione, di riconversione e ridimensionamento della 
capacità produttiva. 
LA RISTRUTTURAZIONE DI FINCANTIERI
Fincantieri, sorta a fine 1959 come “Società Finanziaria Cantieri Navali - 
Fincantieri S.p.A.”, nel corso del 1984 si è trasformata in società operativa, a 
seguito della fusione per incorporazione di otto società da essa controllate 
operanti nel campo della costruzione navale, della riparazione navale e della 
costruzione di apparati motori. 
Fincantieri oggi si presenta come un gruppo controllato da Fintecna S.p.A., che 
detiene l’83% del capitale sociale, mentre la rimanente quota del 17% fa capo a 
nove istituti finanziari: Capitalia, Banca Nazionale del Lavoro, Unicredito 
Italiano, Banca Carige Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Banca Intesa, 
Citibank International, SANPAOLO IMI, IMI Investimenti e Banca Antoniana 
Popolare Veneta.
L’avvio dell’attività di Fintecna, società interamente controllata dal ministero 
dell’economia e delle finanze, é collegato al piano di ristrutturazione 
(novembre 1993) dei settori delle costruzioni, dell’ingegneria civile e 
dell’impiantistica facenti capo al Gruppo IRI, attivato con la liquidazione 
dell’Iritecna SpA. 
Fintecna ha realizzato il “risanamento” in circa cinque anni, trascorsi i quali 
il mandato si è esteso al coordinamento, gestione e controllo di tutti i 
processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo al Gruppo 
IRI (Ilva, Iritecna, Finsider, Italsanità, ...). 
Nell’ambito di tali attività è proseguito il processo di concentrazione delle 
liquidazioni che ha portato alla fusione per incorporazione dell’IRI in Fintecna, 
che ne ha così acquisito il relativo residuo portafoglio di attività costituito 
principalmente dalle partecipazioni in Fincantieri, Tirrenia e Edindustria. (1)
Dopo la dismissione dei cantieri operanti nel settore delle riparazioni navali - 
oggi concentrate nel cantiere di Palermo - e lo scorporo delle attività 
motoristiche cedute alla Wartsila Corporation, la produzione è svolta in otto 
stabilimenti, ripartiti in tre Direzioni: la Direzione Navi a Crociera, cui 
fanno capo i cantieri di Monfalcone (Gorizia), Marghera (Venezia) e quello di 
Sestri Ponente (Genova), la Direzione Navi da Trasporto, con i cantieri di 
Ancona, Castellammare di Stabia (Napoli) e Palermo e la Direzione Navi Militari, 
con i cantieri di Riva Trigoso (Genova) e di Muggiano (La Spezia). 
A Fincantieri inoltre fanno capo alcune società collegate e controllate, tra le 
quali:
• la Orizzonte Sistemi Navali, società di sistemistica navale con sede a Genova, 
recentemente creata per la definizione, progettazione, integrazione e 
commercializzazione dei sistemi di navi di superficie ad elevato contenuto 
tecnologico e sistemistico, quali corvette, fregate, caccia e portaerei, di 
dislocamento superiore a 1.000 tonnellate, sia per il mercato nazionale che per 
quello estero;
• l’Isotta Fraschini Motori, con sede a Bari, che opera nel campo della 
progettazione, costruzione, vendita e assistenza di motori diesel veloci di 
media potenza;
• il CETENA - Centro per gli Studi di Tecnica Navale di Genova, che promuove e 
svolge attività di ricerca fondamentale, di base e applicata nel settore della 
costruzione e propulsione navale, nonché nel comparto marino in generale. Il 
CETENA, autorizzato dal Ministero della Ricerca, assicura anche prove di 
laboratorio per piccole e medie imprese e agisce come coordinatore e/o partner 
all’interno di consorzi europei, anche in collaborazione con le Università, 
altre istituzioni scientifiche e centri di ricerca, sia in Italia che 
all’estero.
Due sono le linee strategiche portate avanti da Fincantieri come risposta alla 
crisi del settore, ed entrambe fanno riferimento a scelte condivise in tutta 
l’area UE: il potenziamento del sistema dei trasporti via mare, e l’incremento 
della produzione navale militare in funzione del rafforzamento del famigerato 
spazio di difesa europeo. (2)
LE AUTOSTRADE DEL MARE
Il Centro per gli Studi di Tecnica Navale del Gruppo Fincantieri, ha messo a 
fuoco le potenzialità e gli interventi necessari per rilanciare il cabotaggio 
come alternativa, o quanto meno come supporto, alle altre due modalità di 
trasporto delle merci, ovvero il trasporto su rotaia e su gomma. 
L’attenzione è posta sul tema, già al centro di dibattito per quello che 
concerne il sistema dei trasporti europeo, delle cosiddette“autostrade del 
mare”, due delle quali - l’Autostrada del mare dell'Europa sud-orientale e 
quella dell'Europa sud-occidentale - riguardano direttamente l’Italia. Si tratta 
di una rete marittima di trasporto di mezzi gommati e di merci integrata con 
strade e ferrovie. 
Due gli elementi chiave messi a fuoco dallo studio sul possibile futuro panorama 
delle autostrade del mare: le navi e gli snodi portuali. Un adeguamento della 
flotta esistente in vista ed in funzione dello sviluppo di una fitta rete di 
trasporti sul mare, dovrebbe essere improntato all’acquisizione di unità 
specifiche per velocità, capacità di procedere con condizioni meteo-marine 
difficili, flessibilità operativa e costi di gestione. 
Sul fronte dei terminal portuali, secondo sempre le indicazioni fornite dallo 
studio, l’impegno dovrebbe essere mirato alla ricerca di maggiore efficienza, 
passando ad una operatività degli scali continua nelle 24 ore, per arrivare fino 
allo sviluppo ed al potenziamento dei collegamenti diretti. 
E’ anche vero che, già nella presente situazione, il cabotaggio risulta essere 
un anello fondamentale nella catena della logistica integrata. Si tenga presente 
come solo sui traffici regolari già assimilabili ad autostrade del mare, ogni 
settimana le navi italiane effettuano oltre 150 collegamenti. (3) 
Posizioni simili sono emerse anche nell’ambito dell’Unione europea. Nello scorso 
mese di dicembre, la Ue ha varato un programma per la liberalizzazione dei 
servizi portuali e a favore di un maggiore impegno per l’intermodalità. Il 
progetto, che è stato denominato “Marco Polo” e che sostituisce il precedente 
progetto PACT (Pilot Actions for Combinated Transport), apre importanti 
prospettive per lo sviluppo dell’intermodalità e del cabotaggio mediterraneo 
collegato alle autostrade del mare.
La proposta di un secondo Programma Marco Polo (2007-2013) non altera 
sostanzialmente la natura e le procedure del programma. il prossimo programma 
Marco Polo deve accelerare la sua azione in vista di una riduzione generale del 
trasporto internazionale di merci su gomma. 
In sintonia con le strategie generali in materia di intermodalità si propone di 
considerare con particolare attenzione tutte le azioni nel settore del trasporto 
ferroviario di merci tese a un miglior utilizzo delle infrastrutture esistenti. 
Come esempio può essere citata la creazione di reti per il traffico 
internazionale di merci con treni merci ad alta velocità e tratte riservate per 
beni di consumo o corrieri espressi. 
L’AUMENTO DELLA PRODUZIONE MILITARE ITALIANA
Il 2004 e’ stato un anno particolarmente significativo per la cantieristica 
italiana del comparto militare. Alla presenza del Capo dello Stato è stata 
varata la portaerei “Cavour”, destinata a diventare l’ammiraglia della flotta 
della Marina Italiana. E’ arrivata ad una fase avanzata la costruzione sia delle 
due fregate della classe “Orizzonte”, sia dei due sommergibili U212A, frutto, 
rispettivamente, di progetti multinazionali con le Marine - e le industrie - di 
Francia e Germania. 
A ottobre è stato siglato il Memorandum di intesa tra il Governo francese e 
quello italiano (che solo di recente ha potuto avviare a soluzione il problema 
di una prima tranche della copertura finanziaria) per la realizzazione di una 
nuova generazione di 27 fregate multi-missione, 10 delle quali per la Marina 
italiana, in sostituzione via via dal 2010 delle classi “Lupo” e “Maestrale”.
Si tratta, per tutte le unità citate, di produzioni dall’elevata qualificazione 
tecnologica ed operativa, costituendo il nucleo centrale del programma di 
rinnovamento della flotta italiana, concepito, pur nelle ristrettezze del 
bilancio, in funzione dei compiti di sorveglianza delle coste ma anche di 
prolungate missioni in teatri operativi lontani. (4)
Il 2004 ha visto anche il riaffacciarsi dell’industria italiana sui mercati 
all’esportazione, con le commesse acquisite per Malta (un pattugliatore del tipo 
in dotazione alla Guardia Costiera), per la Marina Indiana (partecipazione alla 
costruzione di una portaerei) e per la US Navy (fornitura di componentistica e 
progettazione per un prototipo della Littoral Combat Ship nella versione 
monoscafo, realizzata dalla Lockheed-Martin). 
Quanto al futuro del settore, sembra che l’evoluzione a livello politico e 
industriale sia, a breve, nel senso dello sviluppo in chiave cooperativa dei 
principali programmi, piuttosto che verso concentrazioni tra industrie di 
diversi paesi, almeno fintanto che non prenderà corpo una politica comune del 
procurement, cioè dei fabbisogni in equipaggiamenti: un obbiettivo programmatico 
che è stato assegnato alla nuova Agenzia Europea per la Difesa e che anche 
LeaderSHIP 2015 ha incluso tra i temi più impegnativi da trattare. (5)
Per quanto riguarda Fincantieri, oltre alle già citate cooperazioni con la DCN 
francese per le fregate Horizon, e con l’HDW(Germania) per i sommergibili U 212, 
va ricordata la partnership con la Azimut-Benetti in base alla quale Benetti 
aiuta Fincantieri a entrare al meglio nel segmento delle navi da diporto oltre i 
70 metri. In cambio, Fincantieri aiuta Benetti a entrare nel settore delle 
costruzioni paramilitari, nei pattugliatori sotto ai 45 metri di lunghezza.
LE CONDIZIONI DI LAVORO NEGLI STABILIMENTI DI MONFALCONE E MARGHERA
Dalla fine degli anni 90 Fincantieri è l’unica azienda al mondo a gestire 
contemporaneamente, nei due stabilimenti chiave di Monfalcone e Marghera, la 
costruzione di fino a 4 navi da crociera. Tutte costruzioni con un alto grado di 
complessità.
Con il boom delle commesse per la crocieristica di lusso, a Marghera, le linee 
di lavoro sono diventate 4: la linea in cui lavorano prevalentemente i 
dipendenti Fincantieri, quella delle imprese d’appalto, la mista -dove lavorano 
operai interni ed esterni all’azienda-, la linea adibita a deposito e stoccaggio 
di materiali. Più che mai a Marghera e Monfalcone si sta sperimentando il 
modello di organizzazione del lavoro che si sta generalizzando ovunque: appalto, 
subappalto, lavoro nero.
Ormai Fincantieri affida a terzi tutte le fasi di lavorazione: progettazione, 
costruzione dello scafo, allestimento e ancor più impiantistica per l’aerazione 
dei locali, pulizie. 
Sono presenti 200 imprese con un regolare contratto d’appalto (vinto con la 
regola del maggior ribasso), e altre 700 che operano in regime di subappalto. Il 
tutto con ritmi e condizioni di lavoro propri della giungla degli appalti: orari 
di 50, 60, 70 e più ore a settimana, salari bassissimi e spesso pagati con mesi 
di ritardo. Le protezioni antinfortunistiche non esistono, mense e servizi 
igienici sono insufficienti, i diritti sindacali sotto zero. 
Una miriade di cooperative e aziende gestiscono il servizio delle pulizie (250 
persone a tempo pieno, 10 ore al giorno, nessun rispetto per le norme 
contrattuali e paga che non supera i 500 euro al mese).
Negli ultimi mesi i dipendenti diretti della Fincantieri a Marghera erano 1300, 
i lavoratori del subappalto 3500. Per gran parte di essi il contratto è a tempo 
determinato, da 30 giorni a un massimo di tre mesi. Molti lavoratori, 
soprattutto immigrati, sono costretti a vivere in spelonche e a lavorare come 
schiavi per un salario mensile irrisorio (il caso degli operai bulgari o rumeni 
dei cantieri navali “Ceaucescu”). Spesso il tutto è, almeno formalmente, 
“legale”. Infatti, mentre per le aziende italiane che “importano” manodopera 
straniera esiste l’“obbligo” di applicare i contratti italiani, qualsiasi 
impresa straniera che vince un appalto in Italia può limitarsi al rispetto delle 
norme in vigore nel proprio paese.
È facile, dunque, servirsi di manodopera a bassissimo costo: la Fincantieri dà 
un segmento di lavoro in appalto a un’azienda di medie dimensioni, la quale a 
sua volta la subappalta a una più piccola, questa la spezzetta ulteriormente; al 
fondo della rete ci sono le aziende straniere (o presunte tali). Queste ultime 
importano dai rispettivi paesi forza-lavoro a basso costo, in moltissimi casi si 
tratta di manodopera qualificata. 
Oggi siamo arrivati a quote del 70% del ciclo produttivo, con subappalti di 
secondo e terzo livello, mentre i dipendenti Fincantieri non arrivano a fare 
neanche un terzo delle lavorazioni di una nave. 
L’esternalizzazione d’attività è così accentuata che non riguarda solo gli 
interni delle navi, ma anche parti dello scafo, lavorazioni ad alta tecnologia e 
ricerca. Fincantieri agisce ormai da capocommessa, ha rapporti commerciali con 
fornitori di impianti “chiavi in mano”, affidati, spesso, a padroni di aziende 
messe in piedi all’occorrenza, che accettano la commessa senza avere un 
capitale. 
In questo contesto proliferano le occasioni di ricatto come la pratica della 
liberatoria, in auge fino all’anno scorso, per impedire il passaggio di 
lavoratori da un’impresa all’altra, tenendoli sempre sotto controllo: Se non 
ottieni questo documento dal tuo “vecchio” datore di lavoro nessuno vorrà 
assumerti. Non meno intollerabile è la cosiddetta “paga globale”, un foglio di 
carta sottobanco che in pratica reintroduce il lavoro a cottimo: ti pago un tot 
e tu rinunci a qualsiasi diritto, niente ferie né tredicesima, niente festivi né 
straordinari. E all’Inps, intanto, arrivano buste paga impeccabili, ben più 
magre, spesso sotto forma di diarie: in media, per ogni lavoratore, 230 ore di 
prestazioni al mese scompaiono nel nulla, insieme agli oneri sociali spettanti 
all’impresa. Ma le vessazioni operate su chi opera negli appalti sono di ogni 
tipo. 
Soprattutto verso i più giovani, assunti ai gradini più bassi, ma chiamati a 
svolgere mansioni professionalmente elevate, fino al sesto livello. Negli ultimi 
anni, ad affollare l’indotto, sono arrivati molti immigrati, per lo più al nero. 
“Eseguono le attività più pericolose sulle parti più difficili della nave, 
spesso sono operai specializzati, quasi tutti croati, con una tradizione 
cantieristica alle spalle”. I benefici per le ditte in appalto sono molteplici, 
perché si tratta di manodopera qualificata, a basso costo e facilmente 
ricattabile sul piano dei diritti. 
Stando così le cose, è quasi inevitabile che sia basso il livello di sicurezza 
nei cantieri. Ciò è dovuto alla nocività delle lavorazioni, o a causa di orari 
incontrollati. A Monfalcone, I lavoratori del Bangladesh, ma ci sono anche 
Croati e Arabi, vengono impiegati nelle lavorazioni più pericolose.
Come la coibentazione, per esempio. E’ qui che vengono impiegati materiali come 
la lana di vetro, altamente tossica. Ritmi di lavoro e orari non hanno limiti. 
Senza parlare degli utensili necessari. Manca tutto, dalle mascherine ai caschi, 
dalle scale ai guanti. Una casistica precisa degli incidenti è impossibile, dato 
che molti sfuggono a ogni tipo di controllo. 
La difficoltà maggiore consiste proprio nel riuscire a individuare gli infortuni 
avvenuti nell’indotto. A Venezia, inoltre, pende un procedimento penale contro 
alcuni dirigenti della società Fincantieri in relazione a 14 morti di operai, di 
cui 12 per mesotelioma da amianto. Nello stabilimento di Marghera non solo vi 
erano strumenti di amianto e dispositivi di protezione individuale costruiti in 
amianto (basti pensare a tutti i guanti o i grembiuli per saldatori) ma 
semplicemente l’amianto era il materiale con cui erano coibentati tutti i tubi 
delle navi che venivano installati e che avessero bisogno di coibentazione 
termica». 
Situazioni oltre il limite, insomma: materassini coibentati, anch’essi di 
amianto, sui quali si stendevano gli operai nelle lavorazioni che richiedevano 
la posizione distesa, e strati di fibra visibile sul pavimento dei cantieri e 
delle stive. 
NOTE
1) Più in particolare l’azione di Fintecna si caratterizza nelle seguenti linee 
di attività: gestione delle partecipazioni, attraverso una costante azione di 
indirizzo, coordinamento e controllo sia delle società con prospettive di uscita 
dal portafoglio (privatizzazioni-liquidazioni), sia delle partecipazioni 
destinate ad una permanenza più duratura nel contesto societario Fintecna, 
nell’ottica di valorizzare le relative attività, precostituendo - anche 
attraverso impegnativi interventi di razionalizzazione industriale e di 
ristrutturazione economico finanziaria delle imprese - i presupposti e le 
migliori condizioni per il loro conveniente collocamento sul mercato; gestione 
“specializzata” di complessi processi di liquidazione, finalizzata a perseguire 
economie di tempi, nonchè ad ottimizzare risorse e risultanze delle relative 
attività liquidatorie assicurando al contempo il più conveniente realizzo del 
patrimonio e l’attenta cura delle problematiche occupazionali. A tale contesto 
operativo fa riferimento l’avvenuto affidamento del mandato a gestire le 
attività facenti capo all’Ispettorato della Ragioneria Generale dello Stato in 
ordine ai cosiddetti Enti Soppressi; supporto progettuale, operativo e 
gestionale (Property, Project, Agency, Facility, Asset) nell’attività di 
valorizzazione e cessione di patrimoni immobiliari (propri o di terzi) oltre che 
di fornitura di servizi immobiliari specialistici a terzi (service provider) 
appartenenti sia al settore pubblico che privato; gestione articolata e 
flessibile del rilevante contenzioso, prevalentemente proveniente dalle società 
incorporate, orientata alla accurata ricerca di percorsi transattivi che, in 
presenza dei necessari presupposti giuridici e di convenienza economica, 
assicurino una positiva e rapida composizione delle vertenze in corso.
2) Ci siamo concentrati sulle cause del deterioramento finanziario. Abbiamo 
chiamato il piano «sfida per il successo». Le perdite che il nostro gruppo ha 
accusato nel 1999 sono state determinate per 150 miliardi dai ritardi nelle 
consegne. Per questo abbiamo reso più flessibile il lavoro nei cantieri e ci 
siamo impegnati in un continuo miglioramento gestionale e tecnologico nei 
settori civile e militare. Abbiamo razionalizzato soprattutto il lavoro dei 
fornitori, che sono stati organizzati in consorzi, considerato che per le grandi 
navi da crociera ci affidiamo per circa il 70 per cento al lavoro esterno. (Guarguaglini, 
AD Fincantieri nel 2001)
3) Lo studio Cetena-Cofir ipotizza al riguardo che entro il 2010 sarebbe 
possibile dirottare via mare un volume di traffico delle merci adatte ad essere 
imbarcate non inferiore ai 10 -12 milioni di tonnellate. Questo spostamento 
permetterebbe di sgravare la rete terrestre di circa 600.000 veicoli commerciali 
l’anno, con una immediata diminuzione del 25% del traffico pesante sulle 
autostrade.
4) Un altro passo verso “l’Europa della difesa” l’Italia lo ha compiuto quest’anno 
con la ratifica del Trattato di Farnborough del 2000. Tra gli effetti vi è anche 
una modifica di alcuni punti della legge 185/1990 che disciplina i controlli di 
esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Con gli 
emendamenti in questione la normativa è stata adeguata alle esigenze di 
cooperazione, in senso lato, tra tutti i paesi della UE e della NATO.
5) Finalità dell’iniziativa Leadership 2015 è quella di attuare sul piano 
industriale forme di cooperazione trasnazionale, con un approccio quanto più 
possibile integrato e sinergico, allo scopo di sfruttare la complementarità 
delle specializzazioni dei singoli cantieri e la possibilità di suddividere fra 
più soggetti i costi di sviluppo dei nuovi prototipi. L’industria quindi ha 
sviluppato una strategia per il 2015 allo scopo di accrescere la leadership nei 
segmenti di mercato prescelti, concentrandosi principalmente su navi mercantili 
a tecnologia avanzata e ad elevato valore aggiunto e sulla produzione di navi 
militari, mantenendo comunque una presenza qualificata, ancorché ridottissima, 
nel settore del naviglio standard; di accrescere il proprio impegno 
nell’attività di ricerca, sviluppo ed innovazione, nell’intento di anticipare 
l’evoluzione del mercato, di focalizzare maggiormente l’attenzione sulla 
clientela, con un differente approccio finalizzato al recepimento delle 
necessità del cliente nella progettazione e nella realizzazione delle navi, di 
ottimizzare i sistemi produttivi ricorrendo ad una maggiore automazione dei 
processi (con l’utilizzo sempre più spinto di robots) ed una più qualificata 
attività di “project management” mirata ad una riduzione dei costi di produzione 
della nave.